Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21832 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21832 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 6486-2023 proposto da:
R.G.N. 6486/2023
COGNOME NOME, COGNOME, domiciliati ‘ ex lege ‘ presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore come in atti , rappresentati e difesi dall’Avvocato NOME COGNOME Cron. Rep.
– ricorrenti Ud. 12/3/2025
contro
Adunanza camerale
RAGIONE_SOCIALE in persona del l’amministratore unico, società RAGIONE_SOCIALE rappresentata dall’Amministratore unico ‘ pro tempore ‘, e per essa la propria mandataria RAGIONE_SOCIALE in persona del procuratore speciale Dott. NOME COGNOME domiciliata ‘ ex lege ‘ presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore come in atti, rappresentata e difesa d all’ Avvocato NOME COGNOME
contro
ricorrente –
Oggetto
OPPOSIZIONE ESECUZIONE
Opposizione agli atti esecutivi – A precetto – Del terzo proprietario Deduzione della violazione di norme processuali Prospettazione di una concreta lesione del diritto di difesa – Necessità Eccezioni Insussistenza delle stesse
RAGIONE_SOCIALE
– intimata –
Avverso la sentenza n. 2019/2022, del Tribunale di Torre Annunziata, depositata in data 26/09/2022;
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale del 12/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME e NOME COGNOME ricorrono, sulla base di cinque motivi, per la cassazione della sentenza n. 2019/2022, del 26 settembre 2022, del Tribunale di Torre Annunziata, impugnata nella parte in cui ha respinto l’opposizione agli atti esecutivi da essi propos ta nella qualità di terzi proprietari degli immobili posti a garanzia ipotecaria di un contratto di mutuo, intervenuto nel 2005 tra il San Paolo Banco di Napoli S.p.A. e la società RAGIONE_SOCIALE
Riferiscono, in punto di fatto, gli odierni ricorrenti, per quanto qui di interesse, che l’opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. era diretta, in particolare, a contestare che il contratto di mutuo azionato nei loro confronti risultava privo della formula esecutiva richiesta dall’art. 475 cod. proc. civ., sicché non poteva ritenersi assolta, da parte del creditore esecutante (società RAGIONE_SOCIALE, la regolare e legittima spedizione del titolo in forma esecutiva.
Denunciavano, pertanto, gli opponenti l’inesistenza e/o nullità (e comunque l’invalidità) dell’asserito titolo esecutivo, per irritualità dello stesso, in ragione della violazione dell’art. 475, comma 2, cod. proc. civ.
Eccepivano, inoltre, l’improcedibilità dell’azione esecutiva, giacché la notificazione del contratto proveniva dalla società
nonché contro
NOME SPV, alla quale, in alcun modo, si poteva riconoscere legittimazione alla spedizione del titolo, in forma esecutiva, non trattandosi né di parte contrattuale, né di parte in favore della quale poteva rilasciarsi formula esecutiva, che, oltretutto, neppure si rinveniva nel contratto in parola.
Infine, denunciavano la nullità del titolo esecutivo e la sua inesistenza e improcedibilità per violazione dell’art. 603 cod. proc. civ., essendo stato il predetto contratto di mutuo notificato soltanto nei loro confronti, quali terzi proprietari del bene immobile, e non pure nei confronti della società debitrice.
Nel merito, eccepivano l’intervenuta prescrizione del credito.
Si costituiva NOME, asserendo che l’opposizione ex art. 617, comma 1, cod. proc. civ. non fosse rimedio percorribile dal terzo proprietario al momento della sola notifica del titolo esecutivo, non apprestando l’ordinamento alcuna azione per accerta rne e/o dichiararne l’irregolarità formale in via autonoma, ma soltanto congiunta all’opposizione al precetto. Assumeva, inoltre, che l’assenza – nella copia del mutuo notificata – della formula esecutiva non costituisse circostanza di per sé sola rilevant e per legittimare l’opposizione agli atti esecutivi.
Negava, infine, la convenuta l’intervenuta prescrizione del credito.
Ciò premesso, il motivo di opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. veniva dichiarato inammissibile, sul rilievo che il terzo proprietario non avesse dato prova del concreto pregiudizio subito dalla riscontrata violazione dell’art. 475 cod. proc. civ.
Avverso la sentenza del Tribunale oplontino hanno proposto ricorso per cassazione i già opponenti, sulla base – come detto di cinque motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione degli artt. 474 e 475 cod. proc. civ.
Si assume che la sentenza impugnata non abbia fatto buon governo delle norme suddette, ‘giungendo così ad una erronea, ingiusta e illegittima decisione’.
Sul rilievo che l’omessa apposizione della formula esecutiva risulterebbe ammessa dalla parte convenuta, i ricorrenti si dolgono della declaratoria d’inammissibilità della proposta opposizione agli atti esecutivi, motivata dall’adito Tribunale sul presupposto che essi ‘non abbiano dato prova del concreto pregiudizio subito dall a mancanza di formula esecutiva’. Il precedente di questa Corte, richiamato a sostegno di tale assunto (si tratta di Cass. Sez. 3, sent. 12 febbraio 2019, n. 3967) non sarebbe, però, pertinente, riguardando ‘mere irregolarità formali di un titolo esecutivo e non la totale assenza di formula esecutiva’.
Si sottolinea, inoltre, che, ‘qualora il titolo sprovvisto di formula esecutiva venga notificato ad una parte, quale il terzo proprietario, che non è debitore né contraente del contratto posto in esecuzione, rileva un deficit informativo in ordine alla vicenda creditoria tale che l’esatta osservanza dei precetti normativi in materia risulta maggiormente doverosa e necessaria a tutela dei diritti del proprietario dell’immobile sul quale si procederà ad esecuzione’.
Si richiamano, pertanto, i ricorrenti a quanto affermato da questa Corte (si tratta di Cass. Sez. 6-3, ord. 9 novembre 2021, n. 32838), secondo cui ‘le formalità necessarie per il regolare svolgimento del processo esecutivo, nonché della necessaria fase stragiudiziale ad esso preliminare e, in particolare, la necessità che il pignoramento sia preceduto dalla notificazione dell’atto di precetto e che la notificazione dell’atto di precetto sia preceduta dalla (o, quanto meno, avvenga contestualmente alla)
notificazione del titolo spedito in forma esecutiva in favore del creditore, sono imposte specificamente ed espressamente dalla legge negli art. 474 e ss. cod. proc. civ.’; così come è ‘la legge stessa che prevede la possibilità per il debitore opposto di far valere la mancata osservanza di dette formalità con un apposito rimedio processuale, che è l’opposizione agli atti esecutivi di cui all’art. 617 cod. proc. civ., senza condizionarlo in alcun modo alla sussistenza di un diverso ed ulteriore specifico pregiudizio per il debitore, che non sia quello già insito nella circostanza che le formalità in questione non siano state rispettate’.
Tali principi, a maggior ragione, dovrebbero valere per il terzo proprietario.
3.2. Il secondo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione degli artt. 475, comma 2, e 479 cod. proc. civ.
Si sottolinea come altro motivo di opposizione riguardasse ‘la carenza di legittimazione della RAGIONE_SOCIALE a poter procedere alla spedizione del titolo in forma esecutiva non essendovi alcuna prova della sua titolarità’ del credito.
In tale situazione, sostengono i ricorrenti, ‘si ha un’irregolarità che, viziando dal punto di vista formale l’attività prodromica all’azione esecutiva, può essere rilevata dal debitore precettato ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ., come anche dal terz o proprietario’.
La sentenza impugnata, nel respingere tale eccezione, ha ritenuto che RAGIONE_SOCIALE avesse dato prova della propria qualità di cessionaria del contratto di mutuo, e ciò perché ‘la cedente Intesa San Paolo S.p.A. ha prodotto dichiarazione, dal contenuto non contestato da parte opposta, di aver effettuato nei confronti di RAGIONE_SOCIALE un’operazione di cessione di crediti pro soluto , con indicazione degli specifici crediti coinvolti e avviso
dell’avvenuta pubblicazione in Gazzetta Ufficiale , il che consente di rigettare l’eccezione sollevata sul punto dagli opponenti’.
Così pronunciandosi, però, il giudice dell’opposizione avrebbe ‘omesso di valutare che l’assenza di apposizione della formula esecutiva impediva qualsivoglia valutazione circa la legittimazione della RAGIONE_SOCIALE a procedere alla notifica del contra tto’, incorrendo in un ulteriore errore là dove ‘ritiene che gli opponenti non abbiano effettuato contestazioni’, giacché essi hanno sempre eccepito che la società cessionaria non avesse dato prova della sua qualità, contestando che tale potesse ritenersi la dichiarazione del cedente.
3.3. Il terzo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione degli artt. 603 e 100 cod. proc. civ.
Assumono i ricorrenti che tutti i destinatari degli atti preesecutivi ed esecutivi hanno legittimazione a proporre opposizione agli atti esecutivi. Difatti, l’art. 603 cod. proc. civ. espressamente prevede che il titolo esecutivo debba essere notificato a nche al terzo, sicché ‘già la disposizione normativa riconosce legittimazione al predetto al fine di presentare opposizione avverso il titolo esecutivo qualora questo non sia stato notificato anche nei riguardi del debitore principale e sia stato attuato i n spregio alle norme di Legge’.
È indubbio, pertanto, ‘che il terzo proprietario, così come il debitore, in quanto proprietario dei beni staggiti, ha interesse al corretto svolgimento del processo di esecuzione e può dunque proporre opposizione agli atti esecutivi, a norma dell’art. 617 cod. proc. civ. per far valere le irregolarità del procedimento esecutivo’.
3.4. Il quarto motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4), e 100 cod. proc. civ., per ‘contraddittorietà della motivazione’.
Secondo i ricorrenti la motivazione della sentenza ‘appare di contenuto contraddittorio’, là dove, ‘nel negare al terzo proprietario la legittimazione a proporre opposizione sulla base della violazione dell’art. 603 cod. proc. civ., aggiunge «quand’anche l o fosse, nel caso di specie, egli mancherebbe del necessario interesse ad agire dal momento che la mancata notifica al debitore non ha impedito l’intrapresa di una procedura esecutiva – che è documentata in atti».
La contraddittorietà sarebbe attestata dal fatto che essi ‘NOME e NOME COGNOME per la prima volta sono stati notiziati del titolo in questione con l’atto opposto e, dunque, qualsivoglia procedura esecutiva non può in alcun modo riguardare la vicenda connessa all’esecuzione sui beni di loro proprietà’.
Il carattere contraddittorio e illogico della motivazione, inoltre, sarebbe pure confermato dalle difese della società RAGIONE_SOCIALE avendo essa fatto rilevare la circostanza secondo cui i beni di proprietà degli odierni ricorrenti non formano ‘(ancora) og getto di esecuzione a loro carico’.
3.5. Infine, il quinto motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., nonché ‘in relazione al d.m. 10 marzo 2014, n. 55 (art. 2-4 e tab. 3 e/o 12)”.
I ricorrenti censurano la motivazione con cui il Tribunale oplontino ha provveduto sulle spese di lite, in particolare là dove afferma che la ‘domanda ex art. 96 cod. proc. civ. non può trovare accoglimento nella misura in cui la liquidazione delle spese di lite compensa adeguatamente la parte vittoriosa del danno arrecato dal giudizio intrapreso dai Gallo’.
Secondo i ricorrenti ‘la pronuncia si appalesa evidentemente illegittima ‘ là dove, ‘ pur rigettando la richiesta di risarcimento ex art. 96 cod. proc. civ., in luogo di una eventuale compensazione delle spese per reciproca soccombenza’ (che sarebbe stata giustificata dal mancato accoglimento dell’opposizione non ‘secondo le prospettazioni della convenuta’, bensì ‘in base a ragionamenti estrapolati dal Giudicante’ ) , lascia ‘intendere che i Gallo abbiano arrecato un «danno» con la proposizione del giudizio intrapreso e che pertanto la liquidazione delle spese potrà ritenersi satisfattiva anche di questo’.
Si osserva che ‘la pronuncia di condanna alle spese deve osservare il principio di soccombenza previsto dall’art. 91 cod. proc. civ. ed essere osservante dei parametri stabiliti dal d.m. 55 del 2014’, non potendosi concedere al Giudice ‘di pronunciare condanna ad un importo spropositato al fine di attendere anche alle richieste risarcitorie della controparte qualora la domanda ex art. 96 cod. proc. civ. venga rigettata’.
Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, NOME, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
È rimasta solo intimata la società RAGIONE_SOCIALE
6 . La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
Ricorrenti e controricorrente hanno depositato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
9. Il ricorso va rigettato.
9.1. Il primo motivo non è fondato.
9.1.1. Nello scrutinarlo, si deve dare seguito all’affermazione secondo cui, ‘alla regola per la quale è di norma inammissibile la censura con cui si lamenti un mero vizio del processo, ove non si prospettino anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione d el diritto di difesa o altro pregiudizio per l’esito del processo, fa eccezione il caso in cui la violazione delle norme processuali abbia in modo evidente reso impossibile l’estrinsecazione del diritto di difesa in relazione alle peculiarità del processo’, sicché, ‘essendo rivolta la notificazione del titolo in forma esecutiva, nel regime anteriore alla riforma di cui al d.lgs. n. 149/22, a rendere edotto il suo destinatario dell’intenzione del notificante di azionare il titolo in un futuro processo esecutivo, a tutela dal pregiudizio di immediata evidenza (e quindi non bisognevole di specifica allegazione) del diritto di difesa anteriore all’instaurazione del processo esecutivo consistente nella facoltà di evitare l’esecuzione presupposta da detta notifica zione, occorre che al destinatario della notifica sia chiaro che questa avvenga al fine di preannunciare l’esecuzione da parte del soggetto che la minaccia’ (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. 26 settembre 2023, n. 27424, Rv. 669114-01; per ulteriori e più ampi riferimenti, Cass. Sez. 3, sent. 25 settembre 2023, n. 27313).
Tali affermazioni questa Corte ha compiuto -e successivamente ribadito (tra le altre: Cass. Sez. 3, ord. 9 gennaio 2024, n. 903, Rv. 669741-01) – muovendo dalla premessa secondo cui ‘la facoltà di denunciare vizi fondati sulla
pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione’ (così, nuovamente, Cass. Sez. 3, ord. n. 27424 del 2023, cit ., che richiama Cass. Sez. 3, ord. 29 maggio 2023, n. 15045, non massimata e Cass. Sez. Un., sent. 9 agosto 2018, n. 20685, Rv. 650275-01, soprattutto punti 26 e 27 delle ragioni della decisione).
Detto principio, tuttavia, quanto alla nullità degli atti del processo esecutivo, va, per così dire, ‘modulato’ in relazione alla sua specifica morfologia, essendo esso caratterizzato ‘da una peculiare articolazione del generale principio del contraddittorio’, trattandosi di un ‘processo sostanzialmente unilaterale, incentrato sulla supremazia di uno dei due soggetti (in forza del riconoscimento già in altra sede avvenuto – e consacrato nel titolo esecutivo – di tale peculiare posizione) e sulla preminenza della finalità del soddisfacimento delle ragioni di quello, salve alcune facoltà ancora riservate alla sua controparte; e nel quale appunto il contraddittorio si atteggia come funzionale non all’estrinsecazione di difese, ma all’acquisizione degli element i utili per il migliore esercizio dell’ufficiosa potestà di garantire al creditore, che per definizione ha ragione, il soddisfacimento delle sue pretese’ (cfr. sempre Cass. Sez. 3, ord. n. 27424 del 2023, cit .).
Di conseguenza, nel processo esecutivo è invalsa l’interpretazione per la quale ‘la nullità derivante dalla violazione di norme sulle forme degli atti’ è da ritenere ‘sanata per il fatto stesso del dispiegamento dell’opposizione su quella basata, evidentemente reputata in tal modo garantita la possibilità di difesa dall’effettivo pregiudizio che da quella nullità sarebbe derivato’; interpretazione, però, ‘opportunamente temperata’ nel senso di riconoscere all’opponente la possibilità di ‘allegare lo
specifico pregiudizio che da quella particolare violazione’ risulti, per esso ‘derivato’ (si veda, ancora una volta, Cass. Sez. 3, ord. n. 27424 del 2023, cit .).
In questa prospettiva, dunque, ‘la violazione di norme formali, quali la notifica di un titolo esecutivo privo però della formula prescritta dal testo dell’art. 475 cod. proc. civ. solo di recente abrogato, non è stata sottratta a tale conclusione, tanto da essere perfino posta a base della riforma – di cui al d.lgs. n. 149/22 che ha soppresso quell’istituto: l’omessa spedizione in forma esecutiva della copia del titolo esecutivo rilasciata al creditore e da questi notificata al debitore determina una irregolarità formale del titolo medesimo, che deve essere denunciata nelle forme e nei termini di cui all’art. 617, comma 1, cod. proc. civ., senza che la proposizione dell’opposizione determini l’automatica sanatoria del vizio per raggiungimento dello scopo, ai sensi dell’art. 156, comma 3, cod. proc. civ.; tuttavia, in base ai principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e dell’interesse ad agire, il debitore opponente non può limitarsi, a pena di inammissibilità dell’opposizione, a dedurre l’irregolarità formale in sé considerata, senza indicare quale concreto pregiudizio ai diritti tutelati dal regolare svolgimento del processo esecutivo essa abbia cagionato’ (così, nuovamente, Cass. Sez. 3, ord. n. 27424 del 2023, cit ., che richiama Cass. Sez. 3, sent. 12 febbraio 2019, n. 3967, Rv. 652822-01).
Se è ‘ben vero’, quindi, che è stato ‘talvolta escluso l’onere di allegazione e prova di uno specifico pregiudizio, diverso ed ulteriore quanto al mancato rispetto delle prescrizioni di forma’, e ciò ‘pure nel caso della mancata notifica del titolo spedito in forma esecutiva’ (è richiamata Cass. Sez. 6 -3, ord. 9 novembre 2021, n. 32838, Rv. 66296301), lo scostamento dall’indirizzo sopra richiamato, in realtà, è ‘solo apparente, potendo esso
trovare giustificazione in una formulazione del principio generale più articolata e, in particolare, nella peculiarità della nullità di volta in volta presa in esame: dovendo concludersi che la regola generale dell’ordinario onere di allegazione del pregiudizio concreto al diritto di difesa derivante dalla nullità denunciata derivante dalla violazione delle regole sulla forma degli atti processuali, quanto meno esecutivi – prevede già in sé un temperamento, dovendo modularsi l’onere del soggetto che denuncia la nullità formale in relazione al tipo di vizio ed alla tipologia e finalità del singolo atto viziato’ (si veda, ancora una volta, Cass. Sez. 3, ord. n. 27424 del 2023, cit.).
In particolare, la deroga al principio generale va circoscritta alle ipotesi in cui ‘la lesione del diritto di difesa, sia pure nel suo limitato ambito riconosciuto ai soggetti del processo esecutivo diversi dal debitore, abbia comportato con immediata ed assoluta evidenza la definitiva soppressione di quelle facoltà ineliminabili ancora loro riconosciute’, tale essendo sia ‘il caso della nullità della notifica del precetto seguito dal pignoramento, nullità che ha con evidenza impedito all’intimato l’esito determinante di evitare il processo esecutivo (a scongiurare il quale era finalizzato il precetto)’, sia quello della ‘notifica del titolo esecutivo eseguita contro un debitore diverso’, o ‘da un creditore diverso da quello che poi, rispettivamente, subisc e od attiva l’esecuzione, tutte le volte che quella notifica non abbia consentito di individuare, conformemente alla sua primaria finalità, un’azione esecutiva bene identificata non solo quanto al suo fondamento, ma soprattutto quanto ai soggetti coinvolti ‘ (cfr. conclusivamente Cass. Sez. 3, ord. n. 27424 del 2023, cit .; nello stesso senso, v. pure Cass. Sez. 3, ord. 4 febbraio 2025, n. 2783).
9.1.2. Orbene, a nessuna delle ipotesi da ultimo indicate appare riconducibile la fattispecie oggi in esame, donde, in
assenza di un pregiudizio ‘autoevidente’, la necessità per l’opponente di allegare quale pregiudizio concreto fosse derivato dall’irregolarità formale denunciata.
Non può, infatti, darsi rilievo – aspetto sul quale, per vero, i ricorrenti insistono più con il secondo motivo di ricorso (del quale si dirà, compiutamente, di seguito) , ma che è già ‘implicito’ in quello che qui esamina – al preteso difetto di legittimazione (o meglio, di titolarità del credito) in capo a Penelope RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi, infatti, della giurisprudenza sopra richiamata, quella situazione di incertezza del ‘soggetto agente’, che rende il pregiudizio ‘autoevidente’, si riferisce al caso in cui risulti impossibile identificare chi faccia valere la pretesa ‘ in executivis ‘ ; evenienza, nella specie, insussistente, risultando dalla stessa notificazione che ad agire in via esecutiva fosse NOME; questione diversa dalla ‘legittimazione’ ad agire della stessa essendo, invece, quella della effettiva titolarità, in capo ad essa, del diritto azionato (sulla distinzione tra legittimazione e titolarità, cfr., per tutte, in motivazione, Cass. Sez. Un., sent. 16 febbraio 2016, n. 2951) relativa al merito e non alla forma dell’atto con cui si prospetta la coattiva esecuzione della pretesa di cui al titolo.
9.2. Il secondo motivo è, del pari, non fondato.
9.2.1. Il ‘ modus operandi ‘ seguito dal Tribunale oplontino , per affermare la titolarità del credito in capo a NOME, risulta esente da vizi.
Questa Corte, invero, ha osservato che nell’ipotesi ‘di cessione di crediti in blocco ex art. 58 del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385, ove il debitore ceduto contesti l’esistenza dei contratti, ai fini della relativa prova non è sufficiente quella della notificazione della detta cessione, neppure se avvenuta mediante avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ai sensi dell’art. 58 del
citato d.lgs., dovendo il giudice procedere ad un accertamento complessivo delle risultanze di fatto, nell’ambito del quale la citata notificazione può rivestire, peraltro, un valore indiziario, specialmente allorquando avvenuta su iniziativa della parte c edente’ (Cass. Sez. 3, ord. 22 giugno 2023, n. 17944, Rv. 668451-01).
Orbene, nel caso qui in esame, la sentenza impugnata ha dato rilievo – ad integrazione del valore indiziario della suddetta pubblicazione – ad una dichiarazione proveniente dalla stessa cedente, attestante l’avvenuta cessione in favore di NOME RAGIONE_SOCIALE, soggiungendo che essa neppure sarebbe stata contestata dagli allora opponenti e odierni ricorrenti. Per contro, essi sostengono di aver contestato il contenuto di tale dichiarazione, in particolare riproducendo – nel presente ricorso – quanto sostenuto nella comparsa conclusionale, ove si evidenziava che tale documento ‘in alcun modo può ritenersi sostitutivo dell’atto di cessione, che invece doveva essere prodotto dalla comparente ai fini della prova della sua qualificazione’.
Il rilievo, tuttavia, non coglie nel segno, perché per assolvere l’onere di dimostrare l’avvenuta cessione non è necessaria la produzione in giudizio del relativo contratto, giacché la prova della cessione può essere ricavata in qualunque modo, persino dagli atti difensivi del cedente ove il medesimo sia parte del giudizio (cfr. in motivazione, con specifico riferimento alle cessioni di cui all’art. 58 del d.lgs. 385 del 1993, Cass. Sez. 1, sent. 17 marzo 2006, n. 5997, nonché, con riferimento alla cessione del credito in genere, sempre in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 30 luglio 2004, n. 14610).
9.3. I motivi terzo e quarto – suscettibili di scrutinio unitario, investendo il medesimo tema della (pretesa) legittimazione degli odierni ricorrenti a far valere la mancata notifica del titolo
esecutivo al debitore esecutato, società RAGIONE_SOCIALE -sono inammissibili per manifesta infondatezza.
9.3.1. Gli odierni ricorrenti non erano legittimati – giusta la previsione dell’art. 157, comma 2, prima alinea, cod. proc. civ. -a far valere la mancata notifica del titolo esecutivo a RAGIONE_SOCIALE rientrando essa tra le c.d. eccezioni ‘ de iure tertii ‘, che non possono essere sollevate da altra parte, in quanto deducibili soltanto da quella direttamente interessata.
9.4. Infine, il quinto motivo è in parte inammissibile e in parte non fondato.
9.4.1. Esso è inammissibile – ex art. 366, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. là dove lamenta l’esorbitanza della liquidazione delle spese di lite, denunciando una non meglio precisata ‘violazione dei parametri stabiliti dal d.m. 55 del 2014’, dovendo il capo sulle spese essere, pur sempre, censurato dalla parte impugnante attraver so ‘l’individuazione degli specifici errori che essa attribuisce al giudice come commessi nella decisione impugnata’ (Cass. Sez. 3, sent. 21 ottobre 2019, n. 22287, Rv. 609823-01), essendo, per contro, la censura inammissibile, ‘ove non siano state specificate le singole partite contestate e non siano state indicate le voci violate della tariffa professionale’ (Cass. Sez. 2, sent. 23 maggio 2000, n. 6733, Rv. 536841-01).
9.4.2. Quanto, poi, alla pretesa necessità di compensarle, in ragione del fatto che l’opposizione è stata dichiarata inammissibile non sulla scorta delle difese di NOME, ma di rilievi officiosi, la censura non è fondata.
Da un lato, in fatti va richiamato il principio secondo cui non integra reciproca soccombenza la reiezione di eccezioni – di rito o
di merito – sollevate dalla parte risultata totalmente vittoriosa all’esito del giudizio (Cass. Sez. 6 -2, ord. 2 settembre 2014, n. 18503, Rv. 632108-01; Cass. Sez. 3, sent. 5 aprile 2003, n. 5373, Rv. 56192601); dall’altro occorre ribadire che, in tema di compensazione delle spese di lite, rientra ‘nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi’ (d a ultimo, Cass. Sez. 6-3, ord. 17 ottobre 2017, n. 24502, Rv. 646335-01; nello stesso senso anche Cass. Sez. 1, ord. 4 agosto 2017, n. 19613, Rv. 64518701), giusti motivi ‘la cui insussistenza il giudice del merito non è tenuto a motivare’ (Cass. Sez. 6-3, ord. 26 novembre 2020, n. 26912, Rv. 659925-01).
Infine, quanto alla pretesa funzione ‘ satisfattiva ‘ del danno conseguente all’instaurazione del processo, che la sentenza avrebbe inteso attribuire – secondo i ricorrenti – alla pronuncia sulle spese di lite, si tratta di doglianza anch’essa inammissibile , in assenza di una specifica censura – come detto – che evidenzi l’esorbitanza dell’importo delle spese liquidate . Risulta, quindi, indimostrato che il Tribunale di Torre Annunziata avesse inteso, effettivamente, connotare la pronuncia sulle spese in termini ‘punitivi’, secondo una logica estranea ad essa ed alla quale è, invece, sottesa alla previsione dell’art. 96 , comma 3, cod. proc. civ. ( sul carattere ‘punitivo’ del danno di cui alla norma ‘ de qua ‘ , cfr. Corte cost., sent. 1° giugno 2016, n. 152, nonché Cass. Sez. 3, ord. 4 luglio 2019, n. 17902, Rv. 654437-01; nello stesso senso pure Bundesgerichtshof , IX camera civile, 22 giugno 2017, IX ZB 61/16, avendo la Corte Suprema tedesca recepito questa stessa configurazione, nel pronunciarsi su una decisione italiana di condanna ai sensi dell ‘art. 96, comma 3, cod. proc. civ., rilevando che essa non contrasta con l’ordine pubblico tedesco ed è pertanto
riconoscibile ed eseguibile in Germania, proprio perché contempla un ‘danno punitivo’ ).
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
A carico dei ricorrenti, stante il rigetto del ricorso, sussiste l’obbligo di versare, al competente ufficio di merito, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), ai sensi dell’art. 13, co . 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso, condannando NOME e NOME COGNOME a rifondere, alla società RAGIONE_SOCIALE, le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in € 6.0 00,00, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della