Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7731 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7731 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26040/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
AZIENDA OSPEDALIERA OSPEDALI RIUNITI NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 954/2022 depositata il 22/03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
La società RAGIONE_SOCIALE, in qualità di cessionaria di crediti riguardanti forniture di prodotti sanitari, farmaceutici o di prestazioni di servizi, richiedeva al Tribunale di Milano un decreto ingiuntivo nei confronti dell’Azienda ospedaliera Papardo, notificato il 15 settembre 2015, per il pagamento della somma di euro 780.891,72, oltre spese interessi di mora ai sensi degli articoli 4 e 5 del decreto legislativo n. 231 del 2002.
Avverso tale decreto proponeva opposizione l’azienda ospedaliera formulando eccezioni preliminari e contestando l’esistenza del credito a fronte di pagamenti intervenuti prima della emissione del decreto ingiuntivo. Si costituiva l’opposta riconoscendo pre liminarmente il parziale pagamento da parte dell’opponente e dando atto che alla data del 20 aprile 2016 il credito si era ridotto ad euro 20.452,69, oltre interessi. Concludeva per il rigetto della opposizione ovvero, in via subordinata, per la condanna d ell’azienda opponente al pagamento della somma residua, oltre alle spese anche ex articolo 96 c.p.c. Nelle more del giudizio l’opposta dava atto della ulteriore riduzione del credito ad euro 6387,21.
Il Tribunale di Milano, con sentenza del 2 dicembre 2019, rigettate le eccezioni preliminari accoglieva l’opposizione, rilevando gravi carenze assertive da parte dell’opposta dalle quali derivava l’impossibilità di comprendere quali fossero i soggetti cede nti e i crediti ceduti all’opposta. Dava atto dell’intervenuto parziale pagamento che, comunque, non consentiva di individuare i tempi e le fatture di riferimento di tali pagamenti e rigettava la domanda ai
sensi dell’articolo 96 c.p.c. Revocava il decreto e respingeva interamente le domande dell’opposta condannandola al pagamento delle spese di lite.
Avverso tale decisione proponeva appello in data 7 settembre 2020 RAGIONE_SOCIALE sostenendo di avere rispettato l’onere di allegazione gravante sulla opposta. Insisteva per le istanze istruttorie e per la condanna ai sensi dell’articolo 96, terzo comma, c. p.c.
Si costituiva l’azienda ospedaliera contestando il motivo di impugnazione.
La Corte d’ Appello di Milano con sentenza del 22 marzo 2022 respingeva l’impugnazione con condanna della società appellante al pagamento delle spese di lite.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Banca RAGIONE_SOCIALE affidandosi a un articolato motivo. Resiste con controricorso l’Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Papardo, Piemonte, Messina.
Con provvedimento del 30 gennaio 2024, notificato il 21 febbraio, è stata proposta la definizione anticipata del ricorso ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c.
La ricorrente, con istanza del 21 marzo 2024, deduce che la proposta non contiene l’allegato e pertanto chiede l’assegnazione di un nuovo termine di 40 giorni.
Motivi della decisione
Va pregiudizialmente osservato che l’istanza del difensore del 21 marzo 2024 va qualificata quale tempestiva richiesta di opposizione, validamente formata e ciò consente la trattazione del giudizio ex art. 380 bis c.p.c.
Con unico complesso motivo la ricorrente denunzia, ai sensi dell’articolo 360, n. 3 c.p.c., la violazione di articoli 115, 634, 638 e 125 c.p.c. per avere la c orte d’appello asseritamente statuito omettendo le risultanze derivanti dagli atti prodotti nel ricorso per decreto ingiuntivo nella causa di opposizione (estratto autentico
notarile, cessioni del credito e fatture e allegato A relativo alla situazione contabile aggiornata al 20 aprile 2016 e prospetto fatture non saldate al 21 aprile 2016).
Sotto un secondo profilo lamenta, ai sensi dell’articolo 360, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per omessa valutazione della documentazione prodotta dal ricorrente nel procedimento monitorio e nella causa di opposizione.
Infine deduce, ai sensi dell’articolo 360, n. 5 c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio costituito dalla allegazione dei titoli posti a fondamento dei crediti ceduti e l’indicazione delle singole prestazioni oggetto delle fatture, con preciso riferimento alla scadenza dei termini di adempimento e alla esatta quantificazione del credito ingiunto.
La ricorrente deduce di avere prodotto in giudizio la documentazione idonea alla emissione del decreto ingiuntivo.
Nel giudizio di opposizione, oltre all’estratto autentico notarile l’opposta avrebbe depositato la situazione contabile aggiornata e il prospetto delle fatture non saldate con l’indicazione dei dati identificativi di ogni fattura, specificando la riduzione del credito intervenuta in corso di causa, oltre ad una serie di documenti elencati alle pagine 13 e 14 del ricorso relativi anche alla cessione di credito. La Corte territoriale non avrebbe esaminato gli atti di cessione prodotti e l’allegato depositato con la comparsa di costituzione. Conclude chiedendo l’accoglimento del ricorso e, in via subordinata, la condanna dell’Azienda ospedaliera al pagamento della residua somma di euro 4653,13 alla data del 26 luglio 2021.
Va anzitutto osservato che le proposte doglianze sono inammissibili là dove risulta denunziato l’ omesso esame di un fatto storico ai sensi dell’articolo 360, n. 5 c.p.c., ricorrendo nella specie l’ipotesi di doppia conforme, e cioè di decisione fondata sui medesimi presupposti fattuali.
In questo caso l’articolo 348 ter ultimo comma c.p.c. non consente il ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 360, n. 5 c.p.c. Per evitare la declaratoria di inammissibilità parte ricorrente avrebbe dovuto dimostrare che le sentenze di merito si fondano su presupposti di fatto differenti. Alcun elemento in tal senso è presente nel ricorso.
Per il resto, le altre doglianze sono inammissibili perché sotto l’apparente violazione degli articoli 115, 634 e 638 c.p.c. la ricorrente in realtà censura la motivazione della c orte d’appello nella parte in cui, dopo avere valutato il materiale probatorio, conformemente a quanto ritenuto dal giudice di prime cure ha affermato che la parte onerata non avesse assolto tale onere.
Prospettata in questi termini, la censura si sostanzia in realtà in una doglianza di erroneo apprezzamento de ll’esito della prova, in sede di legittimità sindacabile esclusivamente ai sensi dell’articolo 360, n. 5 c.p.c. (Cass, n. 38202020). Ipotesi, quest’ultima, non azionabile per quanto già detto in tema di doppia conforme.
Nella sostanza il motivo censura il risultato dell’attività svolta dal giudice di appello in ordine alla valutazione e all’apprezzamento dei fatti e delle risultanze probatorie, richiedendo, pertanto, alla Corte di legittimità una inammissibile nuova analisi del merito della causa, incompatibile con il principio per cui l’espletamento di tale attività costituisce prerogativa esclusiva del giudice di merito.
La Corte d’appello ha correttamente evidenziato che in sede monitoria l’opposta si era limitata a produrre l’estratto autentico notarile del libro giornale della banca. A seguito dell’opposizione ha integrato tale documentazione con le fatture e i documenti di trasporto relativi ai crediti ceduti. Non ha mai prodotto l’atto di cessione di crediti e non ha specificato alcunché circa i singoli titoli posti a fondamento del credito azionato. Quale attrice sostanziale avrebbe dovuto individuare in maniera puntuale i crediti ceduti e i soggetti cedenti, oltre che le fatture saldate e quelle non saldate e i
relativi tempi, al fine di consentire al giudice di valutare la fondatezza delle pretese creditorie.
Non è sufficiente, continua la c orte d’appello, la semplice produzione di documenti in assenza di allegazioni precise e puntuali in merito alle cessioni che costituiscono la fonte del credito e in merito ai consistenti pagamenti, pacificamente eseguiti dall’azienda. Anche in appello l’at trice sostanziale si è limitata a dedurre che il residuo importo dovuto ammonterebbe ad euro 4653 per capitale e 94.373 per interessi, senza fornire informazioni sulle fatture.
Come correttamente evidenziato dalla controricorrente e riportato anche dalla resistente (che non ne ha colto gli effetti processuali), ‘la società cessionaria non ha assolto al proprio onere di allegazione e prova dell’esistenza del credito ingiunto, ment re la società opponente ha specificamente allegato e provato i fatti estintivi di una parte dei crediti ingiunti e ha contestato la ricezione di una serie di fatture’, aggiungendo che ‘l’opposta, nel costituirsi nel giudizio di opposizione, non ha preso specificamente posizione sulle contestazioni di parte opponente, rendendo in tal modo pacifiche le contestazioni sollevate da parte opponente sensi dell’articolo 115 c.p.c.’.
Conseguentemente la corte territoriale ha applicato al caso concreto i principi giurisprudenziali in tema di non contestazione con gli effetti processuali che neppure in questa sede sono stati contrastati.
Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 3.200 ,00, di cui euro 3.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte