SENTENZA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI N. 6353 2025 – N. R.G. 00000806 2023 DEPOSITO MINUTA 09 12 2025 PUBBLICAZIONE 09 12 2025
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI -SEZIONE CIVILE TERZA
Riunita in camera di consiglio nelle persone dei seguenti magistrati
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME Presidente
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME Consigliere
AVV_NOTAIO.ssa NOME COGNOME Consigliere rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado d’appello iscritta al n. NUMERO_DOCUMENTO del Registro Generale Affari Contenziosi dell’anno 2023, riservata in decisione all’udienza del 18.6.2025, con la concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. riAVV_NOTAIOi (40+20), vertente
TRA
(p.i.: ), in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa, in virtù di procura in atti, dall’AVV_NOTAIO (c.f.: e dall’AVV_NOTAIO (c.f.: ), domiciliatario in San Salvatore Telesino (BN), al INDIRIZZO; P. C.F. C.F.
appellante
E
(p.i.: ), in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (c.f.: ), elett. te dom.ta come in atti; P. C.F.
appellata
Oggetto: appello avverso la sentenza n. 124/2023 del Tribunale di Benevento, pubblicata in data 16.1.2023, nel proc. di primo grado n. 4560/2021 r.g.
Conclusioni: come da verbale di udienza del 18.6.2025.
MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
1 chiese ed ottenne decreto ingiuntivo in danno di
per l’importo di € 1 1.496,00, oltre interessi moratori e spese della procedura (d.i. n. 923 del 2021 reso dal tribunale di Benevento).
A sostegno della domanda monitoria prospettò un credito a saldo, riferibile ad una fornitura di concimi/fertilizzanti, portato dalle proAVV_NOTAIOe fatture (n. 94 del 5.6.2020 e n. 1348 del 23.9.2019) ed il parziale pagamento solo della seconda.
Si oppose eccependo l’estinzione dell’obbligazione per intervenuto pagamento. In proposito dedusse di aver consegnato n. 2 assegni intestati alla creditrice (il primo emesso in data 30.10.2020 , per l’importo d i € 10.000,00 , tratto sul banco BPM, filiale di Frattamaggiore, e recante n. 0180784009-03; il secondo emesso il 30.11.2020, per l’importo di € 9.628,79, tratto su medesima banca e recante n. 0180784010-04), titoli regolarmente incassati come da timbro apposto per l’incasso d alla società opposta e presente sul retro del titolo.
Resistette chiarendo che tra le parti erano intercorsi svariati rapporti di fornitura e pagamenti, negli anni 2018-2019 e 2020, come dimostrato dalle numerose fatture emesse ed analiticamente indicate in comparsa, per un importo totale di € 74.271,75; a fronte di tale somma, erano stati ricevuti pagamenti come di seguito: n. 3 acconti di € 10.000,00, un acconto di € 9.628,79, un acconto di € 5.000,00, un acconto di € 3.000,00, un pagamento in contanti per € 2.750,00 (a saldo della fattura n. 813 del 2019), ed una nota di credito di € 7.145,00, per un totale di € 62.755,79 ; residuava l’importo di € 11.496,00 in riferimento alle azionate fatture; evidenziava che il rapporto e la fornitura erano incontestati e che nulla aveva contestato il debitore neppure all’esito della ricezione della missiva di costituzione in mora, così implicitamente riconoscendo il dovuto.
Con sentenza n. 124 del 2023 pubblicata il 16.1.2023, il Tribunale di Benevento ha accolto l’opposizione, ha revocato il decreto ingiuntivo ed ha condannato parte opposta al pagamento delle spese di lite, liquidate in € 2.538,50 p er compensi , € 145,50 per esborsi, oltre spese generali, iva e cpa come per legge.
A sostegno della decisione il Tribunale ha esposto che il debitore, con la produzione dei due assegni, regolarmente incassati, aveva dimostrato di aver estinto l’obbligazione di pagamento; di contro, il creditore non aveva ben illustrato nel ricorso monitorio le fasi dei pagamenti intervenuti nel tempo, tentando di rimediare a tale carenza solo con le difese successive, esponendo tuttavia dati contabili confusi e del tutto inattendibili; il Tribunale così conclude: Considerato che l’opposta richiama le precedenti forniture ed acconti solo in sede di comparsa di costituzione, senza alcuna precisa ricostruzione contabile e senza rigorose prove documentali (basti pensare che richiama molti pagamenti in contanti non tracciati), il tentativo di rimediare ai secchi motivi di opposizione de la non incontra il giudizio favorevole di questo giudicante.
Avverso questa sentenza ha proposto appello affidato ai due motivi di cui si dirà; ha chiesto di accogliere l’appello e, in riforma della gravata sentenza, di rigettare l’opposizione e di confermare il decreto ingiuntivo, vinte le spese del doppio grado, con attribuzione ai difensori.
Ha resistito la eccependo, in via preliminare, la nullità della procura alle liti, carente della indicazione delle generalità del legale rappresentante della società, non desumibili neppure dall’atto di appello, il che impediva di verificare la sussistenza dei poteri rappresentativi in capo al conferente la procura (sul punto assume la insufficienza allo scopo della sola sigla del sottoscrittore apposta sul timbro della società); ha chiesto, dunque, di dichiarare l’appello inammissibile, in difetto di valida procura alle liti, e, in ogni caso, di rigettarlo nel merito, vinte le spese di lite.
All’udienza del 18.6.2025, sulle conclusioni delle parti precisate a verbale, la causa è stata riservata in decisione con la concessione dei termini ex art. 190 c.p.c., riAVV_NOTAIOi (40+20).
2 .L’eccezione di nullità di procura alle liti sollevata da parte appellata non è fondata.
Quanto al vizio di nullità della procura alle liti conferita dal legale rappresentante di una società al difensore con una sottoscrizione apposta in sigla sul timbro della società, lo stesso è astrattamente ipotizzabile laddove risulti carente anche la indicazione del nominativo o della carica del firmatario.
A ssorbe ogni questione l’evenienza che dall’esame della procura in atti emerg a chiaramente l’indicazione a stampa del nominativo dell’amministratore unico contenuta proprio nel timbro della società; su questa indicazione nominativa ( Amministratore Unico è stata apposta la sigla a penna, sì rendendo il nominativo del firmatario desumibile dal contesto del medesimo atto.
In definitiva, il timbro in contestazione contiene sia la denominazione della società che la indicazione del nominativo per esteso del legale rappresentante e, dunque, consente di individuare l’identità soggettiva del sottoscrittore, rispettando i requisiti di validità quanto alla identificazione del conferente la procura siccome descritti dalla giurisprudenza di legittimità (da ultimo, in tal senso, Cass. 2025, n.2150).
3 .Con il primo motivo di appello, il creditore appellante si duole del malgoverno delle risultanze istruttorie e della non corretta applicazione delle regole di distribuzione degli oneri probatori. Deduce che il credito ingiunto era riferibile a due fatture specifiche mentre gli assegni proAVV_NOTAIOi dal debitore a sostegno dell’asserita prova del pagamento, oltre a recare importi non corrispondenti, erano riferibili al saldo di forniture pregresse; specifica che la contabilità riassunta in primo grado già teneva conto degli importi dei due assegni (richiamati
con evidenza), e residuava il debito ingiunto; ne conseguiva che il debitore, che ne era onerato, non aveva dato prova che i due assegni fossero riferibili alle fatture azionate in monitorio e, dunque, non aveva dimostrato il pagamento.
Con il secondo motivo l’appellante censura la sentenza per motivazione insufficiente e contraddittoria; in particolare si duole della sentenza nella parte in cui non attribuisce corretto valore alla mancata contestazione delle allegazioni sulla contabilità, specificate nella prima memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c. Sul punto ribadisce che il debitore, dopo la costituzione in mora, non aveva contestato alcunché e neppure aveva contestato in alcun modo la contabilità siccome riepilogata da esso creditore in primo grado; evidenzia che il rapporto e l’effettuazione della fornitura non erano mai state poste in discussione e che il tribunale non aveva dato giusto valore alla circostanza della non corrispondenza tra gli importi degli assegni depositati a riprova del pagamento e gli importi ingiunti.
4 . I due motivi di appello, che richiamano nella sostanza il malgoverno delle risultanze istruttorie e la distribuzione degli oneri probatori, vanno esaminati congiuntamente e sono fondati.
4.1 – Il debitore, a sostegno della estinzione del debito ingiunto, ha depositato due assegni che risultano incassati; non vi è alcun riferimento nei titoli alle fatture di riferimento ed azionate in monitorio, nell’ambito di quello che è un rapporto datato, siccome intercorso tra le parti, ed in presenza di numerose forniture portate da diverse fatture.
4.2 – Il Tribunale non ha correttamente applicato le regole di distribuzione dell’onere della prova in materia, limitandosi ad argomentare che i due assegni dimostravano l’estinzione del debito ingiunto in presenza di una confusa contabilità del creditore.
La Corte di Cassazione, da ultimo nella sentenza n. 24213 del 2025 , ribadito il principio cardine del nostro ordinamento, sancito dall’art. 2697 cod . civ., in base al quale chi agisce per ottenere il pagamento di un credito deve provare l’esistenza del titolo (es. contratto), mentre chi eccepisce l’avvenuta estinzione del debito deve provare il fatto estintivo, ovvero il pagamento, ha precisato che la questione si complica quando la prova del pagamento consiste nella produzione da parte del debitore di assegni o cambiali, ‘titoli astratti’, il cui valore legale è svincolato dalla causa sottostante. La loro semplice emissione – ed anche la prova dell’incasso – non dimostra affatto che essi siano serviti a estinguere quello specifico debito oggetto di causa, nell’ipotesi in cui tra le parti siano intercorsi plurimi rapporti.
La Corte di Cassazione ha chiarito che, in tal caso, se il creditore contesta l’imputazione del pagamento (come nella specie è avvenuto sia in comparsa di costituzione sia nelle memorie ex art. 183 co. 6 c.p.c.) , l’onere probatorio torna in capo al debitore. È quest’ultimo
che deve dimostrare in modo inequivocabile il collegamento tra i titoli di credito proAVV_NOTAIOi e le specifiche fatture che sostiene di aver saldato. Non è sufficiente una semplice allegazione; serve una prova concreta che leghi quel pagamento a quel debito.
In assenza di tale prova, non si può invertire l’onere probatorio e porre a carico del creditore la prova che gli assegni si riferiscano ad altre forniture ; di qui l’irrilevanza della ritenuta ‘conf u sa’ contabilità esposta dal creditore – argomento che il tribunale ha posto a sostegno dell’accoglimento della opposizione – poiché il creditore doveva solo contestare specificamente l’imputazione e, dunque, la riferibilità di quei pagamenti alle fatture e non certo egli stesso dimostrare una regolarità contabile, come pare richiedere il debitore, al fine di far emergere l’imputazione .
Il debitore, dunque, non ha provato alcun nesso tra i pagamenti effettuati e le fatture contestate.
4.3 – In conclusione, quando si effettua un pagamento, specialmente se tramite assegno e in un contesto di rapporti commerciali continuativi, a fronte della contestazione della imputazione da parte del creditore, è il debitore che deve dare prova chiara ed inequivocabile di un collegamento, anche documentale, tra il pagamento portato dal titolo depositato e la fattura azionata (ad esempio, indicando il numero di fattura nella causale del bonifico o dell’assegno). Per i debitori onerati della prova del pagamento, la sentenza citata chiarisce che la semplice esibizione di un assegno, sia pur incassato dal creditore, non è prova da sola sufficiente a dimostrare l’estinzione di uno specifico debito, se vi è contestazione sul punto, con la conseguenza che, a fronte di pagamenti non chiaramente riferibili al credito ingiunto, il creditore può continuare a esigere il saldo delle fatture scoperte, a meno che il debitore non fornisca una prova rigorosa del contrario (riferibilità chiara o ad es. tracciabilità nei pagamenti, del tutto carenti nella specie).
4.4 – Conseguentemente, il tribunale ha erroneamente applicato gli oneri probatori laddove ha ritenuto che, nell’ambito di un rapporto commerciale continuativo, allorch é il creditore-fornitore domandi il pagamento di determinate fatture, a fronte della produzione da parte del debitore di titoli astratti (cambiali o assegni) sia il creditore a dover provare l’esatta imputazione di pagamento anziché il debitore a dimostrare di avere saldato – tramite i titoli astratti proAVV_NOTAIOi- proprio e nello specifico le fatture oggetto di ingiunzione.
Peraltro, tale principio è ormai pacifico nella giurisprudenza di legittimità che da tempo lo ha chiarito. Infatti, sin da tempi molto meno recenti, la giurisprudenza di legittimità ha argomentato che il creditore che agisce per il pagamento ha l’onere di provare il titolo del suo diritto, non anche il mancato pagamento, giacché il pagamento integra un fatto estintivo,
la cui prova incombe al debitore che l’eccepisca. L’onere della prova torna a gravare sul creditore solo , di fronte alla comprovata esistenza di un pagamento avente efficacia estintiva, ossia puntualmente eseguito con riferimento a un determinato credito (cfr. Cass. 2012, n. 19572) . Si desume dalla chiara lettura della giurisprudenza in materia che l’onere (anche di dimostrare la riferibilità dei pagamenti a crediti diversi) torna a gravare in capo al creditore solo laddove il debitore comprovi l’esistenza di un pagamento avente efficacia estintiva , ossia puntualmente eseguito con riferimento a un determinato credito, laddove, nella specie il debitore non ha dato prova di pagamenti con efficacia estintiva riferibili ai crediti determinati di cui è lite poiché , nell’ambito di rapporti mai contestati e pacificamente continuativi, ha proAVV_NOTAIOo due assegni che, sia pur regolarmente incassati, sono carenti di ogni riferimento alle fatture azionate; né ha provato che siano stati soddisfatti, nel loro complesso, la totalità dei crediti maturati dalla opposta.
5 . L’appello va, dunque, accolto e, in riforma della gravata sentenza, l’opposizione va rigettata.
5.1 -Quanto alla sorte del decreto ingiuntivo, va evidenziato che, in primo grado, all’esito dell’accoglimento della opposizione, il decreto ingiuntivo è stato revocato.
La giurisprudenza ha chiarito che nei casi in cui il giudice di primo grado accolga l’opposizione e revochi il decreto, tale pronuncia comporta la definitiva caducazione del provvedimento monitorio, sicché l’eventuale riforma della sentenza di primo grado da parte del giudice d’appello (come nel caso in esame) anche laddove si concluda con l’improprio dispositivo di ‘conferma’ del decreto ingiuntivo , non ne determina la ‘reviviscenza’ (Cass. 2024 n. 315).
Ne consegue che , non potendo essere ‘confermato’ un decreto già revocato, più correttamente va condannata al pagamento in favore di della somma liquidata con il caducato decreto ingiuntivo : € 11.496,00, oltre interessi moratori al tasso legale dal deposito del ricorso al saldo.
6 .L’accoglimento dell’appello travolge anche le spese di lite liquidate in primo grado.
Le spese del doppio grado seguono la soccombenza dell’appellante e sono liquidate in applicazione dei parametri dettati dal d.m. n. 55/14, così come aggiornati al D.M. nr. 147/2022, in ragione dell’impegno difensivo prestato, del valore della causa (ricompreso nello scaglione da € 5.201,00 -26.000,00), dell’assenza di istruttoria in entrambi i gradi, in valori leggermente al di sotto dei medi, nell’importo complessivo di € 3.500,00 per il primo grado e di € 4.000,00 per il presente grado, oltre spese generali, iva e cpa come per legge, con attribuzione ai difensori.
P.Q.M.
La Corte di Appello di Napoli, definitivamente pronunciando, così provvede:
1.in accoglimento de ll’appello proposto da nei confronti di ed in riforma della sentenza n. 124/2023, pubblicata il 16.1.2023, resa dal Tribunale di Benevento,
rigetta l’opposizione a decreto ingiuntivo;
condanna al pagamento in favore di della somma liquidata con il già caducato decreto ingiuntivo: € 11.496,00, oltre interessi moratori al tasso legale dal deposito del ricorso al saldo;
delle 3.500,00 oltre spese generali al 15% , iva e 4.000,00, oltre spese generali al 15%, iva
condanna al pagamento in favore di spese di lite, liquidate, quanto al primo grado, in € cpa come per legge e, quanto al presente grado, in € e cpa come per legge, con attribuzione ai difensori.
Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio del 3.12.2025.
Il Consigliere estensore
AVV_NOTAIO.ssa NOME COGNOME Il Presidente
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME