Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22125 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22125 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/08/2024
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7757/2018 R.G. proposto da:
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA SPA, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso il DECRETO del TRIBUNALE di PORDENONE n. 879/2018 depositato il 29/01/2018;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
-Dagli atti di causa emerge che Banca Monte dei Paschi di Siena RAGIONE_SOCIALE.p.a. (di seguito RAGIONE_SOCIALE), con domanda del 24/07/2017 presentata nell’ambito del la verifica delle domande tardive di ammissione al passivo del RAGIONE_SOCIALE, chiese di poter partecipare -sino a concorrenza del proprio credito ipotecario di € 116.741,28 -alla distribuzione della somma ricavata in sede fallimentare dalla vendita di immobili che la propria debitrice RAGIONE_SOCIALE (dichiarata fallita nel 2010) aveva ceduto in data 31/12/2009 a RAGIONE_SOCIALE (dichiarata fallita nel 2014) e sui quali il 10/09/2009 era stata iscritta ipoteca giudiziale in forza di decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo emesso in favore di Banca Antonveneta s.p.a. (poi fusa per incorporazione in MPS) nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e dei fideiussori.
1.1. -Dopo l’interruzione per il fallimento di RAGIONE_SOCIALE, il giudizio di opposizione al predetto decreto ingiuntivo venne riassunto dai soli fideiussori, che il Tribunale di Pordenone, con sentenza del 12/08/2014, condannò a pagare a MPS la somma di € 76.738,87, dichiarando estinto il giudizio nei confronti della fallita RAGIONE_SOCIALE; solo in data 20/06/2017 il predetto decreto ingiuntivo venne dichiarato definitivamente esecutivo ex art. 654 c.p.c.
1.2. -Il giudice delegato al fallimento RAGIONE_SOCIALE, pur ritenendo rituale la domanda di partecipazione alla distribuzione del ricavato dalla vendita dell’immobile ipotecato, la respinse per l’insussistenza di un diritto di ipoteca opponibile al fallimento, trattandosi di ipoteca giudiziale fondata su decreto ingiuntivo reso definitivamente esecutivo in epoca successiva al fallimento sia della alienante c he del terzo acquirente dell’immobile ipotecato .
1.3. -MPS propose opposizione ex art. 98 l.fall. e la curatela opposta eccepì che il diritto reale di garanzia, di natura giudiziale, seguiva le sorti del titolo, divenuto definitivamente esecutivo e quindi opponibile alla massa solo anni dopo il fallimento, e che giustamente il curatore del RAGIONE_SOCIALE Mo.RAGIONE_SOCIALEca. non aveva riassunto il giudizio, dal momento che il decreto ingiuntivo non era passato in giudicato e la banca doveva far valere il credito secondo il rito dell’accertamento del passivo ex art. 52 l.f all.
1.4. -Con il decreto indicato in epigrafe il tribunale ha rigetta to l’opposizione di MPS, affermando: i) che il titolare di ipoteca non si può avvalere del procedimento di verifica del passivo, «in quanto il terzo non è creditore diretto del fallito e l’accertamento dei suoi diritti non può essere sottoposto alle regole del concorso, senza che sia instaurato il contraddittorio con la parte che si assume essere sua debitrice», ma deve far valere il suo diritto «secondo le modalità di cui agli artt. 602-604 c.p.c. in tema di espropriazione contro il terzo proprietario»; ii) che «la partecipazione alla distribuzione del ricavato con le modalità di cui agli artt. 602 e ss. c.p.c. è altresì preclusa dalla circostanza che l’ipoteca giudiziale (…) non è opponibile al fallimento » in quanto il decreto ingiuntivo in base al quale è stata iscritta «è divenuto definitivamente esecutivo successivamente al fallimento» sia di RAGIONE_SOCIALE che di Mo.RAGIONE_SOCIALEca.
-Avverso detta decisione MPS propone ricorso per cassazione in due mezzi. Il RAGIONE_SOCIALE intimato non svolge difese.
CONSIDERATO CHE
2.1. -Con il primo motivo, rubricato violazione o falsa applicazione degli artt. 107 e 108 l.fall. nonché 602 e 604 c.p.c., si censura la prima ratio decidendi , con la quale il tribunale sembrerebbe aver rigettato la domanda per l’erroneità del mezzo prescelto (insinuazione al passivo fallimentare), quando MPS aveva in realtà proposto una domanda di partecipazione al riparto della somma ricavata dalla vendita.
2.2. -Il secondo mezzo denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 45 l.fall. con riguardo alla seconda ratio decidendi , sul duplice rilievo: per un verso, che il decreto ingiuntivo costituente titolo dell’ipoteca giudiziale era divenuto definitivo nei confronti della debitrice principale, con accertamento incontrovertibile, nel 2014, a seguito dell’estinzione del giudizio di opposizione per mancata riassunzione del giudizio di opposizione da parte del curatore del fallimento RAGIONE_SOCIALE; per altro verso, che la domanda proposta non richiedeva un vaglio del titolo sotto il profilo della sua opponibilità al fallimento del terzo acquirente dell’immobile ipotecato.
-Il primo motivo è inammissibile, perché non coglie l’effettiva ratio decidendi complessiva del decreto impugnato, mentre il secondo è fondato e va accolto.
-Invero, sebbene in modo non del tutto perspicuo, il tribunale non ha propriamente dichiarato inammissibile la domanda di MPS perché presentata in sede di verifica (prima ratio decidendi apparente, anche perché sulla qualificazione della domanda e sulla sua ammissibilità in sede di verifica si era formato il giudicato interno), ma l’ha esaminata nel merito (seconda ratio decidendi effettiva, a mbiguamente preceduta dall’avverbio ‘altresì’ , ma che in caso opposto avrebbe dovuto ritenersi tamquam non esset ), pur dopo aver richiamato e condiviso l’orientamento di legittimità in base al quale «i titolari di diritti d’ipoteca sui beni immobili compresi nel fallimento e già costituiti in garanzia per crediti vantati verso debitori diversi dal fallito, non possono – anche dopo la novella dell’art. 52, comma 2, l.fall., introdotta dal d.lgs. n. 5 del 2006 – avvalersi del procedimento di verificazione dello stato passivo, di cui al capo V della l.fall., in quanto non sono creditori diretti del fallito e l’accertamento dei loro diritti non può essere sottoposto alle regole del concorso, senza che sia instaurato il contraddittorio con la parte che si assume loro debitrice, dovendosi, invece, avvalere, per la realizzazione delle loro pretese in sede esecutiva, delle modalità di cui agli artt. 602-604 c.p.c. in tema di espropriazione contro il terzo proprietario» (Cass. 2540/2016; conf. Cass. 18790/2019).
4.1. -Orientamento che, dopo alcune oscillazioni (cfr. Cass. 2657/2019), è stato di recente avallato e confermato dalle Sezioni Unite (Cass. Sez. U, 8557/2023), le quali, tr a l’altro : i) hanno ribadito che «i creditori titolari di un diritto di ipoteca o di pegno sui beni compresi nel fallimento costituiti in garanzia per crediti vantati verso debitori diversi dal fallito non possono, anche dopo le modifiche introdotte dal d.lgs. n. 5 del 2006 e dal d.lgs. n. 169 del 2007, avvalersi del procedimento di verificazione dello stato passivo di cui al titolo II, capo V della legge fallimentare, in quanto non sono creditori del fallito, né soggetti che agiscono per la restituzione o la rivendica dei beni acquisiti al fallimento; detti
creditori possono invece intervenire nel procedimento fallimentare in vista della ripartizione dell’attivo, per richiedere di partecipare alla distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione dei beni compresi nella procedura che sono stati ipotecati o pignorati in loro favore»; ii) hanno precisato che, «in caso di fallimento del terzo datore di ipoteca o pegno, l’accertamento delle somme effettivamente spettanti al creditore garantito in sede distributiva non richiede la partecipazione al giudizio del debitore, la cui obbligazione è garantita da ipoteca o da pegno ricompresi nell’attivo del fallimento, in quanto tale accertamento ha un valore endoconcorsuale e, come tale, non è opponibile al detto debitore, rimasto estraneo al procedimento fallimentare».
-La fondatezza del secondo motivo discende invece dal fatto che il decreto ingiuntivo risulta divenuto definitivo nei confronti della debitrice principale RAGIONE_SOCIALE (non anche del suo fallimento) nel 2014, con la sentenza del Tribunale di Pordenone che ha dichiarato estinto il giudizio di opposizione, dunque prima della dichiarazione di fallimento di RAGIONE_SOCIALE, cui perciò doveva ritenersi opponibile.
5.1. -E ciò in forza del principio di diritto affermato da questa Corte con ordinanza n. 9933 del 2018, in base al quale «il decreto ingiuntivo che sia stato opposto dal debitore poi fallito è opponibile alla massa fallimentare, a condizione che sia stata pronunciata sentenza di rigetto dell’opposizione, ovvero ordinanza di estinzione, divenute non più impugnabili – per decorso del relativo termine – prima della dichiarazione di fallimento, restando irrilevante che con i detti provvedimenti sia stata dichiarata l’esecutorietà del decreto monitorio, ex art. 653 c.p.c., ovvero che sia stato pronunciato, prima dell’apertura del concorso tra i creditori, il decreto di esecutività di cui all’art. 654 c.p.c.».
A tal fine si è ricordato l’orientamento per cui, in assenza di opposizione, il decreto ingiuntivo acquista efficacia di giudicato formale e sostanziale solo nel momento in cui il giudice, dopo averne controllato la notificazione, lo dichiari esecutivo ai sensi dell’art. 647 c.p.c. (attraverso una vera e propria attività giurisdizionale di verifica del contraddittorio, diversa da quella
rimessa al cancelliere ex art. 124 o art. 153 disp.att. c.p.c., che si pone come ultimo atto del giudice all’interno del processo d’ingiunzione e a cui non può surrogarsi il giudice delegato in sede di accertamento del passivo), con la conseguenza che il decreto ingiuntivo non munito, prima della dichiarazione di fallimento, del decreto di esecutorietà non è passato in cosa giudicata formale e sostanziale e non è opponibile al fallimento, neppure nell’ipotesi in cui il decreto ex art. 647 c.p.c. venga emesso successivamente, tenuto conto del fatto che, intervenuto il fallimento, ogni credito, deve essere accertato nel concorso dei creditori ai sensi dell’art. 52 l.fall. ( ex multis , Cass. 23775/2017, 2112/2014).
Diversamente, quando sia stata proposta opposizione al decreto ingiuntivo, dal combinato disposto dell’art. 653 c.p.c. (a norma della quale l’estinzione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo produce o un effetto conservativo dell’efficacia esecutiva già concessa al decreto stesso, o un effetto acquisitivo di tale efficacia ad un decreto che non era già munito) e dell’art. 308 c.p.c. (a norma del quale – ma solo per i giudizi oggi riservati alla cognizione del collegio -contro l’ordinanza dichiarativa dell’estinzione del giudizio, comunicata alle parti a cura del cancelliere, è ammesso reclamo), si ricava che la dichiarazione di estinzione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo produce l’effetto di conferire efficacia esecutiva al decreto ingiuntivo opposto dopo che sono scaduti i termini per proporre reclamo (ovvero, nelle cause oggi riservate alla cognizione del giudice monocratico, per proporre appello) avverso il provvedimento che ha dichiarato l’estinzione (Cass. 3387/2001, 10800/1996).
Facendo applicazione dei detti principi, si è dunque affermato che il decreto ingiuntivo, in caso di opposizione, acquista efficacia di giudicato sostanziale, idoneo a costituire titolo inoppugnabile per l’ammissione al passivo, purché il relativo giudizio si sia estinto e, al momento della sentenza di fallimento, sia già decorso il termine di dieci giorni per proporre reclamo avverso l’ordinanza di estinzione (Cass. 3987/2016).
Difatti, le ragioni tese ad escludere che, prima dell’adozione del decreto ex art. 647 c.p.c., possa determinarsi il passaggio in
giudicato del decreto ingiuntivo – e la conseguente sua opponibilità alla massa fallimentare – non sono state ritenute all’evidenza utilizzabili anche per il decreto ex art. 654 c.p.c., che deve essere emesso dal giudice del monitorio soltanto ove l’esecutorietà non sia stata dichiarata con la sentenza provvisoriamente esecutiva di rigetto dell ‘ opposizione, ovvero con l’ordinanza che dichiara estinto il giudizio, ai sensi dell’art. 653 c.p.c., avendo in sostanza un carattere meramente dichiarativo, in relazione alla funzione da esso svolta di mera formazione del titolo esecutivo (Cass. 26676/2007).
E ciò perché lo stesso tenore letterale dell’art. 654 c.p.c., che prevede l’adozione del suddetto decreto di esecutività in forma del tutto eventuale, soltanto quando non sia stata in precedenza dichiarata l’esecutorietà del decreto monitorio con la sentenza di rigetto dell’opposizione, ovvero con l’ordinanza di estinzione del relativo giudizio (restando escluso anche quando il provvedimento sia già provvisoriamente esecutivo, ex art. 642 c.p.c. oppure ex art. 648 c.p.c.), non autorizza a ritenere che – come il decreto ex art. 647 c.p.c. – il visto del giudice costituisca requisito indefettibile per la formazione della cosa giudicata formale e sostanziale.
Inoltre – si è detto – il fatto che il decreto ex art. 654 c.p.c., per un verso, possa intervenire anche soltanto a seguito della sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva -e quindi ancora suscettibile di essere integralmente riformata – e, per altro verso, non costituisca presupposto indefettibile (a differenza del decreto ex art. 647 c.p.c.) per agire in revocazione ai sensi dell’art. 656 c.p.c., consente di ritenere tranquillamente che il concetto di cosa giudicata sia estraneo al ridetto provvedimento del giudice.
5.1. -Sulla stessa lunghezza d’onda, con la successiva sentenza n. 5657 del 2019 questa Corte ha precisato che «nell’opposizione allo stato passivo, il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo ex art. 642 c.p.c. che sia stato opposto con giudizio cancellato dal ruolo per inattività delle parti e non riassunto, non è opponibile alla massa fallimentare, laddove il giudizio di opposizione sia iniziato prima dell’entrata in vigore, il 25 giugno 2008, ex art. 50 del d.l. n. 118 del 2008, convertito nella l. n. 133 del 2008, del nuovo testo dell’art. 181, primo comma c.p.c.
alla luce del quale l’estinzione del giudizio in caso di inattività delle parti può essere pronunciata d’ufficio» (con la conseguenza che, in difetto di una esplicita pronuncia di estinzione divenuta inoppugnabile, richiesta secondo la formulazione della norma applicabile ratione temporis , il decreto ingiuntivo non munito, prima della dichiarazione di fallimento, del decreto di esecutorietà ex art. 647 c.p.c. non può considerarsi passato in cosa giudicata formale e sostanziale e pertanto non è opponibile al fallimento).
-Segue dunque la cassazione del decreto impugnato, in accoglimento del secondo motivo, con rinvio della causa al Tribunale di Pordenone, in diversa composizione, per nuovo esame alla luce dei principi sopra richiamati, oltre che per la statuizione sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia al Tribunale di Pordenone, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 30/05/2024.