Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11818 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 11818 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 05/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26379/2022 R.G. proposto da
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv ocato NOME COGNOME in virtù di procura speciale allegata al ricorso, ex lege domiciliato come da domicilio digitale indicato in atti;
– ricorrente –
contro
COMUNE di Rocca di Mezzo (AQ), in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’ Avv ocato
Oggetto: Responsabilità civile P.A. – Mandato – Preteso mancato pagamento del compenso Piano di Ricostruzione
post sisma.
CC 17.02.2025
Ric. n. 26379/2022
Pres. R. COGNOME
Est. I. COGNOME
NOME COGNOME in virtù di procura speciale in calce al controricorso, ex lege domiciliato come da domicilio digitale indicato in atti;
-controricorrente –
nonché contro
COMUNE DI COGNOME, in persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’ Avvocato NOME COGNOME in virtù di procura speciale in calce al controricorso, ex lege domiciliato come da domicilio digitale indicato in atti;
-controricorrente –
avverso la sentenza n.1137/2022 della Corte d’appello di L’Aquila pubblicata in data 27 luglio 2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 febbraio 2025 dalla Consigliera Dott.ssa NOME COGNOME
Ritenuto che
1. il Comune di Rocca di Mezzo proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 356/2014 con il quale il Tribunale di L’Aquila gli aveva ingiunto di pagare in favore dell’Arch itetto NOME COGNOME la somma di € 252.844,88, a titolo di compenso per le attività svolte in qualità di responsabile unico del procedimento nella progettazione dei piani di ricostruzione del Comune di Lucoli, eccependo , tra l’altro, l’insussistenza del diritto di credito preteso, il difetto di legittimazione passiva e chiedendo ed ottenendo la chiamata in causa del Comune di Lucoli;
si costituiva l’opposto COGNOME chiedendo il rigetto dell’opposizione , nonchè il Comune di Lucoli, chiamato in causa, eccependo a sua volta il difetto di legittimazione passiva e, nel merito, chiedendo la riduzione del quantum dovuto;
con sentenza n.883/2018, il Tribunale di L’Aquila accoglieva l’opposizione ; per quanto ancora di rilievo, rigettav a l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata da parte opponente, statuiva, da un lato, che l’opposto non ave va assolto all’onere
CC 17.02.2025
Ric. n. 26379/2022
Pres. R. COGNOME
Est. I. Ambrosi probatorio sullo stesso incombente in merito all’esistenza del diritto al pagamento e all’effettività delle prestazioni eseguite, dall’altro lato, riteneva che, nel caso di specie, lo strumento di pianificazione costituito da un Piano di Ricostruzione, non connesso alla realizzazione di un’opera pubblica , alla cui stesura avrebbe partecipato l’arch. COGNOME, fosse elemento già di per sé sufficiente ad escludere in radice la possibilità di affermare la sussistenza dell’obbligo per l’Amministrazione comunale di pagare il compenso previsto dall’art. 92, comma 6 del d.lgs. n. 163/2006 , oltre a sottolineare che la difesa di parte opposta non aveva depositato alcun elaborato redatto dall’arch. COGNOME, ma semplicemente le comunicazioni di richiesta dei compensi e la Convenzione per la redazione dei Piani di ricostruzione, in cui, peraltro, l’opposto non era menzionato, risultando l’Università ‘La Sapienza’ di Roma, il soggetto a cui era stata affidata la redazione degli elaborati; escludeva, infine, anche la fondatezza della domanda di manleva per cui era stato chiamato in causa il Comune di Lucoli, essendo il finanziamento dei Piani di ricostruzione attribuito ai Comuni ‘capofila’ (nella specie, l’opponente Comune di Rocca di Mezzo);
avverso la decisione di prime cure, COGNOME proponeva gravame dinanzi la Corte d’appello di L’Aquila ; si costituiva il Comune di Rocca di Mezzo proponendo, a sua volta, appello incidentale; si costituiva il Comune di Lucoli chiedendo il rigetto sia dell’appello principale che di quello incidentale;
la Corte d’appello di L’Aquila , con la sentenza qui impugnata, rigettava sia l’appello principale che l’ incidentale e condannava COGNOME a rifondere le spese di lite in favore del Comune di Rocca di Mezzo, e quest’ultimo a rifondere le spese in favore del Comune di Lucoli;
avverso la sentenza d’appello, NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico mezzo
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Ric. n. 26379/2022
Pres. R. COGNOME
Est. I. Ambrosi d’impugnazione; hanno resistito con distinti atti di controricorso sia il Comune di Rocca di Mezzo che quello di Lucoli;
la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale del 17 febbraio 2025 ai sensi dell’art. 380 -bis 1 c.p.c.;
la parte ricorrente ed entrambe le parti controricorrenti hanno depositato distinte e rispettive memorie.
Considerato che
1. con l’unico motivo di ricorso, il ricorrente NOME COGNOME denuncia la ‘ in relazione all’art. 360, primo comma, n.4 c.p.c., la nullità della impugnata sentenza per violazione degli artt. 112, 116 e 132 c.p.c. per omessa pronuncia sulla domanda ritualmente e inequivocabilmente formulata nel l’ atto di appello ‘; in particolare, il ricorrente contesta che la Corte d’appello, condividendo quanto già affermato dal Tribunale, aderendo ad un ‘ Parere ‘ del 2015 (dell’Ufficio speciale per la Ricostruzione dei Comuni del Cratere) nonché ‘a diverse pronunce della Corte dei Conti ‘ , non precisate, ha ritenuto che l’appellante non avesse provato il fondamento della domanda;
viceversa, dagli atti emergerebbe, a parere del ricorrente, dimostrazione del contrario: che l’Università, nella formazione dei Piani, avrebbe svolto solo un lavoro di supporto agli uffici tecnici comunali, i quali avrebbero provveduto alla formulazione, redazione e firma di detti piani, come ammesso dallo stesso Comune di Lucoli (nel caso di specie, la firma sarebbe dell’Arch. COGNOME, unico tecnico presente nella struttura del Comune, nominato RUP del procedimento); – la notula degli incentivi sarebbe stata calcolata direttamente dal Comune di Lucoli, e non dal ricorrente, e da questo inviata in data 28.09.2012 al Comune di Rocca di Mezzo ‘Sindaco Coordinatore dell’Area Omogenea n. 9’; – nella nota del Comune di Rocca di Mezzo sugli incentivi spettanti al Responsabile Unico del Procedimento, datata 22 marzo 2012 prot. 0002124, l’ente territoriale non avrebbe
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Est. I. COGNOME
contestato in alcun modo la spettanza delle somme dovute all’Arch. COGNOME limitandosi solamente a contestarne l’ammontare; – con determinazione del Segretario Comunale n. 38 del 5 maggio 2011, il Comune di Lucoli COGNOME era stato nominato Responsabile Unico del Procedimento per formazione ed approvazione dei Piani di Ricostruzione, dando atto che lo stesso avrebbe svolto l’incarico ‘secondo le modalità dell’art. 10 D. Lgs n. 163/2006’ e ricevuto ‘gli incentivi di cui all’art. 92 del D.Lgs. n. 163/200 6’ ; – di aver dimostrato di essersi dimesso dal l’incarico di RUP ma che le dimissioni furono respinte dal Comune di Lucoli e di non aver soltanto affiancato o coordinato, ma contribuito alla progettazione e realizzazione del piano , essendo l’unica figura professionale idonea a compiere tali incombenti, compresa la firma, con assunzione delle relative responsabilità;
parte ricorrente riporta infine un arresto della Corte di Giustizia della UE (20/06/2013 -C 352/2012) in tema di appalti pubblici e un precedente del TAR Abruzzo (sentenza n.476/2014);
l’unico motivo di ricorso, si rivela inammissibile rispetto a ciascuna delle censure prospettate e sopra sinteticamente riassunte, sotto diversi profili;
innanzitutto, il ricorrente con il motivo in esame non si confronta con la effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata, dal momento che non vi è stata alcuna “omessa pronuncia” sul motivo di gravame relativo alla erronea interpretazione delle risultanze istruttorie, ma la declaratoria di infondatezza dello stesso, sul presupposto che dalle risultanze probatorie emerse nel giudizio di primo grado risultava evidente che l’appellante non avesse assolto all’onere probatorio sia sull’esistenza del diritto al pagamento sia sull’effettività delle prestazioni eseguite;
trova applicazione, in relazione al motivo in esame, il principio secondo cui la “proposizione, con il ricorso per
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cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al «decisum» della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366, n. 4), cod. proc. civ., con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio” (Cass. Cass. Sez. 6-1, ord. 7/07/2017 n. 20910, Sez. 6-3, 03/07/2020 n. 13735);
parimenti inammissibile la denunciata violazione di legge degli artt. 112, 116 e 132 c.p.c., che viene soltanto genericamente evocata nella rubrica del motivo ma affatto spiegata in ricorso;
il motivo è del tutto inidoneo ad essere ricondotto al paradigma dell’art. 132, secondo comma n. 4 c.p.c., giacché evoca elementi aliunde rispetto alla motivazione della sentenza impugnata, il che è escluso dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass., Sez. Un., n. 8053 e 8054 del 2014);
con riferimento alla evocata violazione o di falsa applicazione dell’art. 116 cod. proc. civ. va rammentato che tale censura non può dedursi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (v. Cass., 11892/2016, cit.; 8 ottobre 2019, n. 25027; 31 agosto 2020, n. 18092; 22 settembre 2020, n. 19798; Cass., sez. un., 30 settembre 2020, n. 20867);
ebbene, nessuna delle doglianze avanzate dal ricorrente rientra nell’ambito prospettato , volgendosi tutte, in definitiva, a sindacare nel merito l’apprezzamento delle risultanze istruttorie effettuato dal giudice, e così finendo per risultare radicalmente inammissibili, sulla scorta dell’insegnamento giurisprudenziale per cui ‘il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei
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giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione’ ( tra tante, Cass. Sez. 5, 22/11/2023 n. 32505);
3. il ricorso va dichiarato inammissibile;
le spese del presente giudizio seguono il principio della soccombenza e si liquidano come da dispositivo;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis del citato art. 13, ove dovuto (Cass. Sez. U. 20/02/2020 n. 4315).
Per questi motivi
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore delle parti controricorrenti che si liquidano, in favore di ciascuna, in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie al 15% ed accessori di legge;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis del citato art. 13, ove dovuto.
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Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione