Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5719 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 1 Num. 5719 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/03/2025
SENTENZA
sul ricorso n. 22777/2019 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Ozieri (SS), INDIRIZZO, in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE, con sede in Ozieri (SS), INDIRIZZO, in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante NOME COGNOME, IMPRESA NOME RAGIONE_SOCIALE, con sede in Ozieri (SS), alla INDIRIZZO., in persona del socio amministratore NOME COGNOME, COGNOME, in proprio, e COGNOME NOMECOGNOME tutti rappresentati e difesi, giusta procura speciale apposta a margine del ricorso, da ll’ Avvocato Prof. NOME COGNOME presso il cui studio elettivamente domiciliano in Roma, alla INDIRIZZO
-ricorrenti – contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), con sede in Milano, alla INDIRIZZO, in persona del procuratore speciale Avv. NOME COGNOME in rappresentanza di RAGIONE_SOCIALE (cessionaria del credito già del Banco di Napoli s.p.a., poi Sanpaolo RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE e ancora Intesa Sanpaolo s.p.a., a sua volta incorporante la Banca di Credito Sardo s.p.a.), rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso, dall’Avvocato NOME COGNOME con cui elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO INDIRIZZO presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME .
RAGIONE_SOCIALE (già Intesa Gestione RAGIONE_SOCIALE), con sede in Roma, alla INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore ; RAGIONE_SOCIALE, con sede in Sassari, alla INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore ; RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, alla INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore .
-intimati –
avverso la sentenza, n. cron. 231/2019, della CORTE DI APPELLO di CAGLIARI, SEZIONE DISTACCATA DI SASSARI, pubblicata il giorno 17/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 14/02/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso;
udito, per i ricorrenti , l’Avv. Prof. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del proprio ricorso ;
udita, per la controricorrente RAGIONE_SOCIALE , l’Avv. NOME COGNOME per delega dell’Avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo rigettarsi l’avvers a impugnazione;
lette le memorie ex art. 378 cod. proc. civ. depositate dalle parti.
I fatti che hanno caratterizzato l’intricata vicenda oggi sottoposta a questa Corte si snodano attraverso due giudizi che possono così descriversi:
Con ricorso ex art. 702bis cod. proc. civ. depositato il 18 marzo 2011 davanti al Tribunale di Sassari, RAGIONE_SOCIALE chiese, previa rideterminazione degli interessi passivi al tasso legale ed al netto di quanto illegittimamente contabilizzato a titolo di capitalizzazione sul c/c n. 27/1265, dalla stessa intrattenuto presso Banco di Credito Sardo s.p.a. (poi incorporata da Intesa Sanpaolo s.p.a., che successivamente ha ceduto il credito a RAGIONE_SOCIALE, qui rappresentata dalla sua procuratrice RAGIONE_SOCIALE, la condanna di quest’ultima alla restituzione di tutte le somme illegittimamente percepite.
Si costituì l’istituto di credito, che contestò l’avversa pretesa, eccependo, preliminarmente, la prescrizione del diritto di controparte ad azionare l’indebito e formulando, in via riconvenzionale, domanda di accertamento, in via incidentale, del proprio credito di € 517.001,47, oltre interessi, in forza di mutuo fondiario del 23 settembre 1994, azionato nell’esecuzione immobiliare n.r.g.e. 137/2004 del Tribunale di Sassari, salva compensazione.
Disposto il mutamento di rito ed espletata l’istruttoria, l’adito tribunale, con sentenza n. 1249/2013, rigettata la domanda di declaratoria di nullità del mutuo predetto, perché tardivamente proposta: a ) accertò l’interruzione del termine prescrizionale decennale da parte di RAGIONE_SOCIALE la quale, a fronte della chiusura del conto, avvenuta in data 16 novembre 1995, aveva proposto, con atto del 5 aprile 2005, l’opposizione all’esecuzione immobiliare suddetta chiedendo la declaratoria di nullità della sola clausola di capitalizzazione sul c/c n. 27/1265 (opposizione iscritta al n.r.g. 1494/1995 del Tribunale di Sassari, poi estinta per inattività delle parti); b ) in accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata dall’istituto di credito e dell’eccezione di compensazione, ‘ previa declaratoria di nullità della clausola di anatocismo prevista nel contratto di c/c stipulato dalle parti n. 27/1265 e compensazione dei rispettivi rapporti di dare e avere ‘, condannò RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a pagare, in favore
della banca controparte, la somma di € 376.817,43, ‘ oltre interessi convenzionali come da contratto di finanziamento dalla domanda al saldo ‘.
Il gravame promosso dalla menzionata società avverso questa sentenza (volto ad ottenerne la riforma, con declaratoria di nullità del mutuo oggetto della riconvenzionale spiegata nell’interesse dell’Istituto di credito, eventualmente previa integrazione del contraddittorio nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE, con ricalcolo anche di quanto illegittimamente contabilizzato a titolo di interessi passivi e commissioni di massimo scoperto), -il cui procedimento prese il n. 140/2014 -fu deciso dall’adita Corte di appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, con sentenza parziale n. 137/2017, resa nel contraddittorio con Banca di Credito Sardo s.p.a. In particolare, quella corte: i ) dichiarò prescritta la richiesta di ricalcolo delle commissioni di massimo scoperto e delle altre spese, in quanto non formulata al momento del deposito dell’opposizione all’esecuzione del 5 aprile 2005; ii ) in parziale accoglimento dell’appello di RAGIONE_SOCIALE condannò la menzionata banca al pagamento, in suo favore, dell’importo di € 208.123,41, oltre interessi; iii ) rilevata, inoltre, la documentata esistenza dell’appello iscritto al n.r.g. 44/2017 avverso la sentenza n. 1429/2016 del Tribunale di Sassari avente ad oggetto il medesimo rapporto di mutuo fondiario e gli stessi motivi di nullità ivi dedotti da RAGIONE_SOCIALE separò la domanda di pagamento dell’indebito da quella domanda fondata sul mutuo, rimettendo la causa in istruttoria.
B) Con atto ritualmente notificato il 15 aprile 2014, Banca di Credito Sardo s.p.a. (quale istituto di credito subentrato a Intesa Sanpaolo s.p.a., già Sanpaolo Imi s.p.a., incorporante per fusione il Banco di Napoli s.p.a., oggi RAGIONE_SOCIALE, quale procuratrice di RAGIONE_SOCIALE, cessionaria del credito di cui si discute) instaurò, davanti al Tribunale di Sassari, giudizio di merito, ex art. 616 cod. proc. civ., dopo l’ordinanza di sospensione resa il 21 febbraio 2014 dal giudice del Tribunale di Sassari nell’esecuzione immobiliare n.r.g.e. 137/2004 promossa da Sanpaolo IMI s.p.a., quale incorporante il Banco di Napoli s.p.a., contro RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE debitrice principale, nonché NOME e NOME COGNOME quali fideiussori e terzi datori d’ipoteca, in forza di atto di precetto sul mutuo fondiario predetto del 23 settembre 1994 (concesso per Lire 1.750.000.000, oggi € 903.799,57, per atto Notaio NOME COGNOME in Sassari rep. n. 19138 e successivo atto di erogazione quietanza del 19.12.2004 per atto Notaio NOME COGNOME in Sassari rep. n. 19666).
La banca, convenuti in giudizio anche i creditori intervenuti, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE, che rimasero contumaci, ribadì l’eccezione (già formulata innanzi al g.e.) volta ad ottenere la declaratoria di carenza di legittimazione delle società terze rispetto all’esecuzione, RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE, cui pure estese la lite, e chiese accertarsi la validità del contratto di finanziamento, dell’atto di erogazione e quietanza e delle conseguenti iscrizioni ipotecarie connesse, con condanna di RAGIONE_SOCIALE e dei terzi datori d’ipoteca al pagamento dell’importo di € 517.001,47, oltre interessi e spese.
Si costituirono RAGIONE_SOCIALE, NOME e NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, contestando l’avversa eccezione di carenza di legittimazione passiva delle due ultime società indicate e chiedendo: a ) dichiararsi che il titolo posto a base della procedura era divenuto nullo e/o inefficace a seguito della sentenza n. 1249/2013 del Tribunale di Sassari; b ) dichiararsi, in ogni caso, la nullità del mutuo del 23 settembre 1994 per illiceità della causa e della costituzione di ipoteca con condanna dell’istituto di credito alla restituzione delle rate di mutuo illegittimamente percepite; c ) dichiararsi l’inefficacia dei conti correnti intestati a tutte le società convenute (RAGIONE_SOCIALE: 27/1265; RAGIONE_SOCIALE: 27/1960 e 8/16; RAGIONE_SOCIALE NOME RAGIONE_SOCIALE: 27/1504 e 8/13) asseritamente estinti con gli importi percepiti in forza del prestito nullo per illiceità della causa, in quanto servito a ripianare le passività formatesi a seguito di addebiti illegittimi; d ) previa rideterminazione degli interessi passivi al tasso legale ed al netto dell’anatocismo e delle commissioni di massimo scoperto,
come da CTU allegate agli atti siccome espletate in precedenti procedimenti per accertamento tecnico preventivo svoltisi davanti al Tribunale di Sassari, la condanna dell’istituto di credito attore al pagamento di tutte le somme illegittimamente percepite.
Con la prima memoria ex art. 183, comma 6, cod. proc. civ., Intesa Sanpaolo s.p.a. integrò le proprie conclusioni chiedendo, in via preliminare, dichiararsi l’inammissibilità dell’avversa domanda formulata in comparsa di costituzione e risposta nei punti da 5) a 9), in difetto della rituale proposizione di una domanda riconvenzionale; inoltre, in via preliminare subordinata, per il caso di denegato rigetto della suddetta domanda d’inammissibilità delle domande da sub 5) a 9), chiese dichiararsi la prescrizione di tutti i diritti afferenti i c/c n. 27/1960 e n. 8/16 intestati alla RAGIONE_SOCIALE e n. 27/1504 e n. 8/13 intestati ad RAGIONE_SOCIALE, afferenti la pretesa capitalizzazione e l’applicazione di un tasso ultralegale in difetto di conforme pattuizione.
Con sentenza n. 1429/2016, depositata il 27.10.2016, il Giudice del Tribunale di Sassari: a ) dichiarò il ‘ difetto di legittimazione attiva ‘ di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE; b ) dichiarò inammissibili le domande di cui ai punti da 5) a 9) della comparsa di costituzione e risposta di RAGIONE_SOCIALE, NOME e NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE; c ) accertata la possibilità, da parte dei soli esecutati, di promuovere opposizione all’esecuzione e, quindi, di eccepire la nullità del mutuo in virtù del preteso collegamento negoziale con i contratti di conto corrente ai quali sarebbero stati applicate condizioni illegittime, dichiarò che Intesa Sanpaolo non aveva diritto a procedere ad esecuzione forzata.
Quest’ultima propose gravame contro questa sentenza innanzi alla Corte di appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, -il relativo procedimento prese il n. 44/2017 -insistendo per l’accertamento della validità del finanziamento di credito fondiario a lungo e medio termine del 23 settembre posto a base dell’esecuzione immobiliare n.r.g.e. 137/2004 del Tribunale di Sassari; in via incidentale condizionata, e solo per il caso di
denegata riforma della pronuncia in punto di carenza di legittimazione e/o d’inammissibilità delle avverse domande afferenti i conti correnti n. 27/1265 (RAGIONE_SOCIALE), n. 27/1960 e n. 8/13 (RAGIONE_SOCIALE), n. 27/1504 e n. 8/16 (RAGIONE_SOCIALE), ripropose l’eccezione d’inammissibilità delle domande formulate da controparte, siccome proposte in difetto di una rituale domanda riconvenzionale, e l’eccezione di prescrizione.
Si costituirono RAGIONE_SOCIALE, NOME e NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE ed Impresa NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, chiedendo: i ) la declaratoria d’inammissibilità dell’appello e, in via incidentale, l’accertamento della legittimazione ad agire delle società terze rispetto all’esecuzione; ii ) la conferma della sentenza n. 1429/2016 in punto di declaratoria della nullità del mutuo che era servito esclusivamente a ripianare le passività illegittimamente formatesi, con condanna della banca alla restituzione dei ratei illegittimamente percepiti e la nullità delle concesse ipoteche; iii ) sempre in via incidentale, la declaratoria di nullità delle clausole anatocistiche e di illegittima applicazione di un tasso ultralegale ai rapporti di conto corrente intercorsi tra le parti, reiterando la richiesta di condanna di Intesa Sanpaolo s.p.a. al pagamento di tutte le somme oggetto dell’indebito.
Con ordinanza di rimessione in istruttoria del 26 giugno 2018, nel procedimento n.r.g. 140/2014, la Corte d’Appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, ‘ rilevato che il presente procedimento ha ad oggetto il medesimo rapporto contrattuale oggetto dell’impugnazione di cui al procedimento n.r.g. 44/2017, dispone la riunione del presente procedimento con quello iscritto al R.G. n. 44/2017 ‘.
2.1. Con provvedimento del 26 giugno 2018, nel giudizio iscritto al n.r.g. 44/2017, la medesima corte di appello, ‘ rilevato che la presente controversia ha ad oggetto il medesimo rapporto contrattuale oggetto del procedimento R.G. n. 140/2014 dispone la riunione del presente procedimento a quello iscritto al R.G. n. 140/2014 ‘.
2.2. Con sentenza del 17 maggio 2019, n. 231, la corte suddetta: a ) confermò il difetto di legittimazione di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE, con conseguente inammissibilità delle domande afferenti i conti correnti oggetto del preteso collegamento negoziale con il mutuo fondiario posto a base dell’esecuzione immobiliare n.r.g.e. 137/2004 del Tribunale di Sassari; b ) dichiarò inammissibili le domande afferenti la nullità del c/c n. 27/1265 intestato ad RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE stante la pronuncia contenuta nella sentenza parziale n. 137/2017; c ) dichiarato precluso l’esame delle domande formulate da Intesa Sanpaolo s.p.a. in via incidentale condizionata, stante il rigetto delle domande formulate in via incidentale da RAGIONE_SOCIALE, dai terzi datori d’ipoteca, da RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE siccome afferenti i rapporti di conto corrente, dichiarò circoscritto il thema decidendum al profilo della validità del mutuo fondiario del 23 settembre 1994. Sul punto, esclusane la natura di mutuo di scopo e ritenuta la inconfigurabilità del collegamento negoziale ipotizzato, invece, dal primo giudice, in accoglimento dell’appello proposto dall’istituto di credito rigettò l’opposizione all’esecuzione, dichiarando la validità del mutuo fondiario posto a base dell’esecuzione immobiliare n.r.g.e. 137/2004 del Tribunale di Sassari e condannando gli appellanti incidentali al pagamento delle spese del primo e secondo grado.
Per la cassazione di questa sentenza hanno proposto un unico ricorso Impresa RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e NOME COGNOME, affidandosi ad otto motivi. Ha resistito, con controricorso, illustrato anche da memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ., RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE, in rappresentanza di RAGIONE_SOCIALE, cessionaria del credito già del Banco di Napoli s.p.a., poi Sanpaolo RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE e ancora Intesa Sanpaolo s.p.aRAGIONE_SOCIALE (incorporante Banca di Credito Sardo s.p.a.). Sono rimasti solo intimati RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE
3.1. Con ordinanza interlocutoria del 27 ottobre 2023/7 febbraio 2024, questa Corte ha ritenuto che « le questioni poste dalle argomentazioni di cui
ai formulati motivi di ricorso, – attesane la complessità e rilevanza (cfr. Cass., S.U., n. 14437 del 2018), il valore nomofilattico di quella relativa all’oggetto del giudizio di opposizione all’esecuzione (che impone di valutare anche la giurisprudenza, sul punto, della Terza sezione di questa Corte, al fine di coordinarla con la futura decisione dell’odierno giudizio) e la delicatezza della materia del contendere anche quanto al lamentato operato della banca » rendessero opportuna la rimessione della causa alla pubblica udienza, in prossimità della quale sono state depositate memorie ex art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I formulati motivi di ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi:
I) « Nullità della sentenza, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per omesso esame (art. 112 cod. proc. civ.) del capo dell’appello incidentale avverso la sentenza Trib. Sassari 27 ottobre 2016, n. 1429, con cui l’Impresa Francesco RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE hanno lamentato l’erroneità della pronuncia di prime cure che ha negato loro la legittimazione attiva a contestare il diritto della banca a procedere ad esecuzione forzata ». Viene contestata l’affermazione della corte distrettuale secondo cui l’assunto del difetto di legittimazione a proporre opposizione all’esecuzione da parte di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE -ritenuto dal giudice di primo grado perché soggetti entrambi non sottoposti ad esecuzione -non era stato specificamente censurato. Affermazione da cui era conseguito il mancato esame delle domande formulate dalle menzionate società;
II) « Violazione o falsa applicazione degli artt. 1421, nonché 1343-1344 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. ». Si deduce che, « Per la ragione illustrata nel primo motivo, non soltanto è violato l’art. 112 cod. proc. civ., ma altresì risulta violato l’art. 1421 cod. civ., posto che chiunque vi ha interesse può far valere la nullità, e certamente nel novero degli interessati rientra chi (nella specie, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE), onerato di debiti verso una banca artificiosamente creati o comunque amplificati dalla banca
stessa, si veda estinguere il proprio saldo negativo attraverso l’utilizzazione di risorse finanziarie erogate da questa a titolo di mutuo ad altra società (RAGIONE_SOCIALE, poi s.r.lRAGIONE_SOCIALE). Attraverso questa articolata operazione (stipula di mutuo fondiario da Banco Napoli a RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, poi s.r.lRAGIONE_SOCIALE; erogazione; immediato storno, ad iniziativa del Banco il giorno successivo, a estinzione dei loro saldi negativi, comunque inquinati da illegittimi addebiti) si è dato vita ad un collegamento negoziale vistosamente elusivo, ricadente sotto la disciplina di cui agli artt. 1343-1344 cod. civ. »;
III) « Nullità della sentenza, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per omesso esame (art. 112 cod. proc. civ.) dei capi 5, 6, 7 e 8 dell’appello avverso la sentenza Trib. Sassari 27 ottobre 2016, n. 1429, proposto da RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE ». Si contesta l’affermazione della corte territoriale secondo cui anche l’impugnazione contro la pronuncia di inammissibilità delle domande di cui ai punti da 5) a 9) della comparsa di costituzione e risposta di RAGIONE_SOCIALE, NOME e NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE nel giudizio ex art. 616 cod. proc. civ., -sancita dal Tribunale di Sassari -doveva essere rigettata, ‘ per la stessa ragione ‘. Sostengono i ricorrenti che « Non si comprende, tuttavia, quale sia tale ‘stessa ragione’: se la circostanza che le due società in parola sono soggetti diversi dal debitore esecutato, o la circostanza che avrebbe fatto difetto una specifica censura. Già questa incertezza, determinata dalla laconica genericità dell’espressione adoperata, inficia gravemente la pronuncia impugnata. . In ogni caso, la decisione è viziata sia che per ‘ stessa ragione ‘ debba intendersi la circostanza che le due dette società sono soggetti diversi dai debitori esecutati (la mutuataria RAGIONE_SOCIALE e le persone fisiche garanti), sia che per ‘ stessa ragione ‘ debba intendersi il difetto di una specifica censura »;
IV) « Nullità della sentenza, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per omesso esame (art. 112 cod. proc. civ.) dei capi 5, 6, 7 e 8 (e per totale assenza di motivazione sull’asserita inammissibilità dei
medesimi: art. 111 Cost., 132 cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ.) dell’appello avverso la sentenza Trib. Sassari 27 ottobre 2016, n. 1429, proposto da RAGIONE_SOCIALE Francesco COGNOME RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME e COGNOME NOME ». Si critica la sentenza impugnata perché, nel rigettare in blocco l’appello incidentale proposto dall’intero RAGIONE_SOCIALE aveva ignorato totalmente la differente posizione che caratterizzava le società RAGIONE_SOCIALE da un lato, ed RAGIONE_SOCIALE nonché le persone fisiche garanti, dall’altro;
V) « Nullità della sentenza, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per omesso esame (art. 112 cod. proc. civ.) della domanda subordinata di annullabilità del contratto di mutuo e dei connessi negozi ad esso strettamente collegati ». Si assume che « La Corte di appello, , riformata (erroneamente) la pronuncia di prime cure nel capo che aveva accertato la nullità del mutuo e degli atti negoziali ad esso inscindibilmente collegati, ha omesso di delibare la domanda subordinata, quantunque fin dal primo grado l’intero RAGIONE_SOCIALE avesse posto largamente in luce l’errore in cui era stato indotto dal fraudolento contegno del Banco di Napoli attraverso la dolosa enfatizzazione delle perdite debitorie grazie ad anatocismo, interessi ultralegali ed altre voci non costituenti oggetto di pattuizione. Esclusa (erroneamente) la lamentata nullità correttamente riscontrata dalla pronuncia di primo grado (Trib. Sassari, sentenza n. 1429/2016), la Corte territoriale avrebbe dovuto vagliare la domanda di annullamento »;
VI) « Violazione e/o ferrata applicazione degli artt. 615 e 616 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. ». Si deduce che « L’immotivato assunto della Corte d’Appello circa l’inammissibilità delle domande di accertamento dei crediti delle Società del Gruppo (e relativa condanna al pagamento) configura altresì, in ogni caso, violazione e/o errata applicazione degli artt. 615 e 616 cod. proc. civ. Premesso che la Banca di Credito Sardo s.p.a. ha posto a fondamento dell’esecuzione un contratto di mutuo (e non un giudicato), sì che la sua validità ben poteva essere contestata in sede di opposizione ex art. 615 cod. proc. civ., deve
sottolinearsi che l’opposizione all’esecuzione si configura come accertamento negativo della pretesa esecutiva del creditore procedente sfociante in un giudizio a cognizione piena . Conseguentemente, errata si rivela la sentenza impugnata nella parte in cui, reiterando l’errore del Tribunale, ha negato ammissibilità e proponibilità delle domande di accertamento dei crediti e di condanna al pagamento di somme in favore degli (allora) opponenti ed odierni ricorrenti ». La censura argomenta, inoltre, sulla pretesa ammissibilità delle domande predette;
VII) « Violazione o falsa applicazione degli artt. 1343, 1344, 1418 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. », contestandosi le argomentazioni con cui la corte distrettuale, diversamente dal giudice di primo grado, ha escluso la natura di mutuo di scopo quanto al mutuo fondiario ed ha affermato che « la causa concreta del contratto è assolta proprio dalla dazione di somma il cui utilizzo bene può essere preordinato dalle parti a soddisfare precedenti partite debitorie anche per dilazionarne il termine di scadenza controbilanciato da nuove garanzie, senza che questo entri nella causa in senso oggettivo ». Secondo i ricorrenti « Siffatta motivazione non solo è viziata, ma è totalmente avulsa dalla realtà fattuale. Qui non si trattava -come invece afferma la Corte d’Appello di ‘soddisfare precedenti partite debitorie’ ma, piuttosto, di soddisfare debiti insussistenti, illegittimamente costruiti dalla Banca a proprio vantaggio attraverso anatocismo, capitalizzazioni trimestrali e interessi usurari. Si trattava, cioè, di partite debitorie create ad arte e fondate su un illegittimo contegno, da essa studiatamente generate facendo leva sulla propria posizione di forza e raggiungendo, così, -attraverso un operato cui non possono forse neppure dirsi estranei taluni connotati riconducibili a specifiche fattispecie penali -l’ingiusto profitto consistente nell’acquisita dotazione di garanzie personali e reali di cui non disponeva prima della stipulazione del mutuo del 23 settembre 1994. . Né la Corte di appello, erroneamente accogliendo l’impugnazione della banca avverso la sentenza Trib. Sassari n. 1429/2016, si è accorta che la formale (e solo formale!) erogazione di un mutuo ad una società (RAGIONE_SOCIALE, poi
RAGIONE_SOCIALE) e la contestuale imputazione dell’intera somma mutuata all’azzeramento di apparenti sofferenze (in realtà artatamente configurate, per la prefata violazione di norme imperative) di altre società dello stesso Gruppo si rivela ictu oculi immeritevole di tutela, stante la vistosa contrarietà della causa concreta a norme di ordine pubblico. Ed è persino superfluo ricordare che si ha illiceità della causa sia nell’ipotesi di sua contrarietà a norme imperative, all’ordine pubblico e al buon costume, sia nell’ipotesi di utilizzazione dello strumento negoziale per frodare la legge, allorché venga attribuita al negozio una funzione obiettiva volta al raggiungimento di finalità contraria a legge . Nella descritta situazione , il mutuo non attua alcun interesse meritevole di tutela, giacché, a fronte dell’obbligazione di pagamento degli interessi , il mutuatario non riceve alcun vantaggio: solo in apparenza la somma è uscita dalla disponibilità della banca mutuante, essendo stata destinata (direttamente dalla Banca stessa) a soddisfare crediti, risultanti da rapporti di conto corrente (con altre società del Gruppo), che in realtà non sussistevano o comunque non potevano ricevere tutela giuridica in quanto fondati sull’applicazione di clausole nulle. Difettando ogni utilità ed ogni concreto interesse per il mutuatario (e cioè, in sostanza, la causa) non poteva che giungersi alla conclusione della sua nullità ex artt. 1418-1325 n. 2 cod. civ.: la causa quale elemento essenziale del contratto non deve essere intesa come sua mera ed astratta funzione economico-sociale, bensì come sintesi degli interessi reali che questo è diretto a realizzare, e cioè come funzione individuale del singolo, specifico negozio, a prescindere dal singolo stereotipo contrattuale astratto . Tale nullità, come sopra rilevato, travolge anche i negozi collegati al mutuo, stante il vincolo di stretta e reciproca interdipendenza, atteggiandosi l’intera operazione a espediente in frode alla legge ex artt. 1343 e 1344 cod. civ., in quanto volta ad un fine pratico vietato dall’ordinamento. Il contratto di mutuo fondiario, l’atto di erogazione e quietanza, le prestazioni di garanzie reali e personali da parte dei membri della famiglia COGNOME, le operazioni di girofondo sono uniti da un nesso teleologico, volto alla regolamentazione di interessi viziati ed immeritevoli di tutela, in quanto
unitariamente preordinati ad un assetto economico contrario all’ordine pubblico »;
VIII) « Violazione o falsa applicazione degli artt. 2938 e 2943 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. », censurandosi la sentenza impugnata nella parte in cui « ha lasciato cadere la doglianza del ‘Gruppo SanguinettiRAGIONE_SOCIALE in ordine alla ripetizione delle somme illegittimamente versate al Banco di Napoli nonché ai soggetti bancari ad esso freneticamente succedutisi ».
Il primo motivo di ricorso si rivela infondato.
2.1. L’omissione di pronuncia ivi denunciata, infatti, non sussiste, atteso che il giudice di appello ha pronunciato espressamente sullo specifico motivo di gravame incidentale sottopostogli (« Il tribunale dichiarava il difetto di legittimazione attiva della Impresa RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE a contestare, mediante opposizione all’esecuzione, il diritto della Banca di Credito Sardo s.p.a. a procedere ad esecuzione forzata, trattandosi di soggetti diversi dal debitore esecutato e/o dal terzo assoggettato all’esecuzione. Detto assunto, pacifico in giurisprudenza, non è stato attinto da specifica censura, essendosi limitata parte appellante incidentale a richiamare il concetto di collegamento negoziale tra il contratto di mutuo, asseritamente invalido per illiceità della causa, e i conti correnti intestati alla RAGIONE_SOCIALE e alla RAGIONE_SOCIALE Tale argomentazione, se astrattamente idonea a contraddire sulla validità del mutuo, non vale a contestare la decisione di primo grado laddove è rilevato che queste due società non hanno titolo a proporre opposizione all’esecuzione, cui non risultano sottoposti ». Cfr . pag. 5 della sentenza impugnata).
2.2. I ricorrenti, dunque, mostrano di non considerare che -come condivisibilmente osservato anche dal Pubblico Ministero ( cfr . pag. 2 della sua requisitoria scritta) -la corte distrettuale, così opinando, ha rilevato l’assenza , non già di una mera doglianza , bensì di una censura ‘ specifica ‘ da parte degli appellanti incidentali RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE,
NOME COGNOME e NOME COGNOME, vale a dire di una contestazione che, muovendo da quanto sancito dal giudice di primo grado quanto all’assenza di legittimazione ad agire , in sede di opposizione all’esecuzione, di RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE, ne chiarisse l’erroneità del percorso motivazionale o proponesse una ragionata e diversa risoluzione della questione di diritto rispetto a quella adottata dal giudice predetto ( cfr . Cass., SU, n. 27199 del 2017, a tenore della quale, ‘ Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice ». In senso conforme, si vedano anche le successive Cass. n. 13535 del 2018 e Cass., SU, n. 36481 del 2022. Cass. n. 1341 del 2024, inoltre, ha ribadito che « Il motivo d’impugnazione è costituito dall’enunciazione delle ragioni per le quali la decisione è erronea e si traduce in una critica della decisione impugnata, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento stesso, la mancata considerazione delle quali comporta la nullità del motivo per inidoneità al raggiungimento dello scopo »).
2.2.1. Gli appellanti incidentali suddetti, invece, come rimarcato dalla corte territoriale, si erano limitati a ribadire l’assunto – già allegato in primo grado e sul quale il tribunale aveva già svolto un ragionamento che, motivatamente, aveva disatteso tale interpretazione per cui, nell’ipotesi di collegamento negoziale, tutte le parti sarebbero state litisconsorti necessarie nel giudizio relativo all’invalidità di uno dei negozi e , quindi, parimenti legittimate a proporre opposizione all’esecuzione, ancorché non debitrici e non esecutate.
2.2.2. Orbene, benché effettivamente la parte appellante in sede di gravame possa limitarsi a ribadire ed a riproporre le stesse ragioni ed argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato già
dedotte in primo grado ( cfr . Cass. Sez. V n. 25191-24), la sopra riportata affermazione della corte sarda non può ritenersi viziata sotto il profilo dell’omessa valutazione del gravame incidentale, avendo la stessa riaffermato la correttezza delle conclusioni svolte dal giudice di prime cure con motivazione per relationem , la quale ben può trovare cittadinanza in sede motivazionale (purché in presenza di un comprensibile richiamo ai contenuti degli atti cui si rinvia, ai fatti allegati dall’appellante ed alle ragioni del gravame. Cfr . Cass. n. 2397 del 2021) ancor più allorquando, di fronte ad una mera ripetizione, da parte dell’ impugnante, delle ragioni già esposte in primo grado, la corte d’appello si limiti a sottolineare la correttezza della soluzione prescelta dal tribunale.
Il settimo motivo di ricorso, da scrutinarsi anticipatamente rispetto agli altri perché, rispetto ad essi, logicamente prioritario, si rivela inammissibile.
3.1. Esso, invero, benché formalmente denunciante una violazione di legge ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in realtà è volto ad ottenere, sostanzialmente, una rivisitazione della conclusione della corte distrettuale circa l’insussistenza , nella specie, del collegamento negoziale da cui sarebbe derivata l’asserita nullit à/illiceità del contratto di mutuo fondiario del 23 settembre 1994, stipulato dalla RAGIONE_SOCIALE (in qualità di mutuataria) con l’allora Banco di Napoli RAGIONE_SOCIALE con la indicazione, quali terzi datori di ipoteca, dei germani NOME e NOME COGNOME (oltre che della loro madre NOME COGNOME, poi deceduta), su cui ancora insistono gli odierni ricorrenti; contratto di mutuo fondiario rispetto al quale, peraltro, la medesima corte ha escluso espressamente la sua natura di mutuo di scopo ( cfr . pag. 7 della sentenza impugnata).
3.2. Pertanto, è sufficiente ricordare che:
i ) come si legge nella qui condivisa Cass. n. 28662 del 2013, che ebbe a ribadire, sul punto, un consolidato orientamento di questa Corte, « il mutuo fondiario non costituisce un mutuo di scopo. Mentre il mutuo di scopo, infatti, è connotato dall’obbligo del mutuatario di realizzare l’attività programmata, sicché la destinazione delle somme mutuate è parte
inscindibile del regolamento di interessi voluto dalle parti (Cass., sez. III, 24 gennaio 2012, n. 943) e la presenza della clausola di destinazione comporta allora che, qualora non sia poi realizzato il progetto, il contratto è nullo (nullità ora ricondotta alla mancanza di causa negoziale ai sensi dell’art. 1418 c.c., ora all’illiceità della causa stessa per essere stato il contratto voluto e attuato in frode alla legge ex art. 1344 c.c.: profilo che non rileva, però, qui approfondire), invece il credito fondiario -secondo la nozione contemplata nell’art. 38 del d.lgs. n. 385 del 1993 -‘ ha per oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili ‘ . Esso “monetizza” nell’immediato il valore di scambio del bene immobile (cfr. Corte cost., 22 giugno 2004, n. 175), pur senza procedere il mutuatario alla dismissione di esso, e permette, a differenza ad esempio del mutuo ordinario o dell’apertura di credito, una durata medio-lunga, ciò essendo sufficiente ad integrarne la causa concreta. Va, dunque, ribadito che il mutuo fondiario non costituisce un mutuo di scopo, dal momento che non ne è elemento essenziale il patto di destinazione della somma mutuata a fini di miglioramento dei fondi sui quali è costituita l’ipoteca, che il mutuatario sia tenuto a perseguire, né l’istituto mutuante deve controllare l’utilizzazione che viene fatta della somma erogata (Cass., sez. I, 26 marzo 2012, n. 4792, con riguardo alla disciplina del t.u.b.; sez. III, 20 aprile 2007, n. 9511). . Ne deriva che, nel mutuo fondiario, il finanziamento dietro garanzia ipotecaria ben può essere finalizzato allo scopo soggettivo che le parti si prefiggono, e, se questo è costituito dall’utilizzo della somma per sanare debiti pregressi verso la banca, non per ciò solo può predicarsene l’illiceità ». E ciò appare del tutto coerente con la situazione fattuale, in cui l’erogazione di denaro si è certamente realizzata, indipendentemente dall’uso che ne sia seguito. Nel caso di specie, dunque, la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi, posto che, come concluso dalla già citata Cass. n. 28662 del 2013, « La stipula del mutuo per far fronte a debiti preesistenti, della società mutuataria o di terzi, resta circostanza irrilevante, posto che, se pure il mutuo sia volto al fine
di estinguere passività pregresse della mutuataria e per l’interesse, pur dedotto come esclusivo, della mutuante, l’ordinamento non ne sancisce la nullità per difetto di causa o per causa illecita, ai sensi dell’art. 1418 c.c. »;
ii ) alla stregua di Cass. 22216 del 2018, qui parimenti condivisa, « Affinché possa configurarsi un collegamento tra atti giuridici di varia natura tipologica (contratti, provvedimenti amministrativi, accordi non aventi contenuto patrimoniale), con una loro considerazione unitaria allo scopo di trarne un vincolo a carico di una parte, è necessario che ricorra sia un requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra gli atti volti alla regolamentazione degli interessi di una o più parti nell’ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, sia un requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere, non solo l’effetto tipico dei singoli atti in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale. Accertare la natura, l’entità, le modalità e le conseguenze del collegamento tra tale eterogeneo complesso di atti (negoziali, autoritativi, ecc.) rientra nei compiti esclusivi del giudice di merito, il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici » (in senso sostanzialmente conforme, sulla prima parte, vedasi anche la più recente Cass. n. 14561 del 2023, in cui si è affermato pure che « Il fatto che l’operazione nel suo complesso esibisse una funzione economica unitaria non implica, però, che i singoli negozi fossero privi di una loro specifica causa »). Nella specie, tuttavia, nessuna censura motivazionale, seppur nei limiti ancora consentiti dall’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., nel testo introdotto dal d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, e qui applicabile ratione temporis , risultando impugnata una sentenza resa il 17 maggio 2019 -è stata formulata dagli odierni ricorrenti su questo specifico punto;
iii ) come sottolineato da Cass. n. 3229 del 2025, « il compito di questa Corte non è quello di condividere, o meno, la ricostruzione dei fatti
contenuta nella decisione impugnata, né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito (cfr. Cass. n. 3267 del 2008), anche se la parte ricorrente prospetta un migliore e più appagante (ma pur sempre soggettivo) coordinamento dei dati fattuali acquisiti in giudizio (cfr. Cass. n. 12052 del 2007), dovendo, invece, solo controllare se costoro abbiano dato effettivamente conto, in ordine ai fatti storici rilevanti in causa, delle ragioni del relativo apprezzamento, come imposto dall’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., e se tale motivazione sia solo apparente ovvero perplessa o contraddittoria (ma non più se sia sufficiente: Cass. SU n. 8053 del 2014), e cioè, in definitiva, se il loro ragionamento probatorio, come reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato in ordine all’accertamento dei fatti storici rilevanti ai fini della decisione sul diritto azionato, si sia mantenuto, com’è in effetti accaduto nel caso in esame, nei limiti del ragionevole e del plausibile (cfr., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 8353 del 2023; Cass. n. 11176 del 2017) »;
iv ) il giudizio di legittimità non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative ( cfr . Cass. n. 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti, Cass. n. 8758 del 2017; Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. nn. 32026 e 40493 del 2021; Cass. nn. 5237, 21424, 30435, 35041 e 35870 del 2022; Cass. nn. 14595, 17578, 27522, 30878 e 35782 del 2023; Cass. nn. 19423, 25495, 26871, 27328 e 35012 del 2024; Cass. nn. 2040, 3229 e 3284 del 2025).
3.3. Esigenze di completezza, infine, impongono di puntualizzare che, nella specie, non assume alcun rilievo la futura decisione sulla questione (ancora pendente innanzi alle Sezioni Unite di questa Corte al momento della deliberazione in camera di consiglio di questa sentenza), concernente la validità, o non, del mutuo cd. solutorio ( cfr . l’ ordinanza interlocutoria resa
da Cass. n. 18903 del 2024) , posto che, nell’odierna vicenda, ancor prima della validità, o meno, di una tale tipologia di mutuo (su cui i ricorrenti nemmeno hanno argomentato specificamente), si controverte sull’esistenza, o meno, di un collegamento negoziale (che la corte di appello ha escluso) tra il mutuo fondiario suddetto, stipulato, il 23 settembre 1994, dalla sola RAGIONE_SOCIALE (cui la medesima corte ha negato pure la natura di mutuo di scopo), e gli altri rapporti bancari intrattenuti da tutti gli altri ricorrenti. Orbene, l ‘accertam e nto dell’esistenza, o meno, del l’invocato collegamento negoziale, come si è poc’anzi riferito, è questione di merito, già risolta negativamente dalla core distrettuale, con valutazione qui non ulteriormente sindacabile alla stregua di quanto si è precedentemente chiarito.
Il secondo motivo di ricorso si rivela infondato, sebbene dovendosi procedere alla correzione/integrazione della sentenza impugnata, ex art. 384, ultimo comma, cod. proc. civ., nei complessivi termini di cui appresso.
4.1. La doglianza da esso concretamente posta e la specificità della fattispecie caratterizzante l’odierna lite impongono a questa Corte di interrogarsi sul se un soggetto non assoggettato ad una esecuzione forzata iniziata in forza di un titolo stragiudiziale (qui un contratto di mutuo fondiario), possa partecipare, o non, ad un giudizio ex art. 616 cod. proc. civ. (ivi intervenendo autonomamente oppure perché, come accaduto nella vicenda oggi in esame, espressamente citato dalla banca creditrice procedente sebbene per invocarne la sua carenza di legittimazione già dedotta innanzi al g.e. pronunciatosi sulla formulata istanza di sospensione dell’esecuzione ) al fine di invocare, unitamente agli esecutati (mutuatario e terzi datori di ipoteca), le medesime ragioni di nullità/illiceità/invalidità del titolo esecutivo stragiudiziale azionato, ovviamente, solo nei confronti di questi ultimi.
4.2. La risposta ad un simile quesito presuppone, come appare intuitivo, la individuazione dell’oggetto del giudizio di opposizione all’esecuzione e de l suo conseguente giudicato: tema, questo, che ha fatto registrare plurime opinioni in dottrina, ma il cui esame deve essere circoscritto, in questa
sede, alla sola ipotesi di esecuzione forzata intrapresa sulla base di un titolo stragiudiziale, a tal fine rimarcandosi che la scelta di così delimitare il campo di indagine « non è frutto di un arbitrio decisionale, ma della semplice constatazione per cui ogni pronuncia giudiziaria trova il proprio limite nel collegamento con una vicenda concreta » ( cfr ., Cass., SU, n. 19681 del 2019, pag. 19 della motivazione), posto che a questa Corte, anche allorquando giudichi a Sezioni Unite, « non è affidata “l’enunciazione di principi generali e astratti o di verità dogmatiche sul diritto, ma la soluzione di questioni di principio di valenza nomofilattica pur sempre riferibili alla specificità del singolo caso della vita » ( cfr ., oltre alla già citata Cass., SU, n. 19681 del 2019, Cass., SU, nn. 12564, 12565, 12566 e 12567 del 2018). In coerenza, quindi, con i limiti del petitum e con le funzioni istituzionali della Suprema Corte, la presente decisione si atterrà ai confini ora indicati.
4.3. Orbene, secondo una parte della dottrina, l’oggetto del giudizio di opposizione all’esecuzione è il diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata, quale situazione giuridica diversa dal diritto di obbligazione sottostante, come risulterebbe chiaro, a tacer d’altro, dal fatto che si abilita il creditore a proporre una domanda riconvenzionale nel corso del giudizio di opposizione all’esecuzione, eventualità che andrebbe considerata inutile ove si riconoscesse che il diritto di credito dell’opposto è già coinvolto nell’ambito oggettivo del giudicato sul giudizio di opposizione. Ne deriva che, rigettata l’opposizione, non si forma alcun accertamento idoneo al giudicato in ordine all’esistenza del diritto di credito, né possono impedirsi nuove opposizioni fondate su motivi diversi da quelli precedentemente dedotti. Suffragherebbe oggi tale ricostruzione sia la diversità tra l’oggetto della sospensione ex art. 615, comma 1, cod. proc. civ. e della sospensione ex art. 624 del medesimo codice, di talché « se il potere esercitato nei due casi differisce così profondamente, è logico ritenere che anche la sentenza conclusiva dei due giudizi abbia analoghe caratteristiche »; sia il più generale trend alla valenza meramente endoprocedimentale della cognizione svolta in sede esecutiva riscontrabile anche per le contestazioni ex artt. 512 cod. proc. civ. e 96 l.fall. (oggi art.
204 del d.lgs. n. 14 del 2019). Prima della riforma del processo civile di cui alla legge 18 giugno 2009, n. 69, a favore di quest’indirizzo veniva invocato anche l’argomento della inappellabilità della sentenza resa in sede di opposizione a precetto ( cfr . art. 616, comma 2, ultimo periodo, cod. proc. civ., poi soppresso dall’art. 49, comma 2, della legge n. 69 del 2009 ), unitamente alla direttiva di cameralizzazione posta dall’art. 185 disp. att. cod. proc. civ.
4.3.1. Secondo un’altra tesi, invece, l’opposizione all’esecuzione consiste in un’azione inibitoria a fronte dell’aggressione in atto, nella quale vale come petitum una richiesta di una sentenza che tenga luogo di una revoca della domanda esecutiva. Una tale ricostruzione, che conduce a considerare ammissibile un’azione del debitore che metta in discussione la legittimità dell’azione esecutiva avrebbe poi trovato conferma nell’attuale configurazione del rapporto tra sospensione dell’esecuzione e giudizio di merito, come scaturente dal nuovo art. 624 cod. proc. civ.
4.3.2. Infine, s econdo la dottrina maggioritaria, l’oggetto dell’opposizione è rappresentato, oltre che dall’inesistenza del diritto di procedere ad esecuzione forzata, anche dall’accertamento negativo del credito per il quale si procede. Una tale conclusione si fonda, in genere, sulla natura di questione pregiudiziale di merito dell’accertamento del diritto sostanziale, ovvero sulla considerazione che anche nel nostro caso opera la correlazione tra competenza e thema decidendum , nel senso che da ogni norma che assegna « una questione pregiudiziale alla cognizione del giudice per essa competente si ricava la volontà che il giudizio su di essa non sia semplice preparazione logica della decisione principale ma parte integrante di questa ». Il riferimento alla competenza per materia lascia chiaramente intendere, quindi, che si vuole una pronuncia idonea anche al giudicato sostanziale.
4.4. La giurisprudenza di legittimità non si è occupata direttamente dell’oggetto processuale o sostanziale del giudizio di opposizione all’esecuzione, anche se sovente ha parlato di processo di accertamento negativo del credito ( cfr ., per esempio, Cass. n. 14096 del 2005). In una
pronuncia, si è statuito che il giudizio di opposizione a precetto cambiario costituisce un ordinario giudizio di cognizione, volto a negare l’esistenza del credito fatto valere con la richiesta di pagamento, sicché, ai fini dell’applicazione dell’art. 39, comma 2, cod. proc. civ., esso può senz’altro configurare la causa contenente rispetto al procedimento monitorio volto ad ottenere la condanna sulla base degli stessi effetti cambiari, a meno che l’opposizione all’esecuzione riguardi solo aspetti processuali della promovibilità della esecuzione forzata (cfr. Cass. n. 20759 del 2007).
4.5. Questo Collegio , dunque, sulla questione di ordine generale e, per quanto di specifico interesse in questa sede, in riferimento ai titoli stragiudiziali, ritiene di potere senz’altro convenire con la dottrina maggioritaria secondo cui l’oggetto dell’opposizione all’esecuzione è sia processuale che sostanziale. N ell’opposizione suddetta, cioè, si accerta che: a ) il creditore procedente ha/non ha diritto di procedere ad esecuzione forzata; b ) il diritto risultante dal titolo sussiste/non sussiste.
4.5.1. In altri termini, in virtù dell’utilizzo della locuzione ‘ Quando si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata ‘ ( cfr . art. 615, comma 1, cod. proc. civ.), tanto generica da risultare omnicomprensiva, rientrano nella categoria dell’opposizione all’esecuzione tutte le questioni inerenti all’esercizio dell’azione esecutiva, dalla negazione della esistenza originaria del titolo esecutivo alla affermazione della sua successiva caducazione, dalla negazione della perdurante esistenza del diritto di credito che trova evidenza nel titolo, alla contestazione della legittimità dell’esercizio della azione nella direzione (oggettiva o soggettiva) in cui esso è avvenuto. Va da sé che, indipendentemente dal motivo su cui si fonda la deduzione della illegittimità dell’esecuzione, l’opposizione regolata dall’art. 615 c od. proc. civ. presuppone che la domanda abbia un contenuto minimo costituito dall’accertamento ‘ della insussistenza attuale (non importa se originaria o sopravvenuta) del diritto di procedere sul fondamento di quel determinato titolo e con la direzione oggettiva o soggettiva ‘ prescelta e determinata, nella fase di preannuncio con il precetto e, successivamente, con il primo atto esecutivo.
4.5.2. In definitiva, possono essere elaborate quattro macrocategorie cui ricondurre i motivi in cui può articolarsi la contestazione del diritto ad agire esecutivamente, ovvero del ‘ se ‘ dell’esecuzione. Tali motivi, che costituiscono le ragioni (o la causa petendi ) della domanda, ove considerati nel loro complesso, delimitano il perimetro del potere di cognizione del giudice investito dell’opposizione all’esecuzione.
4.5.3. Stando a tale classificazione, l’opposizione prevista dallo schema delineato dall’art. 615 c od. proc. civ. può fondarsi, in relazione ad un titolo esecutivo stragiudiziale, tanto sulla negazione della ‘ esistenza ‘ originaria d i quest’ultimo (quando si assuma la sua inesistenza per vizio genetico oppure si affermi che il documento che incorpora il diritto non ha valenza esecutiva ai sensi dell’art. 474 c od. proc. civ. Il titolo esecutivo, peraltro, può mancare anche solo in senso relativo e ciò accade quando l’azione esecutiva, pur formalmente perfetta, si rivela illegittima per le modalità concrete in cui è stata esercitata, come si verifica quando si intenda dare attuazione ad un diritto diverso da quello azionabile esecutivamente in forza del titolo utilizzato, quando si profili un difetto di legittimazione attiva o passiva delle parti che si affermano titolari del rapporto sostanziale o, infine, quando si lamenti l’eccessività delle somme richieste con il precetto ), quanto sulla affermazione della sua ‘caducazione’ per fatto successivo (tale evenienza può verificarsi, ad esempio, quando, nel corso del processo di esecuzione, sia stata accolta la domanda di nullità, annullamento, simulazione, rescissione o risoluzione del negozio stipulato nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata ed azionato quale titolo esecutivo, ricordandosi, in proposito, che, in ossequio al principio secondo cui nulla executio sine titulo, ai fini della legittimità dell’esecuzione forzata occorre che il titolo esecutivo sussista non solo nel momento in cui l’esecuzione è minacciata o intrapresa, ma durante tutto il suo svolgimento). L’opposizione all’esecuzione , inoltre, può essere proposta per negare non l’esistenza del titolo esecutivo, ma quella del diritto di credito in esso incorporato nei casi in cui si assuma la sua estinzione, totale o parziale, per vicenda sopravvenuta. Infine, può essere qualificata ai sensi dell’art. 615 c od. proc.
civ . anche la contestazione che abbia ad oggetto l’illegittimità dell’azione esecutiva nella direzione concreta in cui essa è stata esercitata.
4.6. Va osservato, poi, che, in linea di principio, la legittimazione attiva a proporre l’opposizione all’esecuzione spetta al soggetto nei cui confronti l’esecuzione sia stata minacciata o promossa e, dunque, di regola, al debitore intimato o esecutato, senza che rilevi il fatto che si tratti del soggetto obbligato ad eseguire la prestazione in base alle risultanze del titolo esecutivo, ovvero del suo successore a titolo particolare o universale o, infine, dell’obbligato solidale (come si verifica, ad esempio, quando l’esecuzione in forza di un titolo formato contro la società sia intrapresa ai danni del socio illimitatamente responsabile ovvero quando in forza di un titolo formato contro il condominio l’esecuzione sia promossa ai danni del singolo condomino limitatamente alla obbligazione gravante sulla sua quota di proprietà).
4.6.1. Così come negli altri giudizi di cognizione ordinaria, peraltro, anche nel caso di opposizione all’esecuzione va verificata la sussistenza dei presupposti processuali e delle condizioni dell’azione. In ossequio ai principi generali, l’interesse ad agire anche nell’opposizione all’esecuzione deve essere giuridico, concreto ed attuale e può ritenersi sussistente in tutti i casi in cui si ravvisi l’esigenza per l’opponente di conseguire un risultato giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice. Il processo, quindi, non può essere utilizzato solo in previsione di possibili effetti futuri pregiudizievoli per la parte, senza che sia precisato il risultato utile e concreto che essa intenda in tal modo perseguire.
4.7. Alla luce delle osservazioni che precedono, dunque, può affermarsi che: i ) benché il giudizio instaurato ai sensi dell’art. 615 c od. proc. civ. abbia un oggetto sostanzialmente predefinito, perché modulabile solo attraverso il contenuto della contestazione sul diritto del creditore procedente, va evidenziato, tuttavia, che la giurisprudenza, in più occasioni, ha ammesso l’estensione dell’oggetto dell’opposizione prevista dall a citata norma , ad istanza sia dell’opposto che dell’opponente, ed ha riconosciuto al giudice investito della decisione un potere di rilievo officioso negli stessi casi
in cui un potere di contenuto analogo viene riconosciuto al giudice dell’esecuzione ; ii ) la giurisprudenza di legittimità ha ammesso che il creditore opposto (convenuto in giudizio) possa proporre una domanda riconvenzionale, senza che rilevi il fatto che l’opposizione all’esecuzione sia stata proposta in via preventiva o successiva (deve essere chiarito, però, che non vi è una domanda riconvenzionale se il creditore opposto chieda l’accertamento dei fatti negati dall’opponente e diretti a dimostrare la validità del titolo esecutivo in forza del quale ha esercitato l’azione, ma solamente se il creditore opposto chieda la condanna del debitore opponente per un titolo diverso che si aggiunga al primo e consenta di proseguire l’esecuzione già intrapresa anche per la soddisfazione di altro credito, o per un titolo diverso che si sostituisca a quello già azionato e ritenuto inidoneo, sì da poter intraprendere un’esecuzione diversa da quella originariamente avviata); iii ) è possibile ritenere che l’opponente abbia la facoltà di proporre un’opposizione all’esecuzione ed altra domanda a questa connessa ovvero più domande, in applicazione del criterio del cumulo sancito dall’art. 104 c od. proc. civ ., salva, in quest’ultimo caso, la possibilità, per il giudice, di disporre la separazione delle cause se lo svolgimento contestuale di esse renda concreto il pericolo di ritardare la definizione dell’opposizione all’esecuzione ; iv ) riguardo ai titoli stragiudiziali, il giudice dell’opposizione all’esecuzione ha una cognizione piena sull’accertamento circa il rapporto sostanziale e la perdurante esistenza del diritto, atteso che, in questa ipotesi, il giudizio oppositivo assume la portata di un processo a cognizione piena sul diritto soggettivo controverso. In buona sostanza, cioè, ‘ il debitore può giustificare la sua azione con tutti quei fatti in base ai quali egli avrebbe potuto resistere alla domanda del creditore se questi avesse promosso un processo di condanna anziché iniziare direttamente l’esecuzione ‘. È possibile, pertanto, che colui che intenda contrastare la pretesa esecutiva fatta valere dal creditore deduca in ogni momento l’estinzione del credito ovvero l’invalidità della fattispecie negoziale in cui consiste il titolo. Detto altrimenti, per i titoli stragiudiziali, non opera quella ‘astrazione’ tra l’accertamento contenuto nel titolo e la
conseguente azione esecutiva che, invece, normalmente caratterizza i titoli di formazione giudiziale.
4.8. La matrice stragiudiziale del titolo esecutivo azionato (nella fattispecie in esame si è al cospetto di un contratto di mutuo fondiario con garanzia ipotecaria fornita da soggetti diversi dalla mutuataria) rileva, altresì, certamente al fine di individuare i limiti della possibile reazione delle parti (mutuataria e terzi datori di ipoteca) nei cui confronti sia stata minacciata o promossa l’azione esecutiva per la soddisfazione del credito asseritamente derivante da quel titolo.
4.8.1. Si è già detto, infatti, che la possibilità di muovere contestazioni in sede di opposizione contro i titoli esecutivi stragiudiziali è certamente più ampia. Stante l’assenza di un qualsiasi controllo giudiziale che abbia preceduto la formazione del titolo, il giudizio di opposizione all’esecuzione , pertanto, è più incisivo e penetrante, perché può contestarsi -ed eventualmente travolgersi – il rapporto sottostante esistente tra debitore e creditore. In sostanza, in questo caso, il giudizio di opposizione all’esecuzione non è altro che un processo di cognizione instaurato in modo anomalo. Ciò non significa che nel giudizio l’opponente non incontri limiti di sorta, perché, in realtà, egli può far valere solo le contestazioni che sarebbero state ammesse nel caso in cui il titolo esecutivo fosse stato utilizzato dal debitore quale prova dell’esistenza del suo diritto in un processo ordinario di cognizione.
4.8.2. Se così stanno le cose, se, cioè, nell’opposizione per motivi di merito non vi sono limiti – salvo quelli previsti dalla legge per il singolo titolo esecutivo alla possibilità di far valere l’inesistenza di fatti costitutivi e l’esistenza dei fatti modificativi, estintivi o impeditivi del diritto di credito rappresentato nel titolo, l’accertamento che il giudice dell’opposizione all’esecuzione è chiamato a fare sull’esistenza , o meno, di tale diritto deve ritenersi di natura principale, non incidenter tantum .
4.9. È innegabile, poi, che la nullità di un contratto possa essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse (art. 1421 cod. civ.), sicché al quesito se un terzo non assoggettato ad esecuzione possa, o meno, partecipare ad
un giudizio ex art. 616 cod. proc. civ. di cui sono certamente parte anche gli esecutati (ivi intervenendo autonomamente oppure perché, come accaduto nella vicenda oggi in esame, espressamente citato dalla banca creditrice procedente sebbene per invocarne la sua carenza di legittimazione già dedotta innanzi al g.e. pronunciatosi sulla formulata istanza di sospensione dell’esecuzione ), al fine di lamentare, unitamente agli esecutati (mutuatario e terzi datori di ipoteca), le medesime ragioni di nullità/illiceità/invalidità del titolo esecutivo stragiudiziale azionato, ovviamente, solo nei confronti di questi ultimi, può rispondersi, in linea di principio, positivamente: negli stessi limiti, cioè, in cui un terzo può partecipare (per sua iniziativa o perché chiamatovi) ad un qualsiasi processo di cognizione ordinaria. Si tratta, pertanto, di accertare se quel terzo abbia, o non, un interesse giuridico, concreto ed attuale, ex art. 100 cod. proc. civ., che ne giustifichi la partecipazione a quel giudizio ex art. 616 cod. proc. civ.
4.10. Così opinando, allora, nell’odierna vicenda il problema diventa quello di stabilire se RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE avessero, o meno, un tale interesse (e, nell’ipotesi positiva, individuandolo) a partecipare al giudizio suddetto, tenendo conto, peraltro, che, introducendo quest’ultimo, la banca procedente , oltre alla domanda di merito sull’opposizione all’esecuzione (contro esecutati e datori di ipoteca), aveva formulato anche una richiesta contro le due menzionate società, pacificamente non assoggettate ad esecuzione, di accertamento negativo della loro legittimazione a partecipare a detta opposizione così, evidentemente, da precluderle la possibilità di formulare eccezioni idonee, in qualche modo, ad incidere sul titolo dalla stessa azionato.
4.10.1. Orbene, entrambi i giudici di merito hanno negato tout court ad RAGIONE_SOCIALE e ad RAGIONE_SOCIALE la possibilità di partecipare all’opposizione de qua (ad avviso dei primi, esse avrebbero dovuto far valere in autonomi processi le loro ragioni) circoscrivendone la legittimazione ai soli soggetti esecutati.
4.10.2. Questa conclusione, tuttavia, nella sua assolutezza, non convince appieno, alla stregua di quanto si è detto in precedenza con riferimento all’oggetto di un giudizio di opposizione all’esecuzione intrapresa in forza di un titolo stragiudiziale.
4.10.3. Infatti, proprio perché, nella specie, il titolo azionato dalla banca era di natura stragiudiziale (un contratto di mutuo fondiario con garanzia ipotecaria concessa da soggetti terzi rispetto alla mutuataria) , l’opposizione all’esecuzione promossa (anche) dagli esecutati ex art. 615, comma 2, cod. proc. civ., cui aveva fatto seguito, dopo la sospensione disposta dal g.e., la citazione ex art. 616 c.p.c. della banca notificata anche alle società non esecutate (sebbene al fine di ribadire, pure in quella sede, l’eccezione di loro carenza di legittimazione già proposta dalla banca innanzi al g.e.), aveva introdotto un giudizio di cognizione vero e proprio, nel quale erano confluiti sia il giudizio di merito dell’opposizione all’esecuzione sia l’ulteriore richiesta della banca -innegabilmente ad esso collegata -volta a sentire accertare la carenza di legittimazione delle società non esecutate a partecipare al primo, così da non potere le stesse formulare eccezione incidenti sulla validità, o non, del titolo da essa azionato. Ecco, allora, che le due società formalmente opponenti benché non direttamente sottoposte ad esecuzione, ben potevano (e dovevano) considerarsi -pure volendosi prescindere dalla circostanza che esse erano state ivi convenute dalla banca instaurando il giudizio di merito ex art. 616 cod. proc. civ. -quali soggetti cui era consentito partecipare a quel giudizio, evidentemente analogo ad un processo di cognizione ordinario, al fine di far valere, ex art. 1421 cod. civ., la loro legittimazione ad invocare le ragioni di sola nullità (non anche di annullabilità e/o inefficacia) già prospettate dagli esecutati: ovviamente, previa allegazione e dimostrazione, ad opera delle medesime Impresa NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE, della esistenza di un loro interesse giuridico, concreto ed attuale, ex art. 100 cod. proc. civ., a lamentare la nullità di un contratto (quello, appunto, di mutuo fondiario del 23 settembre 1994, concluso tra la banca procedente e la sola RAGIONE_SOCIALE, di cui pacificamente non erano state parti.
4.10.4. In quest’ottica, allora, ove pure, in via di mera ipotesi, si fosse voluto ritenere configurabile in astratto un siffatto interesse di quelle società, lo stesso comunque sarebbe venuto meno, concretamente, una volta che la corte distrettuale, riformando, sul punto, la decisione di primo grado, ha poi escluso la possibilità di equiparare quel mutuo fondiario ad un contratto di mutuo di scopo, contestualmente negando anche quel collegamento negoziale (tra il mutuo fondiario stesso, le successive iscrizioni ipotecarie di cui aveva beneficiato la banca e l’avere quest’ultima direttamente effettuato, il giorno successivo all’accredito della somma mutuata sul conto corrente intestato alla mutuataria, un girofondi al fine di utilizzare parte di quelle stesse somme per estinguere le passività dei conti correnti intestati alle suddette società non esecutate), che i soggetti esecutati avevano lamentato come illecito perché volto a far ottenere alla banca il soddisfacimento di propri pretesi crediti artificiosamente creati (mediante l’appostazione , su tutti i conti correnti predetti, di somme ivi illecitamente addebitate a titolo di illegittima capitalizzazione anatocistica di interessi passivi, di commissioni di massimo scoperto e di spese comunque non dovute). Con l’ulteriore conseguenza che, essendosi già dichiarato inammissibile il motivo (settimo) dell’odierno ricorso volto a contestare proprio la ritenuta insussistenza, da parte della corte territoriale, del collegamento negoziale predetto, un interesse giuridico, concreto ed attuale, ex art. 100 cod. proc. civ., di Impresa NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE nemmeno è ormai più configurabile.
4.11. In conclusione, dunque, il presente motivo di ricorso deve essere respinto, correggendosi/integrandosi, ex art. 384, ultimo comma, cod. proc. civ., nei sensi fin qui esposti, la motivazione della decisione impugnata, enunciandosi, altresì, il seguente principio di diritto:
« L’opposizione ex art. 615 cod. proc. civ., se promossa al fine di contestare un’esecuzione minacciata o intrapresa in forza di un titolo stragiudiziale, è volta ad accertare sia l’esistenza, o meno, del diritto del creditore, intimante o procedente, di procedere ad esecuzione forzata, sia la sussistenza, o non, del suo diritto risultante da quel titolo. Al corrispondente
giudizio di cognizione instaurato ex art. 616 cod. proc. civ., pertanto, può partecipare anche un terzo (di sua iniziativa o perché chiamatovi) nei cui confronti non è stata minacciata o intrapresa l’esecuzione, al fine di invocare, ex art. 1421 cod. civ., eventuali ragioni di nullità del titolo stragiudiziale azionato, ove alleghi e dimostri di averne un interesse giuridico, concreto ed attuale, ex art. 100 cod. proc. civ. ».
Il terzo motivo di ricorso si rivela complessivamente insuscettibile di accoglimento.
5.1. Invero, la corte di appello ha dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione incidentale proposta dall’Impresa RAGIONE_SOCIALE, da RAGIONE_SOCIALE e dall’Impresa RAGIONE_SOCIALE inerente la richiesta di accertare e dichiarare l’invalidità delle clausole afferenti l’anatocismo, la pattuizione di un tasso usurario e ultralegale e la previsione di commissioni di massimo scoperto apposte ai conti correnti accesi dal Banco di Napoli s.p.a. nell’interesse delle predette società, con richiesta di condanna dell’ istituto di credito alla restituzione di tutte le somme illegittimamente percepite per detto titolo.
5.2. A tale proposito, la corte di appello, con pronuncia assolutamente condivisibile, ha inteso dire, sostanzialmente, che il c/c n. 27/1265, intestato all’RAGIONE_SOCIALE non poteva essere oggetto di scrutinio, in quanto coperto dal giudicato caduto sulla sentenza parziale n. 137/2017 della Corte d’Appello di Sassari emessa nel giudizio n.r.g. 140/2014 (giudizio riunito, esclusivamente per ciò che riguardava la richiesta declaratoria di nullità del mutuo fondiario del 23 settembre 1994, a quello n.r.g. 44/2017, definito con la sentenza n. 231/2019 oggetto dell’odierna impugnativa) .
5.2.1. Quanto, invece, ai conti correnti nn. 27/1960 e 8/16, intestati a RAGIONE_SOCIALE e nn. 27/1504 e 8/13, intestati all’Impresa RAGIONE_SOCIALE, va osservato che, atteso quanto si è già detto, complessivamente, rigettandosi il secondo motivo di ricorso, la Corte d’Appello di Sassari, correttamente ha sancito la carenza di legittimazione a contraddire delle medesime società, in sede di giudizio ex art. 616 cod.
proc. civ., in relazione a quelle domande (da n. 5 a n. 9 del loro ricorso in opposizione all’esecuzione, ribadite nella comparsa di costituzione post citazione della banca, ex art. 616 cod. proc. civ., successiva alla sospensione del processo esecutivo), non potendo fare altrimenti, in relazione alle domande dalle stesse proposte (con riferimento a conti correnti alle medesime intestati) ma esulanti da quella di nullità del contratto di mutuo fondiario.
Il quarto motivo di ricorso è parimenti infondato.
6.1. Invero, le domande riguardanti conti diversi da quello n. 27/1265 (su cui si era formato il giudicato per effetto della mancata impugnazione della sentenza parziale della corte di appello n. 137/2016) investivano aspetti di pertinenza esclusivamente di soggetti non assoggettati ad esecuzione, come tali non proponibili in quella sede (opposizione ex art. 615-616 cod. proc. civ.) per difetto di legittimazione delle società interessate che, giova ripeterlo, avrebbero potuto ivi far valere soltanto eventuali ragioni di nullità del contratto di mutuo fondiario del 23 settembre 1994 ( costituente il titolo in forza del quale era stata iniziata l’esecuzione ), ove ne avessero allegato e dimostrato un interesse giuridico, concreto ed attuale, ex art. 100 cod. proc. civ.
Il quinto motivo di ricorso si rivela inammissibile,
7.1. Invero, le conclusioni riportate dalla ricorrente in appello, per come concretamente richiamate nell’odierno ricorso ( cfr . pag. 27, che rimanda alla ‘ conclusione n. 6 trascritta alla pag. 22 del presente ricorso ‘) , non riguardano un’eventuale declaratoria, in via subordinata, di annullamento del contratto di mutuo ma la sola richiesta, ‘ ove occorra ‘, di ‘ annullare e/o dichiarare l’inefficacia di tutti gli atti esecutivi posti in essere nei confronti dei ricorrenti, ordinando al Conservatore dei Registri Immobiliari competente la cancellazione delle relative trascrizioni ‘ ( vedasi anche le conclusioni, punti 6 e 7, a pag. 21 della comparsa di costituzione in appello con appello incidentale). La doglianza, dunque, non corrisponde a quanto ivi richiesto.
7.2. Peraltro, la richiesta di annullamento e/o declaratoria di inefficacia ‘ di tutti gli atti esecutivi posti in essere nei confronti dei ricorrenti ‘, in quanto strettamente collegato alla invocata pronuncia di nullità del mutuo fondiario fondante la intrapresa esecuzione, avrebbe imposto al giudice di decidere sulla prima solo se detto mutuo fosse stato dichiarato nullo, ma ciò non è avvenuto, sicché nessuna omissione di pronuncia è, in proposito, ipotizzabile.
7.3. Infine, nella misura in cui i ricorrenti avessero inteso fare riferimento ad asserite richieste di annullamento, per errore, del medesimo mutuo, la censura sarebbe palesemente carente di autosufficienza, non riportando la precisa indicazione del momento e dell’atto in cui una siffatta domanda, -in relazione alla quale, peraltro, per quanto si è detto disattendendosi il secondo motivo, sarebbero stati legittimati i soli soggetti esecutati (società mutuataria e soggetti terzi datori di ipoteca), non anche Impresa NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE -sarebbe stata concretamente formulata.
Il sesto motivo di ricorso è infondato in ragione di quanto si è già ampiamente spiegato rigettandosi i precedenti motivi primo, secondo, terzo e quarto.
8.1. Non resta che ribadire, dunque, che RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE sicuramente potevano partecipare al giudizio ex art. 616 cod. proc. civ. ma solo per invocare eventuali ragioni di nullità del contratto di mutuo fondiario del 23 settembre 1994 (costituente il titolo in forza del quale era stata iniziata dalla banca l’esecuzione nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, NOME e NOME COGNOME, rispettivamente, mutuataria e terzi datori di ipoteca), ove ne avessero allegato e dimostrato un interesse giuridico, concreto ed attuale, ex art. 100 cod. proc. civ. Diverse ed ulteriori loro domande riguardanti conti correnti ad esse intestati, invece, certamente non potevano essere formulate in quella sede.
L’ottavo motivo di ricorso, infine, si rivela insuscettibile di accoglimento.
9.1. La corrispondente censura, infatti, per come concretamente argomentata, da un lato, investe, quanto c/c n. 27/1265, intestato all’RAGIONE_SOCIALE , una questione decisa, in realtà, dalla sentenza parziale della corte di appello n. 137/2017 (che ha modificato quella n. 1249 del 2013 del Tribunale di Sassari espressamente richiamata nel motivo), non quella n. 231/2019, qui impugnata, nella quale nulla si rinviene in proposito ; dall’altro, ove riferita ai conti correnti nn. 27/1960 e 8/16, intestati a RAGIONE_SOCIALE e nn. 27/1504 e 8/13, intestati all’Impresa NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE non può che avere esito negativo in ragione di quanto si è già esaustivamente spiegato rigettandosi i precedenti motivi primo, secondo, terzo e quarto.
In definitiva, quindi, l’odierno ricorso di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE Francesco COGNOME RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e NOME COGNOME deve essere respinto.
10.1. Le spese di questo giudizio di legittimità possono essere interamente compensate tra le parti, attesa l’assenza di specifici precedenti di questa Corte su alcune delle questioni affrontate, peraltro di particolare complessità.
10.2. Infine, deve darsi atto -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/02, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei menzionati ricorrenti, in via solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il loro ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE Francesco COGNOME RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Compensa interamente tra le parti le spese di questo giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei menzionati ricorrente, in via solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il loro ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile