Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 34643 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 34643 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28162/2020 R.G. proposto da:
NOME NOME, domiciliato ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
Fallimento RAGIONE_SOCIALE,
-intimato-, avverso il decreto del Tribunale di Pisa n. cron. 16157/2020 depositato in data 08/10/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 Con decreto, ex art 99 l. fall., depositato in data 8/10/2020, il Tribunale di Pisa rigettava l’opposizione avverso il decreto di esecutività dello stato passivo del RAGIONE_SOCIALE con il quale erano stati esclusi i seguenti crediti fatti valere da NOME NOME : € 1.840,000, in privilegio, a titolo di compensi di amministratore unico della società dovuti dal marzo 2009 alla data del fallimento; € 2.065.586, sempre in via privilegiata, a titolo di rimborso di finanziamenti; € 100.000, in chirografo per spese sostenute nell’espletamento della carica sociale.
1.1 I giudici toscani non ritenevano raggiunta la prova dei fatti costitutivi del credito al compenso professionale in quanto il documento prodotto- la copia informale del verbale di assemblea del 30.11.2009- non recava data certa e, di conseguenza, non era opponibile alla curatela mentre l’articolata prova per testi era inammissibile in quanto genericamente formulata.
1.2 Parimenti sfornita di prova era per il Tribunale di Pisa la pretesa creditoria fondata sul finanziamento, non essendo idonea la mera annotazione su una copia del bilancio 2008 redatta in via informale, sprovvista del verbale di approvazione e come tale del tutto inattendibile. Nessun documento a suffragio di tale credito (estratto conto corrente, distinta bancaria) era stato versato in atti e, pertanto, era rimasta completamente indimostrata la circostanza dell’erogazione di somme di denaro da parte del socio in favore della società.
1.3 L’ulteriore posta creditoria, a giudizio del Tribunale, non solo non risultava supportata del benchè minimo supporto probatorio, ma era ‘ una mera declamazione peraltro in forma assolutamente generica e sintetica ‘.
2 NOME ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di quattro motivi, il Fallimento non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Il primo mezzo di impugnazione denuncia violazione degli artt. 360 1 comma nr. 5 c.p.c., 132 c.p.c. e 360 1 comma nr. 4 c.p.c.: il ricorrente lamenta che « il curatore, nonostante possedesse la delibera dell’assemblea dei soci del 30/10/2009 e le copie conformi degli originali dei bilanci degli esercizi per gli anni 200-2008 non dava spiegazioni dei motivi del rigetto » e che il Tribunale avrebbe omesso di esaminare ‘ l’istanza ex art 177 c.p.c . ‘ di revoca del provvedimento del giudice (designato alla trattazione del procedimento di opposizione allo stato passivo) di rigetto della richiesta istruttoria orale diretta a provare la delibera assembleare che determinava il compenso e il rimborso spese all’amministratore della società; sostiene che il Tribunale, avendo a disposizione la copia della delibera assembleare del 30/10/2009 che dimostrava il credito, avrebbe dovuto motivare il rigetto perché « la richiesta di compenso e rimborso spese era sostenuta da una delibera non considerata valida perché non depositata in originale, in alternativa avrebbe dovuto negare che NOME avesse amministrato la società», non avendo così motivato il Tribunale di Pisa sarebbe incorso nel vizio di carenza della motivazione .
La censura, per la verità poco intellegibile, è, all’evidenza, inammissibile in quanto non si confronta minimamente con il decisum .
2.1 Il Tribunale, infatti, dopo aver correttamente premesso che non si ravvisa alcun onere per la curatela di rendere noti quali siano i presupposti necessari ai fini dell’ammissione al passivo, gravando sul creditore la dimostrazione dei fatti costitutivi della propria pretesa, ha accertato che la copia informale della delibera assembleare del 30/10/2009, non essendo munita di data certa, non era opponibile al fallimento (e il reclamante non aveva chiesto in modo idoneo di provare la certezza della data) mentre ha ritenuto sfornita di prova l’ulteriore voce del credito per il finanziamento.
3 Il secondo motivo deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 comma 1 nr. 4 c.p.c. perché il Tribunale avrebbe omesso del tutto di pronunciarsi sul ‘ricorso ex art . 177 c.p.c.’ incorrendo in tal modo nel vizio della omessa statuizione.
