SENTENZA CORTE DI APPELLO DI ROMA N. 4870 2025 – N. R.G. 00004356 2021 DEPOSITO MINUTA 28 08 2025 PUBBLICAZIONE 28 08 2025
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
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LA CORTE DI APPELLO DI ROMA
II SEZIONE CIVILE
SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA
In persona dei seguenti Magistrati:
Dott.ssa NOME COGNOME Presidente
Dott. NOME COGNOME Consigliere rel.
Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere
ha pronunciato, sulle conclusioni delle parti, la seguente
SENTENZA
nel giudizio civile iscritto al n. 4356/2021 di Ruolo Generale degli affari contenziosi trattenuta in decisione sulle conclusioni scritte delle parti all’udienza a trattazione scritta del 25.2.2025 tra:
(C.F.:
) in proprio, quale
erede della madre
, e nella qualità di Amministratore Unico, legale
rappr.nte p.t. della società – ‘
con sede legale in
(00197) Roma, INDIRIZZO (cod. fisc. e P. Iva
,
(C.F.:
, rappresentati e difesi dall’Avv.
NOME COGNOME (C.F. ) ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in (00198) Roma, INDIRIZZO giusta procura speciale in calce
al l’ atto di appello
C.F.
P.
C.F.
–
APPELLANTI –
, con sede in Torino, INDIRIZZO, capitale sociale euro 10.084.445.147,92= i.v., codice fiscale e numero di iscrizione presso il Registro delle Imprese di Torino , iscritta al R.E.A. di Torino al n. 947156, aderente al Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi e al Fondo Nazionale di Garanzia, iscritta all’Albo di cui all’art. 13 del decreto legislativo 385 del 1993 e capogruppo del Gruppo Bancario , iscritto nell’albo di cui all’art. 64 del medesimo decreto legislativo in qualità di Società Incorporante la società RAGIONE_SOCIALE
in forma abbreviata anche solo ‘ con sede in Bergamo,INDIRIZZO capitale sociale euro 2.843.177.160,24= codice fiscale e numero di iscrizione presso il Registro delle Imprese di Bergamo iscritta al R.E.A. di Bergamo al n. 345283, appartenente al Gruppo con partita iva , iscritta al n. 5678 dell’Albo delle Banche e dell’Albo dei gruppi bancari in virtù di atto di fusione per atto Notaio del 26 marzo 2021, repertorio n.16080, raccolta n. 8638, in persona del procuratore speciale dott. nato ad Ascoli Piceno il 24 luglio 1960 che la rappresenta giusta procura speciale conferita in data 14 aprile 2021 per atto autenticato dal Notaio del 14 aprile 2021, numero di repertorio 44956, numero di raccolta 14767, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME (P.E.C.: P. P.
) (codice fiscale ed C.F.
in virtù di procura speciale alle liti in calce al l’atto di costituzione elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-APPELLATA –
TABLE
,
,
TABLE
essi con poteri disgiunti, procura speciale 18/10/2021 su foglio separato accluso alla comparsa di costituzione, con elezione di domicilio presso lo Studio dei predetti in Torino, INDIRIZZO
-APPELLATA –
Oggetto: impugnazione della sentenza del Tribunale di Roma n. 9889/21.
Conclusioni: come da conclusioni scritte delle parti.
MOTIVAZIONE
La presente sentenza non attiene alla materia della impresa.
Con atto di citazione ritualmente notificato gli appellanti di cui in epigrafe hanno impugnato la sentenza n. 9889/21 con cui il Tribunale di Roma, pronunciando sulla opposizione al decreto ingiuntivo n. 4870/2016 con cui si ingiungeva loro, nelle rispettive qualità, il pagamento in favore della ricorrente della complessiva somma di € 339.241,65 oltre interessi come da domanda e spese, quale saldo derivante da rapporti tra le parti intercorse, ha così statuito:
‘ definitivamente pronunciando:
dichiara ammissibile l’intervento ex art. 111 c.p.c. di cessionaria del credito per cui è causa;
in parziale accoglimento dell’opposizione proposta da (debitrice principale) e da e (garanti), revoca il decreto ingiuntivo opposto n. 4870/2016 del 29/2-1/3/2016 del Tribunale di Roma (rg 6873/2016);
condanna peraltro in solido le opponenti -le garanti nei limiti delle garanzie prestate- al pagamento, in favore della cessionaria e a titolo di saldo negativo del conto corrente n. 25309 alla data del 18/1/2016, della
complessiva somma di € 311.474,57, oltre agli interessi come indicato in motivazione;
rigetta le domande riconvenzionali spiegate dalle opponenti;
compensa per 1/4 le spese di lite e condanna in solido le opponenti, per il grado di soccombenza, al pagamento del residuo, che liquida in € 11.078,25 per compensi professionali, oltre rimborso forfettario, CpA ed Iva come per legge;
rigetta la domanda di manleva proposta dalla chiamante nei confronti della chiamata
;
condanna la società chiamante al pagamento, in favore della chiamata, delle spese di lite, che liquida in € 7.795,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfettario, CpA ed Iva come per legge;
compensa per 1/4 le spese di ctu (dott. , liquidate con separato e contestuale decreto, e pone la restante quota definitivamente in solido a carico delle opponenti per il grado di soccombenza ‘ .
A sostegno dell’articolato gravame ha nno posto i seguenti motivi:
Erroneità, nullità della sentenza impugnata per mancata riunione dei procedimenti: omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione.
Erroneità, nullità della sentenza impugnata per omesso rilievo di nullità rilevabili d’ufficio.
Erroneità, nullità della sentenza impugnata per usurarietà degli interessi: omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia.
Erroneità della sentenza avuto riguardo al buon diritto degli Appellanti al risarcimento dei danni.
Erroneità della sentenzasul buon diritto della società garantita ad ottenere la manleva dalla chiamata in causa.
Sulla base dei detti motivi hanno rassegnato le seguenti conclusioni:
‘Voglia l’On.le Corte d’Appello adita, contrariis reiectis, in riforma della sentenza indicata in epigrafe e in accoglimento della presente impugnazione, preliminarmente,
-sospendere, a norma dell’art. 283 c.p.c., l’efficacia esecutiva e/o l’esecutività della sen-tenza gravata, meglio indicata in atti, sussistendo gravi e fondati motivi, come indicato in atti;
disporre, anche alla luce della sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 1521/2013, la riunione al presente procedimento di quello pendente tra le Sigg.re
e contro la stessa (ex relativo all’Appello avverso la sentenza n. 9897/2021 del Tribunale civile di Roma, pubbl. il 07/06/2021 (proc. R.G. 31523/16 Sez. 3°; Dr. ), per evidente connessione soggettiva ed oggettiva;
in via istruttoria (ed in ogni caso),
-ammettere i mezzi di prova indicati dall’Appellante nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado e nel corso del medesimo, da intendersi qui integralmente trascritti, acquisendo comunque, anche a norma dell’art. 345 c.p.c. i documenti indicati in atti e dando corso alle prove articolate e ad apposita CTU contabile finalizzata al ricalcolo del conto corrente n. 25309 e dei relativi rapporti di apertura di credito in conto corrente di cui è causa, per le ragioni tutte meglio esposte in atti; nel merito (e in ogni caso),
accertare e dichiarare che non sussiste il credito portato dalla sentenza impugnata, man-dando comunque assolti gli Appellanti da qualsiasi debenza o onere di natura
economica verso
(ex
, per le ragioni tutte esposte in atti;
-accertare e dichiarare altresì l’inefficacia, illegittimità e/o la nullità della clausola di applicazione di interessi ultralegali, relativa ai rapporti di conto corrente e/o di apertura di credito in c/c di cui è causa, nonché l’invalidità parziale dei detti contratti di conto corrente e/o di apertura di credito in c/c in relazione alla clausola di attribuzione della facoltà di esercizio dello ius variandi in favore della Banca Opposta e/o l’illegittimo esercizio dello ius variandi da parte della stessa Banca e, per l’effetto, accertare e dichiarare l’inefficacia, l’illegittimità e/o la nullità, ai sensi e per gli effetti dell’art. 118 D.Lgs. 01/09/1993 n. 385, delle variazioni di interesse ultralegale, delle provvigioni di massimo scoperto, delle commissioni, commissioni sull’accordato, commissioni di istruttoria veloce, delle spese e remunerazioni a qualsiasi titolo pretese dalla Banca Opposta nei con-fronti degli Appellanti sul conto corrente di cui è causa in relazione ai contratti bancari citati;
-accertare e dichiarare l’invalidità parziale dei contratti d’apertura di conto corrente e/o di apertura di credito in c/c di cui è causa, in relazione alla mancata e/o erronea indicazione dell’ e/o del TAEG come meglio indicato in atti, in relazione alla clausola di determinazione e di applicazione della commissione di massimo scoperto (o commissione sull’accordato o commissione di istruttoria veloce o similari), alla clausola di capitalizza-zione trimestrale degli interessi, delle spese e di qualsiasi altro onere, commissione e/o competenza e, per l’effetto, dichiarare che nulla è dovuto a tale titolo dal correntista e/o dai fideiussori; Pa
– determinare il costo effettivo annuo, nonché il Tasso Annuo Effettivo Globale (T.A.E.G.), il TEG dei rapporti bancari di cui è causa e, per l’effetto, accertare e dichiarare che la ha applicato in danno degli Appellanti interessi ultralegali e costi nulli e/o interessi usurari per tutto il corso dei rapporti di cui è causa come meglio indicato in atti, con conseguente accertamento della nullità degli interessi ultra-legali e/o usurari applicati e diritto degli Appellanti, ciascuno per quanto di ragione e specifica competenza, al ricalcolo dei rapporti di cui è causa, con conseguente epurazione e/o ripetizione integrale dei detti interessi ultralegali
e/o usurari, anche ai sensi dell’art. 1815, 2° comma c.c. e/o, comunque, ex art. 117 7° comma TUB, per le ragioni tutte meglio indicate in atti;
accertare e dichiarare altresì, sulla base dei documenti e della perizia econometrica in atti, che il ricalcolo dei conti correnti di cui è causa della società
reca un saldo avere alla data del 31.12.2015 pari – quanto meno alla complessiva somma di € 115.927,26 e/o alla maggiore o minore somma che sarà accertata nel corso dell’istruttoria, previa ogni opportuna, eventuale compensazione, per le ragioni tutte esposte in atti;
-per l’effetto, condannare (ex a riaccreditare e/o a pagare e/o restituire a favore della società le somme indebitamente addebitate e/o apprese dai conti correnti di cui è causa pari – almeno ad € 115.927,26 e/o alla maggiore o minore somma che sarà accertata nel corso dell’istruttoria, previa ogni opportuna, eventuale compensazione, nonché a risarcire i danni tutti, anche d’immagine o di merito di credito, patiti e patiendi dalla e/o dalle Sig.re e in relazione all’illegittima segnalazione alla Centrale Rischi e/o, comunque, per lo scorretto comportamento, posto in essere dalla in danno degli Appellanti, contrario ai doveri di correttezza e buona fede nell’esecuzione del rapporto e, più in generale per i fatti di causa meglio esposti in atti, ai sensi degli artt. 2043, 1337, 1338, 1218 e ss., 1453 e ss. c.c. Danni che si quantificano nella complessiva somma di € 351.000,00 o in quella maggiore o minore somma che sarà accertata nel corso dell’istruttoria o, in difetto, equitativamente determinata. Il tutto, oltre interessi e rivalutazione come per legge;
-condannare
a tenere indenne e/o manlevare la
da qualsiasi eventuale obbligazione pecuniaria, fino alla concorrenza di € 180.000,00 in relazione alle garanzie prestate, come meglio argomento in atti
Con condanna della e/o di alla refusione integrale delle spese di lite di ambo i gradi di giudizio.
Con ogni consequenziale pronuncia altresì’.
Si è costituita nella sua qualità, la quale, nel contestare l’avverso gravame in quanto, a suo dire, inammissibile e, comunque, infondato in fatto e diritto, ha a sua volta così concluso:
‘Voglia l’Ill.ma Corte di Appello di Roma adita
IN INDIRIZZO
Rigettare, in quanto infondata in fatto ed in diritto, la richiesta di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado.
NEL MERITO
1. A totale conferma della sentenza di primo grado emessa in data 27 maggio 2021 e pubblicata in data 7 giugno 2021 con il numero 9889 del 2021 all’esito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo nrg. 31518 del 2016, rigettare tutte le domande proposte dalla e dai sigg.ri e
in quanto infondate in fatto ed in diritto;
Con vittoria di spese e compensi del presente giudizio di appello .’
Si è costituita anche la
‘ Voglia la Corte adita, respinta ogni contraria istanza, confermare la assolutoria da ogni domanda della concliudente
la quale ha ugualmente così concluso: piena con vittoria di compensi e spese di causa per entrambi i gradi del giudizio ‘ .
Respinta la invocata istanza di inibitoria, alla udienza a trattazione scritta del 25.2.2025, sulle conclusioni delle parti, la Corte he riservato la decisione previa concessione dei termini ex artt. 190 e 352 c.p.c.
Va innanzitutto premesso, che l’appello è ammissibile avendo la difesa appellante ben indicato le parti della sentenza a suo dire da riformarsi e le ragioni sottese all’atto impugnatorio nel pieno rispetto del dettato di cui all’art. 342 c.p.c.
Esaminando i singoli motivi della impugnazione osserva il Collegio:
con il primo motivo la difesa appellante censura la erroneità della sentenza in relazione alla mancata riunione del presente giudizio con altro relativo a diversa opposizione a decreto ingiuntivo proposta dai signori e ed avente ad oggetto rapporti stipulati al solo fine di consentire il ripianamento in favore della banca del saldo del c/c di cui al presente giudizio.
Evidente essendo la finalità perseguita dall’istituto di credito , che avrebbe agito in mala fede, sarebbe stato necessario procedere alla riunione dei due procedimenti onde ricostruire dettagliatamente tutti i rapporti tra le parti attraverso una più puntuale ctu. contabile.
Ritiene la Corte, che il motivo non sia condivisibile avendo il Giudice di prime cure correttamente operato, evidenziando come si trattasse di due giudizi distinti aventi ad oggetto due diverse opposizioni a due decreti ingiuntivi relativi a rapporti bancari ugualmente diversi, a nulla rilevando che la provvista del c/c acceso dalle predette fosse stata poi dalle stesse utilizzata per ripianare in parte la posizione debitoria della società nei cui confronti si erano costituite garanti.
Del resto, ogni rapporto aveva una sua disciplina con pattuizioni e condizioni diverse, sicchè a prescindere dalla finalità che le parti hanno inteso perseguire non vi era la necessità di procedere ad una riunione il cui mancato provvedimento non costituisce comunque motivo censurabile in assenza dei presupposti richiesti.
E infatti, anche a volersi ritenere sussistente una connessione tra le due cause (il che, come detto, non esiste nella fattispecie in esame), è insegnamento comunque della S.C. che l’esercizio in senso affermativo o negativo del potere di disporre la riunione non è censurabile in sede di legittimità, poichè i relativi provvedimenti hanno natura ordinatoria e si fondano su valutazioni di mera opportunità (Cass. Sez. III^ 25.1.2008 n. 1697).
L’appello in parte qua non va, quindi, accolto.
Come secondo motivo gli appellanti si dolgono della decisione impugnata in relazione all’omesso rilievo anche ex officio di una chiara ipotesi di nullità di protezione da parte del Tribunale.
In particolare, questo non avrebbe rilevato la nullità dei contratti per mancata o errata indicazione dell’ , non costituendo quest’ultimo un elemento costitut ivo del contratto previsto a pena di nullità e potendo semmai incidere solo sotto un punto di vista di inadempimento contrattuale. Pa
Anche tale doglianza non è meritevole di accoglimento e va respinta.
Al riguardo, infatti, si è pronunciata anche di recente la SRAGIONE_SOCIALE. che ha ribadito come la sanzione della nullità per la mancata o non corretta indicazione dell’ è prevista esclusivamen te per il caso del credito al consumo, nell’ambito della cui disciplina l’art. 125 bis comma 6 TUB, prevede che sono nulle le clausole relative a costi a carico del consumatore che, contrariamente a quanto previsto ai sensi dell’art. 121, comma 1, lett. E), non sono stati inclusi in modo pubblicizzato nella documentazione predispost a secondo quanto previsto dall’art. 124. La nullità della clausola non comporta la nullità del contratto (Cass. Ord. 4597/2023).
Nel caso di specie, non può certamente trovare applicazione la disciplina del consumatore in ragione della circostanza che le garanti erano peraltro socie della società debitrice principale.
Alcun rilievo officioso, dunque, il Tribunale avrebbe dovuto effettuare in ordine a detto profilo di nullità in quanto inesistente.
Ne consegue, che una eventuale violazione non poteva che essere fatta valere con una specifica azione risarcitoria e sempre che le parti fossero state in grado di dimostrare innanzi tutto l’esistenza del danno e poi il nesso di causalità tra quest’ultimo e la condotta scorretta della banca.
Tale domanda, tuttavia, non è stata proposta e, in ogni caso, non risultano essere state fornite le necessarie prove richieste per una eventuale condanna risarcitoria della controparte appellata.
Come terzo motivo, la difesa appellante evidenzia la erroneità della sentenza con specifico riferimento alla mancata dichiarazione di nullità in relazione alla natura usuraria degli interessi applicati.
In particolare, il Tribunale avrebbe semplicisticamente fatto richiamo alla ctu. espletata nel corso del giudizio così concludendo: ‘ Le condizioni economiche di
regolazione del conto e delle relative linee di credito sono risultate correttamente convenute e sufficientemente determinate nei meccanismi di indicizzazione e negli algoritmi di determinazione delle commissioni. Fatta salva l’inapplicabilità delle condizioni economiche pattuite con il contratto del 25 ottobre 2010 risultate superiori ai tassi soglia, non si rinvengono valide motivazioni per escludere l’applicazione dei tassi convenuti e modificati in applicazione del meccanismo di indicizzazione…’
Ebbene, gli appellanti contestano le conclusioni del ctu. e, quindi, quelle del Primo Giudice che vi ha aderito, nei seguenti termini:
Sul contratto di apertura di credito in conto corrente del 7.08.2012 (fino ad € 150.000,00).
Le contestazioni sono le medesime sollevate con riferimento al precedente rapporto. Inoltre, si ribadisce la supposta indeterminatezza non essendovi, sempre secondo la difesa appellante, alcun elemento probatorio documentale da cui poter ricavare la perimetrazione del tasso indicato all’ ‘Euribor media 6 mesi’ .
Al riguardo, si afferma che il ctu. avrebbe autonomamente sopperito alle carenze probatorie della controparte in modo del tutto inammissibile.
In realtà, il ctu. ancora una volta ha puntualmente ricostruito il detto rapporto evidenziando quanto segue:
‘A conclusione dell’indagine in ordine ai contratti e alle relative pattuizioni, anche con riferimento al rispetto della legge n. 108/96, si conferma quanto segue:
la specifica approvazione della liquidazione e capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori e creditori in regime di reciprocità nel rispetto dell’art. 120 tub (art. 8 delle norme sul conto corrente come da contratto del 25/10/2010);
la pattuizione, per iscritto, di condizioni economiche in termini di tasso di interesse e commissioni applicabili in modo sufficientemente determinati, anche laddove il tasso prevede meccanismi di indicizzazione (tasso euribor 6 mesi, media mese precedente), ovvero parametrizzazioni legate al tasso soglia pubblicato dal MEF. Allo stesso modo sono risultati espressamente rappresentati gli algoritmi di
determinazione dei corrispettivi sull’accordato e della commissione sullo scoperto, che sono risultati correttamente applicati e legittimamente convenuti ‘ .
Quanto, poi, ai contratti di apertura di credito del 18.2.2013 a termine fino al 17/7/2014, fino alla concorrenza di € 300.000,00 e del 15.9.2014 a termine fino al 28/2/2015, sempre fino alla concorrenza di € 300.000,00 ‘quale proroga di analoga linea di credito precedentemente in essere e scaduta il 17/07/2014’ , v algono le stesse considerazioni svolte in precedenza, per cui il motivo non può che essere respinto, per il resto potendosi condividere le conclusioni del Tribunale e, quindi, quelle del ctu. che ha bene illustrato le ragioni delle sue conclusioni con argomenti che sono del tutto coerenti con quelli affrontati dalla stessa giurisprudenza di Legittimità richiamata nella sentenza impugnata ed a cui non può che farsi espresso rimando.
Il quarto motivo di doglianza attiene al mancato riconoscimento da parte del Tribunale del diritto degli appellanti al giusto risarcimento dei danni conseguente al grave comportamento tenuto dall’istituto di credito anche per le numerose segnalazioni alla Centrale rischi della Banca d’Italia.
Peraltro, proprio a causa del deficit economico nel quale si erano venuti a trovare, essi sarebbero stati costretti ad accettare condizioni imposte dalla banca stessa e, in particolare, ad accettare forme di finanziamento a breve termine in attesa e nella speranza (vana) di ottenere un finanziamento a lungo termine, dopo che la relativa pratica era stata anche istruita e tale erogazione avrebbe consentito alla società immobiliare di far fronte alle ingenti spese per la ultimazione del complesso immobiliare in fase di realizzazione.
Inoltre, la banca avrebbe preteso, oltre alla garanzia dei soci per i ripetuti finanziamenti a breve termine, anche la ulteriore garanzia della con ulteriore aggravio di costi.
Il successivo comportamento della convenuta, che aveva poi deciso di escutere il pegno di € 75.000,00 e di non rinnovare gli affidamenti, costituirebbero una chiara truffa contrattuale fonte, appunto, di responsabilità risarcitoria, tanto più che la
impossibilità di fare ricorso al finanziamento presso altre banche sarebbe stata determinata proprio dalle illegittime segnalazioni che erano state effettuate ai loro danni.
Sui danni, sarebbero state offerte prove certe rappresentate da ll’aggra vio consistente dei costi sostenuti per fare fronte alle sempre più pressanti richieste della creditrice.
Errata, sarebbe stata, pertanto, la valutazione operata dal Giudice di prime cure. Orbene, a prescindere dalle note vicende che hanno portato a suo tempo al commissariamento della non vi sono dubbi che essa si trovava come tutte le banche del resto, nella posizione di forza rispetto alla debitrice così da richiedere tutte le garanzie possibili a fronte della erogazione dei finanziamenti.
Pur tuttavia, ritiene il Collegio che resta il fatto altrettanto inequivocabile che fu una libera scelta fin dall’inizio, della società e dei suoi garanti di rivolgersi a detto istituto di credito, laddove sarebbe stato possibile fin da subito, evidentemente, non appena avuta contezza delle richieste non accettabili da parte della controparte, procedere alla eventuale rinegoziazione dei finanziamenti facendo ricorso ad altri istituti di credito, senza dover attendere necessariamente che si procedesse alle inevitabili segnalazioni alla Centrale rischi una volta che i crediti fossero passati a sofferenza.
Peraltro, alla luce delle risultanze della complessa ed articolata e attendibile ctu., non è emerso che nel complesso vi siano state violazioni della disciplina contrattualistica se non in minima parte e con la conseguente espunzione di interessi non dovuti, essendo rimasto pressochè inalterato il debito complessivo della società e dei suoi fideiussori nei confronti della banca.
Non ricorrono certamente ipotesi di annullabilità dei contratti per vizi del consenso, tali da legittimare finanche una pur prospettata ipotesi di truffa contrattuale (ovviamente sotto tale profilo non è di competenza della Corte valutarne gli eventuali elementi costitutivi).
Tanto meno, come correttamente evidenziato dal Tribunale, può dirsi provata una ipotesi di abuso da parte dei funzionari della banca che hanno semplicemente
tutelato la posizione creditoria della stessa ma nel pieno rispetto delle pattuizioni contrattuali liberamente sottoscritte dalle parti.
Dette considerazioni non possono che portare, dunque, alla conferma della sentenza impugnata, nonostante l’apprezzabile sforzo profuso dalla difesa appellante di rimarcare la opacità della condotta dell’istituto di credito.
Come ulteriore motivo di censura, viene posta la erroneità della sentenza in ordine alla negazione alla società debitrice di ottenere una manleva da parte della Anche tale motivo non è tuttavia condivisibile, non essendovi alcun dubbio che ci si trova di fronte ad un contratto a favore di terzi sottoscritto da e dalla società aderente al fine di consentire la più semplice erogazione del finanziamento da parte della banca.
Era solo quest’ultima, dunque, ad essere garantita e, quindi, legittimata ad agire per la escussione della garanzia nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e non certamente la società a poter pretendere di essere da questa manlevata.
La lettura del testo del contratto non lascia adito a dubbi.
Per tutti i suesposti motivi, l’appello va quindi totalmente respinto con la conseguente conferma della sentenza appellata.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte di Appello di Roma, definitivamente pronunciando su ll’appello proposto da in proprio, quale erede della madre e nella qualità di Amministratore Unico, legale rappr.nte p.t. della società -‘ , avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 9889/21, così provvede:
rigetta l’appello e conferma la sentenza appellata disponendo la rettifica del capo 3 del dispositivo della sentenza appellata nel senso che, laddove è scritto ‘ condanna peraltro in solido le opponenti -le garanti nei limiti delle garanzie prestate- al
pagamento, in favore della cessionaria , è da intendersi: ‘ condanna peraltro in solido le opponenti -le garanti nei limiti delle garanzie prestate- al pagamento, in favore della cessionaria e, per essa, quale sua mandataria,
;
Condanna gli appellanti, in solido tra loro, alla rifusione in favore delle appellate, delle spese e competenze del presente grado che, per l’intero, liquida in € 20.119,00 quanto ad ed in € 14.317,00 quanto ad , il tutto oltre spese
gen., IVA e CPA come per legge.
Dà atto della sussistenza nei confronti degli appellanti, dei presupposti richiesti dall’art. 13 comma 1 quater primo periodo D.P.R. 30.5.2002 n. 115, per il pagamento dell’ulteriore C.U., se dovuto.
Così deciso alla camera di consiglio del 27.5.2025.
Il Presidente
Dott.ssa NOME COGNOME
Il Consigliere Relatore Dott. NOME COGNOME