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Codice Civile
Codice Penale

Scelta sede di lavoro, assistenza portatore di handicap

Assistenza di un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap con lui convivente, scelta della sede di lavoro.

Pubblicato il 26 May 2020 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale di Roma
SEZIONE LAVORO

Il Tribunale, nella persona del giudice designato

All’udienza del 18.05.2020 ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 2476/2020 pubblicata il 18/05/2020

nella causa lavoro di I grado iscritta al N. /2019 R.G. promossa da:

XXX, parte ricorrente con il patrocinio degli avv.ti contro:

YYY S.P.A. in persona del legale rappresentante p.t., parte resistente con il patrocinio dell’avv.

OGGETTO: trasferimento del lavoratore ex art. 33 co. 5 l. n. 104/92

FATTO E DIRITTO

Con ricorso depositato il 15.11.2019, XXX adiva il Tribunale di Roma in funzione di GL chiedendo di accertare e dichiarare il diritto della ricorrente ad essere adibita presso la sede della società convenuta sita in Roma e/o accertare il diritto della ricorrente a scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio sito in Roma della persona con grave disabilità da assistere, ordinando per l’effetto ad YYY spa di assegnare la lavoratrice presso tale sede.

Deduceva di essere dipendente della convenuta con inquadramento nel IV livello ccnl Telecomunicazioni; di aver sempre lavorato a Roma con mansioni di operatrice telefonica in bound; di convivere con il sig. ***, il figlio minore e la suocera presso l’abitazione sita in; di assistere stabilmente la suocera, sig.ra ***, con grave disabilità beneficiando della l. n. 104/92; di essere rimasta assente dal lavoro per maternità sino al dicembre 2017 e, successivamente, per congedo straordinario ex d.lgs n. 151/2001; che con lettera del 06.04.2017 la convenuta le aveva comunicato il trasferimento presso altra sede, facendo presente che “..in data 5 ottobre 2016 era stata avviata una procedura di licenziamento collettivo con dichiarazione di 2511 lavoratori in esubero di cui n. 1666 addetti alla sede di Roma (1063 posizioni full time equivalent) e 845 addetti alla sede di Napoli (560 posizioni full time equivalent). Detta procedura si è conclusa, presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in data 22 dicembre 2016, con la sottoscrizione di un verbale di accordo. La sua posizione era tra quelle dichiarate in esubero. Tale accordo ha previsto, quanto alla sede di Napoli, la prosecuzione del confronto, sino al 31 marzo 2017 (confronto conclusosi positivamente a seguito dell’accordo del 28 febbraio 2017). Quanto alla sede di Roma, il suddetto Verbale di Accordo prevede la facoltà aziendale di gestire gli esuberi dichiarati nella comunicazione di avvio mediante l’applicazione dei criteri di scelta legali. Dopo la conclusione di tale procedura, la Società ha proceduto a risolvere il rapporto di lavoro con tutti i dipendenti dichiarati in esubero presso la sede di Roma, ad eccezione di quelli tutelati dal divieto di licenziamento stabilito dall’art. 54 del d.lgs 26 marzo 2001 n. 151. Nel suo caso, dopo aver intimato il licenziamento, la Scrivente ha appreso solo in data 13.03.2017 del Suo stato di gravidanza preesistente e, pertanto, ha provveduto alla revoca del licenziamento stesso. Pur avendo rispettato il divieto di legge che impedisce il recesso del rapporto di lavoro, la Società non è in condizione di impiegare la Sua prestazione lavorativa presso l’unità produttiva di Roma, essendo cessata presso tale sede ogni attività lavorativa…”; che la convenuta concludeva la predetta lettera comunicando alla ricorrente il suo trasferimento presso l’unità produttiva di Rende a decorrere dal 2 maggio 2017; che nella medesima lettera la convenuta precisava altresì che “i motivi che determinano il Suo trasferimento presso la sede di Rende sono da rinvenirsi nella impossibilità di utilizzare la Sua attività lavorativa presso l’unità produttiva di Roma e nell’esigenza di collocarla in un’unità produttiva nella quale non siano in corso ammortizzatori sociali e vi siano fondate prospettive di consolidamento dei volumi di attività che consentono la Sua proficua prestazione, come quella di Rende”; di aver impugnato detto trasferimento con ricorso ex art. 700 c.p.c.; che il Tribunale aveva respinto la sua domanda; che successivamente a tale provvedimento giudiziale, il Tribunale di Roma, in altro giudizio, aveva accertato l’esistenza di una scopertura di organico di almeno 31 posizioni nella commessa *** su Roma, divenuta operativa a fine 2017; che la ricorrente ben avrebbe potuto essere utilizzata sul servizio di contact center nell’ambito della commessa ***; che la convenuta aveva sede operative funzionanti su Roma, Napoli, Milano, Cagliari, Rende, Catania e Palermo; che con raccomandata del 21.06.2018 aveva richiesto alla convenuta di essere trasferita sul sito di Roma, vista la vacanza di 31 posti disponibili per la ***; che la convenuta non aveva dato alcun riscontro a tale richiesta; che ai sensi dell’art. 33 comma 5 l. n. 104/92 il lavoratore, che assiste familiari con disabilità gravi, ha diritto di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere; che la convenuta disponeva di unità produttive ben più vicine a Roma, quali Napoli, Catania e Milano; che il disposto trasferimento della ricorrente aveva natura discriminatoria. Svolte articolate considerazioni in diritto, concludeva chiedendo al GL l’accoglimento della domanda con il favore delle spese di lite.

Fissata l’udienza si costituiva in giudizio YYY spa che chiedeva il rigetto della domanda. Deduceva di svolgere attività di fornitura servizi di call center nonché servizi di indagini statistiche in modalità outbound per la committenza pubblica; che sin dalla sua assunzione la ricorrente era stata adibita allo svolgimento delle mansioni di operatore di call center del servizio inbound presso la divisione 2 della sede di Roma; che a seguito di una perdita di redditività, le divisioni 1 e 2 della sede di Roma erano state definitivamente chiuse con esubero di tutti i lavoratori ivi addetti, compresa la ricorrente; che l’istante non era stata attinta dal licenziamento collettivo in forza dell’art. 54 d.lgs n. 151/01; che con lettera del 02.02.2017 la resistente aveva comunicato alla ricorrente che, a fronte dell’impossibilità di continuare ad impiegare la sua prestazione presso la sede di Roma, veniva disposto il suo trasferimento presso la sede di Rende a partire dal 1° marzo 2017; che presso il sito di *** non erano in corso ammortizzatori sociali e vi erano fondate prospettive di consolidamento dei volumi di attività; che la ricorrente non aveva mai preso servizio presso la nuova sede di assegnazione perché assentatasi dal servizio per congedo parentale, permessi e ferie; che l’istante aveva impugnato il trasferimento con ricorso ex art. 700 c.p.c.; che la sua domanda era stata respinta dal Giudice di prime cure e in sede di reclamo; che successivamente al trasferimento della ricorrente, presso la sede di Roma, ad eccezione della commessa ***, la resistente non aveva avviato alcun ulteriore servizio analogo a quello disposto presso le Divisioni 1 e 2; che presso la Business Unit *** non vi era l’esubero di 31 dipendenti asserito dalla ricorrente; che vi era l’impossibilità di impiegare ulteriormente la ricorrente presso il sito di Roma; che non era possibile inserire nuovo personale presso le sedi Napoli e Palermo, interessate a loro volta da un esubero di lavoratori; che presso il sito di Milano la perdita negli ultimi due anni di due importanti commesse rendeva impossibile inserire nuovo personale. Svolte articolate considerazioni in diritto, insisteva per il rigetto della domanda.

All’esito dell’udienza del 18.05.2020, svoltasi con trattazione scritta ai sensi dell’art. 83 co. 7 lett. h d.l. n. 18/2020, conv. con modifiche in l. n. 27/2020, mediante scambio di note scritte depositate telematicamente:

OSSERVA IL GIUDICE che l’oggetto del giudizio, come peraltro chiarito nelle note autorizzate di parte ricorrente depositate il 10.04.2020, attiene all’accertamento del diritto della sig.ra XXX al trasferimento da *** a Roma o ad altra sede più vicina al domicilio di Roma, per assistere il parente affetto da disabilità grave.

Giova al riguardo rilevare che con provvedimento dell’Inps del 22.08.2017 (successivo al trasferimento da Roma a ***) è stato riconosciuto alla ricorrente il godimento dei benefici di cui alla l. n. 104/92.

L’art. 33 comma 5 l. n . 104/94 stabilisce che “il genitore o il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato, con lui convivente, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”.

Al riguardo i giudici di legittimità hanno affermato che il genitore o il familiare lavoratore, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap con lui convivente, può esercitare, ai sensi dell’art. 33 commi 5 e 6 l. n. 104/33, il diritto di scegliere la sede di lavoro sia al momento dell’assunzione che in costanza di rapporto, sempreché il posto risulti esistente e vacante (cfr. Cass. n. 16298/2015; Cass. n. 3896/2009).

Il principio di libertà dell’iniziativa economica sancito dall’art. 41 Cost. esclude infatti l’esistenza di un obbligo datoriale di modificare la preesistente organizzazione, creando un post ad ho per consentire il trasferimento del lavoratore.

In tal senso la Corte di Cassazione ha evidenziato che il diritto del genitore o del familiare convivente di scegliere la sede lavorativa più vicina al suo domicilio non è un diritto assoluto ed incondizionato, in quanto non può essere fatto valere quando il relativo esercizio venga a ledere in maniera consistente le esigenze economiche ed organizzative del datore di lavoro (cfr. Cass. S.U. n. 7945/2008).

La Cassazione ha peraltro chiarito che ricade sulla parte datoriale l’onere di provare le circostanze ostative all’esercizio del diritto di trasferimento di cui all’art. 33 co. 5 citato (cfr Cass. n. 3896/2009; Cass. S.U. n. 7945/2008).

Nel caso in esame la ricorrente rivendica il suo diritto a rientrare a Roma, per avere YYY spa una scopertura di organico di almeno 31 posizioni su Roma sulla commessa ***, divenuta operativa successivamente al suo trasferimento da Roma a ***.

In particolare, l’istante ha richiamato l’ordinanza collegiale del 31.05.2018 emessa da questo Ufficio in altro giudizio analogo, nella quale il Tribunale ha ritenuto illegittimo il trasferimento dei lavoratori, rilevando una scopertura di organico sulla commessa *** relativa a 31 posizioni di operatori telefonici in bound.

Il richiamo a tale provvedimento appare però scarsamente significativo, stante la successiva pronuncia della sentenza 1809/2019 della Corte di Appello di Roma sez. lavoro che ha dichiarato legittimo il licenziamento intimato da YYY e ha reso priva di effetti l’ordinanza n. 52827/2018 del 31 maggio 2018 all’esito del procedimento d’urgenza, con cui YYY era stata condannata a reintegrare n. 31 lavoratori sulla commessa ***.

Né diversamente può ritenersi sulla base dell’ordinanza collegiale del 21.12.2018 emessa da questo Ufficio, che si richiama all’ordinanza n. 52827 del 31 maggio 2018. Piuttosto l’accertata legittimità del licenziamento dei 31 lavoratori, sancita con la citata sentenza n. 1809/2019, dimostra l’assenza allo stato di posizioni vacanti sulla commessa ***.

Per il resto è pacifico che YYY non abbia altre posizioni vacanti su Roma, atteso che è incontroverso sia che a decorrere dal 22 dicembre 2016 le Divisioni 1 e 2 della sede di Roma sono state definitivamente chiuse, sia che, da quella data, presso tale sede continuano a operare la Business Unit “Ricerche di Mercato” e la Direzione Generale, con dipendenti con livelli e mansioni del tutto infungibili con quelle della ricorrente.

Costituendosi in giudizio, la resistente ha altresì dedotto l’assenza di posizioni vacanti presso le altre sedi di Napoli, Palermo e Milano.

In particolare presso il sito di Napoli la resistente ha documentato un esubero di circa 251 lavoratori, che è gestito mediante l’accordo sottoscritto il 28 febbraio 2017, che prevede una serie di misure tra le quali il ricorso agli ammortizzatori sociali (doc. 13 res.). Altresì la resistente ha evidenziato il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni presso la sede di Napoli e le difficoltà da ultimo peggiorate per la perdita della commessa Inps.

Anche presso la sede di Palermo, la resistente ha documentato il ricorso agli ammortizzatori sociali per la gestione di un esubero di 684.

Quanto al sito milanese, la resistente ha dedotto la recente perdita di due commesse importanti (*** e ***), che non consentono allo stato un incremento dell’organico.

Siffatte rilievi istruttori impongono pertanto di escludere il diritto della ricorrente ad essere riassegnata a Roma o ad altra sede più vicina al domicilio del parente affetto da disabilità grave.

Pertanto il ricorso va respinto.

Ai sensi dell’art. 91 c.p.c., XXX va condannata a rifondere alla resistente le spese di lite che, visto il dm n. 55/2014, si liquidano in € 2.008,00 per compensi di avvocato, oltre rimborso spese generali del 15%, iva e cpa.

P.Q.M.

Disattesa ogni diversa istanza, eccezione e deduzione:

RIGETTA IL RICORSO.

CONDANNA XXX A RIFONDERE AD YYY S.P.A. LE SPESE DI LITE, CHE LIQUIDA IN € 2.008,00 PER COMPENSI DI AVVOCATO, OLTRE RIMBORSO SPESE GENERALI DEL 15%, IVA E CPA.

Si comunichi alle parti costituite in giudizio, trattandosi di provvedimento adottato fuori udienza ex art. 83 c. 7 lett. h) d.l. n. 18/2020, conv. con modifiche in l. n. 27/2020.

Roma, 18 maggio 2020

Il Giudice

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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