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Onere della prova pagamento: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3086/2025, ha rigettato il ricorso di una società debitrice che sosteneva di aver saldato il proprio debito per una fornitura di auto tramite ingenti pagamenti in contanti. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: l’onere della prova del pagamento spetta sempre al debitore. Le sole risultanze delle scritture contabili, in assenza di prove sulla loro regolarità e di fronte all’inverosimiglianza delle operazioni registrate, non sono state ritenute sufficienti a dimostrare l’effettiva estinzione del debito.

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Onere della Prova Pagamento: Le Scritture Contabili non Bastano

L’onere della prova pagamento è un principio cardine del nostro ordinamento: chi afferma di aver estinto un debito deve dimostrarlo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha rafforzato questo concetto, chiarendo che le semplici annotazioni sui libri contabili non sono sufficienti a provare un pagamento, specialmente quando le circostanze appaiono poco credibili. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa: una Fornitura di Auto non Pagata?

La vicenda nasce dalla richiesta di pagamento avanzata dalla curatela fallimentare di una società di vendita auto nei confronti di un’altra azienda del settore. La società creditrice sosteneva di non aver ricevuto il pagamento per una fornitura di 49 autovetture, per un valore di quasi 500.000 euro.

Di contro, la società debitrice affermava di aver saldato interamente il proprio debito, adducendo come prova le proprie scritture contabili, dalle quali risultavano numerosi pagamenti effettuati in contanti. Il Tribunale di primo grado aveva parzialmente accolto la tesi della debitrice, riconoscendo la validità di alcuni pagamenti.

La Decisione della Corte d’Appello e l’Onere della Prova Pagamento

La Corte d’Appello, riformando la decisione iniziale, ha dato ragione alla società creditrice. I giudici di secondo grado hanno sottolineato diversi punti critici nella difesa della società debitrice:

1. Mancanza di prova sulla regolarità dei libri contabili: La debitrice non aveva fornito alcuna prova che i dati presentati fossero estratti da libri contabili vidimati e tenuti a norma di legge.
2. Inverosimiglianza dei pagamenti: È stato ritenuto ‘obiettivamente poco verosimile’ che fossero avvenuti numerosi pagamenti in contanti per importi ingenti (uno addirittura di 64.500 euro), considerate le difficoltà logistiche e i limiti imposti dalla normativa fiscale.
3. Anomalia commerciale: È apparso strano che per pagamenti di tale entità non fossero state richieste e rilasciate quietanze o ricevute, una prassi commerciale consolidata.

Di conseguenza, la Corte d’Appello ha concluso che la società debitrice non aveva assolto al proprio onere della prova pagamento, condannandola a versare una somma maggiore rispetto a quanto stabilito in primo grado.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società debitrice, confermando la decisione d’appello. Gli Ermellini hanno ribadito che l’argomentazione della ricorrente si traduceva in un’inammissibile inversione dell’onere della prova.

Il principio fondamentale, richiamando una consolidata giurisprudenza (a partire da Cass. Sez. U, n. 13533/2001), è che spetta sempre al debitore dimostrare il fatto estintivo della pretesa del creditore, ovvero l’avvenuto pagamento. Non è il creditore a dover provare il mancato pagamento.

Inoltre, ai sensi dell’art. 2710 c.c., le risultanze dei libri contabili possono costituire prova tra imprenditori solo a condizione che siano regolarmente tenuti. In questo caso, non solo mancava la prova di tale regolarità, ma il contenuto stesso delle scritture appariva contrario a una normale prassi commerciale e logica, rendendole inattendibili come unica fonte di prova.

Le Conclusioni

La pronuncia in esame offre un importante monito per gli operatori economici. Dimostrare un pagamento, soprattutto se di importo rilevante e avvenuto con modalità anomale come il contante, richiede prove concrete e inequivocabili. Le sole registrazioni interne, pur essendo un obbligo di legge, non hanno un valore probatorio assoluto e possono essere facilmente superate se non supportate da altri elementi (come ricevute, quietanze, prove dei movimenti di denaro) e se i fatti che rappresentano appaiono inverosimili. L’onere della prova pagamento resta saldamente in capo a chi sostiene di aver adempiuto alla propria obbligazione.

A chi spetta l’onere della prova del pagamento di un debito?
Secondo la costante giurisprudenza richiamata dalla Corte, l’onere della prova del pagamento spetta sempre al debitore. È colui che afferma di aver estinto l’obbligazione a dover fornire la prova di tale fatto, non il creditore a dover dimostrare il mancato pagamento.

Le sole scritture contabili di un’azienda sono sufficienti a provare un pagamento?
No. La Corte ha chiarito che le scritture contabili possono costituire un elemento di prova solo se è dimostrato che siano state regolarmente tenute (vidimate, bollate, etc.). In ogni caso, il loro valore probatorio può essere smentito da altri elementi, come l’inverosimiglianza dei fatti registrati (ad esempio, ingenti pagamenti in contanti senza rilascio di ricevute).

Perché la Corte ha ritenuto ‘poco verosimili’ i pagamenti in contanti in questo caso?
La Corte ha ritenuto poco credibile che fossero avvenuti numerosi pagamenti in contanti per importi molto elevati (fino a 64.500 euro in un’unica occasione) per diverse ragioni: la difficoltà pratica di organizzare tali prelievi, i divieti previsti dalla normativa fiscale sull’uso del contante e l’anomalia di non richiedere alcuna ricevuta o attestazione per transazioni così significative.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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