Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12848 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12848 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/05/2024
ORDINANZA
OGGETTO:
azione ex art. 2932 cod. civ.
R.G. 18297/2019
C.C. 24-4-2024
sul ricorso n. 18297/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in Roma presso di lui, nel suo studio in INDIRIZZO
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE E IN CONCORDATO PREVENTIVO
intimata
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
intimata avverso la sentenza n. 7952/2018 della Corte d’appello di Roma pubblicata il 12-12-2018
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24-42024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.La sentenza impugnata n. 7952/2018 pubblicata il 12-12-2018 della Corte d’appello di Roma ha considerato in fatto che la vicenda
traeva origine da due distinte scritture private di data 12-10-2004, con le quali RAGIONE_SOCIALE aveva promesso di vendere ad NOME COGNOME due unità immobiliari in immobile in costruzione a Sora in INDIRIZZO, per il prezzo rispettivamente di Euro 67.000,00 e di Euro 79.000,00; secondo gli accordi delle parti, l’atto di vendita avrebbe dovuto essere stipulato entro il termine essenziale del 31-12005 e il saldo del prezzo poteva avvenire anche mediante accollo del mutuo ipotecario concesso da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE che, a tal fine, si impegnava a richiedere il frazionamento dell’ipoteca o a ottenere impegno alla restrizione ipotecaria; all’art. 3 delle scritture era stato previsto che le condizioni generali della compravendita risultavano ‘dall’allegato testo del relativo schema di atto del AVV_NOTAIO…e del regolamento di condominio …dei quali la parte promissaria acquirente conf erma la espressa ed allegata accettazione’, ma agli atti del giudizio non risultava alcun allegato alle scritture private.
NOME COGNOME, lamentando l’inadempimento della promittente venditrice RAGIONE_SOCIALE, aveva convenuto avanti il Tribunale di Roma RAGIONE_SOCIALE al fine di ottenere pronuncia ex art. 2932 cod. civ. che producesse gli effetti dei contratti di vendita non conclusi, citando anche RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a. al fine di versare alla stessa il saldo prezzo, previa ‘indicazione in corso di causa’ delle somme necessarie a liberare gli immobili dalle formalità pregiudizievoli. Si era costituita COGNOME RAGIONE_SOCIALE opponendosi alla domanda e RAGIONE_SOCIALE era rimasta contumace.
Con sentenza n. 9560/2011 depositata il 10-5-2011 il Tribunale di Roma aveva rigettato la domanda, rilevando che gli immobili erano ancora in corso di costruzione, che non avevano avuto compiuta identificazione catastale e non era possibile verificare la corrispondenza tra lo stato dei luoghi e le planimetrie depositate in catasto, nonché per
l’incertezza in ordine al saldo del prezzo e alle modalità di adempimento, visto che il mutuo gravante sul complesso immobiliare non era stato frazionato.
Ha proposto appello NOME COGNOME, si è costituita RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e in concordato preventivo, è rimasta contumace RAGIONE_SOCIALE Sanpaolo s.p.a., già RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a., e la Corte d’appello di Roma con la sentenza n. 7952/2018 ha rigettato l’impugnazione, compensando le spese di lite.
2.Avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
Sono rimaste intimate RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e in concordato preventivo, alla quale il ricorso è stato notificato al difensore domiciliatario a mezzo pec con consegna del messaggio il 126-2019 al l’indirizzo pec EMAIL e RAGIONE_SOCIALE San Paolo RAGIONE_SOCIALEp.a., alla quale la notificazione è stata eseguita, in quanto contumace in secondo grado, al suo indirizzo pec EMAIL con consegna del piego il 12-6-2019.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e a ll’esito della camera di consiglio del 24-4-2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo è intitolato ‘ violazione dell’art. 360 comma 1 numero 5 c.p.c., in relazione agli artt. 113, 115 e 116 c.p.c. avendo la Corte di Appello omesso di esaminare la c.t.u. svolta in primo grado da parte dell’AVV_NOTAIO, a base della sentenza emessa dal Tribunale, pur riconoscendola rilevante, documento indispensabile e decisivo ai fini del decidere, dato testuale e decisivo che emerge dalla stessa sentenza impugnata nonché dagli atti processuali e oggetto di discussione tra le parti’. La ricorrente lamenta che la sentenza abbia dichiarato l’esistenza di oggettiva incertezza sul profilo del prezzo e
delle modalità di adempimento, tale da impedire la pronuncia di sentenza ex art. 2932 cod. civ., nonostante gli elementi fossero stati chiaramente esposti nei contratti preliminari; aggiunge che l’ulteriore dimostrazione che la c.t.u. non sia stata sufficientemente indagata dalla Corte d’appello è data dal l’affermazione in sentenza in ordine alla mancanza di visura ipotecaria dalla quale trarre elementi sul mutuo, nonostante il c.t.u. avesse allegato l’elenco delle formalità ipotecarie.
1.1.Il motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 co.1 n. 6 cod. proc. civ., per la totale assenza di specificità che si risolve nel non cogliere la ratio della decisione impugnata.
L ‘art. 366 co.1 n. 6 cod. proc. civ. impone di fare specifica indicazione degli atti e dei documenti sui quali si fonda il ricorso e la ricorrente si limita a dichiarare che gli elementi che la sentenza ha dichiarato mancanti, relativi a prezzo e modalità di pagamento, erano contenuti nei contratti preliminari e che la visura ipotecaria era allegata alla consulenza d’ufficio. In questo modo la ricorrente non considera che la sentenza impugnata ha ritenuto l’oggettiva incertezza sul profilo del prezzo e delle modalità di adempimento quale conseguenza della mancanza di sufficienti elementi relativi al mutuo, testualmente (pag.6) con riferimento agli “estremi del contratto o dei contratti, notaio rogante, importi deliberati e/o erogati, cespiti posti a garanzia, durata, piano di ammortamento, importo delle rate’ , rilevando che tale circostanza impediva qualsiasi valutazione sulle modalità di adempimento e sulla determinazione della somma necessaria per liberare i cespiti dall’ipoteca. Inoltre, la sentenza ha dato atto che il consulente d’ufficio nominato in primo grado aveva riepilogato le formalità relative ai singoli cespiti, ma dal suo prospetto non si ricavava alcunché sul mutuo e sul l’ipoteca. Quindi, per censurare in modo pertinente queste statuizioni, la ricorrente avrebbe dovuto indicare in quali atti fossero contenute le informazioni che la sentenza aveva
ritenuto mancanti e avrebbe dovuto dimostrare, facendo specifico riferimento al contenuto del prospettato allegato alla c.t.u. richiamato dalla sentenza impugnata, che lo stesso conteneva le informazioni ritenute mancanti dalla sentenza.
2.Il secondo motivo è rubricato ‘ violazione dell’art. 360 comma 1 numero 4 c.p.c., avendo la Corte di Appello pronunciato una sentenza nulla/annullabile/illegittima, in violazione dell’art. 132 comma II n. 4 c.p.c. e l’obbligo di motivazione ivi previsto’ e con esso la ricorrente lamenta che la sentenza abbia dichiarato che dagli atti non risultava alcun dettaglio del mutuo, nonostante l’attrice avesse fatto quanto le era consentito per ottenere informazioni al riguardo; evidenzia che aveva citato in giudizio la banca e aveva formulato richiesta ex art. 210 cod. proc. civ.
2.1.Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata ha preso espressamente in esame le deduzioni dell’appellante in ordine al fatto che ella aveva chiesto l’acquisizione d’ufficio ex art. 210 cod. proc. civ. presso la banca della contabilità relativa al mutuo ipotecario e ai relativi piani di ammortamento e in ordine al fatto che aveva chiesto che fosse richiamato il c.t.u. a chiarimenti per acquisire il ‘certificato ventennale’. A fronte di questi dati, la sentenza ha dichiarato che non emergeva alcun dettaglio sul mutuo e cioè, come sopra già esposto, su ‘estremi del contratto o dei contratti, notaio rogante, importi deliberati e/o erogati, cespiti posti a garanzia, durata, piano di ammortamento, importo delle rate, etc.’ , e che ciò impediva ogni valutazione sulle modalità di adempimento e sulla determinazione della somma per liberare i cespiti dall’ipoteca; ha dichiarato che il relativo onere della prova gravava sull’attrice e avrebbe potuto essere soddisfatto con una visura ipotecaria o con tempestive richieste istruttorie, per cui era
inammissibile l’istanza proposta in appello di acquisizione di ufficio della documentazione.
Con questo contenuto la motivazione soddisfa il minimo costituzionale entro il quale è circoscritto il sindacato di legittimità, per cui non sussistono la violazione dell’art. 132 co.2 n. cod. proc. civ. e la relativa nullità della sentenza sostenute dalla ricorrente; infatti la motivazione non è né mancante, né meramente apparente, né affetta da manifesta e irriducibile contraddittorietà, né perplessa o incomprensibile, mentre rimane estranea al sindacato di legittimità ogni questione sulla mera insufficienza della motivazione (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01, Cass. Sez. 3 12-10-2017 n. 23940 Rv. 645828-01, Cass. Sez. 1 3-3-2022 n. 7090 Rv. 664120-01, per tutte).
3.Il terzo motivo è rubricato ‘ violazione dell’art. 360 comma 1 numero 4 c.p.c., avendo la Corte di Appello pronunciato una sentenza nulla/annullabile/illegittima, in violazione dell’art. 2697 c.c. e del ‘principio di vicinanza della prova’, nonché in violazione del T.U.B. (D.Lgs. n. 38 5/93) e dell’art. 2872 c.c.’; la ricorrente sostiene che, secondo il criterio della vicinanza alla prova, sarebbe stato ragionevole disapplicare la regola generale, ponendo l’onere della prova alla parte che ha o può avere più facilmente la disponibilità della prova. Dichiara come non si comprenda perché la citazione in giudizio della RAGIONE_SOCIALE non abbia potuto essere considerata richiesta istruttoria finalizzata alla dimostrazione di quanto necessario in relazione al mutuo; lamenta la mancata applicazione dell’art. 39 TUB, laddove prevede che il debitore ha diritto di ottenere la parziale liberazione degli immobili ipotecati nel caso in cui risulti che i rimanenti beni vincolati siano garanzia sufficiente.
3.1.Il motivo è inammissibile nella parte in cui lamenta la violazione dell’art. 2697 cod. civ., in quanto non è stato svolto nei
termini richiesti da Cass. Sez. U 5-8-2016 n. 16598 (in motivazione, pag. 33), secondo cui la violazione dell’art. 2697 cod. civ. si configura se il giudice di merito applica la regola dell’onere della prova in modo erroneo, e cioè attribuendo l’onere a una parte diversa da quella che ne è onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni (cfr., nello stesso senso, Cass. Sez. 3 29-5-2018 n. 13395 Rv. 649038-01, Cass. Sez. 63 31-8-2020 n. 18092 Rv. 658840-01).
Il motivo è infondato nella parte in cui sostiene che, facendo applicazione del cosiddetto principio di vicinanza della prova, la Corte d’appello avrebbe dovuto giungere a diversa conclusione, in quanto era l’attrice che ha proposto domanda ex art. 2932 co d. civ. ad avere l’onere di dare prova degli elementi costitutivi della sua domanda. Come già ritenuto da Cass. Sez. 3 22-4-2022 n.12910 (Rv. 66481901), il cosiddetto principio di vicinanza dalla prova, definito da Cass. Sez. U 30-10-2001 n. 13533 come qu el criterio per cui l’onere della prova deve essere ripartito tenendo conto, in concreto, della possibilità per l’uno o per l’altro soggetto di provare fatti e circostanze che ricadono nelle rispettive sfere di azione, non autorizza deroghe alla regola di ripartizione dei temi di prova, che impone all’attore la conferma dei fatti costitutivi della situazione attiva invocata e al convenuto la dimostrazione dell’inefficacia dei primi o dell’operare di fatti estintivi, modificativi o impeditivi; il principio è destinato a operare quando le disposizioni attributive delle situazioni attive non offrano indicazioni univoche per identificare i fatti costitutivi, per cui l’interprete deve privilegiare il senso che individua i fatti costitutivi in funzione della maggi ore accessibilità ai relativi mezzi di prova da parte dell’attore; quindi, il principio di vicinanza della prova non si contrappone a quello posto dall’art. 2697 cod. civ., ma funge da criterio ermeneutico che aiuta nell’individuazione dei fatti costitutiv i rispetto a quelli estintivi,
modificativi o estintivi, introducendo il canone per cui i primi sono quelli più prossimi all’attore.
La circostanza valorizzata dalla ricorrente, riferita al fatto di avere citato in giudizio la RAGIONE_SOCIALE che aveva erogato il mutuo, non è utile a ritenere che erroneamente la sentenza impugnata abbia dichiarato l’assenza di allegazione probatoria, in mancanza di deduzioni finalizzate a censurare in modo ammissibile la sentenza impugnata laddove ha ritenuto la mancanza di qualsiasi dettaglio sul mutuo.
E’ inammissibile infine la deduzione in ordine al diritto della ricorrente a ottenere ai sensi dell’art. 39 co.5 T.U.B. la parziale liberazione degli immobili ipotecati, per il fatto che risulti che i beni vincolati costituiscano garanzia sufficiente ai sensi dell’art.38; ciò perché la sentenza impugnata, senza censura ammissibile sul punto, ha espressamente statuito in ordine alla mancanza di prova sull’avvenuta richiesta di frazionamento del mutuo o di restrizione dei beni ipotecati e perciò ha escluso in fatto che la questione fosse oggetto di causa.
4.Il quarto motivo è rubricato ‘ violazione dell’art. 360 comma 1 numero 4 c.p.c., in relazione all’art. 112 c.p.c., avendo la Corte di appello pronunciato una sentenza nulla/annullabile/illegittima, in violazione al principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, naturale corollario del principio della domanda ex art. 99 c.p.c. e 2907 c.c.’ ; con esso la ricorrente lamenta che la sentenza non abbia pronunciato sulle questioni relative alla conformità urbanistica dell’immobile , incorrendo nel vizio di omessa pronuncia.
4.1.Il motivo è inammissibile per carenza di interesse.
A fronte del rigetto dei precedenti motivi di ricorso, è passata in giudicato la sentenza laddove ha escluso che sussistessero i presupposti per la pronuncia di sentenza ex art. 2932 cod. civ. in ragione dell’incertezza dei profili relativi al prezzo e alle modalità di
pagamento. Quindi, la ricorrente non ha interesse a ottenere la pronuncia della quale lamenta l’omissione, in quanto irrilevante al fine dell’accoglimento della sua domanda.
5.In conclusione il ricorso è interamente rigettato, senza nulla disporre sulle spese del giudizio, essendo le controparti rimaste intimate.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione