SENTENZA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI N. 6349 2025 – N. R.G. 00000477 2020 DEPOSITO MINUTA 09 12 2025 PUBBLICAZIONE 09 12 2025
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D’APPELLO DI NAPOLI
TERZA SEZIONE CIVILE
riunita in camera di consiglio, in persona dei Magistrati:
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Presidente
AVV_NOTAIO NOME COGNOME Consigliere
AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME Consigliere rel. est.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al NUMERO_DOCUMENTO
TRA
(P. Iva N. , in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa, in forza di procura alle liti in calce all’atto di opposizione a decreto ingiuntivo, dall’ AVV_NOTAIO (Cod. Fisc. n. ), presso il cui studio in Barletta, alla INDIRIZZO, elettivamente domicilia; P. C.F.
Appellante
E
(C.F. n. ), in persona dei curatori p.t., e , rappresentata e difesa, in forza di provvedimento autorizzativo del G.D., in virtù di procura alle liti allegata alla comparsa di costituzione nel giudizio di appello, dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME (C.F. n. ) e NOME COGNOME (C.F. n. ), presso il cui studio in Napoli, alla INDIRIZZO, elettivamente domicilia; P. C.F. C.F.
Appellata
NONCHE’
(C.F. n.
), in persona del Direttore Generale,
P.
, e del procuratore generale alle liti, (C.F. n. , per atto autenticato nelle firme del AVV_NOTAIO di Venezia -Mestre, n. 34227 Rep., in data 6.11.2013, rappresentata e difesa dal predetto AVV_NOTAIO nonché, congiuntamente e disgiuntamente, in forza di procura speciale alle liti allegata alla comparsa di costituzione nel giudizio di primo grado, dall’AVV_NOTAIO, presso lo studio del quale elegge domicilio, in Napoli, INDIRIZZO; C.F.
Appellata
NONCHE’
( C.F. e iscrizione presso il RAGIONE_SOCIALE n. iscritta al n. 35718.6 all’elenco RAGIONE_SOCIALE società veicolo di cartolarizzazione -tenuto dalla Banca d’Italia ai sensi dell’art. 3 c. 3 della legge 130 e del provvedimento della Banca d’Italia del 7 giugno 2017 ), e per essa, quale procuratrice speciale, (C.F., P. Iva e iscrizione nel RAGIONE_SOCIALE, n. ), giusta rogito per Notar in RAGIONE_SOCIALE rep. n. 10985 del 10.6.2024, in persona del legale rappresentante, (C.F. n. ), rappresentata e difesa, come da procura alle liti allegata all’atto d’intervento in appello , dall’AVV_NOTAIO (C.F. n. , presso il cui studio in Nola (NA) alla INDIRIZZO, elettivamente domicilia; P. Cont P. RAGIONE_SOCIALE.FRAGIONE_SOCIALEF.
Terza intervenuta, ex art. 111 c.p.c.
Oggetto: appello avverso la sentenza del Tribunale di Napoli Nord, II Sezione Civile, n. 1951/2019, emessa il 28.6.2019, depositata in data 3.7.2019.
Conclusioni: come da note scritte depositate nelle date del 26, 27 e 28 maggio 2025 in sostituzione, ex art. 127 ter c.p.c., dell’udienza di precisazione RAGIONE_SOCIALE conclusioni del 28.5.2025.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
A. Giudizio di primo grado
Con decreto ingiuntivo n. 2195/2015 del 28.8.2015, emesso dal Tribunale di Napoli Nord, notificato in data 2.9.2015, era ingiunto al (d’ora innanzi, per brevità, anche solo ‘ ) di pagare, in favore della ‘ (d’ora innanzi, per brevità, anche solo ), la somma di € 2.462.340,01, oltre interessi di cui al D. Lgs. 231/2002 dalla data di scadenza RAGIONE_SOCIALE singole fatture al saldo, a titolo di corrispettivo RAGIONE_SOCIALE forniture di generi alimentari e altre merci, di cui alle fatture
relative al periodo 31.10.2014 -20.2.2015, allegate al ricorso monitorio, nonché oltre spese di lite.
Avverso il suindicato decreto ingiuntivo proponeva opposizione il , che, in via preliminare, eccepiva: – il difetto di legittimazione attiva della , per aver ceduto a con atto del 12.12.2013, tutti i crediti, sorti ed insorgendi nei confronti del , a partire dalle fatture emesse dal 10.12.2013 e fino a 24 mesi dalla data di sottoscrizione della cessione; – il parziale pagamento RAGIONE_SOCIALE fatture azionate, in quanto con sei bonifici bancari, effettuati nelle date del 3.12.2014 e 10.2.2015, essa opponente aveva corrisposto in favore della banca cessionaria la soma di € 292.603,93; l’in idoneità della documentazione depositata dall’opposta a provare la pretesa azionata; contestava, inoltre, il quantum dell’avversa pretesa, nonché l’avvenuta consegna RAGIONE_SOCIALE forniture di cui alle fatture azionate in INDIRIZZO monitoria.
Concludeva, pertanto, chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo opposto, con vittoria RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Instaurato il contraddittorio, si costituiva in giudizio la , che deduceva di essere una società consortile in forma di società per azioni, la cui attività consisteva nell’acquisto di merci alle migliori condizioni possibili e nella consegna RAGIONE_SOCIALE stesse ai propri associati, tutti titolari di supermercati, nei loro punti vendita, a mezzo trasportatori incaricati o a mezzo fornitori; contestava la fondatezza dell’opposizione, di cui chiedeva il rigetto, con conferma del decreto ingiuntivo opposto.
