Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25500 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25500 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 17/09/2025
Oggetto: Cessione del credito -Opponibilità della cessione al creditore ceduto.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29658/2022 R.G. proposto da
ISTITUTO NAZIONALE RAGIONE_SOCIALE (INPS), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME come da procura allegata al ricorso ed elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO e come da domicilio digitale;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE incorporante per fusione RAGIONE_SOCIALEconferitaria del ramo di azienda ex RAGIONE_SOCIALE da Intesa San Paolo
C.C. 17.06.2025
r.g.n. 29658/2022
Pres. G.COGNOME
Est. I. COGNOME
RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE, in persona legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al controricorso, ed elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO e come da domicilio digitale;
-controricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in proprio e n.q. di mandataria di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) ;
-intimata – avverso la sentenza della CORTE di APPELLO di ROMA n. 7075/2022 pubblicata l’ 8 novembre 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 giugno 2025 dalla Consigliera, dr.ssa NOME COGNOME
Fatti di causa
RAGIONE_SOCIALE ottenuto dal Tribunale di Roma il decreto monitorio n. 13769/2012, aveva ingiunto ad INPS il pagamento della somma complessiva di € 3.069.505,69 per fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e cedute a RAGIONE_SOCIALE
L’INPS aveva proposto opposizione avverso il detto decreto ingiuntivo dinanzi allo stesso Tribunale, tra l’altro, lamentando di non aver accettato la cessione a norma de ll’art. 70 del R.D. n. 2440 /1923. RAGIONE_SOCIALE si era costituiva contestando l’opposizione; erano intervenute in giudizio le due società originarie creditrici mediante la mandataria RAGIONE_SOCIALE
Con sentenza n. 911/2015, il Tribunale di Roma, in accoglimento della opposizione, revocava il decreto ingiuntivo e condannava la opponente INPS al pagamento in favore della Mediofatoring della minor somma di Euro € 2.235,91 oltre interessi dal 5.07.2010 al saldo al tasso ufficiale di sconto aumentato di due punti, nonchè della somma di € 155.076,50, oltre interessi al tasso legale dal 15.07.2010 al saldo; Disponeva l’integrale compensazione
C.C. 17.06.2025
r.g.n. 29658/2022
Pres. G.COGNOME
Est. I. Ambrosi delle spese di lite tra le parti e poneva a carico di tutte le parti, in solido, le spese di C.T.U..
Mediocredito Italiano (conferitaria del ramo di azienda ex RAGIONE_SOCIALE da Intesa San Paolo s.p.a. già RAGIONE_SOCIALE.p.a.), proponeva appello avverso la sentenza di prime cure, che veniva accolto dalla Corte d’appello di Roma con la sentenza qui impugnata che, in riforma integrale della sentenza del Tribunale, ha respinto l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo che ha confermato , con condanna dell’appellat o INPS alla refusione delle spese del doppio grado di giudizio.
Avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, INPS ha proposto ricorso per cassazione articolato in un unico motivo. Ha resistito con controricorso Intesa San Paolo s.p.a., incorporante per fusione Mediocredito Italiano (conferitaria del ramo di azienda ex Mediofactoring s.p.a. da Intesa San Paolo s.p.a. già Mediofactoring s.p.a.); sebbene intimata RAGIONE_SOCIALE, in proprio e n.q. di mandataria di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE, non ha ritenuto di svolgere difese nel presente giudizio di legittimità.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1. c.p.c..
La parte controricorrente ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
L’istituto ricorrente lamenta con il primo motivo di ricorso la ‘ Violazione e falsa applicazione ex art. 360, n. 3, c.p.c. del R.D. L. 20 marzo 1865 n.2248, art.9, all. E, e artt. 351 e 355, all. F, come da rinvio ex L. n. 2440 del 1923, art. 70, comma 3. Violazione e falsa applicazione ex art. 360, n. 3, c.p.c., degli artt. 25 e 117 del d.lgs. n. 163/2006. ‘ ; in particolare, assume che con l’atto di ap pello INPS aveva contestato l’applicabilità alla fattispecie in esame della l. 20 marzo 1865 n.2248, art.9, all. E, e artt. 351 e 355, all. F, come da rinvio ex r.d. n. 2440 del 1923, art. 70, comma 3, c ome da specifica eccezione dell’Istituto accolta in prime cure, sostenendo l’applicabilità dell’art.117 del d.lgs. 163/2006 c.d. Codice dei contratti pubblici e osservando, altresì, che in ipotesi di cessione del credito in
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Pres. G.COGNOME
Est. I. Ambrosi materia di pubblici appalti e forniture, la legge di Contabilità di Stato (R.D. 18 novembre 1923 n. 2440), art. 69, dispone che “le cessioni…relative a somme dovute dallo Stato…devono essere notificate all’Amministrazione Centrale” e richiamando inoltre, il dettato dell’art. 70 del citato Regio Decreto, che, al comma 3, rinvia, quanto alle somme dovute dallo Stato per somministrazioni, forniture ed appalti, alla L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 9, all. E, che, a sua volta, testualmente recita: “sul prezzo del contratto in corso non potrà avere effetto alcun sequestro, né convenirsi cessione se non vi aderisca l’Amministrazione medesima”.
Evidenzia che la Corte di appello ha invece affermato che «la causa petendi della domanda di Mediocredito risiede nella cessione dei crediti vantati dalle fornitrici di energia ed acqua agli immobili già appartenuti all’I.N.P.D.A.P. e poi all’INPS e non già nei contratti di fornitura, la cui conclusione ed esecuzione sono incontestate. Occorre quindi aver riguardo alla legge applicabile al tempo della cessione, che è pacifico risalga al 29.12.2006. La legge applicabile è pertanto l’art. 117 d.lgd. n. 163 del 2006 (c.d. codice degli appalti), qual era in vigore al 29.12.2006.» e aggiungendo ancora come « L’art. 117 citato prevede che le disposizioni della legge del 1991 n. 52 si applichino anche ai crediti verso le stazioni appaltanti derivanti da contratti di servizi e forniture di cui al presente codice e, soprattutto, che le cessioni dei crediti ‘posson o essere effettuate a banche o intermediari finanziari disciplinati dalle leggi in materia bancaria a creditizia, il cui oggetto sociale comprenda l’esercizio dell’attività di acquisto di crediti d’impresa’. L’art. 117 in esame non ha in alcun modo limitato l’applicabilità della disciplina della cessione dei crediti rivenienti da contratti di fornitura ( o dagli altri contratti ivi indicati) stipulati successivamente all’entrata in vigore del codice degli appalti, poiché ha soltanto previsto che la peculiare e nuova disciplina delle essioni si applicasse ai contratti disciplinati dal predetto codice, non escludendo però che otessero applicarsi anche ai pregressi contratti di fornitura, i cui crediti fossero ceduti nel vigore del codice degli appalti.» (pagg. 10 e 11 della sentenza impugnata).
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Est. I. COGNOME
A parere dell’Is tit uto ricorrente l’interpretazione data dalla Corte d’appello alle norme di riferimento della fattispecie sarebbe errata in quanto il d.lgs. n. 163/2006 recante ‘Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE’, all’art. 117, sotto la rubrica ‘Cessione dei crediti derivanti dal contratto’, dispone(va) , al comma 1, che ‘Le disposizioni di cui alla L. 21 febbraio 1991, n. 52, sono estese ai crediti verso le stazioni appaltanti derivanti da contratti di servizi, forniture e lavori di cui al presente codice, ivi compresi i concorsi di progettazione e gli incarichi di progettazione…’ e al comma 3 prevede(va) che ‘Le cessioni di crediti da corrispettivo di appalto, concessi one, concorso di progettazione, sono efficaci e opponibili alle stazioni appaltanti che sono amministrazioni pubbliche qualora queste non le rifiutino con comunicazione da notificarsi al cedente e al cessionario entro quindici giorni dalla notifica della c essione’. Il dato letterale della norma non pone quindi in dubbio che la predetta disciplina -poi trasfusa nel nuovo codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50/2016 -dell’efficacia e opponibilità , salvo rifiuto, da notificarsi al cedente e al cessionario entro 45 giorni dalla notifica della cessione (cd. meccanismo del silenzio assenso) sia limitata, per come emerge dal tenore testuale del citato comma 3, al solo corrispettivo di ‘appalto, concessione o concorso di progettazione’, rilevandosi co me peraltro il codice dei contratti non trovi applicazione per gli ‘appalti per la fornitura di energia…’ o di combustibili destinati alla produzione di energia (art. 25 del d.lgs. n. 163/2006). Pertanto, in questi settori c.d. esclusi deve ritenersi ancora applicabile la normativa di cui agli artt. 69 e 70 del R.D. 2440/1923. La fattispecie all’esame riguarda esclusivamente contratti di fornitura di energia ed idrica; quindi, settori espressamente ‘esclusi’ dall’applicazione del Codice degli appalti.
Pertanto, secondo l’Istituto ricorrente risulterebbe carente il presupposto primario dell ‘iter logico seguito in sentenza. Si è infatti voluto far riferimento al ‘momento’ rilevante per l’applicazione normativa, individuandolo non nell’alveo dell’efficacia del contratto (come corretto, in
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Est. I. Ambrosi base alla norma del 1923) ma erroneamente nel momento della cessione, si da poter affermare, ancora più erroneamente, l’applicabilità dell’art. 117 del Codice degli Appalti alla fattispecie (richiama sul punto, tra altri, un arresto di legittimità: Cass. Sez. 3, n. 268/2006).
2. In via pregiudiziale, la controricorrente Intesa San Paolo ha eccepito la nullità della notifica del ricorso introduttivo e la conseguente improcedibilità del ricorso in quanto eseguita ad un indirizzo Pec del difensore, diverso da quello risultante dal Registro Generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della Giustizia (cd. REGINDE).
L’eccezione si rivela fondata nei limiti ed in ragione delle seguenti considerazioni.
Invero, nella fattispecie in esame, la notifica del ricorso per cassazione è avvenuta non già all’indirizzo Pec inserito nel Reginde, ma ad altro indirizzo di posta elettronica certificata della Banca, sebbene in data 11 novembre 2022, la notifica della sentenza, effettuata ai fini della decorrenza del termine breve per l’impugnazione , provenisse proprio dall’indirizzo risultante da REGINDE (nella specie, EMAIL sicché INPS, ricorrendo alla normale diligenza, avrebbe dovuto agevolmente avvedersi dell’errore in cui stava incorrendo e correggerlo.
Pertanto la notifica effettuata ad un indirizzo Pec diverso da quello comunicato a INPS ed inserito nel Reginde deve ritenersi nulla, per come ha avuto modo di statuire questa Corte, secondo cui ‘In tema di notificazione a mezzo PEC, ai sensi del combinato disposto dell’art. 149 -bis c.p.c., e del d.l. n. 179 del 2012, art. 16 ter, introdotto dalla legge di conversione n. 221 del 2012, l’indirizzo del destinatario al quale va trasmessa la copia inf ormatica dell’atto è, per i soggetti i cui recapiti sono inseriti nel Registro generale degli indirizzi elettronici gestito dal Ministero della Giustizia (Reginde), unicamente quello risultante da tale registro. E’ stato , infine, chiarito sul punto che anche ove il destinatario della notifica fosse il difensore e non la parte personalmente, l’indirizzo cui notificare validamente, ad esclusione di ogni altro, è comunque sempre quello risultante dal Reginde ‘ (Cass. Sez. 6-1,
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11/05/2018 n. 11574; in senso conforme, Cass Sez. 6-3, 15/09/2021 n. 24948 e non massimate: Cass. Sez. 2, 28/02/2023 n.6025 e Cass. Sez. 1, 22/03/2024 n.7836).
Ne consegue, ai sensi dell’art. 160 c.p.c., la nullità della notifica eseguita presso un diverso indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario.
Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.
In disparte, va ad ogni modo osservato che l’ unico motivo di ricorso, ove esaminato nel merito, sarebbe comunque, inammissibile.
La Corte territoriale, infatti, correttamente identificando la causa petendi nelle cessioni di credito (e non nei contratti di fornitura), ha ritenuto che la disciplina applicabile non fosse quella indicata da controparte, bensì che fosse unicamente, come fin dall’inizio dedotto dalla Banca, odierna controricorrente, quella introdotta dal d.lgs. n.163/2006, vigente alla data delle dette cessioni (tutte del l’anno 2007); da ciò, come necessario corollario, la Corte territoriale ha fatto discendere la piena o pponibilità delle cessioni all’I stituto, dal momento che, conformemente al richiamato dettato normativo, esse risultano perfettamente conformi alle norme (sono state redatte per atto pubblico; sono state notificate a mezzo Ufficiale Giudiziario alla P.A. debitrice; da questa non sono state rifiutate nel termine di 45 giorni dalla loro ricezione con i mezzi e/o nelle forme assegnate dalla legge ).
Come pure rilevato dalla Corte territoriale nella sentenza oggetto di gravame, nonostante l’Istituto abbia prodotto una fotocopia dei due telegrammi con cui asseritamente avrebbe rifiutato le cessioni, tali dichiarazioni di rifiuto nelle forme in cui si sono manifestate sono del tutto inidonee a produrre gli effetti auspicati, e men che meno, quello del prescritto rifiuto (pag. 13 del provvedimento impugnato).
Le spese vengono liquidate secondo il principio della soccombenza come da dispositivo e poste a carico della parte ricorrente in favore di quella controricorrente. Non luogo a provvedere in merito alle spese della intimata che non ha ritenuto di svolgere difese nel presente giudizio di legittimità.
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Per questi motivi
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna l’Istituto ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della Banca controricorrente, che si liquidano in complessivi Euro 17.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15 per cento e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell’Istituto ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315)..
Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile 17 giugno 2025.
Il PRESIDENTE NOME COGNOME