Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15070 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15070 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9773/2022 R.G. proposto da : COGNOME elettivamente domiciliato in presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in Venezia San Marco, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di TRIBUNALE VENEZIA n. 1659/2021 depositata il 11/08/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
NOME NOME con atto notificato il 1 aprile 2022, illustrato da successiva memoria, propone ricorso per cassazione ex art. 348 ter comma 3 c.p.c. avverso la sentenza di primo grado del Tribunale di Venezia, depositata il 11 -08 -2021, confermata ex art. 342 bis dalla Corte d’appello adita con provvedimento comunicato il 31.1.2022 . La parte intimata società RAGIONE_SOCIALE in data 10 maggio 2022 ha notificato controricorso, illustrato da successiva memoria.
La ricorrente convenne in giudizio la società controricorrente dalla quale aveva acquistato con contratto preliminare un compendio immobiliare e mobiliare. Dedusse che, stante l’indisponibilità della convenuta a stipulare il contratto definitivo di compravendita, si vedeva costretta a promuovere dapprima un arbitrato chiedendo l’esecuzione in forma specifica del citato preliminare (che si concludeva con l’accoglimento della domanda) e, poi, una causa civile per ottenere una sentenza ex art. 2932 c.c. che tenesse luogo delle statuizioni del lodo arbitrale e del contratto di compravendita: domanda accolta e confermata in secondo grado. Nelle more la stessa attrice venne nominata custode dei beni.
La medesima richiese una ATP per accertare lo stato di deterioramento dei beni ricevuti.
A questo punto promosse la causa civile in oggetto al fine di ottenere il risarcimento di tutti i danni accertati nel procedimento per A.T.P. e la condanna della convenuta
all’indennità di occupazione per il tempo di mancata consegna. Il Tribunale rigettò la domanda accogliendo la deduzione secondo cui la ricorrente non aveva assolto l’onere di provare la condizione oggettiva del compendio nel 1999, ossia al momento della promessa di promessa di vendita. La Corte di merito, con ordinanza ex art. 348 bis e ter c.p.c., dichiarava inammissibile l’appello della ricorrente condividendo le ragioni del Tribunale.
Il ricorso è avverso la sentenza di primo grado ed è affidato a due motivi: -Violazione o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 n. 4 cod. proc. civ.: il Tribunale, rigettando la domanda di risarcimento del danno sulla base della mancata prova della identità dello stato di conservazione del 1999 rispetto a quello del 2008, pertanto, ha accolto una eccezione non proposta e quindi è incorso nel vizio di ultrapetizione; -Violazione o falsa applicazione degli artt. 1218, 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ: si censura la sentenza nella parte in cui ha configurato come extracontrattuale la responsabilità del custode per violazione degli obblighi derivanti dalla custodia.
Motivi della decisione
Con il primo motivo viene dedotta la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 n. 4 cod. proc. civ.. Il Tribunale, rigettando la domanda di risarcimento del danno sulla base della mancata prova della identità dello stato di conservazione dell’immobile nel 1999 rispetto a quello del 2008, avrebbe in tesi accolto una eccezione non proposta e quindi sarebbe incorso nel vizio di ultrapetizione. In altri termini si contesta l’assunto che la società convenuta avrebbe sì contestato in radice il diritto della società attrice al risarcimento del danno, ma in comparsa di costituzione e risposta non avrebbe contestato che lo stato di conservazione rilevato nel 2008 fosse peggiore di quello del 1999, limitandosi a
sollevare l’eccezione ‘ feci sed iure feci ‘ e che tale contestazione fosse stata svolta tardivamente (peraltro solo in maniera generica), con il deposito delle memorie ex art. 183, 6° comma c.p.c. Il motivo è inammissibile perché non si confronta con la ratio decidendi . Non vi è stata da parte del tribunale alcuna violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato: il giudice del merito ha ritenuto che in relazione alla domanda su base contrattuale (responsabilità del venditore) la signora NOME non avesse dimostrato il contenuto del contratto che assumeva violato (in questo caso il preliminare di vendita), che peraltro neppure aveva mai prodotto in giudizio; mentre, in relazione alla domanda su base extracontrattuale (responsabilità del custode), che non avesse dimostrato il fatto imputabile a Treporti RAGIONE_SOCIALE dal quale sarebbe derivato il danno, limitandosi a sostenere, senza nulla provare, una differenza fra la condizione dei beni fra il gennaio 2008 ( data di cessazione della custodia) e il luglio del 2013 ( data della ATP ), ancorché la controricorrente fosse cessata dal munus di custode sin dal novembre del 2008, come pacifico. Il tutto tenendo conto degli oneri di prova cui la ricorrente era comunque tenuta ad assolvere. La censura, pertanto, non offre idonee argomentazioni al proposito.
Con il secondo motivo si deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 1218, 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. Il tribunale nella sentenza gravata, dopo avere inquadrato la responsabilità del custode come responsabilità extracontrattuale, tenendo conto della giurisprudenza sul punto, ha ritenuto che la COGNOME avrebbe dovuto dare la prova che l’evento dannoso fosse riconducibile al tempo della custodia; sotto il profilo contrattuale, come sopra detto, ha ritenuto mancata ogni deduzione sul contenuto del contratto preliminare del 1999, e che, in difetto di tale prova,
non poteva stabilirsi quale sia l’obbligazione che si assume inadempiuta. Sul punto, pertanto, non ha influito l’ inquadramento della responsabilità in quella di natura extracontrattuale o contrattuale, ma la mancata prova delle condizioni in cui si trovava l’immobile, posto che la ATP risaliva al 2013 e la riconsegna del bene è intervenuta nel 2017 . Anche in questo caso, pertanto, la censura non coglie la ratio decidendi che ha ragionato in termini di mancata prova del danno in riferimento al lasso di tempo da tenere in considerazione, e dunque della insussistenza di un nesso causale tra il fatto (risalente nel tempo ) e il danno (coincidente con quello rilevato nel 2013), a distanza di anni dalla cessazione della custodia da parte della società resistente. Inoltre, le violazioni delle norme sugli oneri della prova mancano di ogni argomento idoneo a supportare tali censure, in ciò dimostrandosi che esse tendono a indurre questa Corte a rivalutare i fatti di causa attraverso gli elementi di prova presi ampiamente e coerentemente in esame dalla Corte di merito, senza mettere in discussione i parametri normativi per valutarle. Il che è inammissibile giacché non è il punto d’arrivo della decisione di fatto che determina l’esistenza del vizio di cui all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., ma l’impostazione giuridica che, espressamente o implicitamente, abbia seguito il giudice di merito nel selezionare le norme applicabili alla fattispecie e nell’interpretarle (così, Sez. U -, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020; Cass., Sez. 6 -3, ordinanza n. 26769 del 23/20/2018; Sez. 3, sentenza n. 20382 dell’11/10/2016; Cass. Sez. 3, sentenza n. 11892 del 10/6/2016). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso principale.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida
in Euro 5.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 20/03/2025.