Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 17034 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 17034 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26110/2022 R.G. proposto da: difesi
COGNOME rappresentati e dall’avvocato COGNOME
– ricorrenti –
contro
COGNOME nonché, nella loro qualità di eredi di COGNOME NOME, COGNOME E COGNOME tutti rappresentati e difesi da ll’avvocato COGNOME unitamente all’avvocato COGNOME
– controricorrenti –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI ANCONA n. 947/2022, depositata il 15/07/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con contratto preliminare del 31.12.1997, NOME COGNOME e COGNOME NOMECOGNOME quali esecutori testamentari della defunta NOME COGNOME promettevano di vendere a COGNOME e NOME COGNOME una serie di fondi rustici provenienti dal patrimonio della defunta.
Tra questi, veniva promesso in vendita un lotto, denominato 5b, consistente in una casa colonica insistente su un terreno di circa 5.000 mq oggetto di un giudizio petitorio pendente, incardinato dall’erede del mezzadro che si dichiarava proprietaria per intervenuta usucapione.
Adempiuta parzialmente l’obbligazione di trasferire i terreni, per regolare la situazione determinata dal contenzioso in atto relativo al lotto 5b, in data 14.12.1998 interveniva un’ulteriore scrittura privata tra le medesime parti, cui si aggiungeva la coerede testamentaria NOME COGNOME ad integrazione e modifica della precedente scrittura, che prevedeva lo stralcio del prezzo della porzione di immobile controverso, pari a vecchie Lire 480.000.000 (corrispondenti a €. 247.899,31), dal pagamento del prezzo complessivo, in attesa della definizione del contenzioso.
Definito il giudizio petitorio in favore dei promittenti venditori nel 2015, questi ultimi invitavano i promissari acquirenti a presentarsi presso il Notaio designato per procedere al trasferimento del lotto 5/b.
Ritenendo, tuttavia, NOME COGNOME e NOME COGNOME che il valore attuale dell ‘immobile promesso in vendita fosse a di sotto della metà del prezzo riportato nella scrittura privata del 14.12.1998, adivano il Tribunale di Pesaro chiedendo la risoluzione del contratto preliminare di compravendita per eccessiva onerosità sopravvenuta.
Il giudice di prime cure rigettava la domanda degli attori, i quali impugnavano la decisione innanzi alla Corte d’Appello di Ancona che,
con la pronuncia in epigrafe, rigettava il gravame, rilevata la mancanza della richiesta prova del fatto la cui sopravvenienza ha determinato un’effettiva alterazione delle condizioni dello scambio negoziale originariamente convenuto tra le parti, e stante l’assenza del verificarsi di eventi straordinari ed imprevedibili, sebbene dalla valutazione della CTU risultasse la diminuzione del valore del fondo (€. 150.000,00) nelle more del tempo trascorso tra la stipulazione del secondo contratto preliminare e l’ invito a stipulare il contratto definitivo.
NOME COGNOME e NOME COGNOME impugnavano per la cassazione la predetta pronuncia, affidando il ricorso ad un unico motivo.
Resistevano NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
A séguito della proposta di definizione accelerata del Consigliere Delegato dal Presidente di Sezione, la ricorrente ha chiesto la decisione ex art. 380bis , comma 2, cod. proc. civ.
E’ opportuno precisare che, intervenuta decisione di questa Corte resa a Sezioni Unite (Cass. Sez. U., n. 9611 del 10.04.2024), e per le ragioni ivi chiarite, la partecipazione – quale componente del Collegio che definisce il giudizio – del Consigliere Delegato proponente, ex art. 380bis cod. proc. civ., non rileva quale ragione di incompatibilità, ai sensi dell’art. 51, comma 1, n. 4 e dell’art. 52 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ. per motivazione meramente apparente. A giudizio dei ricorrenti la prevedibilità di un evento sopravvenuto non va valutata in astratto: ai fini dell’esclusione della risoluzione del contratto occorre che l’onerosità sopravvenuta possa dirsi riconducibile al rischio normale ìnsito in ogni operazione economica. La sentenza impugnata, invece, omette di indicare qualsivoglia elemento o parametro idoneo ad evidenziare che la variazione del valore di
mercato dell’immobile oggetto del contratto preliminare, rispetto a quello stabilito dal CTU, costituisca una normale oscillazione del mercato immobiliare nel periodo in cui viene concluso l’atto; di tal ché la motivazione è obiettivamente incomprensibile.
1.1. Il motivo è infondato.
La Corte territoriale ha distinto i due aspetti precettivi della norma: il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, da un lato; il verificarsi dell’eccessiva onerosità della prestazione, dall’altro.
Richiamata la giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9314 del 11/04/2017, Rv. 643741 -03; più di recente: Cass. Sez. 2, Sentenza n. 27152 del 22/09/2023, Rv. 668984 – 01) in merito alla natura oggettiva della straordinarietà dell’evento sopravvenuto (tale da consentire analisi quantitative quali la frequenza, le dimensioni, l’intensità, suscettibili di misurazioni), e alla natura soggettiva dell’imprevedibilità (che fa riferimento alla fenomenologia della conoscenza), la Corte territoriale ha ritenuto non sussistente il carattere dell’imprevedibilità dell’evento, ossia dell’accertata diminuzione di valore del fondo promesso. Ciò in quanto, precisa la Corte, i promissari acquirenti avevano perfetta conoscenza della situazione preesistente alla sottoscrizione della scrittura integrativa, vale a dire la pendenza del contenzioso che si prospettava particolarmente lungo sia per la particolarità della materia (azione di rilascio) sia per la durata media dei procedimenti civili nello scorso ventennio (v. sentenza p. 7, 1° capoverso).
Tanto precisato, la Corte osserva -con riferimento all’eccessiva onerosità della prestazione – che i promissari acquirenti non hanno fornito la richiesta prova «del fatto la cui sopravvenienza abbia determinato un’effettiva alterazione delle condizioni dello scambio negoziale originariamente convenuto tra le parti» (v. sentenza p. 7, 2°
capoverso), atteso che «un certo squilibrio tra le prestazioni è da ritenersi tollerato e costituisce la normalità per la natura dell’accordo » (v. sentenza p. 7, righi 15-18).
1.2. Con questi passaggi la Corte ha completato l’esame del caso con riferimento alla fattispecie di cui all’art. 1467 cod. civ.: dunque, l’argomentazione non si presenta affatto apparente o incomprensibile, del vizio che ricorre quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (v. tra le tante: (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 23123 del 28/07/2023, Rv. 668609 -01; Cass Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023, Rv. 666639 -01; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022, Rv. 664061; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019, Rv. 654145; Cass. Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526; Cass. Sez. U, Sentenza n. 16599 del 2016).
Peraltro, il giudice di seconde cure ha correttamente addossato agli originari attori che avevano domandato la risoluzione del contratto preliminare l’onere di indicare ex art. 2697 cod. civ. gli elementi dell’accordo negoziale idonei ad evidenziare che la variazione del valore di mercato dell’immobile oggetto del contratto preliminare, rispetto a quello stabilito dal CTU (€. 150.000,00 invece dell’originario prezzo pari a €. 247.899,31), costituisse un’oscillazione del mercato immobiliare tale da discostarsi, superandola in maniera eccessiva, dalla normale alea contrattuale.
In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza come da dispositivo.
Essendo la decisione resa nel procedimento per la definizione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380bis cod. proc. civ. (novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), con formulazione di istanza di decisione ai sensi dell’ultimo comma della norma citata, e il giudizio definito in conformità alla proposta, parte ricorrente deve essere, inoltre, condannata al pagamento delle ulteriori somme ex art. 96, commi 3 e 4 cod. proc. civ., sempre come liquidate in dispositivo (sulla doverosità del pagamento della somma di cui all’art. 96, comma 4, cod. proc. civ. in favore della Cassa delle Ammende: Cass. S.U. n. 27195/2023).
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in €. 5.500,00 per compensi, oltre ad €. 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.
Condanna altresì parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 3 cod. proc. civ., al pagamento a favore della parte controricorrente di una somma ulteriore di € . 2.500,00 equitativamente determinata, nonché -ai sensi dell’art. 96, comma 4 cod. proc. civ. – al pagamento della somma di €. 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda