Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 13485 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 13485 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15867/2021 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME E COGNOME -ricorrenti- contro
COMUNE DI BRENDOLA IN PRESONA DEL SINDACO RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME
–
contro
ricorrente- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 847/2021 depositata il 30/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
NOME COGNOME e da NOME COGNOME ricorrono, con otto motivi avversati dal Comune di Brendola con controricorso, per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Venezia n.847 del 2021.
Con questa sentenza è stato affermato quanto segue:
l’originaria domanda dei ricorrenti , di condanna del Comune a rimuovere la condotta fognaria posta nelle porzioni di un terreno oggetto di due contratti di permuta stipulati inter partes nei quali i lotti erano stati ceduti dal Comune come edificabili, non poteva essere qualificata come negatoria servitutis -come era stata qualificata dal giudice di primo grado- in quanto il Comune non era stato convenuto in giudizio come titolare di una posizione giuridica dominicale ma doveva essere invece qualificata come domanda basata sui contratti essendo stato il Comune convenuto come ‘venditore’;
la domanda doveva essere respinta in quanto doveva ritenersi che gli acquirenti fossero stati a conoscenza della presenza della fognatura;
la conoscenza era infatti da presumersi posto che ‘il pozzetto di ispezione per dimensioni e ubicazione era rilevabile dagli acquirenti ‘, che una strada pubblic a è ‘ notoriamente interessata da tutti i sotto-servizi ‘ , che con la convenzione del 18.3.2000 il COGNOME e la COGNOME avevano assunto verso il Comune ‘ precisi obblighi per la costruzione della nuova strada necessaria alla riperimetrazione dei lotti ‘.
La Corte di Appello ha rigettato anche le due ulteriori domande proposte da NOME COGNOME e da NOME COGNOME per la restituzione di parte del prezzo di acquisto ex art. 1489 c.c. e per il risarcimento danni;
le parti hanno depositato memoria; considerato che:
1.con il primo motivo di ricorso si lamenta la ‘Error in procedendo ex art. 360 n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 112 c.p.c. Omessa pronuncia in punto di dedotta inammissibilità dei motivi di appello sub 1 – 2 -3 -4 -6 per novità degli stessi -Omessa motivazione (motivazione implicita meramente apparente) con conseguente nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. in combinato disposto con l’art. 118 disp. att. c.p.c. in relazione al precetto di cui ad art. 111 Cost.’. Si lamenta inoltre ‘Error in procedendo per violazione dell’art. 112 c.p.c.: omessa disamina e pronuncia sul punto -Omessa motivazione (motivazione implicita meramente apparente) con conseguente nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 n.4 c.p.c. in combinato disposto con l’art. 118 disp. att. c.p.c. in relazione al precetto di cui ad art. 111 Cost.’ Il motivo è inammissibile.
I ricorrenti rinviano all’atto di appello del Comune nel suo complesso, alla loro comparsa di costituzione in appello e alla loro comparsa conclusionale nello stesso grado, richiamando entrambe le comparse complessivamente, riportano pagine intere della loro ‘memoria di replica’, non individuano esattamente ciò su cui la Corte di Appello avrebbe dovuto pronunciarsi in termini ‘novità’ e conseguente ‘inammissibilità’ o ciò su cui la Corte di Appello avrebbe omesso di motivare.
Il motivo è formulato senza tener conto del principio per cui la denuncia di un “error in procedendo” non si sottrae al requisito della specificità (art. 366 c.p.c.) in forza del quale gli elementi ed i riferimenti che consentono di individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio suddetto devono essere rappresentati in modo preciso così da consentire alla Corte di effettuare il controllo sul corretto svolgimento dell'”iter” processuale senza compiere generali verifiche degli atti (Cass. Sez. n.23834 del 25/09/2019). Con particolare riferimento alla deduzione della questione dell’inammissibilità dell’appello, a norma
dell’art. 342 c.p.c., integrante “error in procedendo”, è stato affermato che tale deduzione, ‘che legittima l’esercizio, ad opera del giudice di legittimità, del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, presuppone pur sempre l’ammissibilità del motivo di censura, avuto riguardo al principio di specificità di cui all’art. 366, comma 1, n. 4 e n, 6, c.p.c., che deve essere modulato, in conformità alle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa COGNOME ed altri c/Italia), secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza” (Cass. n.3612 del 04/02/2022; Cass. n.11738 del 08/06/2016).
2. il secondo motivo di ricorso è così rubricato: ‘Quanto al punto 5 pag. 5 di parte motiva della sentenza: ritenuta carenza di legittimazione passiva del Comune -Violazione e/o falsa applicazione di norma di legge ex art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 143 d.Lgs. 152/2006 (c.d. Codice dell’Ambiente); art. 822 c.c.; art. 824 c.c.; art. 825 c.c.; art. 949 c.c. ed art. 1027 c.c. Erroneità della sentenza per errata individuazione della fattispecie concreta dedotta in giudizio e conseguente errore di sussunzione’.
I ricorrenti deducono di avere, con l’originario atto di citazione, invocato le norme sulla vendita e censurano l’affermazione della Corte di Appello (punto 5 pagina 5) secondo cui l’azione, ove qualificata come negatoria servitutis -così come era stata qualificata dal giudice di primo grado- non avrebbe potuto essere accolta ‘per difetto di legittimazione passiva del Comune’ posto che il Comune non era stato ‘convenuto come titolare di una
posizione giuridica dominicale’ ed ‘era stato evocato in qualità di venditore e non di titolare del preteso fondo dominante neppure indicato’.
Il motivo è inammissibile per difetto di interesse (art.100 c.p.c.) dato che, per un verso, come i ricorrenti ricordano, essi avevano evocato l’applicazione delle norme in tema di vendita e che, per altro verso, la Corte di Appello ha deciso in applicazione delle stesse norme in tema di vendita. L’affermazione censurata è un’affermazione incidentale e non espressiva della ratio decidendi;
il terzo motivo di ricorso è così rubricato: ‘Nullità della sentenza ex art. 360 n. 4 per violazione dell’art. 132 c.p.c. in combinato disposto con l’art. 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 111 Cost. per illogicità della motivazione e motivazione meramente apparente
-Mancata indicazione della fattispecie astratta (in realtà inesistente) diversa dallo ius in re aliena cui il Giudice di gravame avrebbe ritenuto riconducibile la fattispecie concreta – Violazione e/o falsa applicazione di norme di legge ex art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 840 c.c. – Violazione dei criteri di onere della prova’.
Si sostiene che la Corte di Appello, una volta escluso che si vertesse in tema di servitù, non avrebbe esplicitato ‘quale altra fattispecie dovrebbe ravvisarsi nel caso de quo e tanto meno quale ‘diritto’ se non quello della pretesa (inesistente) servitù starebbe accampando il Comune per mantenere la fognatura e resistere alla domanda dei coniugi COGNOME‘.
Il motivo è inammissibile per difetto di interesse (art. 100 c.p.c.) perché sconnesso dalla ratio della decisione.
La Corte di Appello ha rigettato la domanda degli attuali ricorrenti di condanna del Comune a rimuovere la fognatura non perché abbia riconosciuto al Comune un diritto reale, diverso dalla servitù, a mantenere la fognatura dove la stessa si trova; la Corte di Appello ha rigettato la domanda perché ha ritenuto, in una
prospettiva contrattuale, che la stessa non potesse essere accolta essendo stata la presenza della fognatura nota ai compratori al momento dell’acquisto;
4.con il quarto motivo si denuncia l” omesso esame di fatti decisivi discussi tra le parti, ex art. 360 n. 5 c.p.c. in relazione alle pretesa visibilità dell’opera’.
Si deduce che la Corte di Appello ha trascurato le fotografie prodotte da essi ricorrenti in primo grado e valorizzate invece dal tribunale che aveva affermato che era sufficiente ‘soffermarsi … sulle fotografie sub doc. 3/G e 3/H di parte attrice, per notare che il pozzetto di ispezione si trova ad un livello inferiore rispetto alla superficie stradale, sicché appare evidente che prima di iniziare gli scavi esso non fosse visibile ad occhio nudo’ .
5. con il quinto motivo di ricorso si lamenta la ‘nullità della sentenza ex art. 360 n. 4 c.p.c. con violazione dell’art. 132 c.p.c. in combinato disposto con l’art. 118 disp. att. anche in relazione all’art. 111 Cost.’.
Si deduce che l’affermazione per cui gli attuali ricorrenti avrebbero avuto conoscenza della fognatura è basata su motivazione viziata da manifesta illogicità.
6. con il sesto motivo si lamenta ‘Error in iudicando ex art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 2697 c.c. ed art. 115 secondo comma c.p.c. – Affermazione di un “notorio” in realtà inesistente – Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 n. 5 c.p.c. in relazione alla (comprovata in atti) mancata conoscenza della esistenza della fognatura anche da parte dell’ente proprietario e venditore dell’area – Error in iudicando in relazione all’art. 2729 c.c. (anche in relazione agli artt. 1362 e ss.gg. c.c.) -Violazione e/o falsa applicazione delle norme di legge in relazione ai criteri di cui all’art. 1362 c.c. e ss.gg. in punto di interpretazione dei contratti’. Si deduce che la Corte di Appello ha errato nel non rilevare che il Comune non aveva provato la visibilità del pozzetto interrato; che
Corte di Appello ha male applicato il concetto di fatto notorio laddove ha affermato che una strada pubblica dismessa è ‘notoriamente interessata da tutti i sotto -servizi’; che Corte di Appello ha omesso di esaminare il fatto, emerso dalla CTU di primo grado, che il Comune ‘non aveva disegni delle fognature oggetto del contendere’; che Corte di Appello ha illogicamente ritenuto che ‘la convinzione che gli acquirenti avessero piena conoscenza di quanto andavano ad acquistare’ potesse essere presunta dalla convenzione del 18.3.2000 che i ricorrenti ‘avevano sottoscritto assumendo verso il Comune precisi obblighi per la costruzione della nuova strada necessaria alla riperimetrazione del lotti, nel mentre il Comune si era impegnato a trasferire ai due privati l’attuale resede stradale perché potessero costruivi un capannone’;
con il settimo motivo di ricorso si lamenta ‘Violazione del principio di prudente apprezzamento del materiale probatorio di cui all’art. 116 c.p.c. -Inesistenza di elementi ‘gravi precisi e concordanti’ di cui all’ art. 2729 c.c. idonei a supportare il convincimento del Giudice di presunzione della conoscenza o comunque della conoscibilità della esistenza del pozzetto e della fognatura – Acquisita prova (o comunque prova per presunzione) della non conoscenza e non conoscibilità’.
Il motivo ripropone deduzioni e censure proposte con il motivo precedente
con l’ottavo motivo di ricorso si lamenta ‘erroneità della decisione di gravame per violazione e/o falsa applicazione ex art. 360 n. 3 c.p.c. dell’art. 1489 c.c. (anche in relazione all’art. 840 c.c.)’.
Con questo motivo i ricorrenti censurano la decisione impugnata per avere la Corte di Appello rigettato le domande di condanna del Comune ‘a rifondere agli attori a titolo di riduzione del prezzo a termini di legge e in particolare ai sensi dell’art. 1489 Codice civile l’importo di €100.000,00 o la diversa somma minore da liquidarsi
come da relazione del CTU’ e di condanna del Comune al risarcimento del danno. Ricordano che il CTU di primo grado aveva dichiarato che, ‘fino ad oggi, non sembra vi siano state limitazioni nel godimento del bene: il capannone è dato in affitto, il locale in cui è presente il tombino viene utilizzato come sua destinazione ad uso ripostiglio, il piazzale viene utilizzato come tale’ ma aveva anche aggiunto che ‘considerando il futuro sviluppo del capannone, ad esempio con un interrato proprio dentro il ripostiglio, la condotta fognaria si ritiene possa limitare il godimento del bene. La stima del minor valore dell’immobile si può paragonare alla cifra necessaria a fare una nuova condotta fognaria … cioè, 84000,00 euro’.
I motivi quarto, quinto, sesto, settimo e ottavo sono inammissibili per le seguenti ragioni:
la rimozione delle fognature era stata disposta dal giudice del primo grado in relazione alla qualificazione dell’azione come negatoria servitutis (art. 949 c.c.). Gli attuali ricorrenti, dopo che il Comune, con il proprio atto di appello, aveva contestato la decisione di primo grado per vizio di ‘ultra petizione e violazione del principio iura novit curia’ (v. sentenza impugnata pagina 4), non hanno insistito per l’accoglimento della domanda di rimozione della conduttura come conseguenza lesiva dell’originariamente dedotto inadempimento contrattuale;
i motivi non rispettano il principio di specificità (art. 366 c.p.c.) dato che non contengono la trascrizione dei contratti di permuta asseritamente rimasti inadempiuti da parte del Comune, il che preclude di verificare la legittimità della decisione impugnata alla luce, imprescindibile, del contenuto degli obblighi assunti dal Comune;
l’art. 1489 c.c. (applicabile anche alla permuta in virtù del rinvio contenuto nell’art. 1555 cc e stante il rapporto di compatibilità) dispone che ‘se la cosa venduta è gravata da oneri o da diritti
reali o personali non apparenti che ne diminuiscono il libero godimento e non sono stati dichiarati nel contratto, il compratore che non ne abbia avuto conoscenza può domandare la risoluzione del contratto oppure una riduzione del prezzo secondo la disposizione dell’art. 1480. Si osservano inoltre, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 1481, 1485, 1486, 1487 e 1488′.
I motivi mirano a rimettere in discussione l’accertamento in fatto della Corte di Appello secondo cui il pozzetto di ispezione era visibile con la conseguenza che i ricorrenti erano a conoscenza o avevano la possibilità di avere contezza della presenza della fognatura. I motivi si scontrano con il principio per cui ‘È inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito’ (Cass. Sez. n.34476 del 27/12/2019).
Per quanto poi concerne l’ottavo motivo di ricorso, lo stesso trascura l’ulteriore affermazione da cui la Corte di Appello ha fatto derivare il rigetto della domanda risarcitoria: la presenza della condotta fognaria non diminuisce il libero godimento dei beni de quibus essendo la diminuzione ‘possibile’ solo in riferimento all’eventualità di un determinato sviluppo del capannone. I ricorrenti non deducono di avere individuato un evento dannoso diverso dalla presenza delle fognature. Ciò posto, l’affermazione della Corte di Appello è ineccepibile. Le conseguenze dell’evento dannoso non possono ritenersi “in re ipsa”, atteso che altrimenti le conseguenze si identificherebbero con l’evento dannoso e verrebbe a configurarsi un ‘danno punitivo’, in contrasto sia con l’insegnamento delle Sezioni Unite (sent. n. 26972 del 2008) secondo il quale quel che rileva ai fini risarcitori è il danno-
conseguenza, che deve essere allegato e provato, sia con l’ulteriore e più recente intervento nomofilattico (sent. n. 16601 del 2017) che ha riconosciuto la compatibilità del danno punitivo con l’ordinamento solo nel caso di espressa sua previsione normativa, in applicazione dell’art. 23 Cost.
in conclusione il ricorso deve essere rigettato;
le spese seguono la soccombenza;
PQM
la Corte rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti a rifondere al Comune di Brendola le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 4000,00, per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2025.