Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22719 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22719 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14323/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende -ricorrente principale-
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in MILANO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente incidentale- contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in BERGAMO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA, RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 968/2023 depositata il 02/05/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE ha convenuto davanti al Tribunale di Treviso, in data 9 maggio 2018, Veneto Banca S.p.A. in l.c.a. (VB) e Intesa Sanpaolo S.p.A. (ISP) al fine -per quanto qui ancora rileva -di sentir accertare la natura di indebito oggettivo quanto alla restituzione dell’importo di € 200.000,00 , erogato in esecuzione di mutuo fondiario stipulato in data 4 dicembre 2013, dell’importo complessivo di € 700.000,00 . La società attrice ha dedotto che la somma di € 200.000,00 erogata a mutuo aveva a oggetto l’acquisto di azioni di VB, per cui ha proposto azione di accertamento negativo nei confronti dei convenuti in relazione alla relativa obbligazione di restituzione, deducendo anche la natura usuraria dei tassi di interesse applicati, con conseguente rideterminazione degli importi ancora dovuti.
All’esito di CTU, il Tribunale di Treviso -previa declaratoria di improcedibilità delle domande di condanna nei confronti di VB – ha accertato la nullità parziale del mutuo fondiario, avendo la mutuante violato l’art. 2358 cod. civ. , norma applicabile anche alle società cooperative; ha, quindi, accolto la domanda di accertamento negativo in relazione alla parte del mutuo relativo al l’erogazione della somma destinata all’acquisto di azioni di VB, rideterminando il saldo dovuto.
14323/2023 R.G.
La Corte di Appello di Venezia, con la sentenza qui impugnata, ha confermato la sentenza di primo grado, rigettando sia gli appelli principali di VB e di ISP, sia l’appello incidentale di Moss S.p.A. Ha ritenuto il giudice di appello -per quanto qui rileva -che l’assistenza finanziaria per l’acquisto di azioni proprie comporta la nullità dell’operazione di negoziazione delle azioni, in quanto operazione che, in violazione del divieto di assistenza finanziaria di cui all’art. 2358 cod. civ. , comporta pregiudizio per l’integrità del capitale sociale e per l’effettività del patrimonio netto; ha, poi, ritenuto che tale disciplina sia applicabile a ll’acquisto delle azioni a debito di cui all’art. 2358 cod. civ. delle società cooperative , quale era VB all’epoca della stipula del mutuo .
Ha, poi, ritenuto sussistente un collegamento negoziale funzionale tra erogazione del finanziamento e acquisto di azioni della banca , sia in quanto l’importo del mutuo originario era di € 500.000,00 anziché di € 700.000,00 , sia in quanto vi era documentazione attestante la richiesta della banca « di impegnarsi con un ordine per avere la certezza dell’impegno baciato » , in modo da dar corso all’acquisto delle azioni solo al momento dell’erogazione del finanziamento. Sono state valorizzate anche le modalità di esecuzione dell’operazione , come l’addebito del prezzo delle azioni sul conto sul quale era avvenuto l’accredito della somma mutuata, dimostrandosi che l’operazione di assistenza finanziaria fosse stata decisa da VB « secondo importi dalla stessa prestabiliti sulla base di scelte più generali di politica aziendale».
14323/2023 R.G. 5. Il giudice di appello, pur rilevando che le passività connesse alla commercializzazione di azioni proprie sono rimaste fuori dal perimetro della cessione di azienda da VB a ISP, ha ritenuto che, per effetto del collegamento negoziale che avvince la commercializzazione delle azioni al contratto di mutuo, ISP rimane legittimata passiva dell’azione di restituzione conseguente alla
accertata nullità del mutuo. Sotto tale profilo, la posizione di VB è stata valorizzata quale contraddittore necessario della pronuncia di nullità degli atti negoziali ai fini della rideterminazione del debito restitutorio del mutuatario nei confronti di ISP, senza che tale accertamento incida sull’accertamento del passivo concorsuale .
È stata rigettata la domanda di compensazione proposta da ISP nei confronti di COGNOME ritenendo che per effetto della nullità derivata del contratto di mutuo, ISP non è titolare di alcun credito nei confronti del mutuatario per la parte del mutuo collegata all’acquisto a debito delle azioni di VB .
Propongono ricorso per cassazione VB, affidato a quattro motivi e ulteriormente illustrato da memoria, nonché ulteriore ricorso ISP, affidato a quattro motivi, ulteriormente illustrato da memoria; resiste a entrambi i ricorsi RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE con separati controricorsi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
14323/2023 R.G. 1. Con il primo motivo VB deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2358, 2519, 2520, 2525 e 1418 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto applicabile alle società cooperative il divieto di assistenza finanziaria per l’acquisto di azioni proprie e ha sanzionato l’operazione con la nullità. Osserva parte ricorrente che l’assistenza finanziaria per l’acquisto di azioni proprie non è più sottoposta a divieto assoluto per effetto del d. lgs. n. 142/2008, né comporta la sanzione della nullità, costituendo violazione di norme di comportamento. In secondo luogo, stante la clausola di compatibilità contenuta n ell’art. 2519 cod. civ. quanto al rinvio alla disciplina delle società per azioni, la finalità mutualistica dovrebbe prevalere sulla tutela dell’integrità del capitale sociale. Osserva, infine, parte ricorrente come l’art. 25 29 cod. civ. (norma, peraltro, assente dal parametro normativo invocato) preveda una
disciplina specifica per l’acquisto di azioni o quote della cooperativa, rimettendolo all’organo amministrativo nei limiti degli utili distribuibili o delle riserve disponibili.
Con il secondo motivo del medesimo ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione « degli articoli 2 e 3 D.L. 25 giugno 2017, n. 99 per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto che Intesa Sanpaolo S.p.A. possa rispondere di effetti negativi della declaratoria di nullità nell’ambito di operazione di commercializzazione di azioni. D.L. 25 giugno 2017, n. 99». Osserva parte ricorrente che il d.l. n. 99/2017 vieta che ISP sia responsabile per le operazioni di commercializzazione di azioni di VB e, comunque, per fatti precedenti alla cessione, afferenti ad atti o fatti imputabili al cedente, a fronte di pretese degli azionisti incardinate successivamente alla cessione.
Con il terzo motivo del medesimo ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, primo e secondo comma, 1369, 1363 cod. civ. « in relazione all’interpretazione del contratto di cessione 26.6.2017 e dell’Atto ripetitivo del ‘Secondo atto di ricognizione del contratto di cessione in data 26 giugno 2017 relativo a Banca Popolare di Vicenza s.p.a. in L.C.A. e Veneto Banca S.p.a. in L.C.A.’ (‘Secondo Accordo Ricognitivo’), per avere la Corte d’Appello di Venezia erroneamente ritenuto che il contenzioso per cui è causa (in uno alle relative passività) fosse da considerarsi incluso nell’Insieme Aggregato ». Osserva parte ricorrente che l’art. 2, comma 1, lett. c) d.l. n. 99/2017 ha previsto che il contratto di cessione dell’azienda a ISP fosse conforme all’offerta di ISP , la quale escludeva i contenziosi in essere con gli azionisti e quelli connessi alla commercializzazione di azioni della banca. La lettura data dal giudice di appello sarebbe, pertanto,
contraria alle disposizioni di diritto comune relative alla interpretazione dei contratti e, nella specie, del contratto di cessione di azienda, dal quale risulta espressamente l’esclusione dal perimetro di cessione delle operazioni di commercializzazione di azioni della banca.
Con il quarto motivo del medesimo ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., « Violazione e falsa applicazione degli artt. 1243 e 1246 c.c., nonché dell’art. 83, terzo e terzo comma bis, D. Lgs. n. 385/1993 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. per avere la Corte d’Appello di Venezia anche disposto d’ufficio una compensazione impropria tra il credito restitutorio di Moss (per effetto della nullità parziale del finanziamento) e il prezzo delle azioni». Osserva parte ricorrente che il credito restitutorio della mutuataria per la frazione di mutuo avente a oggetto l’acquisto delle azioni non è compensabile con il debito per il prezzo dovuto dalla mutuataria per acquisto delle azioni della banca, trattandosi di rapporti distinti, non avvinti da collegamento negoziale. Osserva, in particolare, parte ricorrente che la compensazione impropria comporta un accertamento meramente contabile di dare-avere, accertamento non effettuabile nella specie, atteso che il credito sarebbe oggetto di accertamento endoconcorsuale. Inoltre, osserva il ricorrente che non vi è reciprocità tra debiti e crediti di Moss e ISP.
14323/2023 R.G. 5. Con il primo motivo del proprio ricorso ISP deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza « posto che la decisione poggia su argomentazioni tra loro incompatibili che non consentono di ricostruire la ragione in virtù della quale la Corte d’appello di Venezia ha negato il diritto di ISP di ottenere il rimborso delle somme erogate a MOSS a titolo di mutuo per la parte corrispondente all’acquisto delle azioni VB ». Osserva parte ricorrente contraddittorietà tra l’affermazione
secondo cui, a termini dell’art. 3, comma 1, lett. b) d.l. n. 99/2017 sono escluse dalla cessione debiti e crediti delle banche derivanti dalla commercializzazione di azioni (e, quindi, sul presupposto dell’esistenza del credito della banca, rimasto in capo alla cedente in l.c.a.) e quella secondo cui il credito da restituzione delle rate di mutuo sarebbe apparente per effetto della retroattività della nullità parziale dell’operazione negoziale.
6. Con il secondo motivo del medesimo ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione « degli artt. 3, comma 1, lettere a) e b) D.L. n. 99/2017, 1362 c.c. e 52, comma 2, lett. c), d.lgs. 180/2015 nella parte in cui ha affermato che il predetto diritto di credito (di ottenere il rimborso delle somme erogate a RAGIONE_SOCIALE a titolo di mutuo per la parte corrispondente all’acquisto delle azioni VB) non sarebbe nella titolarità di ISP per effetto del divieto di cessione di cui all’art. 3, comma 1, lettera b), D.L. n. 99/2017 e/o in ragione della efficacia retroattiva della ravvisata nullità ex art. 2358 c.c. e di una compensazione inammissibile sia per assenza di reciprocità, sia perché vietata dalla legge; la Sentenza Impugnata viene altresì censurata ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per violazione dell’art. 112 c.p.c., perché in ogni caso, ove anche la compensazione fosse stata ammissibile, essa non avrebbe potuto essere rilevata d’ufficio, trattandosi di compensazione propria». Osserva parte ricorrente che dal perimetro di cessione a ISP sono esclusi i rapporti connessi all’acquisto di azioni proprie a debito degli azionisti, disciplina la cui conformità alla Costituzione è stata sancita da Corte cost., n. 225/2022. Osserva, al pari dell’altro ricorrente, come non vi sia reciprocità tra il debito restitutorio della mutuataria nei confronti della cessionaria ISP e il credito restitutorio vantato dalla mutuataria nei confronti di VB in l.c.a., stante l’esclusione delle passività in oggetto dal perimetro di
cessione , nonché stante l’autonomia dei rispettivi rapporti negoziali. Osserva, inoltre, come la operata compensazione colliderebbe con i principi della concorsualità, come affermati anche dal diritto dell’Unione, che escludono che un creditore che sia anche azionista si sottragga alle regole del concorso e possa rientrare del proprio investimento nel capitale di rischio.
Con il terzo motivo del medesimo ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., «violazione e/o falsa applic azione dell’art. 3, comma 1, lettera c) D.L. n. 99/2017 a norma del quale il cessionario delle LCA non può essere chiamato a rispondere di pretese formulate con domande giudiziali proposte dopo il 26 giugno 2017 relative ad atti o fatti antecedenti a quella data» , estendendosi il divieto di cessione anche alle controversie instaurate successivamente alla cessione.
Con il quarto motivo del medesimo ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. « falsa applicazione dell’art. 2358 c.c. in quanto inapplicabile alle società cooperative e perché in ogni caso i contratti stipulati in violazione dell’art. 2358 c.c. (ove anche esso fosse applicabile) non sarebbero nulli », facendosi valere censure analoghe a quelle articolate da VB con il primo motivo del proprio ricorso.
Il ricorso proposto da VB è stato notificato per primo (3 luglio 2023, h. 12.28) rispetto a quello proposto da ISP (3 luglio 2023 h. 13.49) per cui va qualificato come ricorso principale, laddove il ricorso proposto da ISP diviene incidentale al precedente.
Il primo motivo del ricorso incidentale ha carattere pregiudiziale e va esaminato preliminarmente. Il motivo è infondato, essendo la sentenza impugnata ben al di sopra del minimo costituzionale (Cass., Sez. U., n. 8053/2014), né risultando contraddittorietà della motivazione. La sentenza impugnata ha ritenuto -con motivazione immune da censura – che, per effetto
del collegamento negoziale tra acquisto delle azioni proprie di VB a debito e stipulazione del contratto di mutuo , quest’ultimo è travolto dalla nullità dell’operazione di acquisto delle azioni , con legittimazione passiva di ISP nell’azione di accertamento negativo proposta dal mutuatario in relazione al « credito da quel rapporto apparentemente disceso e regolato sul conto corrente proseguito con ISP, oltre che in relazione alle eventuali restituzioni di quanto riscosso in esecuzione di quel contratto nel segmento temporale successivo alla cessione».
Il primo motivo del ricorso principale e il quarto motivo del ricorso incidentale, esaminabili congiuntamente in quanto aventi a oggetto la medesima questione, sono infondati. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, che qui si conferma, il divieto di assistenza finanziaria per l’acquisto o la sottoscrizione di azioni proprie, previsto dall’art. 2358 cod. civ., nella versione introdotta dal d. lgs. n. 142/2008 è compatibile e, dunque, applicabile alle società cooperative per azioni (quale era VB all’epoca delle operazioni in oggetto), nonché alle banche popolari che ne rivestono la forma (Cass., n. 372/2025).
Nel qual caso tale disposizione, ancorché nella versione introdotta dal d.lgs. n. 142/2008 -ove consente il prestito per l’acquisto di azioni proprie in presenza di specifiche condizioni, quali l’autorizzazione dell’assemblea straordinaria e la predisposizione di una relazione illustrativa da parte degli amministratori – prevede ancora un divieto generale delle operazioni di assistenza finanziaria all’acquisto di azioni proprie , volto a tutelare l’interesse di soci e creditori alla conservazione del patrimonio sociale. La violazione di tale disposizione, costituente primaria norma imperativa (« divieto di fonte legale a presidio di interessi generali »: Cass., n. 28148/2023), comporta la nullità ex art. 1418 cod. civ. del finanziamento, nullità che « si propaga» all’atto di acquisto delle
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azioni (Cass. n. 28148/2023, cit.) , incidendo l’acquisto a debito di azioni proprie sulla stabilità patrimoniale della società partecipata (Cass., n. 372/2025).
13. Vanno, quindi, esaminati congiuntamente il secondo e il terzo motivo sia del ricorso principale, sia del ricorso incidentale, nonché il quarto motivo del ricorso principale. Si premette che è accertato dalla sentenza impugnata che tra l’acquisto di azioni di VB e il contratto di mutuo fondiario in data 4 dicembre 2013 vi fosse collegamento funzionale in relazione al l’accensione del mutuo, nella misura dell’importo erogato di € 200.000,00. Tale accertamento in fatto, fondato su elementi documentali extratestuali (documentazione di provenienza della banca) e su presunzioni, legate a indizi attinenti alle modalità di esecuzione dell’operazione , non è oggetto di censura.
14. Le questioni poste dai ricorrenti attengono alla irresponsabilità del cessionario ISP rispetto agli effetti delle cd. « operazioni baciate », operazioni di assistenza finanziaria per l’acquisto di azioni proprie , in cui si pattuisce che il cliente acceda a finanziamenti da parte di una banca sotto condizione dell’acquisto di strumenti di capitale della banca mutuante. In particolare, la questione riguarda l’opponibilità da parte del mutuatario nei confronti del cessionario dell’azienda bancaria ex d.l. n. 99/2017 della nullità del contratto di mutuo, nella parte in cui questo abbia costituito la provvista finanziaria per l’acquisto delle azioni di VB.
14323/2023 R.G. 15. I motivi sono infondati. L ‘art. 3, comma 1, lett. b) d.l. n. 99/2017 prende in considerazione « i debiti delle Banche nei confronti dei propri azionisti e obbligazionisti subordinati derivanti dalle operazioni di commercializzazione di azioni o obbligazioni subordinate delle Banche o dalle violazioni della normativa sulla prestazione dei servizi di investimento riferite alle medesime azioni o obbligazioni subordinate, ivi compresi i debiti in detti ambiti verso
i soggetti destinatari di offerte di transazione presentate dalle banche stesse ». La norma dispone che qualsiasi operazione che generi debiti per le banche venete cedenti derivanti da operazioni di commercializzazione di azioni od obbligazioni subordinate senza adeguata illustrazione del profilo di rischio del prodotto finanziario venduto ( misselling ) non rientra nel perimetro di cessione.
Tra queste operazioni sono ricomprese quelle che derivano anche da azioni di indebito oggettivo ex art. 2033 cod. civ., essendo la locuzione « debiti» riferibile a qualunque obbligazione che nasca dalle operazioni di commercializzazione di azioni od obbligazioni subordinate. Le domande di indebito oggettivo conseguenti all’accertamento della nullità dell’operazione di acquisto delle azioni della banca a debito in violazione del divieto di cui all’art. 2 358 cod. civ. rimangono, pertanto, fuori dal perimetro di cessione d’azienda.
Diversamente, la norma non contiene alcun riferimento ai crediti che da questa operazione derivino per le banche cedenti. Questo è il caso dei contratti di mutuo stipulati ( pro quota ) anche al fine di acquistare azioni proprie della banca. Questi contratti generano per la banca cedente crediti che rientrano nel perimetro di cessione d’azienda e, quindi, sono (in tesi) azionabili dal cessionario nei confronti dei clienti ceduti. La norma di legge (come sottolinea ISP) lascia fuori dal perimetro di cessione passività e debiti nei confronti dei propri azionisti, che devono far valere le pretese restitutorie e risarcitorie derivanti dalla violazione dell’art. 2358 cod. civ. nelle forme del concorso formale nei confronti della banca cedente. La norma non delimita, invece, il perimetro di cessione in relazione ai crediti, già di VB, per operazioni di finanziamento (come la stessa ISP espone: « essendo il mutuo pacificamente una ‘Attività Inclusa’ nell’Insieme Aggregato ceduto alla Banca a norma dell’art. 3.1.2 .»: pag. 17 ricorso), ancorché
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riferibili ad acquisto di azioni a debito. Tali attivi sono transitati in capo al cessionario e per questi non opera la norma protettiva di cui all’art. 3, comma 1, lett. b) d.l. n. 99/2017.
Analoghe conclusioni vanno tratte in relazione al disposto dell’art. 3, comma 1, lett. c), d.l. n. 99/2017, ove prevede « le controversie relative ad atti o fatti occorsi prima della cessione, sorte successivamente ad essa, e le relative passività », circostanza estranea al caso di specie, in quanto controversia relativa a un credito del cedente transitato in capo a ISP quale « attività inclusa ».
La banca cessionaria ISP è, pertanto, astrattamente legittimata (attiva) al recupero del credito nei confronti del debitore ceduto derivante dal mutuo fondiario stipulato dal mutuatario con la banca cedente ed è quindi parimenti legittimata (passiva) delle azioni di accertamento negativo per nullità parziale del mutuo in relazione alla quota del contratto collegata funzionalmente all’acquisto di azioni in violazione dell’art. 2358 cod. civ. Infondata è, pertanto, da questo punto di vista, l’argomentazione (sostenuta sia da ISP, sia da VB, insolitamente nell’interesse di ISP) , secondo cui ISP non risponderebbe delle « conseguenze pregiudizievoli riconducibili ad atti o fatti imputabili alla cedente afferenti ai claim di un’azionista di Veneto Banca » (pagg. 28 e 37 ricorso VB) o comunque a responsabilità connesse con operazioni di acquisto di azioni vietate ex art. 2358 cod. civ. (pag. 30 ric. ult. cit.).
20. Occorre aggiungere che tale interpretazione non è in contrasto con il diritto dell’Unione e con la giurisprudenza costituzionale. Il diritto dell’Unione, all’esito dell’emanazione della Direttiva 2014/59/UE (Direttiva BRRD, « Bank Recovery and Resolution Directive ») -della quale è stata data attuazione con i decreti legislativi nn. 180/2015 e 181/2015 – e del Regolamento 806/2014/UE, ha disciplinato lo strumento della Risoluzione degli enti creditizi secondo il principio del salvataggio interno ( bail in ) per
l’ uscita dal mercato di un ente creditizio in crisi, preservando la stabilità del mercato finanziario.
Attesa l’impraticabilità della Risoluzione per la crisi di VB (decisione del Comitato di risoluzione unico SRB/EES/2017/11 del 23 giugno 2017), il legislatore ha fatto ricorso a una forma di « salvataggio pubblico» (Corte cost., n. 225/2022), adottando con il d.l. n. 99/2017 uno scenario liquidatorio di diritto speciale, nel rispetto della disciplina degli aiuti di Stato in materia di liquidazione bancaria al fine di non falsare la concorrenza (Comunicazione della Commissione UE 2013/C -216/C), in armonia con i principi generali del salvataggio interno propri del diritto dell’Unione .
Presupposto per il « salvataggio pubblico» (o bail out ) è l’impiego di capitale proprio, capitale « ibrido» e debito subordinato per il ripianamento delle perdite e, quindi, il suo azzeramento (punti 44, 66, Comunicaz. cit.). La disciplina prevede -come osserva ISP -la disincentivazione di comportamenti di moral hazard (rischio morale) che spostino il peso di creditori subordinati e dei detentori di capitale, in particolare, su terzi soggetti che proseguano l’attività economica bancaria (punto 77, Comunicaz.). La soluzione adottata dal legislatore è la condivisione degli oneri ( burden sharing ), secondo cui gli azionisti sopportano il peso della ristrutturazione bancaria (Cass., n. 15678/2025; Cass., n. 11321/2023). La procedura di salvataggio ha comportato un aiuto di Stato alla liquidazione, subordinata alle indicazioni della Commissione UE « che impegnano, tra l’altro, gli azionisti e i creditori subordinati a condividere l’onere dell’operazione e tutelano le capacità operative del terzo che acquisisca un ramo d’azienda » (Corte cost., n. 225/2022, cit.).
14323/2023 R.G. 23. In questa logica vanno intesi i divieti assoluti di cessione contemplati nell’art. 3, comma 1, d.l. n. 99/2017, attinenti a passività di cui il cessionario non può rispondere. Il cessionario non
subentra nei debiti costituiti da riserve, capitale, strumenti di capitale di classe 2 e debiti subordinati di cui all’art. 52 , comma 1IV d. lgs. n. 180/2015 (art. 3, comma 1, lett. a), nei debiti (anche risarcitori) per operazioni di misselling di azioni e obbligazioni subordinate (art. 3, comma 1, lett. b) e nelle relative controversie sorte successivamente alla cessione di azienda.
I debiti da operazioni di misselling di strumenti di capitale compiuti dalla banca cedente non possono, secondo la disciplina di diritto speciale di cui al d.l. n. 99/2017, gravare sul cessionario (arg. ex Corte cost., n. 225/2022), che non ne risponde (Cass., n. 35820/2023), dovendosi ritenere escluso dal perimetro di cessione ex art. 3, comma 1, d.l. n. 99/2017 il credito risarcitorio dell’investitore, fondato sulla violazione dei doveri di informazione gravanti sull’intermediario cedente.
25. Analogamente il diritto dell’Unione, nell’ambito della disciplina soggetta alla direttiva n. 2014/59/UE, dispone che osta alla suddetta direttiva che le persone che abbiano acquistato azioni nell’ambito di un’offerta pubblica di sottoscrizione emessa da un ente creditizio sottoposto a risoluzione possano, a seguito della svalutazione integrale degli strumenti di capitale del medesimo, proporre contro l’entità succeduta all’ente creditizio insolvente un’azione di responsabilità fondata sul misselling (CGUE, 5 maggio 2022, Banco Santander, C-410/20, punti 33, 45-48), comparando come floor il trattamento riservato agli investitori in caso di liquidazione (art. 34, par. 1. lett. g) Dir. 2014/59/UE, art. 52, comma 2, d. lgs. n. 180/2015). Negli stessi termini, coloro che hanno acquistato strumenti di capitale convertiti in azioni di un ente creditizio sottoposto a risoluzione non possono intentare nei confronti dell’ente creditizio a questo succeduto un’azione di responsabilità per informazioni carenti, né un’azione di nullità del
contratto di acquisto degli strumenti di capitale (CGUE, 5 settembre 2024, M.S.G., C-775/22, C-779/22 e C-794/22, punti 62, 65).
