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Onere della prova vizi: chi deve dimostrarli?

Una società acquirente ha citato in giudizio il fornitore per difetti nel calcestruzzo ricevuto, chiedendo la risoluzione del contratto. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8448/2024, ha rigettato il ricorso, confermando che l’onere della prova vizi spetta interamente al compratore. La Corte ha chiarito che il venditore non è tenuto a fornire una ‘prova contraria’ dell’assenza di difetti, poiché la sua è un’obbligazione di garanzia e non di prestazione. La decisione sottolinea come la valutazione delle prove, come le perizie di parte, rientri nella discrezionalità del giudice di merito.

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Onere della Prova Vizi: la Cassazione fa chiarezza su chi deve dimostrare i difetti

Quando si acquista un bene che si rivela difettoso, sorge una domanda cruciale: a chi spetta dimostrare la presenza del vizio? La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 8448 del 28 marzo 2024, fornisce una risposta definitiva, consolidando un principio fondamentale in materia di compravendita. Il caso in esame riguarda l’onere della prova vizi e stabilisce che tale onere grava interamente sul compratore che intende far valere la garanzia.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un contratto di fornitura di calcestruzzo. Una società acquirente, dopo aver ricevuto il materiale, ne contestava la qualità, ritenendolo viziato e inidoneo all’uso pattuito. Di conseguenza, avviava un’azione legale per ottenere la risoluzione del contratto. In primo grado, il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda, dichiarando la risoluzione contrattuale per inadempimento della società venditrice.

La società fornitrice, tuttavia, proponeva appello. La Corte d’Appello ribaltava la decisione, respingendo la richiesta di risoluzione. Il giudice di secondo grado, richiamando un importante precedente delle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 11748/2019), affermava che l’onere di provare l’esistenza dei difetti lamentati gravava sul compratore. Nel caso specifico, le prove addotte dall’acquirente (una perizia chimica eseguita unilateralmente) venivano giudicate insufficienti, non avendo valore di prova piena ma al massimo di mero indizio.

Il Ricorso in Cassazione e l’onere della prova vizi

Contro la sentenza d’appello, la società acquirente proponeva ricorso per Cassazione, lamentando una violazione e falsa applicazione delle norme sull’onere della prova vizi (artt. 1490, 1495 e 2967 c.c.). La ricorrente sosteneva che, pur riconoscendo il proprio onere probatorio, lo aveva assolto attraverso relazioni tecniche e prove testimoniali. Inoltre, evidenziava come la venditrice si fosse sottratta a un accertamento tecnico in contraddittorio e non avesse fornito la ‘prova contraria’ richiesta, a suo dire, dalla stessa giurisprudenza delle Sezioni Unite.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo in parte infondato e in parte inammissibile. Gli Ermellini hanno chiarito, in primo luogo, che la Corte d’Appello ha correttamente applicato il principio secondo cui, nelle azioni di garanzia per vizi della cosa venduta, il compratore che chiede la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo ha l’onere di provare l’esistenza dei vizi.

Il punto centrale della decisione riguarda l’interpretazione del concetto di ‘prova contraria’. La Cassazione ha specificato che la disciplina della compravendita non impone al venditore un’obbligazione di prestazione relativa all’immunità della cosa da vizi. La garanzia per vizi non è un ‘dovere di prestazione’, ma una soggezione legale del venditore ai rimedi previsti dalla legge a favore del compratore. Di conseguenza, non si può parlare di inadempimento di un’obbligazione da parte del venditore, né tantomeno di un suo onere di fornire una ‘prova contraria’. Il fondamento del diritto del compratore è l’esistenza del vizio, e spetta a lui, secondo la regola generale dell’art. 2967 c.c., provarne i fatti costitutivi.

La Corte ha inoltre qualificato le censure della ricorrente come un tentativo di ottenere una nuova valutazione del materiale probatorio, attività preclusa nel giudizio di legittimità. La contestazione sull’erronea ricognizione dei fatti di causa non costituisce una violazione di legge (motivo previsto dall’art. 360, n. 3 c.p.c.), ma attiene al merito della decisione, che può essere sindacato in Cassazione solo per omesso esame di un fatto decisivo (art. 360, n. 5 c.p.c.), motivo non correttamente formulato dalla ricorrente.

Le conclusioni

La sentenza n. 8448/2024 consolida un principio di estrema importanza pratica: chi acquista un bene e ne lamenta i difetti deve essere pronto a dimostrarli in modo oggettivo e convincente. Non è sufficiente denunciare il vizio; è necessario fornire prove concrete della sua esistenza, come una perizia tecnica eseguita in contraddittorio o altre prove inconfutabili. Non ci si può attendere che sia il venditore a dover dimostrare che il bene era esente da difetti. Questa decisione rafforza la certezza del diritto e definisce chiaramente le responsabilità probatorie delle parti nel contratto di compravendita, invitando i compratori a una maggiore diligenza nella raccolta delle prove prima di intraprendere un’azione legale.

Chi deve provare l’esistenza dei vizi in un contratto di compravendita?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova dell’esistenza dei vizi della cosa venduta grava interamente sul compratore che agisce in giudizio per la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo.

Il venditore deve fornire una ‘prova contraria’ che il bene era esente da vizi?
No. La Corte ha chiarito che la garanzia per vizi non è un’obbligazione di prestazione. Pertanto, non esiste un onere per il venditore di fornire una ‘prova contraria’. Il compratore deve provare il fatto costitutivo della sua pretesa, ovvero l’esistenza del vizio.

Una perizia tecnica eseguita unilateralmente dal compratore è sufficiente a dimostrare i vizi?
Nel caso esaminato, la Corte d’Appello ha ritenuto che una perizia di parte non avesse valore di prova piena, ma al più di mero indizio. La sua valutazione è rimessa alla discrezionalità del giudice di merito e, se contestata, potrebbe non essere considerata sufficiente a soddisfare l’onere della prova.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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