Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5035 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2   Num. 5035  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17622/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata  in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE CODICE_FISCALE l a rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
NOME, elettivamente domiciliato  in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente- contro
COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrenti e ricorrenti incidentali-
nonché contro
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente al ricorso incidentale- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 1324/2021 depositata il 04/05/2021.
Udita la relazione svolta nella camera  di  consiglio del  09/01/2025  dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE nonché i soci NOME e NOME COGNOME impugnarono la sentenza del Tribunale di Treviso che aveva condannato la sola RAGIONE_SOCIALE a pagare a RAGIONE_SOCIALE la somma capitale di € 194.357 ,57 nonché la stessa RAGIONE_SOCIALE ed i soci a pagare all’architetto NOME COGNOME la somma capitale di € 69.015,06 . La causa aveva avuto inizio con l’opposizione a due decreti ingiuntivi, richiesti dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e dal COGNOME per il pagamento delle spettanze relative alla ristrutturazione di un immobile di proprietà RAGIONE_SOCIALE, ed, a loro volta, gli opponenti avevano svolto domanda riconvenzionale per il riconoscimento dei difetti del manufatto ed il conseguente risarcimento dei danni.
Il conseguente gravame si concluse con la sentenza n. 1324 del 4 maggio 2021, con la quale la Corte d’appello di Venezia accolse parzialmente l’impugnazione , condannando gli appellanti a corrispondere a RAGIONE_SOCIALE il ridotto importo di € 113.969,00, oltre accessori e l’arch. COGNOME a pagare agli appellanti la somma di € 113.969,00, a titolo di risarcimento del danno, nonché RAGIONE_SOCIALE ed i soci NOME e NOME COGNOME a versare al COGNOME la somma di € 69.015,00 .
I giudici di secondo grado osservarono, per quel che ancora interessa, che all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dovesse essere riconosciuto il minor importo riconducibile alle variazioni strettamente necessarie alla realizzazione a regola d’arte dell’opera, all’uopo quantificate dal C.T.U. Aggiunsero che il ritardo nell’esecuzione del contratto di appalto non era imputabile alla stessa RAGIONE_SOCIALE, sul presupposto che l’intervento era stato avviato senza la previsione di molti dei manufatti da realizzare e che l’appaltatrice non era mai stata sollecitata o messa in mora per la consegna dell’opera.
Hanno  proposto  ricorso  per  cassazione  il  COGNOME,  mediante  tre  motivi, l’RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE, con  un  unico  motivo,  ed  RAGIONE_SOCIALE,  già parte  dei  giudizi  di  merito  giacché  evocata  in  funzione  di  garanzia  dal COGNOME.  RAGIONE_SOCIALE  ed  i  soci  NOME  e  NOME  COGNOME  hanno svolto ricorso incidentale, sulla scorta di quattro motivi.
Con atto  del  28  settembre  2021  RAGIONE_SOCIALE  ha  dichiarato  di  rinunciare  al  suo ricorso; a sua volta, con atto del 1° ottobre 2021 il COGNOME ha dichiarato di rinunciare al predetto ricorso. Infine, RAGIONE_SOCIALE ed i soci NOME e NOME  COGNOME  hanno  rinunciato  al  loro  ricorso  incidentale  nei  confronti  di RAGIONE_SOCIALE  e  RAGIONE_SOCIALE,  con  atto  del  12  ottobre  2021.  Tutte  codeste  rinunzie sono state accettate dalle controparti.
In prossimità dell’adunanza camerale, RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va  preliminarmente  dichiarata  l’estinzione  del  giudizio,  ai  sensi  dell’art.  306 c.p.c., per ciò che concerne i rapporti riguardanti il COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE ed i soci NOME e NOME COGNOME, stanti le rinunzie dei predetti ricorrenti al rispettivo ricorso e l’accettazione delle controparti.
Residua  pertanto  il  ricorso  principale  della  RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE, nonché  il  ricorso  incidentale  di  RAGIONE_SOCIALE  e  dei  soci  NOME  e NOME COGNOME nei confronti della stessa RAGIONE_SOCIALE.
Mediante  l’unico motivo  del  ricorso  principale,  la  RAGIONE_SOCIALE denuncia la nullità parziale della sentenza, in relazione all’art. 360 comma 1° n.  4  c.p.c., per violazione dell’art.  132  comma 2° n.4 c.p.c.  per  motivazione apparente o contraddittoria.
La Corte d’appello, pur avendo recepito totalmente le risultanze peritali in merito alle opere extracontrattuali ritenute necessarie (per euro 113.969,00) e pur avendo fatto altresì riferimento agli importi relativi alle opere extra contrattuali approvate con espressa autorizzazione del committente (per euro 18.018,00) ed a quelle realizzate al posto di altre previste dal computo metrico, e dunque concordate in quanto sostitutive di altre approvate ed accettate (per euro 17.015,00) , oltre che eseguite a regola d’arte e non contestate, aveva infine liquidato il solo importo di € 113.969,00.
