Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 3692 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 3692 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 13/02/2025
Oggetto:
Factoring – Cessione del
credito
–
Opponibilità della cessione al
creditore ceduto.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25428/2022 R.G. proposto da
DEUTSCHE RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME. NOME COGNOME ed NOME COGNOME come da procura allegata al ricorso, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di questi ultimi in Roma, INDIRIZZO (pec: EMAIL);
-ricorrente –
contro
AZIENDA SANITARIA LOCALE 02 Lanciano-Vasto-Chieti, in persona legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dell’Avv. NOME COGNOME
C.C. 8.01.2025
r.g.n. 25428/2022
Pres. L. COGNOME
Est. I. COGNOME giusta procura speciale in calce al controricorso, con domicilio eletto in Roma, in ROMA , INDIRIZZO nello studio dell’Avv. NOME COGNOME (pec: EMAIL;
-controricorrente, ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della CORTE di APPELLO di L’AQUILA n. 1111/2022 pubblicata il 20 luglio 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’8 gennaio 2025 dalla Consigliera, dr.ssa NOME COGNOME
Fatti di causa
RAGIONE_SOCIALE (cui Deutsche RAGIONE_SOCIALE aveva ceduto il preteso credito) aveva ottenuto dal Tribunale di Roma il decreto ingiuntivo n. 20504/10, con cui aveva ingiunto all’Azienda Sanitaria 02 Lanciano-Vasto-Chieti della Regione Abruzzo, il pagamento, a titolo di soli interessi di mora quantificati ex d.l gs. 231/2002, della somma di € 1.429.415,38 su crediti vantati dalle case di cura ‘RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. ( tutte facenti parte del c.d. ‘RAGIONE_SOCIALE‘ o ‘RAGIONE_SOCIALE‘ che erogavano prestazioni sanitarie in regime di accreditamento provvisorio con la Regione Abruzzo verso la Asl), pagati tardivamente dalla stessa Azienda Sanitaria.
L ‘ Azienda Sanitaria 02 Lanciano-Vasto-Chieti aveva proposto opposizione avverso il detto decreto ingiuntivo dinanzi al Tribunale di Roma, che con sentenza n. 549/2013, dopo aver revocato il decreto ingiuntivo, si dichiarava incompetente in favore del Tribunale di Chieti.
1.1. La domanda veniva quindi riproposta da RAGIONE_SOCIALE con giudizio ordinario dinanzi al Tribunale di Chieti; Deutsche Bank interveniva quale successore a titolo particolare di RAGIONE_SOCIALE avendo da questa riacquisito il credito oggetto di lite (a seguito della risoluzione della precedente cessione intervenuta tra le stesse parti, sottoposta a condizione risolutiva).
Interveniva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione assumendo che anche la RAGIONE_SOCIALE si era sciolta a seguito di
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RAGIONE_SOCIALE liquidazione ed era stata cancellata dal Registro delle Imprese con effetto dal 19 giugno 2013, e che essa RAGIONE_SOCIALE in liquidazione essendo unico socio della società estinta, era ‘subentrata nella titolarità di tutti i rapporti attivi e passivi di HCR ancora pendenti’.
Con sentenza n. 415/2015, il Tribunale di Chieti rigettò la domanda proposta dalla Deutsche Bank (intervenuta per aver riacquisito il credito a seguito di risoluzione della seconda cessione) e condannò la stessa alla rifusione delle spese di lite sostenute dalla Azienda Sanitaria.
Per quanto ancora di rilievo, la sentenza del Tribunale chietino ritenne: – che la comparsa di riassunzione di HCR dovesse essere riqualificata come atto di citazione, per essere già stato revocato il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale capitolino e chiuso il medesimo rapporto processuale; -che era infondata l’eccezione di ca renza di legittimazione passiva sollevata dalla Azienda sanitaria; -che la domanda attorea non poteva trovare accoglimento per essere le cessioni inopponibili alla Azienda sanitaria in applicazione degli artt. 69 e 70 R.D. 2440/23 (che a sua volta richiama l’art.9 All. E della L.2248/1865), non essendo provato che l’amministrazione debitrice avesse aderito alle cessioni; – che era irrilevante la circostanza secondo cui i rapporti, fondanti la richiesta di pagamento, fossero definiti, dovendo aversi riguardo al momento della stipula delle cessioni dei crediti, concluse quando i rapporti erano ancora in corso.
2. Deutsche Bank propose appello avverso la sentenza di prime cure, che venne rigettato dalla Corte d’appello di L’Aquila con la sentenza qui impugnata, essa pure ritenendo, conformemente a quanto già fatto dal Tribunale di Chieti, che dalla mancata espressa accettazione da parte della Azienda Sanitaria non potesse che derivare l’inopponibilità delle cessioni nei confronti della stessa . Pur rigettando l’appello di Deutsche Bank, la Corte ritenne però di disattendere l’argomento difensivo dell’Azienda appellata , secondo cui dalla natura querable delle obbligazioni discendeva la necessità di espressa costituzione in mora affinché si producessero interessi moratori.
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Est. I. COGNOME
Avverso la sentenza della Corte di appello di L’Aquila, Deutsche Bank ha proposto ricorso per cassazione articolato in cinque motivi. Ha resistito con controricorso l’Azienda Sanitaria 02 Lanciano -Vasto-Chieti, a sua volta, proponendo ricorso incidentale condizionato sorretto da un unico motivo, cui ha resistito Deutsche Bank con atto di controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1. c.p.c.
La parte ricorrente e quella controricorrente ricorrente incidentale hanno depositato rispettive e distinte memorie.
Ragioni della decisione
La ricorrente Deutsche Bank lamenta con il primo motivo di ricorso la ‘ Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2909 c.c. ‘ nella parte in cui ha escluso che l’avvenuta accettazione delle cessioni di crediti disposte sulla base dei Contratti di cessione 1260, su cui sono maturati gli interessi moratori azionati in giudizio, fosse stata accertata con sentenza del Tribunale di Chieti n. 219 del 15/03/2012, resa tra le medesime parti (nel parallelo giudizio r. g. n.805/2009) e passata in giudicato.
Con il secondo motivo di ricorso, denuncia la ‘ nullità della Sentenza di secondo grado in forza dell’articolo 360, comma 1, n. 4 c.p.c. per violazione dell’articolo 132 c.p.c.’ , nella parte in cui senza motivazione alcuna o con motivazione apparente ha escluso che la circostanza dell’avvenuta chiamata in causa di Deutsche Bank da parte della Azienda Sanitaria Lanciano-Vasto-Chieti 02 nel giudizio n. r g. 805/2009 costituisse valida accettazione delle cessioni di crediti disposte sulla base dei Contratti di Cessione 1260 e su cui sono maturati gli interessi moratori azionati in giudizio, in linea con quanto disposto dall’art. 70 del R.D. 2440/1923.
Con il terzo motivo, denuncia, in via alternativa rispetto al secondo motivo, ‘ l’illegittimità della sentenza di secondo g rado in forza dell’articolo 360, comma 1, n. 3 c.p.c. per violazione dell’articolo 70 del R.D. 2440/1923 ‘ nella misura in cui essa ha statuito che la chiamata in causa di DB, da parte della ASL nel Giudizio 805/2009 non costituisca accettazione
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delle cessioni di crediti di cui ai Contratti di Cessione 1260, nelle forme previste dagli articoli 69 e 70 del R.D. 2440/1923.
Con il quarto motivo, denuncia ‘ l’illegittimità della sentenza di secondo grado in forza dell’articolo 360, comma 1, n. 3 c.p.c. per violazione dell’articolo 1362 del codice civile ‘ nella parte in cui ha statuito che le parti avessero convenzionalmente concordato che le cessioni di crediti disposte sulla base dei Contratti di Cessione 1260 richiedessero l’approvazione della ASL per poter essere opponibili nei confronti di quest’ulti ma.
Con il quinto motivo, Deutsche Bank denuncia, infine, ‘l’illegittimità della sentenza di secondo grado in forza dell’articolo 360, comma 1, n. 3 c.p.c. per violazione dell’articolo 70 del R.D. 2440/1923’ nella parte in cui ha statuito che in forza di tale disposizione normativa, l’accettazione del debitore ceduto risulti necessaria ai fini dell’efficacia nei suoi confronti della cessione, anche se essa riguardi crediti insorti su prestazioni già interamente eseguite o se l’inefficacia , derivante dalla mancata accettazione, perduri anche successivamente all’effettiva cessazione dei rapporti contrattuali sottostanti.
Con l’unico motivo di ricorso incidentale condizionato, l’Azienda Sanitaria controricorrente denuncia la ‘ Violazione a falsa applicazione, in riferimento all’art. 360, 1° comma, n. 3 c.p.c., dell’art. 1219 cod. civ. posto in relazione con la natura querable delle obbligazioni delle Aziende Sanitarie Locali quale consegue dall’applicazione ad esse, a mente dell’art. 5, comma 1, decreto legge 25/11/1989 n. 382 convertito nella Legge 25/01/1990 n. 8, delle norme sulla contabilità di Stato – Violazione e fal sa applicazione dell’art. 2909 cod. civ., in riferimento all’art. 360, 1° comma, n. 3 c.p.c. – Violazione del principio di specialità (‘ lex specialis derogat generali ‘)’.
I cinque motivi del ricorso principale, che possono essere congiuntamente esaminati per ragioni di evidente connessione logico giuridica, sono inammissibili sia con riferimento alla pretese violazioni di legge anche in relazione alla dedotta violazione della disciplina del giudicato sia con riferimento alla asserita nullità e illegittimità della sentenza impugnata.
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Giova rammentare, in proposito, che la Corte d’appello con la sentenza appellata ha ritenuto di «valore dirimente» la circostanza che le cessioni dei crediti -sulle quali la Banca, allora appellante, odierna ricorrente, ribadisce e fonda la pretesa di pagamento a titolo di interessi moratori – non fossero state accettate dall ‘allora appellat a Azienda Sanitaria, odierna controricorrente, concludendo che, pertanto, le stesse cessioni non le fossero opponibili (foglio 4, non numerato, della sentenza impugnata).
La Corte di merito, lungi dall’eludere il giudicato formatosi tra le parti, ha evidenziato che con la sentenza n. 219/2012 del Tribunale di Chieti (resa nel precedente giudizio svoltosi tra le parti in merito alla sorte capitale dovuta) era stato chiarito che «alcune delle cessioni tra la RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (quelle denominate contratti di cessione 786 del 28.9.2006 e del 26.10.2006) erano state espressamente accettate (il che giustificava la volontà della ASL di estendere a quest’ultima le sorti di tale giudizio), dando conto invece che alcuna adesione espressa era stata data dall’amministrazione alle cessioni dei crediti denominati dall’interventri ce DB AG come contratti di cessione 1260 (cioè quelli stipulati il 15.12.2006, il 12.2.2007 ed il 1°.6.2007, da cui secondo la prospettazione dell’appellante è sorto il credito per interessi moratori azionato con il presente giudizio)» (foglio 8 della sentenza impugnata, non numerato).
La Corte abruzzese ha inoltre affermato che neppure dalla sentenza definitiva resa in quello stesso giudizio allegata dall’appellante in quanto «fondata su ragioni che, per quanto di non immediata percepibilità, facendosi ivi riferimento a documenti attestanti accordi e verbali di udienza (il riconoscimento operato dalla ASL nell’accordo concluso con l’istituto di credito il 17/09/2009 con l’indicazione dei numeri di fattura, nonché l’identificazione definitiva dei crediti 1260 di cui al verbale di udienza del 17.02.2015) e ad accertamenti compiuti dal CTU in quel giudizio, che non vengono riprodotti in questo» sicuramente non si era pronunciata espressamente sulla opponibilità della cessione alla ASL per sua accettazione (foglio 8 della sentenza impugnata, non numerato).
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Quanto invece alla affermata ricorrenza di un’accettazione tacita dipendente dalla incontestata circostanza che la ASL avrebbe pagato la sorte capitale ad essa Deutsche Bank e non alle case di cura, la Corte d’appello ha considerato che sin dagli atti introduttivi del giudizio la ASL aveva contestato di aver mai prestato acquiescenza all’intervenuta cessione, specificando che dagli stessi documenti prodotti dalla DB emergeva che i pagamenti alla stessa effettuati erano avvenuti, proprio in difetto di accettazione, nella sua veste di mandataria all’incasso (ib., foglio 8 della sentenza impugnata, non numerato).
Nel caso di specie, la Corte territoriale ha affermato che la volontà delle parti di estendere l’applicazione della suddetta normativa ai rapporti intercorrenti tra debitore ceduto e creditore cedente trovava diretta fonte nelle pattuizioni intercorse tra le strutture accreditate e la Regione Abruzzo per le prestazioni di assistenza fornite dalle prime ed in particolare negli artt. 13 dei relativi contratti (doc.da 5 a 11 prodotti dalla ASL)» e che «di tanto, a mera riprova, ha avuto contezza la stessa cessionaria che ha espressamente accettato nelle cessioni stipulate con le strutture private (art.4 punto 2 lettera a dei relativi contratti prodotti dall’appellante) che esse sarebbero state opponibili alla ASL ai sensi e per gli effetti sia dell’art. 1264 c. c. sia degli artt. 69 e 70 R.D. 2440/23».
La Corte di merito ha infine concluso nel ritenere «pacifico» il fatto che le cessioni tra le strutture private e la Deutsche Bank fossero intervenute quando i rapporti relativi alle prestazioni erogate non erano ancora definiti, essendo i contratti tutt’ora in corso, con la conseguenza che le stesse, al momento della loro stipula e notifica, non erano opponibili nei confronti del debitore ceduto, ove non accettate (foglio 11 della sentenza impugnata, non numerato).
Tanto richiamato, le censure proposte, per un verso, nonostante la formale intestazione, attengono a profili di fatto e tendono a suscitare dalla Corte di cassazione un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dalla Corte d ‘ appello, omettendo di considerare che tanto l’accertamento dei fatti, quanto l’apprezzamento – ad esso funzionale -della
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volontà contrattuale e delle risultanze istruttorie, è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 04/07/2017 n. 16467; Cass.23/05/2014 n. 11511; Cass. 13/06/2014 n. 13485; Cass. 15/07/2009 n. 16499); per l’altro verso, le censure di nullità /illegittimità della sentenza anch’ess e si rivelano inammissibili poiché risulta evidente dalla stessa prospettazione dell’odierna parte ricorrente che con i mezzi in esame tende a formulare una tipica censura diretta a denunciare un vizio di motivazione, per un verso, non più denunciabile secondo il vigente dettato dell’art. 360 comma 1 n. 5 (insufficienza) e per l’altro, insussistente (nullità/’illegittimità’ della sentenza) atteso che la motivazione resa dal giudice d’appello, lungi dall’essere apparente ripercorre, condivide e arricchisce l’ iter decisorio del giudice di prime cure, senza incorrere nel lamentato vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c..
Sotto altro profilo le censure non colgono neppure la ratio decidendi e non impugnano adeguatamente quanto deciso dalla Corte d’appello la quale, come sopra evidenziato, ha attribuito rilievo al fatto che la fonte la quale condizionava l’opponibilità della cessione dei crediti all’accettazione della Azienda Sanitaria era prevista dal l’art. 13 dei relativi contratti.
8. Il ricorso principale va dichiarato inammissibile; il ricorso incidentale, in quanto condizionato, rimane assorbito.
Le spese vengono liquidate secondo il principio della soccombenza come da dispositivo e poste a carico della parte ricorrente in favore di quella controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della Banca ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
C.C. 8.01.2025
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La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale condizionato.
Condanna la Banca ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della Azienda Sanitaria, controricorrente, che si liquidano in complessivi Euro 20.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della Banca ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile 8 gennaio