Il Tribunale, rigettata l’istanza di provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, autorizzava l’opponente, che ne faceva richiesta alla prima udienza, a chiamare in causa Quest’ultima si costituiva in giudizio ed eccepiva la propria estraneità ai fatti di causa, deducendo che, in forza di contratto di factoring da essa sottoscritto con la , quest’ultima le aveva ceduto tutti i crediti sorti ed insorgendi nei confronti dell’opponente , ma che, successivamente, su richiesta della stessa , aveva retrocesso a quest’ultima , in più soluzioni, i crediti residui, dandone puntualmente comunicazione alla debitrice ceduta; confermava, poi, di aver ricevuto dall’opponente il pagamento della somma di € 292.603,93 , precisando, tuttavia, che il predetto importo le era stato corrisposto, come indicato dallo stesso debitore ceduto nella causale di bonifico, a copertura di fatture correttamente in suo carico e mai retrocesse alla .
Tanto dedotto, concludeva chiedendo, in via preliminare, nel rito, di accertare la
propria carenza di legittimazione passiva e la carenza di legittimazione attiva dell’opponente, e, quindi, di essere estromessa dal giudizio; in subordine e nel merito, la propria carenza di titolarità del rapporto controverso.
Concessi i termini di cui all’art. 183, comma 6, c.p.c. e rinviata la causa per la precisazione RAGIONE_SOCIALE conclusioni, all’udienza del 23.5.2018 veniva dichiarata l’interruzione del giudizio per l’intervenuto fallimento della società opposta, disposto dal Tribunale di Napoli Nord con sentenza n. 49, del 4.5.2018. Riassunto il giudizio ad iniziativa dalla società opponente, si costituivano in giudizio il , che si riportava alle difese già spiegate dalla società in bonis , chiedendo il rigetto dell’opposizione, con vittoria RAGIONE_SOCIALE spese di lite .
rinnovava la sua costituzione in giudizio, riportandosi alle difese in precedenza spiegate.
Il Tribunale, in assenza di istruttoria, decideva la causa con sentenza n. 1951/2019, publicata in data 3.7.2019, con cui così statuiva:
‘ -rigetta l’opposizione ;
conferma , per l’effetto, il predetto provvedimento monitorio e lo dichiara esecutivo;
accerta la carenza di titolarità passiva del rapporto controverso in capo a
-condanna l’opponente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di giudizio in favore della Curatela che liquida in complessivi euro 27.852,00, per onorari, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% IVA e cpa come per legge;
-condanna l’opponente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di giudizio in favore della terza chiamata in causa che liquida in complessivi euro 8.710,00, per onorari, oltre rimborso spese generali nella misura del 15%, Iva e Cpa come per legge’.
La decisione del primo giudice si fonda sui seguenti passaggi motivazionali:
-aveva documentalmente provato di aver comunicato al l’opponente non solo le retrocessioni parziali, in favore della originaria cedente , in bonis, dei crediti da quest’ultima vantati nei confronti dell’opponente , ma anche la totale retrocessione/svincolo dei crediti residui, con raccomandata del 31.3.2015, ricevuta dall’opponente in data 8.4.2015, nella quale era espressamente indicato che il pagamento di ogni credito avrebbe dovuto essere effettuato in favore della , in bonis ;
quanto ai parziali pagamenti effettuati dall’opponente in favore della cessionaria essi si riferivano a fatture emesse in data 30.9.2014 e, dunque, non azionate dall’opposta in
via monitoria; mentre, in relazione al bonifico di € 100.000,00, con causale di acconto e saldo fattura con scadenza 20.1.2015, non era specificato in esso il riferimento alle fatture oggetto della pretesa monitoria e, a fronte RAGIONE_SOCIALE puntuali deduzioni di circa la riferibilità del pagamento a fatture non retrocesse e rimaste in carico alla stessa , l’opponente non aveva precisato una diversa imputazione alle fatture azionate in INDIRIZZO monitoria;
-l’opposta aveva depositato, in via telematica, in allegato al ricorso monitorio, le fatture su cui si fondava la sua pretesa creditoria, unitamente ai registri muniti di autentica; poiché i suddetti documenti non erano facilmente leggibili nel formato telematico, a seguito di richiesta d’integrazione documentale, ex art. 640 c.p.c., erano stati depositati anche in formato cartaceo, unitamente alle bolle di consegna; la predetta documentazione, in duplice faldone, era stata depositata anche nel giudizio di opposizione, prima dell ‘assunzione della causa in decisione;
erano infondate le doglianze dell’opponente relative alla mancata produzione RAGIONE_SOCIALE fatture su cui si fondava la domanda monitoria, in quanto risultavano tutte depositate sin dalla fase monitoria, mentre era pacifico (in quanto ammesso dall’opposta ), che, per mero errore, erano state depositate n. 12 fatture emesse nel periodo dal 10.3.2015 al 10.4.2015, non oggetto di ricorso, le quali non erano state conteggiate nella somma finale; altre fatture, invece, erano state depositate più volte, ma conteggiate una sola volta nella determinazione della somma finale;
le contestazioni dell’opponente relative alle difformità tra gli importi indicati nel ricorso monitorio e quelli risultanti dalle fatture in atti e dal registro fatture non erano meritevoli di accoglimento, in quanto:
