Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3086 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3086 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 07/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6276/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio legale RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (DNLPGS72D16F839G);
contro
ricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 5513/2022, depositata il 23/12/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Napoli RAGIONE_SOCIALE al fine di accertare l’esistenza del credito vantato per il mancato pagamento di nn. 49 fatture per un ammontare complessivo pari a € . 496.981,98, sostenendo di aver effettuato in favore della società convenuta – nel periodo compreso tra 11.12.2000 ed il 16.11.2004 – la fornitura di 49 autovetture.
Il Tribunale adìto accoglieva parzialmente la domanda e, accertata l’esistenza dei crediti azionati dal Fallimento RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE unicamente con riferimento alle fatture nn. 149, 150 e al saldo della fattura n. 152, c ondannava quest’ultima al pagamento, in favore dell’attore, dell’importo complessivo di €. 46.612,00, oltre interessi legali dalla domanda, nonché delle spese di giudizio.
Il primo giudice assumeva che dai titoli esibiti e dalle scritture contabili potesse evincersi la prova dei pagamenti effettuati in contanti da RAGIONE_SOCIALE
Avverso la sentenza di prime cure proponeva appello RAGIONE_SOCIALE innanzi alla Corte d’Appello di Napoli, che rigettava il gravame e accoglieva parzialmente l’appello incidentale elevato dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per il pagamento della maggior somma di € . 144.543,62, limitatamente alla parte in cui il giudice di prime cure aveva ritenuto provata l’effettuazione di pagamenti in contanti .
Per quel che ancora qui rileva, osservava la Corte che:
non sono in contestazione né la consegna delle autovetture in questione né l’entità del credito riportato nelle fatture azionate, bensì solo l’avvenuto pagamento delle stesse: a tal proposito, non può
ritenersi assolto da parte della società debitrice, a tanto onerata, l’onere di provare adeguatamente l’effettivo pagamento integrale del proprio debito;
non vi è stata alcuna deduzione, né tantomeno prova, circa la regolarità dei libri contabili da cui discendevano i dati riportati nelle singole pagine dei libri giornali depositati in giudizio, ovvero che tali dati fossero il risultato dell’estrazione da libri contabili vidimati nelle forme di legge e regolarmente tenuti;
in ogni caso, risulta obiettivamente poco verosimile la circostanza che vi siano stati numerosi pagamenti in contanti di importi notevolissimi (ad es.: € . 64.500,00 in data 27.1.2004, altri superiori ai € . 20.000,00, per complessivi € . 150.000,00 circa), presupponendo peraltro prelievi molto difficili da organizzare in tempi ravvicinati ed in presenza dei divieti previsti dalla normativa fiscale sull’uso dei contanti;
altrettanto poco credibile, e certamente contrario ad una consueta prassi commerciale è, poi, il fatto che non siano state richieste ricevute o attestazioni di tali pagamenti, seppur di così ingente entità, e che essi, talvolta, fossero intervenuti addirittura prima della consegna dell’auto a cui si riferivano.
Avverso detta pronuncia proponeva ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidandolo ad un unico motivo e illustrandolo con memoria.
Resisteva Il Fallimento RAGIONE_SOCIALE
A séguito della proposta di definizione accelerata del Consigliere Delegato dal Presidente di Sezione, la ricorrente ha chiesto la decisione ex art. 380bis, comma 2, cod. proc. civ.
E’ utile precisare che, a séguito della decisione di questa Corte resa a Sezioni Unite (Cass. Sez. U., n. 9611 del 10.04.2024), e per le ragioni
ivi chiarite, la partecipazione quale componente del Collegio che definisce il giudizio del Consigliere Delegato proponente, ex art. 380 -bis cod. proc. civ., non rileva quale ragione di incompatibilità, ai sensi dell’art. 51, comma 1, n. 4 e dell’art. 52 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo, si deduce violazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n 3) cod. proc. civ. -Violazione art. 115 cod. proc. civ. comma I -Violazione art. 1193 c.c. La ricorrente lamenta che la corte territoriale avrebbe motivato in violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., comma 1, norma che onera il giudice di porre a fondamento della decisione i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita. In tesi: il RAGIONE_SOCIALE in ogni stato e grado del giudizio, ha omesso di contestare in modo specifico la ricezione o meno dei pagamenti in contanti o, alternativamente, di specificare la diversa imputazione dei predetti, limitandosi ad eccepire che il fatto estintivo dedotto dalla società RAGIONE_SOCIALE non avesse riscontro probatorio, contestando cioè unicamente la valenza probatoria della documentazione contabile prodotta in giudizio.
1.1. Il motivo è infondato, nella parte in cui censura la pronuncia impugnata per non avere il giudice di seconde cure ritenuto sussistenti fatti non contestati, ossia i pagamenti in contanti di talune fatture.
La doglianza non ha pregio, poiché non è logicamente possibile sottrarre l’antecedente logico (mancato pagamento in contanti) dalla difesa dell’odierna resistente, che – come esposto in sentenza (p. 7, 1° capoverso) – si è concentrata esclusivamente, nella sua impugnazione incidentale, sulla parte della pronuncia in cui il primo giudice aveva ritenuto provati i pagamenti in contanti sulla base della documentazione contabile esibita.
In ogni caso , l’argomentazione della ricorrente si traduce nell ‘inversione dell’onere della prova , spettando al debitore la dimostrazione del fatto estintivo della pretesa della creditrice (per tutte: Cass. Sez. U, Sentenza n. 13533 del 30/10/2001, Rv. 549956 01).
1.2. Infine, è opportuno precisare che la Corte territoriale ha sottolineato che nella fattispecie non v’è stata alcuna deduzione, né tantomeno prova, circa la regolarità della tenuta dei libri contabili da cui discendevano i dati riportati nelle singole pagine dei libri giornali depositati in giudizio, ovvero che tali dati fossero il risultato dell’estrazione da libri contabili vidimati nelle forme di legge e regolarmente tenuti (v. sentenza impugnata p. 7, 3° capoverso).
A tal proposito, giova ricordare che in tema di rapporti di dare e avere tra imprenditori, ai sensi dell’art. 2710 c.c., le risultanze dei libri contabili possono costituire elementi di prova per le operazioni ivi annotate, in quanto essi siano vidimati, bollati e regolarmente tenuti (Cass. n. 7285/2013; Cass. n. 2995/2009; Cass. n. 28299/2005; Cass. n. 5529/2001; Cass. n. 12423/1993; Cass. n. 790/1975; Cass. n. 3295/1968).
A nulla vale, dunque, l’insistenza della ricorrente (nell’istanza di decisione come in memoria) in merito al l’asserita – ma non documentata – regolarità delle scritture in questione.
In definitiva, la Corte rigetta il ricorso.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Essendo la decisione resa nel procedimento per la definizione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380bis cod. proc. civ. (novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), con formulazione di istanza di decisione ai sensi
dell’ultimo comma della norma citata, e il giudizio definito in conformità alla proposta, parte ricorrente deve essere, inoltre, condannata al pagamento delle ulteriori somme ex art. 96, commi 3 e 4 cod. proc. civ., sempre come liquidate in dispositivo (sulla doverosità del pagamento della somma di cui all’art. 96, comma 4, cod. proc. civ. in favore della Cassa delle Ammende: Cass. S.U. n. 27195/2023).
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso;
condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in €. 5.600,00 per compensi, oltre a €. 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%;
condanna, altresì, parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 3, cod. proc. civ., al pagamento a favore della parte controricorrente di una somma ulteriore di € . 3.000,00 equitativamente determinata, nonché -ai sensi dell’art. 96, comma 4 , cod. proc. civ. – al pagamento della somma di €. 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda