Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5313 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5313 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22030/2023 R.G. proposto da : NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME in ROMA INDIRIZZO
-ricorrente –
Contro COGNOME, NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA n. 697/2023 depositata il 25/09/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/01/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Rilevato che:
NOME COGNOME con atto di citazione del 22/6/2010, convenne davanti al Tribunale di Palmi la RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e NOME COGNOME per sentir accertare la responsabilità del COGNOME per il sinistro che lo aveva coinvolto e per sentir condannare i convenuti in solido al pagamento della somma di € 258.190,79, oltre interessi legali e rivalutazione.
Si costituì in giudizio la compagnia RAGIONE_SOCIALE eccependo in via preliminare il proprio difetto di legittimazione passiva; nel merito contestò la domanda, chiese l’accertamento del concorso di colpa dell’attore e la riduzione della domanda risarcitoria.
Gli altri convenuti rimasero contumaci.
Nel corso del giudizio furono ammesse prove, tra cui l’interrogatorio formale del convenuto NOME COGNOME all’esito delle quali il Tribunale rigettò la domanda.
NOME COGNOME propose appello chiedendo una rivalutazione delle prove e del Cid versato in atti, oltre che prospettando la violazione dell’art. 2697 c.c.
La Corte d’Appello di Reggio Calabria, con sentenza n. 697 del 25/9/2023, ha rigettato il gravame confermando che, dalle risultanze istruttorie, non emergeva prova sufficiente del fatto che il conducente danneggiante fosse il Fedele, anche per l’inattendibilità delle prove testimoniali. Quanto al Cid la corte, conformandosi al consolidato indirizzo di legittimità, ha ribadito che la dichiarazione confessoria in esso contenuta non ha valore di piena prova nei confronti di una delle parti ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice in applicazione dell’art. 2733, co. 3 c.c.
Avverso la sentenza NOME COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
La compagnia di assicurazioni resta intimata.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso -violazione e falsa applicazione di norme di diritto, artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c. -il ricorrente lamenta che il giudice del merito ha omesso di rilevare che i testi avevano indicato le modalità con le quali il sinistro si era verificato, attribuendone in via esclusiva la responsabilità alla condotta negligente e colposa del Fedele. Prosegue nel ricostruire la dinamica del sinistro e menziona il contenuto delle singole deposizioni testimoniali escusse per rappresentare un quadro congruente e sorretto da elementi di prova; ricorda che la prova testimoniale è la prova regina del processo, pur essendo rimessa al giudice del merito la valutazione dell’attendibilità del teste e la concludenza ai fini della decisione finale. I giudici del merito non avrebbero adeguatamente rappresentato le ragioni di dissenso rispetto alle prove acquisite né avrebbero fatto corretta applicazione del principio solidaristico di rilievo sovranazionale ‘ vulneratus ante omnia reficiendus ‘
Il motivo é inammissibile in quanto, contestando l’arbitraria ed erronea interpretazione delle risultanze probatorie, chiede a questa Corte una inammissibile rivalutazione del compendio probatorio e degli elementi di fatto acquisiti al giudizio, così ponendosi al di fuori del perimetro proprio del giudizio di legittimità.
La violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. è mal dedotta perché non osserva quanto prescritto da questa Corte (Cass. n. 11892 del 2016 ed, ex multis , Cass., Sez. Un., n. 20867 del 2020), impingendo in una richiesta di riesame della quaestio facti .
Con il secondo motivo -violazione e falsa applicazione di norme di diritto -art. 2054, 2697, 2733, 2735 c.c. e 232 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. – il ricorrente, sempre rimanendo sull’ accertamento del fatto, prospetta la violazione dell’art. 2054, 1 ° comma e 2° comma c.c. per non aver il giudice valutato funditus se il danneggiato avesse conformato la propria condotta alle norme di circolazione stradale e a quelle di comune prudenza, se avesse interpretato correttamente la mancata presenza del convenuto a rendere l’interrogatorio formale deferitogli e se l’attore a vesse assolto o meno al principio di cui a ll’art. 2697 c.c. secondo cui , chi vuol fare valere in giudizio un diritto, ha l’onere di provare i fatti che ne costituiscono il fondamento.
Anche questo motivo non si sottrae al rilievo di inammissibilità perché, pur prospettando formalmente vizi di legittimità, non fa che rimanere sul piano fattuale, evocando inammissibilmente una più appagante interpretazione dei fatti e delle prove.
Con il terzo motivo di ricorso violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., r adicale assenza di motivazione ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., n ullità della sentenza per aperta violazione dell’art. 132, comma 2 c.p.c. -il ricorrente lamenta che la corte del gravame non ha motivato in modo riferibile al minimo costituzionale ed é, anzi, caduta in palesi contraddizioni, contrastando in particolare il contenuto del Cid, e ciò in spregio alla specifica normativa di settore secondo cui il giudice deve liberamente apprezzare le dichiarazioni del conducente nei confronti dell’assicurazione e del proprietario del veicolo ma dette dichiarazioni fanno piena prova nei confronti del confidente.
Il motivo va disatteso in quanto la motivazione è tutt’altro che apparente avendo la corte d’appello argomentato nel senso della mancanza di prova dell’essere stato il NOME il conducente del veicolo
che ha causato il sinistro, della scarsa verosimiglianza delle dichiarazioni testimoniali e della non piena rilevanza probatoria del Cid. Conclusivamente il ricorso va rigettato. Non occorre pronunciare sulle spese perché la parte controricorrente è rimasta intimata.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di una somma a titolo di contributo unificato pari a quella versata per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile