Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20798 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20798 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/07/2024
Oggetto: Vendita.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32503/2020 R.G. proposto da
NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO presso il cui studio in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, sono elettivamente domiciliati.
-ricorrenti –
contro
FALLIMENTO n. 44002/86 RAGIONE_SOCIALE.
-intimato –
Avverso la sentenza n. 1947/2020, resa dalla Corte d’Appello di Roma, pubblicata il 10/4/2020 e non notificata; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23
maggio 2024 dalla dott.ssa NOME COGNOME;
Rilevato che:
Con sentenza n. 23556/2014, pubblicata il 26 novembre 2014, il Tribunale di Roma rigettò sia la domanda di acquisto della proprietà per usucapione proposta da COGNOME NOME e COGNOME NOME nei confronti del fallimento della RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE, in relazione ad un terreno sito in Roma, località Pratolungo INDIRIZZO Pantano, ora INDIRIZZO, (ritenendo che i predetti fossero già divenuti proprietari del bene per averlo acquistato dalla società in bonis con scrittura privata del 1 giugno 1979, registrata il 6 giugno 1979), sia la domanda riconvenzionale proposta dal fallimento per il rilascio dell’immobile, prendendo atto della rinuncia di quest’ultimo alla domanda risarcitoria.
Il giudizio di gravame, incardinato dal medesimo fallimento, si concluse, nella resistenza tardiva degli appellati, costituitisi il 27 ottobre 2015, con la sentenza n. 1947/2020, pubblicata il 10 Aprile 2020, con la quale la Corte d’Appello di Roma riformò parzialmente l’impugnata sentenza, condannando i NOME al rilascio del terreno, sul presupposto che la scrittura privata, ancorché qualificabile come compravendita immobiliare, non potesse essere opposta al fallimento in quanto non trascritta in data anteriore all’apertura della procedura concorsuale.
Contro la predetta sentenza, NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione sulla base di sei motivi, illustrati anche con memoria.
RAGIONE_SOCIALE è rimasto, invece, intimato.
Considerato che :
1.1 Con il primo motivo di ricorso, si denunzia la nullità del giudizio e della sentenza per violazione degli artt. 348bis e 342 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., per avere i giudici d’appello disatteso l’eccezione di improcedibilità e inammissibilità dell’appello, limitandosi a ritenere insussistenti i presupposti dell’art. 348 -bis cod. proc. civ. e a statuire sulla inammissibilità del primo motivo, ma non anche del secondo, ossia quello afferente alla qualificabilità della scrittura privata in
termini di preliminare di compravendita e alla sua non opponibilità al fallimento in quanto non trascritta. Ad avviso dei ricorrenti, non soltanto l’atto d’appello difettava di interesse, non avendo l’appellante riproposto la domanda di rilascio del bene, ma era anche palesemente infondato e generico, stante la mancata precisazione del titolo e delle ragioni giuridiche poste a fondamento della richiesta di rilascio.
1.2 Il primo motivo è infondato.
In disparte la contraddittorietà della censura nella parte in cui lamenta il difetto di interesse per mancata proposizione della domanda di rilascio e, contestualmente, la mancata indicazione del titolo posto a fondamento della domanda di rilascio, deve evidenziarsi come la doglianza si incentri su due aspetti, evidenziando per l’appunto, per un verso, il difetto di interesse all’impugnazione e, per altro verso, la mancata indicazione, da parte del fallimento, del titolo per il rilascio.
Quanto al primo punto, si evidenzia come, secondo quanto già affermato da questa Corte, l’interesse all’impugnazione, il quale costituisce manifestazione del generale principio dell’interesse ad agire – sancito, quanto alla proposizione della domanda e alla contraddizione alla stessa, dall’art. 100 cod. proc. civ. – vada apprezzato in relazione all’utilità concreta derivabile alla parte dall’eventuale accoglimento del gravame e non possa consistere in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi sulla decisione adottata (Cass., Sez. L., 23/5/2008, n. 13373; Cass., Sez. L., 10/11/2008, n. 26921), se non quando la pronuncia contenga una statuizione contraria all’interesse della parte medesima suscettibile di formare il giudicato (Cass., Sez. 2, 11/12/2020, n. 28307), oltre a imporre la prospettazione di quali lesioni siano, in concreto, derivate ai diritti e alle facoltà della parte dagli errori
motivazionali contenuti nel provvedimento impugnato (vedi in tema di interruzione del processo, Cass., Sez. 3, 9/3/2012, n. 3712).
Orbene, l’interesse all’impugnazione è ricavabile, nella specie, dalla formulazione del motivo, come correttamente riportato nella censura (in questi termini, Cass., Sez. 1, 23/12/2020, n. 29495; Cass., Sez. L, 5/2/2014, n. 2631), nel quale il fallimento aveva inteso contestare la sentenza di primo grado per avere rigettato la domanda di usucapione proposta dagli odierni ricorrenti sul presupposto che questi fossero già divenuti proprietari del bene per effetto della scrittura privata registrata e non trascritta, mentre questa andava qualificata, a suo dire, in termini di preliminare di compravendita, e in quanto comunque la sua mancata trascrizione l’avrebbe resa inopponibile ai terzi, restando indifferente la sua registrazione, siccome avente valenza meramente fiscale. Tali doglianze erano chiaramente funzionali ad ottenere una pronuncia che accertasse la proprietà dell’immobile in capo all’appellante e che ordinasse il rilascio del terreno da parte degli occupanti (odierni ricorrenti).
Quest’ultima considerazione, del resto, sconfessa la fondatezza del motivo di ricorso nella parte in cui deduce la genericità dell’atto d’appello con specifico riguardo al titolo fondante la richiesta di rilascio, posto che la deduzione in ordine alla titolarità della proprietà in capo all’appellante costituiva, secondo la pretesa di quest’ultimo, titolo sufficiente per suffragare il diritto al richiesto rilascio.
Correttamente, dunque, la Corte d’Appello ha omesso di dichiarare l’inammissibilità del gravame.
2.1 Con il secondo motivo di ricorso, si lamenta la nullità della sentenza per violazione degli artt. 163, 342, 346 e 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., per avere
la Corte d’Appello condannato i ricorrenti al rilascio dell’immobile, benché l’appellante avesse omesso di avanzare specifica domanda in tal senso, sia nel ricorso, sia in sede di precisazione delle conclusioni, con conseguente integrazione del vizio di ultra petitum .
2.2 Il secondo motivo, che addebita al giudice di merito di aver violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, è parimenti infondato.
Al riguardo, occorre premettere come i principî enunciati da questa Corte in tema di interpretazione della domanda giudiziale chiariscano che: 1) essa spetta al giudice del merito, il quale nell’esercizio del suo potere di interpretazione e qualificazione della domanda deve seguire i criteri degli artt. 1362 ss. cod. civ., applicabili a tutti gli atti privati; egli, pertanto, non è condizionato dalle espressioni adoperate dalla parte, in particolare nelle sole conclusioni dell’atto introduttivo, ma deve accertare e valutare il contenuto sostanziale della pretesa, quale desumibile non esclusivamente dal tenore letterale degli atti, ma anche dalla natura delle vicende rappresentate dalla medesima parte e dalle precisazioni da essa fornite nel corso del giudizio, nonché dal provvedimento concreto richiesto, perché, appunto, il giudice del merito avrà riguardo allo scopo pratico perseguito dall’istante con il ricorso all’autorità giudiziaria; 2) resta il limite della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., per il divieto di sostituire d’ufficio un’azione diversa da quella proposta; 3) il relativo giudizio, pertanto, estrinsecandosi in valutazioni discrezionali sul merito della controversia, è sindacabile in sede di legittimità unicamente se sono stati travalicati i detti limiti, dunque per il vizio radicale della motivazione assente in quanto inferiore al ‘minimo costituzionale’ oppure per violazione o degli artt. 1362 ss. cod.
civ., o dell’art. 112 cod. proc. civ. ( ex plurimis : Cass., Sez. 1, 18/5/2023, n. 13887; Cass., Sez. 1, 18/5/2023, n. 13887; Cass. 9/5/2022, n. 14669; Cass. 21/5/2019, n. 13602; Cass. 13/8/2018, n. 20718; Cass., sez. un., 13/2/2007, n. 3041; Cass. 21/2/2006, n. 3702; Cass. 13/12/2005, n. 27428; Cass. 29/4/2004, n. 8225; Cass. 5/2/2004, n. 2148; Cass., sez. un., 10/7/2003, n. 10840; Cass., sez. un., 21/2/2000 n. 27; Cass. 24/9/1999, n. 10493).
Ora, la denuncia di violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, evidenziata nella specie, non coglie affatto nel segno, atteso che il relativo principio deve ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri alcuno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione, attribuendo o negando ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nella domanda, ovvero, pur mantenendosi nell’ambito del petitum , rilevi d’ufficio un’eccezione in senso stretto che, essendo diretta ad impugnare il diritto fatto valere in giudizio dall’attore, può essere sollevata soltanto dall’interessato, oppure ponga a fondamento della decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo un titolo ( causa petendi ) nuovo e diverso da quello enunciato dalla parte a sostegno della domanda (Cass. 19/6/2004, n. 11455; Cass. 6/10/2005, n. 19475; Cass. 11 /1/2011, n. 455; Cass. 24/9/2015, n. 18868, Cass., Sez.1, 12/5/2023, n. 13056).
Fermo restando, dunque, che il potere di qualificazione della domanda spetta al giudice di merito salvo il limite della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, risulta evidente dalla semplice lettura della prima censura del ricorso in esame, nella quale è riportato il secondo motivo d’appello proposto dal
RAGIONE_SOCIALE, come quest’ultimo avesse chiaramente reiterato in quella sede la domanda di rilascio del bene quantomeno nel corpo della motivazione (vedi pg. 10 del ricorso), ancorché non nella precisazione delle conclusioni.
Correttamente, pertanto, la Corte d’Appello ha ritenuto che l’appellante avesse proposto detta domanda, ricavandolo, come riportato in motivazione, dal contenuto dell’atto d’appello – alla stregua del principio secondo cui l’interpretazione delle conclusioni proposte dalla parte deve essere ricavata anche dall’esame complessivo dell’atto introduttivo (Cass., Sez. 1, 6/11/2023, n. 30850) -e abbia reputato sostanzialmente irrilevante il mancato richiamo della domanda nelle conclusioni.
Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta la violazione dell’art.
45 L.F. e dell’art. 2914 cod. proc. civ., circa la mancata declaratoria di opponibilità della scrittura privata di vendita, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito affermato che, in forza dell’art. 45 L. Fall. e dell’art. 2914 cod. civ., la scrittura privata di trasferimento della proprietà del bene fosse inopponibile al fallimento in assenza della sua trascrizione, senza considerare che la ratio della norma è quella di evitare comportamenti palesemente pregiudiziali e fraudolenti in danno dei creditori. Tale accordo pregiudizievole, ad avviso dei ricorrenti, era escluso nella specie dal fatto che la scrittura fosse stata registrata ben dieci anni prima della dichiarazione di fallimento, sicché, essendo la stessa opponibile, non vi era ragione per considerare gli stessi occupanti senza titolo, ma proprietari dei beni.
Con il quarto motivo di ricorso, si lamenta il difetto di motivazione circa il fatto controverso oggetto del giudizio, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito reso una motivazione carente in ordine alla questione
della opponibilità della scrittura, avendo trascurato il fatto che la stessa fosse stata registrata e avesse, dunque, data certa.
5. L’esame del terzo e quarto motivo del ricorso può effettuarsi congiuntamente, vertendo tutti sullo stesso thema decidendum -che ruota intorno all’asserita rilevanza della registrazione della scrittura privata ai fini della opponibilità al fallimento.
Gli stessi sono inammissibili.
L’art. 45 L. Fall. stabilisce, infatti, che « le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi, se compiute dopo la data della dichiarazione di fallimento, sono senza effetto rispetto ai creditori ».
In merito, questa Corte ha più volte ha avuto modo di affermare che l’opponibilità al fallimento del venditore di un suo atto di vendita immobiliare richiede che l’atto stesso abbia data certa, a norma dell’art. 2704 cod. civ., e che le formalità necessarie a rendere opponibili gli atti ai terzi – nella specie, la trascrizione siano compiute, ex art. 45 l.fall., in data anteriore all’apertura della procedura concorsuale, ritenendo improcedibili le domande alternative di restituzione dell’immobile o di ammissione al passivo di un credito, fondate su scritture private, pur se aventi data certa, in assenza della previa trascrizione della domanda giudiziale intesa ad accertare, ai sensi dell’art. 2652, primo comma, n. 3, cod. civ. c.c., l’autenticità delle sottoscrizioni ivi apposte (Cass., Sez. 1, 29/11/2023, n. 33167; Cass., Sez. 1, 20/10/2015, n. 21273; Cass., Sez. 2, 16/11/2007, n. 23784).
Da ciò discende l’inammissibilità delle censure, non essendo sufficiente, ai fini dell’opponibilità al fallimento, che la scrittura privata avesse data certa in assenza di trascrizione.
Tali argomentazioni sono del resto contenute nella sentenza impugnata, sicché deve escludersi che sussista il lamentato difetto di motivazione, specie ove si consideri che la
riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, sicché è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. U, 07/04/2014, n. 8053; Cass., Sez. 5, 6/5/2020, n. 8487).
Esaurendosi, dunque, tale anomalia nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella ‘motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., Sez. U, 07/04/2014, n. 8053; Cass., Sez. 5, 6/5/2020, n. 8487), e avendo i giudici di merito ampiamente argomentato sui motivi per i quali hanno ritenuto la scrittura inopponibile al fallimento, deve escludersi nella specie il vizio lamentato, avente il solo scopo di sollecitare questa Corte ad una rivisitazione nel merito della questione.
6. Con il quinto motivo di ricorso, si lamenta la violazione degli artt. 948 cod. civ., 2967 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito condannato i ricorrenti al rilascio del bene, senza argomentare in ordine alla natura della domanda di rilascio proposta, ossia se si trattasse di un’azione di rivendicazione ex art. 948 cod. civ. o di un’azione restitutoria, posto che il
fallimento non aveva chiaramente dedotto sul punto, essendosi limitato a rilevare la presunta occupazione senza titolo senza ulteriori specificazioni. Ad avviso dei ricorrenti, la Corte d’Appello aveva dunque mal interpretato le prove documentali, non avendo il fallimento dimostrato la titolarità del bene, benché, in caso di rivendicazione, ne fosse onerato.
Col sesto motivo, infine, si lamenta la violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., per assoluta carenza di motivazione in ordine alla domanda di rilascio, ivi compresa la natura giuridica e la qualificazione della domanda.
8. Il quinto e sesto motivo, da trattare congiuntamente in quanto vertenti entrambi sulla questione dell’assenza, in capo al fallimento, di titolo idoneo al rilascio del bene e dell’omessa motivazione sul punto, sono inammissibili.
Richiamati anche per la sesta censura i principi affermati da questa Corte in ordine al difetto di motivazione e ricordati nelle due censure precedenti, deve escludersi che i giudici di merito abbiano omesso di argomentare in ordine al disposto rilascio del bene.
Come si legge nella sentenza impugnata, infatti, la Corte d’Appello ha fondato la decisione proprio sulla non opponibilità al fallimento della scrittura privata di compravendita del bene, la cui inefficacia ha reso gli acquirenti privi di titolo all’uopo spendibile, onde mantenere la disponibilità dell’immobile.
A ciò si deve aggiungere che l’inopponibilità della compravendita immobiliare al fallimento, derivante dalla sua omessa trascrizione, comporta che il bene che ne è oggetto si consideri ancora come facente parte del patrimonio del debitore (vedi Cass., Sez. 3, 3/11/1962, n. 3079), sicché correttamente è stato riconosciuto dai giudici il diritto del fallimento a riottenerne la
disponibilità attraverso il suo rilascio da parte di chi, per contro, era sprovvisto di titolo a lui opponibile.
9. In conclusione, dichiarata l’infondatezza dei primi due motivi e l’inammissibilità dei restanti, il ricorso deve essere rigettato. Nulla deve disporsi sulle spese, non avendo il controricorrente il spiegato difesa. Sussistono i presupposti processuali per raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del