Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11800 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 11800 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/05/2025
TABLE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18433/2022 R.G., proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ; rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME in virtù di procura speciale allegata al ricorso;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE quale procuratore speciale e mandataria di RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ; rappresentata e difesa dall’ Avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in calce al controricorso;
-controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE. e per essa, RAGIONE_SOCIALE ; Credit Agricole Cariparma s.p.a. ; RAGIONE_SOCIALE ; RAGIONE_SOCIALE ; RAGIONE_SOCIALE
per la cassazione della sentenza n.484/2022 della C RAGIONE_SOCIALE d’APPELLO di TORINO , pubblicata il 4 maggio 2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell ‘ 11 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Con citazione dell’agosto 2019, la RAGIONE_SOCIALE introdusse il giudizio di merito dinanzi il Tribunale di Torino, come disposto dal giudice dell’esecuzione dello stesso tribunale con ordinanza del 14 giugno precedente, nell’ambito della procedura esecutiva n.1486/2016 r.g.e., instaurata dal creditore procedente Monte dei Paschi di Siena s.p.a. contro la RAGIONE_SOCIALE di COGNOME e C., a seguito di pignoramento ipotecario, trascritto nell’ottobre 2016, sul compendio immobiliare sito in Scalenghe (TO), nel quale la RAGIONE_SOCIALE esercitava l’attività industriale in virtù di due contratti di locazione stipulati con la società RAGIONE_SOCIALE (entrambi conclusi quando la RAGIONE_SOCIALE era ancora in bonis ), il primo in data 31 luglio 2015 e il secondo in data 30 novembre 2016; l’immobile era stato , poi, parzialmente locato alla RAGIONE_SOCIALE con un successivo contratto concluso in data 19 aprile 2017; era seguìto, in data 19 dicembre 2017, il fallimento della RAGIONE_SOCIALE s.n.c..
Nel giudizio di merito, RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, mandataria di RAGIONE_SOCIALE (cessionaria del creditore procedente), Credit Agricole Cariparma s.p.a. e RAGIONE_SOCIALE (creditori intervenuti), nonché RAGIONE_SOCIALE (custode giudiziario nella procedura esecutiva n.1486/2016 r.g.e.), chiedendo di accertare e dichiarare, in via principale, l’opponibilità dei contratti di locazione (il primo sottoscritto in data 31 luglio 2015 e il secondo sottoscritto in data 30 novembre 2016) ai creditori di RAGIONE_SOCIALE e all’eventuale aggiudicatario del complesso immobiliare; in via subordinata, tenuto conto che la detenzione dell’immobile da parte della RAGIONE_SOCIALE era iniziata prima del pignoramento, l’opponibilità
delle locazioni verso i terzi nei limiti stabiliti per le locazioni a tempo indeterminato; inoltre, chiese che fosse dichiarato che gli interventi manutentivi effettuati nel corso della procedura esecutiva immobiliare gravassero sul creditore procedente e/o sul custode e, per l’effetto , che fosse autorizzata a compensare le spese da essa anticipate per tali interventi (quantificabili nella somma di Euro 305.677,72 o nella diversa somma da accertarsi in giudizio) con i canoni scaduti e a scadere fino alla concorrenza dell’esborso; domandò, infine, in ogni caso, l’accertamento che le spese degli interventi manutentivi eseguiti o in corso di esecuzione, gravando sul locatore (e quindi, nella fattispecie, sul creditore precedente e/o sul custode), dovessero esserle rimborsate.
Costituitesi in giudizio, le convenute RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE contestarono a vario titolo le domande, chiedendone il rigetto. Non si costituirono il Fallimento RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE che furono dichiarati contumaci.
Su eccezione delle parti convenute, trattandosi di materia locatizia, il Tribunale di Torino dispose il mutamento di rito e, conclusasi con esito negativo la procedura di mediazione, con sentenza n. 2827/2021, dichiarò l’opponibilità del primo contratto di locazione -pur definito come novato nel contratto di locazione sottoscritto in data 30 novembre 2016 -ai creditori della RAGIONE_SOCIALE e ai terzi.
Rigettò la domanda di compensazione e dichiarò che i costi di manutenzione e ristrutturazione dell’immobile occupato da RAGIONE_SOCIALE non competessero alle parti convenute.
Ritenne che il secondo contratto non potesse considerarsi novativo del precedente in quanto era stato concluso a seguito della suddivisione dell’azienda di proprietà dei fratelli COGNOME in due distinti rami, l’uno affittato a (e poi acquistato da) RAGIONE_SOCIALE, l’altro a RAGIONE_SOCIALE concluse, che, pertanto, i rapporti tra le parti erano regolati dal contratto del 31 luglio 2015, che doveva considerarsi opponibile ai terzi creditori e all’eventuale acquirente.
In ordine alla domanda di compensazione dei crediti manutentivi con i canoni di locazione, reputò, per un verso, che il ruolo del custode giudiziario fosse quello di amministrare e conservare i beni pignorati e non quello di svolgere attività manutentiva straordinaria o di ristrutturazione dei medesimi e, per altro verso, che tale obbligo non potesse gravare neppure sul creditore procedente; sottolineò, al riguardo, che parte attrice avrebbe potuto agire ai sensi dell’art. 1577 c od. civ. nei confronti del locatore/debitore esecutato (GERFIN) ma non certo nei confronti del creditore (NOMECOGNOME o del custode (Ifir Piemonte).
Infine, compensò le spese di lite, in ragione della reciproca soccombenza.
2. La Corte d ‘a ppello di Torino, con sentenza 4 maggio 2022, n. 484, rigettata in via preliminare l’istanza di estromissione formulata da RAGIONE_SOCIALE e, per essa, da RAGIONE_SOCIALE, quale cessionaria di Credit Agricole Cariparma s.p.a., ha parzialmente accolto l ‘ appello proposto da RAGIONE_SOCIALE e, per essa, dalla mandataria RAGIONE_SOCIALE, avverso la sentenza del Tribunale di Torino.
In riforma di tale sentenza, la Corte territoriale, precisamente, ha rigettato la domanda originaria di RAGIONE_SOCIALE di accertamento dell’opponibilità d ei contratti di locazione nei confronti dei creditori della società RAGIONE_SOCIALE e dell’eventuale aggiudicatario .
La Corte di merito ha inoltre rigettato l’ autonomo gravame proposto dalla stessa COGNOME RAGIONE_SOCIALE (poi riunito nel corso del giudizio d’appello a quello proposto da Siena RAGIONE_SOCIALE), con cui era stata impugnata la statuizione di rigetto della richiesta di compensazione tra i costi sostenuti per la manutenzione straordinaria del bene locato e i canoni locativi dovuti.
3. Avverso la sentenza della Corte d ‘ Appello di Torino, RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione articolato in quattro motivi. Ha resistito con controricorso RAGIONE_SOCIALE e, per essa, la mandataria RAGIONE_SOCIALE Non hanno svolto difese nel presente giudizio di legittimità le intimate RAGIONE_SOCIALE e, per essa, RAGIONE_SOCIALE, Credit Agricole Cariparma
s.p.a., RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE; neppure ha svolto difese l’intimato Fallimento della RAGIONE_SOCIALEn.RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
Le parti costituite hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso viene denunciata, ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la « violazione e falsa applicazione degli artt. 1230 c.c., 2923, primo comma, c.c. e 560 c.p.c. in relazione all’assenza di effetti novativi del contratto inefficace ».
La RAGIONE_SOCIALE contesta che il giudice d ‘ appello, ritenendo inopponibile il secondo contratto di locazione, in quanto pacificamente stipulato in pendenza della procedura esecutiva e successivamente alle iscrizioni ipotecarie e al pignoramento, non avrebbe considerato che il medesimo secondo contratto era ab origine ‘ inefficace ‘ e da considerare tamquam non esset nel suo complesso e che conseguentemente restava efficace il primo contratto di locazione, pacificamente opponibile in quanto stipulato anteriormente al pignoramento.
Con il secondo motivo viene denunciata, ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la « violazione e falsa applicazione dell’art. 2923, quarto comma, c.c. in relazione alla detenzione dell’immobile antecedente al pignoramento »;
La società ricorrente deduce, precisamente, la violazione del comma quarto dell’art. 2923 cod. civ. , secondo cui la semplice detenzione del bene da parte del conduttore in epoca precedente al pignoramento vincola l’acquirente al rispetto della locazione per una durata pari a quella contemplata per le locazioni a tempo indeterminato.
Critica, inoltre, il giudizio delle Corte di merito sulla condotta di mancato pagamento dei canoni di locazione da parte sua; sostiene che, contrariamente a quanto reputato dalla Corte territoriale, la decisione di non versare i canoni di locazione non discendeva da una condotta contraria a buona fede, ma costituiva espressione del diritto di non versare i canoni sino alla concorrenza
dei costi sostenuti per eseguire interventi sull’immobile che contrattualmente non potevano ritenersi posti a carico della conduttrice.
Con il terzo motivo viene denunciata, ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la « violazione e falsa applicazione dell’art. 24, l.fall. in relazione alla affermata improcedibilità della domanda di COGNOME in ragione della intervenuta dichiarazione di fallimento della locatrice ‘ ;
il riferimento all’art. 24 l. fall. sarebbe erroneo e inconferente in quanto l’oggetto del giudizio non att errebbe all’opponibilità del rapporto di locazione alla procedura fallimentare (essendo il secondo contratto di locazione anteriore alla dichiarazione di fallimento) e in quanto la Curatela Fallimentare non avrebbe avanzato pretese di sorta nel presente giudizio, originandosi la controversia da un ordine di liberazione emesso dal g iudice dell’esecuzione avverso il quale essa ricorrente aveva proposto opposizione ai sensi degli artt.560 e 617 cod. proc. civ..
Con il quarto motivo, viene denunciata, ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la « violazione e falsa applicazione degli artt. 56 l. fall. 92 l.fall., 1241 c.c., 1460 c.c. 1577 c.c. 1578 c.c. in relazione alla ritenuta impossibilità di compensare i costi sostenuti per interventi manutentivi gravanti sul proprietario con i canoni ».
La ricorrente censura la statuizione della Corte d’appello di rigetto della richiesta compensazione; ribadisce che, costituendo circostanza provata e non contestata in giudizio quella secondo cui essa aveva sostenuto costi che, in base al contratto di locazione, erano posti a carico del proprietario, detto credito poteva essere eccepito in compensazione ai sensi dell’art. 56 l. fall. con i canoni di locazione dovuti.
I primi tre motivi -da esaminarsi congiuntamente per evidente connessione -sono inammissibili.
Va osservato, in via generale, che essi, ad onta della formale intestazione diretta a prospettare rilievi di violazione di legge, attengono invece a profili di fatto e tendono a suscitare dalla Corte di legittimità un
apprezzamento di merito alternativo a quello motivatamente espresso dalla Corte d ‘ appello.
5.1. In ordine al primo profilo di doglianza (con cui si censura il rigetto della domanda principale fondata sulla tesi dell’inefficacia ab origine del secondo contratto di locazione), va osservato che la Corte torinese, con valutazione di fatto insindacabile perché riservata al giudice di merito, previa specifica disamina dei due contratti di locazione (rispettivamente conclusi in data 31 luglio 2015 e 30 novembre 2016: data, quest’ultima, in cui le parti avevano risolto il primo contratto di affitto d ‘ azienda con riferimento al ramo siderurgia), ha motivatamente accertato che la complessa operazione negoziale fosse stata posta in essere al fine di risolvere il primo contratto e stipularne un secondo, avente oggetto parzialmente diverso e diverse pattuizioni, in coerenza con la parziale risoluzione del precedente contratto di affitto di azienda, in vista del subentro di RAGIONE_SOCIALE e in funzione della creazione di un nuovo assetto aziendale e del riassetto degli spazi, nell’interesse di entrambe le parti.
Ciò posto, la Corte di merito ha quindi ritenuto che il secondo contratto, non solo fosse valido ed efficace tra le parti (non presentando profili di nullità o di annullabilità, neppure allegati), ma fosse anche dotato di piena portata novativa ed avesse pertanto risolto e sostituito il contratto precedente, provvedendo ex novo alla regolazione dei rapporti inter partes ; tale contratto, peraltro, era inopponibile alla procedura esecutiva e ai terzi, in quanto pacificamente successivo alla iscrizione delle ipoteche e al pignoramento.
Nel contrapporre a questo giudizio la diversa lettura secondo la quale avrebbe dovuto al contrario ritenersi accertato che il secondo contratto fosse ab origine inefficace e tamquam non esset nel suo complesso, con conseguente perdurante efficacia del primo contratto di locazione, pacificamente opponibile in quanto stipulato anteriormente al pignoramento, la società ricorrente omette di considerare che l ‘apprezzamento dei fatti e la valutazione delle risultanze istruttorie sono attività riservate al giudice del merito, cui compete anche la scelta delle prove ritenute più idonee a
dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (in tal senso, ex permultis , cfr. Cass.15/07/2009, n. 16499; Cass. 23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 04/07/2017, n.16467).
La predetta valutazione non può dunque essere rimessa in discussione in sede di legittimità.
5.2. Al secondo profilo di doglianza (con cui si censura il rigetto della domanda subordinata, sull’assunto della violazione dell’art. 2923, quarto comma, cod. civ. e sul presupposto di fatto della sussistenza di una detenzione anteriore al pignoramento) resiste il rilievo della Corte territoriale -anche questo basato su motivate valutazioni di fatto e pertanto non sindacabile in sede di legittimità -secondo cui, da un lato, la circostanza che il solo titolo legittimante la conduttrice alla detenzione avesse data certa e -stante l’avvenuta risoluzione d el primo contratto voluta espressamente dalle parti -fosse da ravvisarsi nel secondo contratto di locazione, escludeva la possibilità di invocare una detenzione antecedente al pignoramento, mentre, dall’altro lato, il detto secondo contratto, benché trascritto successivamente al pignoramento, non era stato mai autorizzato dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 560 cod. proc civ.; inoltre , la non contestata circostanza relativa al mancato pagamento dei canoni di locazione, avuto riguardo al contesto di decozione in cui l’operazione commerciale si era inserita (contesto desumibile dalle premesse di ambedue i contratti, nonché dalla circostanza che, a circa due mesi di distanza dal secondo contratto, era stato dichiarato il fallimento della società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e, circa un anno dopo, quello della RAGIONE_SOCIALE) induceva ad escludere la buona fede della conduttrice.
Questo impianto motivazionale, fondato -lo si ripete -su un pregnante apprezzamento di merito, non viene scalfito neppure dalle doglianze reiterate dalla società ricorrente con la memoria depositata in vista dell’ adunanza camerale.
5.3. Quanto al terzo profilo di censura prospettato in relazione all’art.24 l. fall. (per avere la Corte torinese in modo erroneo e inconferente affermato l’ improcedibilità della domanda della RAGIONE_SOCIALE in ragione della
intervenuta dichiarazione di fallimento della locatrice), va osservato che la Corte d’appello , nel punto della motivazione censurato, ha inteso soltanto stigmatizzare la strategia defensionale della società appellante (oggi ricorrente) che sembrava non tenere conto della sopravvenienza del fallimento della società locatrice RAGIONE_SOCIALE debitrice esecutata, quale evenienza idonea ad accentrare nella procedura concorsuale qualsiasi controversia che traesse origine o fondamento nel fallimento (pag. 19 della sentenza impugnata).
Tale passaggio motivazionale, peraltro, non integra una ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale non ha dichiarato l’improcedibilità delle domande formulate dalla RAGIONE_SOCIALE in ragione della vis atractiva della disciplina fallimentare ma le ha delibate e rigettate nel merito.
5.4. Parimenti inammissibile è il quarto motivo di ricorso, con cui viene censurata la ritenuta impossibilità di compensare i costi sostenuti per interventi manutentivi gravanti sul proprietario con i canoni di locazione dovuti e non versati.
Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 -bis n.1. cod. proc. civ. poiché la decisione impugnata ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l’esame della censura non offre elementi per rimeditare tale orientamento.
Questa Corte ha statuito che nelle spese ‘ per gli atti necessari al processo ‘ , suscettibili, ai sensi dell’art. 8 del d.P.R. n. 115 del 2002, di essere poste in via di anticipazione a carico del creditore procedente (e, quindi, rimborsabili come spese privilegiate ex art. 2770 cod. civ. a favore del creditore che le abbia anticipate), sono incluse (in quanto strumentali alla procedura di espropriazione forzata perché intese ad evitarne la chiusura anticipata), le spese necessarie alla conservazione dell’immobile pignorato, ovverosia quelle indissolubilmente finalizzate al mantenimento dello stesso in fisica e giuridica esistenza, mentre ne sono escluse quelle che non abbiano un’ immediata funzione conservativa della sua integrità, quali le spese dirette alla manutenzione ordinaria o straordinaria del bene (Cass. 22/06/2016, n. 12877). Pertanto deve escludersi che il creditore procedente sia passivamente
legittimato rispetto a domande di rimborso per spese manutentive o riparative effettuate dal conduttore ma asseritamente gravanti sul locatore o rispetto a domande di riduzione del corrispettivo per vizi della cosa locata, così come deve escludersi che tale legittimazione competa al custode, il quale non ha l’obbligo di rimborsare al conduttore le somme da quegli spese per opere di manutenzione straordinaria e ristrutturazione, ma quello di provvedere alla conservazione ed amministrazione dei beni staggiti.
Tale legittimazione spetta invece al locatore esecutato, il quale, ai sensi dell’art. 1577 cod. civ. , è tenuto a rimborsare il conduttore dei costi delle riparazioni che non sono a suo carico.
Pertanto, nella fattispecie, la RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto far valere il suo credito al rimborso delle spese sostenute per interventi manutentivi gravanti sul proprietario nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, debitrice esecutata, e in seguito al suo fallimento, nei confronti della massa fallimentare, previa insinuazione al passivo, stante il principio secondo il quale, nel caso in cui, prima della dichiarazione di fallimento, sia stata iniziata da un creditore l’espropriazione di un immobile del fallito, il curatore fallimentare subentra ex lege nella procedura esecutiva individuale, che si trasforma così in esecuzione collettiva, i cui effetti sostanziali e processuali decorrono dal pignoramento (cfr., ex aliis , Cass. 26/02/2019, n. 5655).
In definitiva, il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE va dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
La società ricorrente soccombente va anche condannata al pagamento, in favore della società controricorrente, di una somma che si stima equo determinare in misura pari alla metà dei compensi calcolati sulle spese processuali (oltre interessi legali dalla data di pubblicazione della presente ordinanza al saldo), ai sensi dell’art.96, terzo comma, cod. proc. civ. .
La proposizione di un mezzo di gravame del tutto inammissibile, in presenza di doglianze dirette, per un verso, a censurare indebitamente
motivati apprezzamenti di merito, per l’altro, ad infrangersi contro consolidati orientamenti della giurisprudenza di legittimità in assenza di alcuna argomentazione che ne possa indurre la rimeditazione, costituisce indice di mala fede o colpa grave e si traduce in una condotta processuale contraria ai canoni di correttezza, nonché idonea a determinare un ingiustificato sviamento del sistema processuale dai suoi fini istituzionali, ponendosi in posizione incompatibile con un quadro ordinamentale che, da una parte, deve universalmente garantire l’accesso alla tutela giurisdizionale dei diritti (art.6 CEDU) e, dall’altra, deve tenere conto del principio costituzionale della ragionevole durata del processo e della conseguente necessità di strumenti dissuasivi rispetto ad azioni meramente dilatorie, defatigatorie o pretestuose. Tale condotta, integrando gli estremi dell”abuso del processo’, si presta, dunque, nella fattispecie, ad essere sanzionata con la condanna della parte ricorrente soccombente al pagamento, in favore della controparte resistente vittoriosa, di una somma equitativamente determinata, ai sensi dell’art.96, terzo comma, cod. proc. civ. (Cass. 04/08/2021, n. 22208; Cass. 21/09/2022, n. 27568; Cass. 05/12/2022, n. 35593).
9. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto (Cass., Sez. Un., 20/02/2020 n. 4315).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, che si liquidano in complessivi Euro 10.800,00, oltre agli esborsi liquidati in Euro 200,00, spese generali ed accessori.
Condanna la società ricorrente a pagare alla controricorrente, ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., la somma equitativamente
determinata di Euro 5.400,00, oltre interessi legali dalla pubblicazione della presente ordinanza al saldo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile in data