In  tal  modo,  sarebbe  stato  impossibile  individuare  il  ragionamento  logicogiuridico, che aveva condotto il Collegio a rideterminare il quantum spettante alla società ricorrente per la realizzazione delle opere  extracontrattuali,
escludendo  arbitrariamente  da  tale  computo  le  voci  relative  alle  lavorazioni eseguite  su  espressa  approvazione  della  committenza  ovvero  in  variazione  a opere già contrattualmente previste.
La doglianza non è fondata.
Alle pagg. 20 e 21, la sentenza impugnata afferma testualmente:
‘ 14. Il  C.T.U.  ha  accertato  che  l’importo  complessivo  delle  opere  extra -contratto è stato pari ad € 149.002,00 di cui solo € 18.018,00 approvate per iscritto dalla Committenza.
Del rimanente importo di € 130.984,00, la somma di € 17.015,00 è imputabile ad opere in variante realizzate al posto di altre previste nel computo metrico (quindi concordate) in quanto sostitutive di altre approvate ed accettate . Rimane l’importo di € 113.969,00 , quale differenza di opere in relazione alle quali non è stata raggiunta la prova né dell’incarico, né dell’accettazione successiva, circostanza quest’ultima che avrebbe potuto superare l’assenza di prova del conferimento dell’incarico .
Tuttavia non v’è dubbio che tali opere ulteriori siano state realizzate e, su di esse non vi siano contestazioni circa l’esecuzione secondo la regola dell’arte . Infine, deve essere osservato che, in assenza di prova come sopra argomentato,  rileva,  ai  sensi  dell’art.  1660  c.c.  la  necessità  o  meno delle varianti affinché l’opera sia realizzata secondo la regola dell’arte’ .
Infine,  c onclude  sul  punto:  ‘ 22.  Alla  luce  del  sopra  richiamato  principio  non può  essere  riconosciuto  all’RAGIONE_SOCIALE  l’importo  di  €  194.357 ,57  come stabilito  con  la  sentenza  impugnata,  ma  il  minor  importo  riconducibile  alle variazioni strettamente necessarie alla realizzazione a regola d’arte dell’opera, che, secondo il CTU, sono quantificabili in € 113.969,00 ‘.
L’aporia segnalata dalla RAGIONE_SOCIALE è solo apparente. In realtà, una volta considerato che la materia del contendere portata all’attenzione del giudice di secondo grado riguardava esclusivamente le opere extracontrattuali contestate,  perché  non  concordate  per  iscritto  fra  committente  e  società appaltatrice,  la  Corte  d’appello -pur  enunciando  nel  riepilogo  dei  lavori complessivamente  svolti  anche  le  opere  approvate  per  iscritto  e  quelle  in
variante realizzate al posto di altre previste nel computo metrico -ha inteso riconoscere  e  quantificare  il  credito  litigioso  e  non  anche  quello  dovuto  per altro titolo.
E’ allora evidente che la fattispecie non si identifica con il vizio di contraddittoria motivazione,  il  quale presuppone  che  le  ragioni  poste  a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione della ratio decidendi , e cioè  la  comprensione  del  procedimento  logico  –  giuridico  posto  a  base  della decisione adottata (Sez. L., n. 17196 del 17 agosto 2020; Sez. 1, n. 13248 del 30 giugno 2020).
Attraverso il loro primo motivo, i ricorrenti incidentali deducono la violazione o  falsa  applicazione  degli  artt.  1362  comma  1°,  1363,  1366  e  1660  c.c.,  ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.
La Corte d’appello avrebbe qualificato per la prima volta le opere come necessarie, ex art. 1660 c.c., stravolgendo in tal modo i principi di interpretazione contrattuale. In realtà, il CTU officiato non avrebbe parlato di opere necessarie per l’esecuzione a regola d’arte dell’appalto, ma piuttosto di opere non approvate dalla committenza e conseguenti alla negligenza progettuale ed esecutiva (quale direttore dei lavori) dell’arch. AVV_NOTAIO . In altri termini, difettando l’autorizzazione scritta del committente, la COGNOME avrebbe eseguito le opere in assenza di alcun titolo contrattuale.
D’altronde,  non  sarebbe  stato  né  dedotto  né  provato  che  per  le  parti  fosse impossibile accordarsi in merito ad esse, ex art. 1660 c.c., sicché l’appaltatore, che  non  aveva  avvisato  il  committente,  si  sarebbe  assunto  il  rischio  della valutazione di non necessarietà.
Il motivo è infondato.
I giudici di secondo grado hanno interpretato in modo assolutamente plausibile il  contratto,  indicando  la  fonte  del  loro  convincimento  in  ordine  ai  lavori necessari  ai  sensi  dell’art.  1660  c.c. –  nella  relazione  del  CTU,  anche  con riguardo alla loro ridotta quantificazione rispetto alle richieste dell’RAGIONE_SOCIALE .
Come è noto, il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (Sez. 1, n. 16987 del 27 giugno 2018; Sez. 3, n. 10891 del 26 maggio 2016; Sez. 3, n. 2465 del 10 febbraio 2015).
Del resto, le affermazioni relative alla necessità delle varianti sono coerenti con i principi espressi da questa Corte, secondo cui in tema di appalto, le variazioni non previste nel progetto, ove strettamente necessarie per la realizzazione dell’opera, possono essere eseguite dall’appaltatore senza la preventiva autorizzazione del committente ma, in tal caso, ove manchi l’accordo tra le parti, spetta al giudice accertarne la necessità e determinare il corrispettivo delle relative opere, parametrandolo ai prezzi unitari previsti nel preventivo ovvero ai prezzi di mercato correnti (Sez. 2, n. 10891 del 4 maggio 2017).
 Col  secondo  mezzo,  RAGIONE_SOCIALE  ed  i  COGNOME  lamentano  la  nullità parziale  della  sentenza  per  vizio  di  ultratrapetizione  o  extrapetizione,  ex  art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 330 n. 4 c.p.c.
La  sentenza  impugnata  avrebbe  qualificato  le  opere  come  necessarie,  senza una  domanda o  un’eccezione  in  tal  senso,  sicché  tale  qualificazione  avrebbe esorbitato dal thema decidendum .
Il motivo è infondato.
La qualificazione delle opere come necessarie non ha bisogno di una domanda o di un’eccezione specifiche, perché concerne una valutazione implicitamente contenuta nella richiesta di accertamento del corrispettivo dell’appalto .
Mediante la terza censura, i ricorrenti incidentali assumono la nullità parziale della  sentenza  per  vizio  di  omessa  pronunzia  ex  art.  112  c.p.c.,  in  relazione all’art. 330 n. 4 c.p.c.
La  Corte  territoriale  avrebbe  mancato  di  trattare  e  decidere  la  domanda restitutoria delle somme pagate in eccesso a controparte, nonché in ordine al rimborso delle spese tecniche d’ufficio e di parte.
Il motivo è fondato.
In effetti, quale conseguenza della riduzione del quantum dovuto dalla società appellante  ed  in  relazione  all’espressa  domanda  avanzata,  la  Corte  d’appello avrebbe dovuto pronunziare in ordine alla restituzione della somma eccedente, nonché in  relazione  al  nuovo  regolamento  delle  spese  legali  e  di  consulenza tecnica.
 La  quarta  doglianza  rileva,  ancora  una  volta,  la  nullità  parziale  della sentenza impugnata per vizio di ultrapetizione, ex art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 330 n. 4 c.p.c.
Infatti, la RAGIONE_SOCIALE non avrebbe mai svolto alcuna domanda di pagamento verso i COGNOME, ma solo verso la società RAGIONE_SOCIALE.
Anche la suddetta censura è fondata.
Infatti, posto che la domanda della RAGIONE_SOCIALE, fin ab origine , era stata rivolta nei confronti della sola RAGIONE_SOCIALE, committente del manufatto, la sentenza impugnata  è  incorsa  nel vizio di extrapetizione, avendo  coinvolto nella condanna anche NOME e NOME COGNOME.
Dichiarata  dunque  l’estinzione  del  giudizio per  ciò  che  concerne  i  rapporti riguardanti  il  COGNOME  e  la  RAGIONE_SOCIALE  ed  i  soci NOME e NOME COGNOME, la sentenza impugnata va cassata e rinviata, per una nuova valutazione, alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione,  anche  con  riguardo  al  regime  delle  spese  del  giudizio  di legittimità.
La Corte dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare  che la ricorrente principale è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari  a  quello  previsto  per  l’impugnazione,  ai  sensi  dell’art.  13,  comma  1quater, D.P.R. 115/2002, se dovuto.
La Corte di cassazione dichiara l’estinzione del giudizio, per la parte concerne i rapporti riguardanti il COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE ed i soci NOME e NOME COGNOME, rigetta il ricorso principale nonché il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale, accoglie i motivi terzo e quarto del ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Venezia in diversa composizione.
Dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che RAGIONE_SOCIALE è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello  previsto  per  l’impugnazione,  ai  sensi  dell’art.  13,  comma  1-quater, D.P.R. 115/2002, se dovuto.
Così deciso in Roma il 9 gennaio 2025 e successivamente il 25 febbraio 2015, a