26. I casi di cui ai punti precedenti sono dunque diversi dal caso di specie. In quei casi si trattava di azioni risarcitorie proposte dagli azionisti nei confronti della banca cessionaria e, quindi, di debiti attinenti alla commercializzazione di azioni a debito della banca cedente, ovvero di azioni volte ad accertare la nullità del contratto di commercializzazione degli strumenti di capitale, le quali vanno proposte nei confronti della banca cedente nelle forme del concorso formale. La salvaguardia della banca cessionaria rispetto ad azioni risarcitorie o di nullità da misselling è elemento coessenziale alla regola della condivisione degli oneri, sollevando il cessionario da pretese degli ex azionisti e degli obbligazionisti subordinati. In questo sta la « funzione protettiva» dell’art. 3, comma 1, d.l. n. 99/2017 dalle passività maturate, analogamente a quanto dispone in materia di salvataggio interno l’art. 53, par. 3, Dir. 2014/59/UE.
27. Nel caso di specie si tratta invece di partite a credito della banca cessionaria, sottratte al divieto assoluto di cessione e che subiscono gli effetti della propagazione della nullità del contratto presupposto. I crediti restitutori del cessionario (mutuo) discendono da un contratto a esso collegato (acquisto di azioni), nullo per violazione di norma imperativa (art. 2358 cod. civ.) che, pur attinenti a un contratto (autonomo e distinto) di acquisto delle azioni, subiscono le sorti del contratto collegato (Cass., n. 13888/2015). Il contratto di mutuo (per la parte per la quale è accertato il collegamento negoziale con l’acquisto delle azioni proprie a debito) soggiace di riflesso agli effetti della nullità del titolo collegato (acquisto di azioni proprie in violazione del divieto di assistenza finanziaria) e ne subisce retroattivamente l’accertamento della nullità , anche in relazione alla conseguente
domanda di accertamento dell’ indebito oggettivo, con decorrenza dal pagamento (Cass., n. 32694/2024; Cass., n. 15669/2011; Cass., n. 7651/2005), come se quel credito mai fosse entrato nel perimetro di cessione. L’accertamento della propagazione della nullità parziale ex tunc al contratto di mutuo della nullità del contratto di acquisto di azioni proprie a debito comporta che quel titolo negoziale, una volta accertatane la nullità, non può produrre i suoi effetti nei confronti del cessionario, non essendo tale nullità inibita dalla cessione delle attività della banca cedente al cessionario a termini del l’art. 3, comma 1 d.l. n. 99/2017.
28. Se, pertanto, la responsabilità risarcitoria per l’acquisto delle azioni proprie compete a VB, quella relativa alla sterilizzazione del contratto di mutuo collegato – per effetto della propagazione al contratto di mutuo fondiario della originaria nullità relativa all’acquisto delle azioni della banca in violazione della disciplina di assistenza finanziaria – compete al cessionario ISP.
29. La lettura estensiva che i ricorrenti propugnano dell’art. 3, comma 1, lett. b) d.l. n. 99/2017 – secondo cui il divieto di cessione delle passività (debiti) derivanti dalla cessione delle azioni in violazione dell’art. 2358 cod. civ. si estenderebbe anche alle partite a credito (mutuo), rendendole insensibili a eventuali azioni dei debitori ceduti volte a far valere la nullità del contratto collegato – non convince, in quanto estranea all’interpretazione letterale dell ‘art. 3 d.l. n. 99/2017 .
30. Né può essere condivisa l’argomentazione (spesa da entrambi i ricorrenti) secondo cui non potrebbe operare la compensazione tra il debito restitutorio di VB da negoziazione di azioni in violazione dell’art. 2358 cod. civ. e il debito restitutorio del mutuatario nei confronti di ISP, stante la diversità dei creditori (azionista e cessionario) e dei rapporti (acquisto di azioni e mutuo), l’assenza di una specifica domanda di compensazione nonché ( last
but not least ) l’irresponsabilità del cessionario per le condotte di misselling del cedente a tutela del principio di condivisione degli oneri ( burden sharing ). La sterilizzazione del debito restitutorio del mutuo in relazione alla provvista accordata per l’esecuzione dell’impegno finanziario « baciato» discende dal principio della propagazione della nullità del contratto di acquisto di azioni in violazione dell’art. 2358 cod. civ. al contratto di mutuo.
31. L’interpretazione dei ricorrenti appare inoltre estranea alla finalità di evitare l’azzardo morale per gli azionisti di spostare la perdita del valore delle azioni sul cessionario. La regola del burden sharing impone una condivisione degli oneri agli investitori che hanno investito risorse negli strumenti di capitale della banca (Comunicaz. Commissione UE, 2013/C, cit. punto 15), i quali contribuiscono all’assorbimento delle perdite con il capitale disponibile, al fine di ridurre gli aiuti di Stato al minimo necessario (Comunicaz., cit., punti 16, 19). Nel caso di specie, il mutuatarioinvestitore non intende rientrare del proprio investimento, ma si limita a chiedere la depurazione del debito restitutorio di un mutuo in relazione alla provvista finanziaria accordata per l’acquisto di azioni proprie della banca, indipendentemente dalla violazione o meno degli obblighi informativi sulla rischiosità del prodotto.
32. Né può dedursi disparità di trattamento tra gli azionisti che hanno perso il valore dell’investimento di capitale con fonti proprie rispetto a coloro che, come nella specie, lo hanno fatto con risorse della banca cedente. I primi non possono, difatti, invocare la nullità dell’acquisto delle azioni in violazione del disposto dell’art. 2358 cod. civ., che è, invece, antecedente logico della domanda di accertamento negativo proposta, in conformità al principio secondo cui « gli azionisti che abbiano subito danni a causa di una colpa della società commessa prima o al momento dell’acquisto delle azioni della medesima non si trovano in una situazione identica a
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quella degli azionisti della stessa società la cui situazione giuridica non sia stata pregiudicata da detta colpa» (CGUE, 19 dicembre 2013, Hirmann, C-174/12, punto 309).
33. Appare, pertanto, distonico ritenere che una norma di legge di diritto speciale, finalizzata a disincentivare comportamenti di ingiustificato incremento del rischio morale ( moral hazard ) di azionisti che facciano ricorso all’acquisto di prodotti ad alto rischio senza sopportarne le conseguenze economiche, scaricandole sul terzo che prosegua l’attività bancaria , possa essere interpretata estensivamente negando per il cessionario ISP l’effetto della propagazione della nullità dell’acquisto di azioni in violazione del divieto di assistenza finanziaria al credito restitutorio del mutuo collegato all’acquisto delle azioni , la cui nullità opera ex tunc indipendentemente dal soggetto che ha interesse ad agire per l’esecuzione del mutuo.
34. Lo schermo protettivo dell’art. 3, comma 1, d.l. n. 99/2017 -in armonia con il principio della condivisione degli oneri, volto a ridurre al minimo l’impatto degli aiuto di Stato in caso di bail out -comporta, pertanto, nelle « operazioni baciate», l’irresponsabilità del cessionario per i debiti connessi alla indebita commercializzazione di azioni e obbligazioni subordinate ascrivibili ai comportamenti del cedente, ma non rende il cessionario insensibile alla propagazione della nullità dell’operazione di finanziamento, nella parte in cui sia accertato il collegamento negoziale tra l’operazione di finanziamento e l’acquisto di azioni.
35. Va, pertanto, enunciato il seguente principio di diritto:
« Nelle cd. ‘ operazioni baciate ‘ , nulle nel loro complesso ai sensi dell’art. 2358 cod. civ., l’acquirente dei titoli azionari che abbia contratto un mutuo con una delle banche venete per l’acquisto delle azioni proprie di queste è legittimato a proporre nei confronti del cessionario dell’azienda bancaria individuato a termini degli
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artt. 2 e 3 d.l. n. 99/2017 l’azione di accertamento negativo del credito suscettibile di essere vantato da essa quale cessionaria della posizione creditoria delle banche mutuanti, non essendo le relative posizioni creditorie comprese nel novero delle fattispecie escluse dal trasferimento ai sensi dell’art. 3 lett. b) d.l. n. 99/2017 in quanto limitate – quelle fattispecie escluse – ai soli debiti delle banche cedenti e non anche ai crediti delle stesse ».
36. I ricorsi vanno rigettati, con raddoppio del contributo unificato. L’assoluta novità della questione comporta la compensazione integrale delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale; dichiara integralmente compensate tra le parti le spese processuali del giudizio di legittimità; a i sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, comma 17 l. n. 228 /2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 24/06/2025.