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Onere della riserva: la Cassazione chiarisce i limiti

La Cassazione stabilisce che il mancato rispetto dell’onere della riserva in un appalto pubblico comporta la decadenza da ogni pretesa, incluse quelle per danno extracontrattuale. La Corte ha cassato la decisione d’appello che aveva erroneamente ritenuto una domanda di risarcimento svincolata dalla tardività delle riserve, affermando che la tardività preclude l’esame di qualsiasi pretesa collegata, a prescindere dal titolo giuridico invocato.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della Riserva negli Appalti: Se Tardiva, Niente Risarcimento

Negli appalti pubblici, la formalità è sostanza. L’onere della riserva rappresenta uno degli istituti più cruciali per la gestione delle controversie economiche tra stazione appaltante e impresa esecutrice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce con forza un principio fondamentale: il mancato rispetto dei termini per l’iscrizione delle riserve comporta la decadenza da qualsiasi pretesa, comprese quelle avanzate a titolo di danno extracontrattuale. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Contenzioso

Una società di costruzioni stipulava un contratto d’appalto con la principale azienda ferroviaria nazionale per la realizzazione di un sottovia veicolare. Durante l’esecuzione dei lavori, l’impresa iscriveva cinque diverse riserve per ottenere il pagamento di maggiori oneri derivanti da varie cause: ritardo nell’inizio dei lavori, anomalo andamento del cantiere, aumento dei costi delle materie prime e del carburante, e ritardi nel collaudo.

In giudizio, l’impresa chiedeva il pagamento delle somme indicate nelle riserve e, in via subordinata, il risarcimento del danno per arricchimento senza causa o per fatto illecito ai sensi dell’art. 2043 del codice civile.

Le Decisioni dei Giudici di Merito

Il percorso giudiziario del caso è stato caratterizzato da decisioni contrastanti, che hanno reso necessario l’intervento della Suprema Corte.

La Sentenza del Tribunale

Il Tribunale di primo grado, pur dichiarando inammissibili per tardività la maggior parte delle riserve, accoglieva la domanda subordinata dell’impresa. Condannava la stazione appaltante a un cospicuo risarcimento del danno, ritenendo che le ragioni alla base delle riserve tardive potessero comunque fondare una pretesa basata su un fatto illecito (responsabilità extracontrattuale).

La Decisione della Corte d’Appello

La stazione appaltante impugnava la sentenza, ma la Corte d’Appello rigettava il ricorso. Secondo i giudici di secondo grado, l’appello non era sufficientemente specifico. La stazione appaltante, a loro dire, si era concentrata sulla tardività delle riserve (aspetto contrattuale) senza contestare adeguatamente la condanna per responsabilità da fatto illecito, che il Tribunale aveva considerato come un titolo di pretesa autonomo.

L’importanza dell’onere della riserva secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso della stazione appaltante, ha completamente ribaltato la visione della Corte d’Appello, commettendo, secondo i giudici di legittimità, un error in procedendo.

Il punto centrale della decisione è che l’onere della riserva in un appalto pubblico ha una portata generale e assoluta. Esso non serve solo a tutelare esigenze contabili, ma a garantire alla Pubblica Amministrazione la possibilità di esercitare un controllo costante sui costi dell’opera e di valutare l’opportunità di proseguire o recedere dal contratto. L’istituto della riserva è il veicolo procedurale obbligatorio attraverso cui l’appaltatore deve far valere qualsiasi pretesa economica aggiuntiva che sorga durante l’esecuzione dei lavori.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha chiarito che questo onere non distingue tra il titolo giuridico della pretesa: che si tratti di maggiori compensi contrattuali, indennizzi, rimborsi o risarcimento danni (anche derivanti da fatto illecito), la via maestra è sempre e solo l’iscrizione di una tempestiva riserva. Se l’appaltatore non adempie a tale onere entro i termini previsti, decade dal diritto di far valere quella pretesa, in qualsiasi sede e a qualsiasi titolo.

Di conseguenza, la Corte d’Appello ha errato nel considerare la domanda di risarcimento ex art. 2043 c.c. come qualcosa di slegato e autonomo dalla sorte delle riserve. Poiché il Tribunale aveva accertato la tardività delle riserve, avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità di tutte le pretese in esse contenute, senza poterle “recuperare” sotto la diversa veste del danno extracontrattuale. L’appello della stazione appaltante, che contestava proprio questa contraddizione, era quindi pienamente specifico e avrebbe dovuto essere accolto.

Le conclusioni

La decisione riafferma la perentorietà dell’onere della riserva negli appalti pubblici. Le imprese devono prestare la massima attenzione alla tempestiva formalizzazione delle proprie doglianze nei documenti contabili. Qualsiasi ritardo comporta la decadenza insanabile dal diritto, impedendo al giudice di esaminare nel merito la fondatezza della richiesta, a prescindere dalla sua qualificazione giuridica. Per le stazioni appaltanti, questo principio garantisce certezza e controllo sulla spesa pubblica. La sentenza è stata cassata con rinvio alla Corte d’Appello, che dovrà attenersi a questo fondamentale principio di diritto.

Cosa succede se un’impresa non iscrive una riserva tempestivamente in un appalto pubblico?
Secondo la Corte di Cassazione, l’impresa perde il diritto di far valere la propria pretesa economica (decadenza). Questo divieto è assoluto e impedisce al giudice di esaminare la richiesta nel merito.

Una richiesta di risarcimento per fatto illecito (ex art. 2043 c.c.) può essere accolta se la riserva collegata è stata presentata in ritardo?
No. La sentenza chiarisce che l’onere della riserva si applica a tutte le pretese economiche dell’appaltatore, indipendentemente dal titolo giuridico invocato, sia esso contrattuale o extracontrattuale. La tardività della riserva preclude anche la domanda subordinata di risarcimento danni per le stesse ragioni.

Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto che l’atto di appello della stazione appaltante fosse specifico e corretto?
Perché la stazione appaltante aveva correttamente censurato la contraddizione della sentenza di primo grado, la quale, dopo aver dichiarato tardive le riserve, aveva comunque concesso un risarcimento basato sulle medesime ragioni. Contestando la decadenza del diritto, l’appello investiva implicitamente ma chiaramente anche la domanda subordinata, rendendolo specifico e meritevole di accoglimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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