4 Il motivo è inammissibile in quanto, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, il mancato esame di una richiesta istruttoria non integra omessa pronuncia, che è ravvisabile solo in relazione a domande attinenti al merito, potendo dar luogo unicamente a vizio di motivazione ove ne siano prospettati ritualmente gli estremi (cfr. tra le tante Cass.13716/2016).
5 Il terzo motivo è rubricato: « omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in violazione dell’art. 2389 e 2704 cod. civ. in relazione all’art . 360 nr 5 c.p.c.» : per non avere il Tribunale accolto le richieste di ammissione della prova per testi che si erano rese necessarie per l’impossibilità di dimostrare documentalmente l’incarico di amministratore, essendo stato l’originale della delibera che riconosceva a NOME NOME il compenso di € 240.000 netti annui trafugato insieme agli altri documenti contabili della società nel 2011.
6 Il motivo è inammissibile in quanto ancora una volta il ricorrente, pur inquadrando la censura sotto il vizio dell’ omesso esame di fatti decisivi, lamenta, nella sostanza, il mancato accoglimento della prova per testi con ciò dimostrando che il Tribunale, lungi dall’aver pretermesso le istanze istruttore, ha solamente compiuto una valutazione non conforme alle aspettative dell’opponente.
7 Il quarto motivo denuncia « omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in violazione dell’art. 2434 c .c. lettera D) nr. 3 per finanziamenti dei soci, anche in considerazione degli artt. 115 e 116 in relazione all’art 360 nr 5 c.p.c. cod. civ. in relazione all’art 360 nr 5 c.p.c »: il ricorrente, dopo aver puntualizzato che i « bilanci di esercizio si
trovano in originale depositati presso la Camera di Commercio di Pisa e sono in possesso del curatore fallimentare », argomenta che il Tribunale ha errato: i) nel non aver tenuto conto del termine decennale per la tenuta della conservazione dei documenti ai sensi dell’art . 2220 c.c.; ii) nel non aver tenuto conto « di quanto dispone l’art . 2934 codice civile in ordine alla estinzione dei diritti favorendo il tal senso la controporte »; iii) nel non aver considerato che « la testimonianza dell’arch. COGNOME avrebbe avuto una validità maggiore di qualsiasi documento, tenuto conto che la gestione del denaro in quel tempo era affidata alla sua persona » .
La doglianza poi si chiude con una perentoria affermazione di «violazione degli artt. 115 e 116, in relazione all’art. 360, nr. 5 c.p.c.».
8 Plurimi di profili di inammissibilità affliggono la censura.
9 Il ricorrente non spiega quale sia stato il fatto decisivo che non sarebbe stato preso in esame dal Tribunale, che, dopo avere illustrato i principi e le regole in materia di ripartizione dell’onere probatorio in tema di giudizio di accertamento dello stato passivo ha, in maniera corretta e lineare, dato contezza della assoluta inidoneità degli elementi offerti dal ricorrente a dimostrazione dei fatti costitutivi delle tre poste creditorie fatte valere con l’insinuazione allo stato passivo .
9.1 Non può quindi predicarsi alcuna violazione, dedotta dalla ricorrente in maniera del tutto generica ed apodittica, degli artt. 115 e 116 c.p.c.
9.2 Le considerazioni circa la pubblicazione dei bilanci presso la Camera di Commercio, i termini di conservazione della documentazione contabile, la disponibilità della contabilità da parte del curatore non sono minimamente confrontabili con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che restano di fatto non censurate.
9.3 Priva, infine di specificità è l’articolazione della censura sulla mancata ammissione della testimonianza dell’arch. COGNOME non essendo state indicati i fatti e le circostanze sui quali il teste sarebbe stato chiamato a rispondere e così impedendo a questa Corte, pur negli stretti limiti della violazione dedotta, di valutare il giudizio di inammissibilità della prova compiuto dal Tribunale.
In conclusione, il motivo è inammissibile.
10 Nulla è da statuire sulle spese del giudizio non avendo il Fallimento svolto alcuna attività difensiva.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dallo stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, il 06/11/2024.