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Onere della prova riscossione tributi: chi prova?

Un ente locale ha chiesto l’ammissione al passivo di una società di riscossione per crediti non versati. La Corte di Cassazione, ribaltando la decisione precedente, ha stabilito che l’onere della prova riscossione tributi grava sulla società concessionaria. Quest’ultima deve dimostrare di non aver incassato le somme dai contribuenti, e non il Comune a dover provare l’avvenuto incasso. Il creditore deve solo provare la fonte del suo diritto (il contratto di concessione) e allegare l’inadempimento.

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Onere della prova riscossione tributi: la Cassazione inverte la regola

In tema di contratti di concessione per la riscossione dei tributi, a chi spetta dimostrare che le somme non sono state incassate? La questione, cruciale nei rapporti tra enti pubblici e società concessionarie, è stata recentemente affrontata dalla Corte di Cassazione. Con una decisione che chiarisce un principio fondamentale, la Suprema Corte ha stabilito che l’onere della prova riscossione tributi grava sul debitore, ovvero sulla società incaricata della riscossione. Vediamo nel dettaglio i fatti e le motivazioni di questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa

Un Comune si era rivolto al tribunale per essere ammesso allo stato passivo dell’amministrazione straordinaria di una società che gestiva la riscossione dei suoi tributi. L’ente locale vantava un credito di oltre 2 milioni di euro per somme che, a suo dire, la società aveva incassato dai contribuenti ma mai riversato nelle casse comunali.

Il tribunale, in prima istanza, aveva accolto solo parzialmente la domanda del Comune. Per una parte significativa del credito, i giudici avevano ritenuto che l’ente non avesse fornito una prova sufficiente dell’effettivo incasso delle somme da parte della società concessionaria. In pratica, secondo il tribunale, era il Comune a dover dimostrare che i soldi erano effettivamente entrati nelle casse della società prima di poter pretendere la restituzione.

Insoddisfatto della decisione, il Comune ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando la violazione delle regole sull’onere della prova.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Comune, cassando la decisione del tribunale. I giudici supremi hanno chiarito che il ragionamento del giudice di merito era errato nell’invertire l’onere probatorio.

La Corte ha ribadito un principio consolidato, derivante da una storica sentenza delle Sezioni Unite (Cass. SU n. 13533 del 2001), secondo cui in caso di inadempimento di un’obbligazione, il creditore ha solo l’onere di provare l’esistenza del contratto (o di altra fonte del suo diritto) e di allegare l’inadempimento del debitore. Spetta invece al debitore, per liberarsi dalla sua obbligazione, dimostrare di aver adempiuto correttamente o che l’adempimento è divenuto impossibile per una causa a lui non imputabile.

Onere della prova riscossione tributi: le motivazioni della Corte

Applicando questo principio al caso di specie, la Corte ha spiegato che il Comune (creditore) doveva unicamente provare l’esistenza del contratto di concessione con la società di riscossione (debitore) e sostenere che quest’ultima non aveva versato le somme dovute.

Non era compito del Comune, quindi, dimostrare l’avvenuto incasso da parte della società. Al contrario, era onere della società concessionaria provare il fatto estintivo della pretesa del Comune. Per farlo, avrebbe dovuto dimostrare una delle due seguenti circostanze:

1. Di aver adempiuto, cioè di aver regolarmente riversato le somme incassate.
2. Di non aver potuto adempiere per impossibilità, ovvero di non aver riscosso, in tutto o in parte, le somme dai contribuenti.

Il tribunale, rigettando la domanda del Comune sulla base della mancata prova dell’incasso, ha violato questa regola fondamentale, ponendo a carico del creditore una prova che non gli spettava.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza la posizione degli enti pubblici creditori nei confronti delle società concessionarie della riscossione. Stabilisce chiaramente che, in caso di mancato riversamento delle somme, la palla passa al concessionario. Sarà quest’ultimo a dover fornire la prova liberatoria, dimostrando di non aver incassato i tributi. Per gli enti locali, è sufficiente basare la propria richiesta sul contratto di concessione e sull’inadempimento della controparte, semplificando notevolmente l’azione di recupero dei crediti e garantendo una maggiore tutela delle finanze pubbliche.

A chi spetta l’onere della prova in un contenzioso tra un Comune e la sua società di riscossione tributi?
Spetta alla società di riscossione (il debitore) l’onere di provare di aver adempiuto o di non aver potuto riscuotere le somme dai contribuenti. Il Comune (il creditore) deve solo provare la fonte del suo diritto (il contratto di concessione) e allegare l’inadempimento.

Cosa deve dimostrare un Comune per richiedere le somme non versate dal concessionario?
Il Comune deve semplicemente dimostrare l’esistenza del rapporto contrattuale di concessione e il relativo termine di scadenza per i versamenti, limitandosi poi ad affermare che il concessionario non ha provveduto a riversare le somme dovute.

Può una società di riscossione difendersi sostenendo che il Comune non ha provato l’effettivo incasso dei tributi?
No. Secondo la Corte di Cassazione, questo tipo di difesa non è valida. La società non può limitarsi a una contestazione generica, ma deve fornire la prova positiva di non aver riscosso le somme dai contribuenti per essere liberata dalla propria obbligazione di versamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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