era generica la doglianza dell’opponente relativa all’irregolarità della documentazione per l’indicazione di importi differenti tra registri fatture e fatture oggetto della pretesa, non avendo l’opponente neppure indicato di quali fatture si tratt asse;
quanto alla difformità tra gli importi indicati nel ricorso monitorio e quelli risultanti dalle fatture in atti, risultava provato dalla stessa opponente, attraverso la produzione degli atti del giudizio di opposizione incardinato presso il Tribunale di Foggia, che venivano operate compensazioni con controcrediti dell’opponente;
in relazione alle fatture recanti l’indicazione di ‘contributo costo di gestione’, il relativo addebito non poteva ritenersi ingiustificato, trattandosi di previsione contenuta nel Regolamento ‘sezione 7’, sottoscritto per accettazione in ogni pagina dall’opponente;
era, altresì, generica la doglianza dell’opponente relativa alla mancata consegna della merce e/o non corrispondenza RAGIONE_SOCIALE bolle di accompagnamento, avendo l’opposta depositato sin dalla fase monitoria le bolle di accompagnamento relative alle fatture azionate, alcune RAGIONE_SOCIALE quali munite di timbro e firma dell’opponente e altre firmate nello spazio dedicato alla firma del destinatario;
era inammissibile il disconoscimento RAGIONE_SOCIALE predette firme in calce ai DDT, perché tardivo, in quanto effettuato dall’opponente soltanto con la seconda memoria istruttoria, mentre sarebbe dovuto avvenire nella prima difesa utile successiva al deposito RAGIONE_SOCIALE bolle e, dunque, all’udienza ex art. 183 c.p.c., o, al più tardi, con la prima memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c., come prescritto dall’art. 214 c.p.c.;
era inammissibile l’eccezione di compensazione del credito vantato dall’opposto con il controcredito oggetto del decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Foggia, perché formulata soltanto all’udienza di precisazione RAGIONE_SOCIALE conclusioni e, dunque, tardivamente;
infine, era infondata la domanda di condanna, ex art. 96 c.p.c., avanzata dall’opposta, non avendo quest’ultima neppure allegato, prima ancora che provato, i presupposti della responsabilità per lite temeraria, né detti presupposti risultavano inequivocabilmente desumibili dagli atti di causa.
B. Giudizio d’appello.
Avverso la sentenza n. 1951/2019, pubblicata in data 3.7.2019 e non notificata, ha proposto tempestivo appello il , con atto di citazione notificato a mezzo pec in data 31.1.2019 al , nonché a al fine di chiedere, in riforma della sentenza impugnata, la revoca del decreto ingiuntivo opposto in primo grado, con vittoria RAGIONE_SOCIALE spese del doppio grado di giudizio.
Instaurato il contraddittorio, si è costituita in giudizio che ha ribadito la propria carenza di titolarità del credito per cui è causa, contestando la fondatezza dell’appello, di cui ha chiesto il rigetto, con vittoria RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Si è costituito in giudizio il , che ha resistito all’appello, di cui ha chiesto il rigetto, con vittoria RAGIONE_SOCIALE spese di giudizio ‘anche ai sensi dell’art. 96 c.p.c.’
In data 24.3.2025, è intervenuta in giudizio, ex art. 111 c.p.c., la a mezzo della procuratrice speciale e ha dedotto che, in data 1.6.2022,
l in qualità di proponente, unitamente a (d’ora innanzi, per brevità, anche solo ‘), non in proprio ma per conto della in
qualità di assuntore, aveva depositato presso la Cancelleria Fallimentare del Tribunale di Napoli Nord proposta di concordato fallimentare relativamente al Fallimento , ai sensi dell’art. 124 e segg. L.F., integrata in data 7 luglio 2022 e definitivamente omologata in data 14.11.2023; a seguito dell’omologazione del concordato, (o veicoli societari ad esso riconducibili), in qualità di assuntore, era divenuta titolare di tutti gli attivi e le azioni di cui la procedura era titolare; che con atto del l’ 1.10.2024, di cui era stato dato avviso nella Gazzetta Ufficiale, aveva ceduto a i crediti pecuniari detenuti dalla procedura, come individuati nel programma di liquidazione in data 29.4.2022, tra cui quello vantato nei confronti della ; dunque, era l’unico soggetto legittimato al recupero del credito originariamente vantato dal nei confronti dell’appellante.
Tanto dedotto, quale procuratrice di si è riportata alle difese e domande già formulate dal . COGNOME
La causa, transitata in data 20.1.2025 dalla Settima Sezione Civile alla Terza Sezione Civile, a seguito di un provvedimento della Presidente della Corte di Appello di riorganizzazione e riequilibrio dei ruoli RAGIONE_SOCIALE sezioni civili, all’esito del deposito di note scritte depositate nelle date del 26-27/5/2015 , in sostituzione, ai sensi dell’art. 127 ter c.p.c., dell’udienza di precisazione RAGIONE_SOCIALE conclusioni del 28.5.2025, è stata assunta in decisione, con ordinanza comunicata in data 30 .5.2025, con la concessione alle parti dei termini ordinari di cui all’art. 190 c.p.c.
mediante la sua procuratrice speciale
In via preliminare, deve essere dichiarata l presente giudizio di appello da procuratrice speciale di -dei crediti originariamente vantati da , assuntore nell’ambito del Fallimentare – per la mancanza di prova in capo a dedotta qualità di procuratrice di .
Ed invero, risulta richiamato nella comparsa di intervento, e ad essa allegato, l’ speciale del 10.6.2024 per AVV_NOTAIO risulta che quest’ultima , ma da ‘RAGIONE_SOCIALE‘, la quale, nel medesim
‘inammissibilità dell’intervento spiegato nel non in proprio, ma quale quest’ultima, nella dedotta qualità di cessionaria Concordato della atto di procura , registrato il 12.6.2024, n. NUMERO_DOCUMENTO, da cui era nominata procuratrice di RAGIONE_SOCIALE non da o atto di procura,
dichiarava di essere anch’essa procuratrice speciale di RAGIONE_SOCIALE in forza di procura speciale autenticata dal AVV_NOTAIO del 5.6.2024 che, tuttavia, non risulta depositata in atti.
Pertanto, non risulta provato che RAGIONE_SOCIALE sia procuratrice di RAGIONE_SOCIALE e che abbia, in tale veste, il potere di nominare, a sua volta, un altro procuratore di , nella specie
Ne consegue che non vi è prova che sia stata nominata procuratrice speciale di RAGIONE_SOCIALE da un soggetto legittimato a tanto e, pertanto, deve ritenersi inammissibile l’intervento di RAGIONE_SOCIALE a mezzo della procuratrice speciale
D.Esame dei motivi di appello
D.1 Con il primo motivo di appello, l’appellante ha censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui il primo giudice affermava che la documentazione depositata in sede monitoria, prima in formato telematico unitamente al ricorso monitorio, e, poi, in formato cartaceo, a seguito di integrazione documentale, ex art. 640 c.p.c. (non essendo facilmente leggibili in formato telematico), era stata ridepositata in formato cartaceo (duplice faldone) nel giudizio di opposizione, prima dell’assegnazione della causa a sentenza.
L’appellante ha dedotto che, diversamente da quanto affermato dal primo giudice, l’opposta non aveva depositato, nel giudizio ordinario di opposizione, né in forma cartacea, né in modalità telematica, i documenti posti a fondamento del ricorso monitorio, tra cui le fatture azionate; il mancato deposito della documentazione depositata nel procedimento monitorio comportava la scelta dell’opposta di non avvalersi della documentazione allegata al ricorso per decreto ingiuntivo, operando, in tal caso, la preclusione di cui all’art. 169, comma 2, c.p.c., con la conseguenza che quella documentazione non poteva essere utilizzata dal giudice adito in opposizione ai fini della decisione.
A sostegno della propria doglianza, l’appellante ha invocato l’ orientamento giurisprudenziale secondo cui la documentazione posta a fondamento del ricorso monitorio è destinata, per effetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo, ad entrare nel fascicolo di parte del ricorrente, restando a carico della parte l’onere di costituirsi in giudizio depositando il fascicolo contenente i documenti offerti in comunicazione, con la conseguenza che, in difetto di tale produzione, essa non entra a far parte del fascicolo d’ufficio e il giudice non può tenerne conto (cass., 18.4.2006, n. 8955; cass. civ, 18.7.2013, n. 17603).
Il primo motivo di appello è infondato.
L’orientamento giurisprudenziale invocato dall’appellante risulta ormai superato dal diverso, ormai consolidato, orientamento espresso dalla Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con la sentenza n. 14475/2015, secondo cui ‘ i documenti allegati alla richiesta di decreto ingiuntivo e rimasti a disposizione della controparte, agli effetti dell’art. 638, comma 3, c.p.c., seppur non prodotti nuovamente nella fase di opposizione rimangono nella sfera di cognizione del giudice di tale fase, in forza del principio di non dispersione della prova ormai acquisita al processo, e non possono perciò essere considerati nuovi, sicché , ove siano allegati all’atto di appello contro la sentenza che ha definito il giudizio di primo grado, devono essere ritenuti ammissibili ‘ (cfr., in termini, cass. civ., cass. civ., 4.4.2017, n. 8693 e cass. civ., 29.10.2024, n. 27856, che evidenziano la mancanza di autonomia del procedimento sommario che si apre con il ricorso monitorio, rispetto a quello ordinario che s’instaura a seguito dell’opposizione). Pertanto, il giudice di primo grado avrebbe potuto utilizzare, in ogni caso, i documenti depositati in sede monitoria, ai quali aveva accesso, anche ove non fossero stati ridepositati nuovamente nel successivo giudizio di opposizione.
Peraltro, dallo storico del fascicolo di primo grado risulta un’annotazione effettuata dalla Cancelleria in data 8.6.2018, con cui si attesta la presenza di un faldone ‘NUMERO_DOCUMENTO‘ , del quale si dà atto anche in una seconda annotazione effettuata dalla Cancelleria in data 14.8.2019, con cui si attesta la presenza di ‘fald ., NUMERO_DOCUMENTO/2015, 2 produzioni grandi a parte’ e tanto confermerebbe il rideposito nel fascicolo di primo grado, in formato cartaceo, della documentazione depositata in sede monitoria.
D.2. Il secondo motivo d’appello è articolato in due diverse censure.
Con la prima censura l’appellante ha impugnato la sentenza nella parte in cui il Tribunale rigettava la sua eccezione di difetto di legittimazione attiva ( rectius , difetto di titolarità attiva) della , ricorrente in INDIRIZZO monitoria, affermando che i crediti fatti valere in sede monitoria dalla erano stati retrocessi a quest’ultima da parte di con retrocessione comunicata alla debitrice ceduta con raccomandata a.r. del 31.3.2015, ricevuta in data 8.4.2015.
L’appellante ha dedotto che la retrocessione totale ad essa comunicata con racc. a/r del 31.3.2015, ricevuta in data 8.4.2015, non era riferibile ai crediti oggetto del procedimento monitorio; del pari, la retrocessione parziale del 9.6.2014 aveva ad oggetto le fatture relative al periodo 10.12.2013-10.3.2014, antecedente al periodo (dal 31.10.2014 al 20.2.2015) a cui si
riferivano le fatture azionate in INDIRIZZO.
La censura è infondata.
Effettivamente, le retrocessioni parziali dei crediti da alla hanno ad oggetto crediti relativi a fatture diverse da quelle azionate in via monitoria dalla nei confronti della odierna appellante: ed invero, risultano in atti (depositate da due raccomandate, aventi ad oggetto retrocessioni parziali dei crediti da alla CE.DI, una datata 9.6.2014 e relativa alle fatture emesse dal 10.12.2013 al 10.3.2014, l’altra datata 22.12.2014, ricevuta dalla debitrice ceduta in data 7.1.2015, avente ad oggetto le fatture emesse tra il 30.4.2014 ed il 31.7.2014.
Vi è, però, in atti (in fascicolo di parte del giudizio di primo grado di una terza raccomandata, con di ricevuta di ritorno, datata 31.3.2025, con oggetto ‘Svincolo totale’ , indirizzata da alla odierna appellante, e da questa ricevuta in data 8.4.2015, e, per conoscenza alla , con cui comunicava che, su richiesta della , aveva retrocesso a quest’ultima ‘la titolarità dei crediti presenti e futuri’ da essa vantati nei confronti del ed in precedenza ceduti a nell’ambito del rapporto di factoring, con la precisazione che il pagamento di ogni credito avrebbe dovuto essere effettuato in favore della e comunque secondo le istruzioni dalla stessa impartite.
Pertanto, per effetto della retrocessione totale dei crediti, comunicata da alla odierna appellante con raccomandata del 31.3.2015, ricevuta in data 8.4.2015, non vi è dubbio che anche i crediti azionati in via monitoria dalla , in bonis , nei confronti della odierna appellante, che erano stati originariamente ceduti dalla , in bonis , a erano stati ceduti nuovamente da quest’ultima alla , in bonis , che, quindi, ne diveniva nuovamente titolare.
Con la seconda censura l ‘appellante ha dedotto che era infondata e contraddittoria la motivazione per cui il giudice di primo grado, per un verso, imputava i pagamenti da essa effettuati alle fatture del 30.9.2010 (e, quindi, alle fatture emesse in un periodo antecedente alle fatture azionate in INDIRIZZO), per altro verso, non imputava il bonifico dell’importo di € 100.000,00, con causale ‘acconto e saldo fattura con scadenza 20.1.2015’ (rientrante nel periodo RAGIONE_SOCIALE fatture azionate in sede monitoria), al pagamento RAGIONE_SOCIALE fatture azionate in sede monitoria, perché non era specificato il riferimento a queste ultime.
Anche la seconda censura è infondata, in quanto la motivazione del Tribunale, oltre che
chiara, risulta condivisibile.
Si rileva che nella comparsa di risposta depositata nel giudizio di primo grado, ammetteva di aver ricevuto le somme di cui ai predetti bonifici, ammontanti complessivamente a € 292.603,93, ma precisava di averle correttamente imputate, come indicato peraltro dallo stesso debitore ceduto nella causale di bonifico, al pagamento di fatture in suo carico e mai retrocesse alla , ovvero ad acconti e saldo RAGIONE_SOCIALE fatture emesse dalla DI il 30.9.2014 con scadenza il 30.11.2014 e ad acconto e saldo della fattura emessa dalla CE.DI il 20.11.2014 con scadenza il 20.1.2015. Par
Risultano depositati in atti le disposizioni dei sei bonifici effettuati dal , odierno appellante, in favore di per l’ammontare complessivo di € 292.603,93 .
I primi quattro bonifici, tutti disposti in data 3.12.2014, tre dell’importo di € 50.000,00, ciascuno, ed uno dell’importo di € 42.603,93, recano quale causale , rispettivamente: ‘primo acc. pag. ft . CEDI 30.9.2014 scadenza 30.11.2014’, ‘secondo acc. pag. ft. CEDI 30.9.2014 scadenza 30.11.2014’, ‘terzo acc. pag. ft. CEDI 30.9.2014 scadenza 30.11.2014’, ‘saldo pag. ft. CEDI 30.9.2014 scadenza 30.11.2014 ‘: è evidente dalla causale dei bonifici che si tratta di pagamenti imputabili a fatture emesse in data 30.9.2014 e, dunque, a fatture antecedenti e diverse da quelle azionate in INDIRIZZO dalla (emesse dal 31.10.2014 al
20.2.2015).
I restanti due bonifici, dell’importo di € 50.000,00 ciascuno, effettuati entrambi in data 10.2.2015, recano come causale, l’uno ‘ Acc. pag. ft scadenza 20.1.2015’, l’altro ‘saldo pag. ft scadenza 20.1.2015’ .
Il primo giudice, con riferimento ai predetti due ultimi bonifici, rilevava che non era specificato in essi il riferimento alle fatture oggetto della pretesa monitoria, e, a fronte di quanto dedotto da circa la riferibilità a fatture non retrocesse e rimaste in suo carico, l’opponente , benché ne avesse l’onere, non aveva precisato alcuna diversa imputazione alle fatture oggetto della pretesa monitoria.
Si osserva che nella causale RAGIONE_SOCIALE ultime due disposizioni di bonifico non risulta indicata la data di emissione RAGIONE_SOCIALE fatture a cui si imputa il pagamento, ma solo la scadenza ‘ 20.1.2015 ‘ , tuttavia, nella comparsa di risposta depositata nel giudizio di primo grado, affermava che le fatture, indicate nelle due disposizioni di bonifico, con scadenza il 20.1.2015 erano emesse il 20.11.2014 e sul punto non vi è contestazione.
Effettivamente, considerata la data di emissione (20.11.2014) RAGIONE_SOCIALE fatture con scadenza il
20.1.2015, indicate nella causale dei due bonifici, dette fatture potrebbero rientrare, in astratto, nell’arco temporale (31.10.2014 -20.2.2015) in cui sono state emesse le fatture azionate in via monitoria, ma non va trascurato che, come emerge dalla lettura dello stesso ricorso monitorio, la soleva emettere nello stesso giorno una pluralità di fatture nei confronti della odierna appellante, per cui e ra onere dell’appellante provare che , con i due bonifici del 10.2.2015, fossero state pagate fatture emesse il 20.11.2014, con scadenza il 20.1.2015, che rientravano tra le fatture azionate in INDIRIZZO monitoria, e, non invece, fatture che, pur essendo state emesse il 20.11.2014, non erano state azionate in INDIRIZZO monitoria, perché l’odierna appellante aveva già provveduto, in data 10.2.2015, al loro pagamento a che, pertanto, non aveva provveduto a retrocedere i crediti da esse derivanti alla .
Pertanto, risulta del tutto condivisibile la motivazione con cui il primo giudice riteneva che i pagamenti, a mezzo sei bonifici, effettuati dalla odierna appellante a per l’importo complessivo di € 292.603,93, non fossero imputabili alle fatture azionate in via monitoria dalla CE. in bonis , nei confronti della odierna appellante. Con
D.3. Con il terzo motivo di appello, l’appellante ha censurato la sentenza impugnata, nella parte in cui il primo giudice affermava che era del tutto generica la doglianza relativa alla irregolarità della documentazione per l’indicazione di importi differenti tra registri fatture e fatture oggetto della pretesa monitoria, non avendo neppure indicato per quali RAGIONE_SOCIALE fatture era apprezzabile la predetta discrasia.
Di contro, l’appellante ha dedotto di aver espressamente indicato ‘ad una ad una’ , nell’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, nella memoria ex art. 183, comma VI, n. 1 c.p.c., nella memoria di replica, nonché nelle note conclusive del 30.3.2018, le fatture in cui era indicato un importo difforme da quello indicato nei registri fatture.
Anche il terzo motivo di appello è infondato.
Ed invero, l’appellante non provvedeva a specificare nel giudizio di primo grado le fatture per le quali assumeva una diversità tra l’importo indicato in fattura e quello indicato nei registri fatture , ma si limitava ad indicare solo le fatture per le quali rilevava che l’importo in ess e indicato era diverso da quello indicato nel ricorso monitorio.
In ogni caso, l’opposta, sin dalla comparsa di costituzione nel giudizio di primo grado, spiegava che la discrasia tra gli importi indicati in alcune fatture e quelli indicati nei registri fatture era dovuta ai cd. ‘sconti in fattura’ , previsti dall’art.10.3 del Regolamento del , che, al primo comma, espressamente prevedeva ‘… nel caso di ristorni per attività
promozionali occasionali questi (gli sconti ndr.) verranno praticati direttamente in fattura, oppure accreditati di volta in volta secondo le modalità di acquisizione ‘, con l’ulteriore precisazione al successivo comma 3, che ‘ Essi si intendono maturati dal socio solo se è in regola con i pagamenti ed in assenza di scaduto o di debitoria o qualsiasi titolo ‘ : in sintesi, la fattura di acquisto veniva pagata anticipatamente al fornitore dalla ; scaduto il termine di 30 giorni per il pagamento della fattura, il debitore (a cui la aveva venduto la merce acquistata) non aveva più diritto allo sconto che, pertanto, come previsto dal Regolamento, restava a beneficio della , la quale provvedeva ad annotare nei libri contabili l’importo della fattura impagata al lordo dello sconto.
La predetta circostanza relativa all’applicazione d ei c.d. sconti in fattura non è stata mai contestata dalla odierna appellante.
L’appellante ha, poi, censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui il primo giudice aveva ritenuto generica la doglianza relativa alla mancata consegna della merce e/o non corrispondenza RAGIONE_SOCIALE bolle di accompagnamento alle fatture, avendo parte opposta fin dalla fase monitoria depositato le bolle di accompagnamento relative alle fatture azionate, le quali risultavano, per la maggior parte, munite di timbro e firma dell’opponente ed altre risultavano firmate nello spazio dedicato alla firma del destinatario.
L’appellante ha dedotto che l’assenza RAGIONE_SOCIALE bolle di accompagnamento nella fase monitoria e, in parte, nel giudizio di opposizione era provata dallo stesso giudice di primo grado, con ‘l’ordine di integrazione ai sensi dell’art. 640 c.p.c.’ e con l’aver accertato che le stesse sarebbero state depositate tardivamente, prima della decisione della causa.
La censura è infondata.
Il primo giudice affermava nella sentenza impugnata (pag. 6) che le fatture su cui si fondava la pretesa monitoria erano state depositate in formato telematico, unitamente ai registri muniti di autentica, in allegato al ricorso monitorio e che, successivamente, a seguito di richiesta di integrazione documentale, ex art. 640 c.p.c., poiché non erano leggibili in formato telematico, erano depositate in formato cartaceo, unitamente alle bolle di consegna.
Il richiamo , da parte dell’appellante, alla integrazione documentale disposta in sede monitoria, ex art. 640 c.p.c., di per sé, non è affatto idoneo a provare il mancato deposito RAGIONE_SOCIALE bolle di consegna nel procedimento monitorio, ma, al più, apre alla prova di detto deposito.
Quanto, poi, al presunto tardivo deposito RAGIONE_SOCIALE bolle di consegna nel giudizio di opposizione, l’assunto risulta sconfessato dalla stessa appellante, opponente in primo grado, che nella
memoria ex art. 183, comma 6, n. 1, c.p.c., depositata in primo grado, deduceva: ‘ l’ integrazione documentale RAGIONE_SOCIALE presunte bolle di consegna, depositate solo alcuni giorni antecedenti alla prima udienza, oltre a dimostrare che al momento dell’emissione del provvedimento monitorio il credito non fosse provato, comunque evidenzia l’assoluta infondatezza RAGIONE_SOCIALE pretese della società , poiché le bolle di consegna versate in atti non hanno corrispondenza con le fatture e copie dei registri depositati’ , così confermando l ‘avvenuto tempestivo deposito RAGIONE_SOCIALE bolle di consegna ancor prima dell’udienza di prima comparizione RAGIONE_SOCIALE parti .
D.4 . Con il quarto motivo di appello , l’appellante si è doluta del fatto che il primo giudice non si era pronunciato, limitandosi solo ad un semplicistico accenno, sulla sua richiesta di detrazione dall’importo ingiunto della somma di € 104.839,10, portata da quattro fatture eccepite in compensazione dalla , in bonis , nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, pendente dinanzi al Tribunale di Foggia, che vedeva essa appellante quale creditrice e la , in bonis , quale debitrice ingiunta.
Sul punto l’appellante ha dedotto che , in bonis , opposta in primo grado, era stata a sua volta destinataria del decreto ingiuntivo n. 1526/2017, emesso dal Tribunale di Foggia in data 25.6.2017, con cui le era stato ingiunto il pagamento, in favore della , dell’importo di € 1.167.417,69, oltre interessi moratori sino al soddisfo e spese di procedura. Avverso il predetto decreto ingiuntivo, la , in bonis , aveva proposto opposizione, eccependo, tra l’altro, in compensazione crediti per il complessivo ammontare di € 104.839,10, di cui le fatture n. 38851 del 10.12.2014, n. 41080 del 20.12.2014 e n. 43009 del 31.12.2014, che erano ricomprese tra le fatture sulla base RAGIONE_SOCIALE quali era stato chiesto ed ottenuto il decreto ingiuntivo nei confronti del , oggetto del presente giudizio.
Pertanto , l’appellante ha dedotto che, in mancanza di revoca del decreto ingiuntivo opposto, essa avrebbe pagato due volte le medesime suindicate fatture.
Anche il quarto motivo è infondato.
Ed invero, l’eccezione di compensazione richiamata dall’appellante, quand’anche propost a nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo pendente dinanzi al Tribunale di Foggia, sicuramente non è stata accolta, in quanto -come dedotto e documentato dalla stessa appellante -quel giudizio di opposizione era stato dichiarato interrotto in data 27.6.2018, per il sopravvenuto fallimento della , e si è poi estinto per mancata riassunzione.
D.5. Con il quinto motivo di appello, l’appellante ha impugnato la sentenza di primo grado nella parte in cui il Tribunale aveva dichiarato inammissibile l’eccezione di compensazione del credito vantato dalla in bonis , e, poi, dal suo , e di cui al decreto ingiuntivo opposto con il presente giudizio, con il controcredito oggetto del decreto ingiuntivo N. 1526/2016 emesso dal Tribunale di Foggia a suo favore ed in danno della , in bonis , perché formulata soltanto all’udienza di precisazione RAGIONE_SOCIALE conclusioni e, dunque, tardivamente. Par Con
Di contro, l’appellante ha dedotto che il decreto ingiuntivo N. 1526/2016 , emesso dal Tribunale di Foggia, era divenuto esecutivo soltanto a seguito della mancata riassunzione del relativo giudizio di opposizione, dichiarato interrotto in data 27.6.2018, per intervenuto fallimento dell’oppost a , e, quindi, la prima udienza utile per formulare l’eccezione di compensazione era proprio l’udienza di precisazione RAGIONE_SOCIALE conclusioni dell’ 11.12.2018.
In ogni caso ha ancora dedotto l’appellante – il giudice avrebbe potuto qualificare l’eccezione di compensazione quale ‘compensazione impropria o contabile’, operante in presenza di debiti e crediti scaturenti da un unico rapporto, rilevabile in ogni grado e stato del giudizio anche d’ufficio.
Il quinto motivo di appello è infondato per la dirimente ragione che il decreto ingiuntivo N. 1526/2017, emesso dal Tribunale di Foggia, in data 25.6.2017, in favore del ed in danno della , in bonis , non è opponibile al
perché è divenuto esecutivo soltanto dopo la dichiarazione di fallimento, e tanto alla luce del consolidato principio giurisprudenziale secondo il quale ‘il decreto ingiuntivo che sia stato opposto dal debitore poi fallito è opponibile alla massa fallimentare, a condizione che sia stata pronunciata sentenza di rigetto dell’opposizione, ovvero ordinanza di estinzione, divenute non più impugnabili – per decorso del relativo termine – prima della dichiarazione di fallimento, restando irrilevante che con i detti provvedimenti sia stata dichiarata l’esecutorietà del decreto monitorio, ex art. 653 c.p.c., ovvero che sia stato pronunciato, sempre prima dell’apertura del concorso tra i creditori, il decreto di esecutività ex art. 654 c.p.c.” (cass., 20.4.2018, n. 9933; cass. civ., 5.8.2025, n. 22125).
E. Le spese processuali
Le spese del presente giudizio di appello, relative al rapporto processuale tra la società appellante, ed il appellato, seguono la soccombenza
dell’appellante, ex art. 91, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo, in base alla tabella n. 12 allegata al DM 55/2014 e succ. mod., assumendo come valore della causa quello di € 2.642,340,01 (pari all’importo di cui al decreto ingiuntivo opposto, di cui l’appellante ha chiesto la revoca, in riforma della sentenza appellata, rimanendo soccombente), applicando i valori medi per le prime due fasi ed i valori minimi per la fase di ‘trattazione -istruttoria’, non essendo stata svolta attività istruttoria in senso stretto, nonché per la fase decisoria, non avendo il depositato né le note scritte in sostituzione dell’udienza di precisazione RAGIONE_SOCIALE conclusioni del 30.5.2025, ex art. 127 ter c.p.c. , né gli scritti finali, ex art. 190 c.p.c.
Devono essere interamente compensate l e spese del presente giudizio tra l’appellante e l’appellata ove si consideri che nessun motivo di appello è volto ad attingere il capo della sentenza di primo grado che accertava la carenza di titolarità passiva di in relazione al rapporto dedotto in giudizio.
Devono essere altresì compensate le spese di lite tra la società appellante e la terza intervenuta , a mezzo della sua procuratrice in quanto l ‘inammissibilità dell’intervento , non risultando la prova che sia stata nominata procuratrice di da soggetto legittimato a tanto, non ha aggravato l’attività difensiva dell’appella nte, che non ha neanche rilevato la questione posta alla base della declaratoria di inammissibilità dell’intervento .
La domanda dell’appellata di condanna dell’appellante per lite temeraria, ove ricondotta all’ art. 96, comma 1, c.p.c., deve essere rigettata, in quanto l’appellata non ha dedotto e provato, pur gravando su di essa il relativo onere, la concreta ed effettiva esistenza di un danno determinato dal comportamento processuale della controparte (cass. civ., 15.4.2013, n. 9080).
La domanda di condanna dell’appellante per lite temeraria deve essere, del pari, rigettata ove ricondotta all’art. 96, comma 3, c.p.c. , perché non ricorrono nei confronti dell ‘ appellante soccombente i presupposti della mala fede (consapevolezza dell’infondatezza della domanda) o della colpa grave (violazione del grado minimo di diligenza che consente di avvertire facilmente l’infondatezza o inammissibilità della propria domanda, non essendo sufficiente la mera infondatezza, anche manifesta, RAGIONE_SOCIALE tesi prospettate; cfr., cass. civ., sez. un., 20.4.2018, n. 9912), non configurando la proposizione dell’appello un abuso dello strumento processuale. In considerazione del rigetto dell’appello deve essere dichiarata, ai sensi dell’art. 13, comma 1
-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24.12.2012, n. 228 (applicabile ai giudizi introdotti dal trentesimo giorno successivo alla sua entrata in vigore, avvenuta in data 1.1.2013), la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell’appellante, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’instaurazione del procedimento di appello a norma del comma 1 – bis del citato art. 13.
PQM
La Corte d’Appello di Napoli, Terza Sezione Civile, definitivamente pronunciando nel presente giudizio di appello, proposto dal nei confronti del e di con l’intervento di quale procuratrice speciale di RAGIONE_SOCIALE, avverso la sentenza del Tribunale di Napoli Nord, Seconda Sezione Civile, n. 1951/2019, emessa in data 28.6.2019, depositata in data 3.7.2019 e non notificata, ogni diversa istanza ed eccezione rigettata, così provvede:
Dichiara inammissibile l’ intervento di
quale procuratrice di
Rigetta l’appello;
3
) Condanna l’appellante al pagamento, in favore dell’appellato
RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di secondo grado, che liquida in € 29.726,00 per compenso di avvocato, oltre rimborso per spese generale al 15%, Iva e CPA, se dovuti, nella misura come per legge;
Compensa le spese tra l’appellante e
Compensa le spese tra l’appella nte e la terza intervenuta nella dedotta qualità di procuratrice di
6 ) Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell’appellante, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il procedimento di appello, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012.
Napoli, 19.11.2025
Il Consigliere rel. ed est. Il Presidente dr.ssa NOME COGNOME dr. NOME COGNOME