LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Onere della prova nel credito al consumo: la prova

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un consumatore che aveva smesso di pagare un finanziamento, collegato all’acquisto di servizi odontoiatrici, a causa del presunto inadempimento del fornitore. La Corte ha ribadito un principio fondamentale sull’onere della prova: nei contratti di credito al consumo collegati, spetta al consumatore dimostrare con prove concrete l’inadempimento del fornitore del bene o servizio. Una semplice lettera di messa in mora non è sufficiente. L’ordinanza sottolinea che l’inadempimento del fornitore è un fatto impeditivo della pretesa della società finanziaria, e chi solleva tale eccezione deve provarlo.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Credito al consumo: a chi spetta l’onere della prova in caso di servizi difettosi?

Nel mondo del credito al consumo, una situazione comune è quella di finanziare l’acquisto di un bene o servizio, come cure mediche o l’acquisto di un’auto. Ma cosa succede se il servizio ricevuto è insoddisfacente? Si può smettere di pagare le rate del finanziamento? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un punto cruciale: l’onere della prova. L’ordinanza stabilisce chiaramente che spetta al consumatore dimostrare l’inadempimento del fornitore, e non è sufficiente una semplice lamentela per sospendere i pagamenti.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un finanziamento che un consumatore aveva stipulato per pagare delle cure odontoiatriche per la moglie. Successivamente, ritenendo le cure non eseguite in modo soddisfacente, il consumatore ha smesso di pagare le rate del finanziamento. La società finanziaria, cessionaria del credito, ha ottenuto un decreto ingiuntivo per recuperare la somma residua. Il consumatore si è opposto, ma sia il Giudice di Pace che il Tribunale hanno respinto le sue ragioni, sostenendo che non avesse fornito prove adeguate dell’inadempimento della clinica odontoiatrica. La questione è così giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’onere della prova

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso del consumatore inammissibile, confermando le decisioni dei giudici di merito. La decisione si fonda su due pilastri: uno di natura processuale e uno di natura sostanziale, entrambi di grande importanza per i consumatori.

In primo luogo, il ricorso è stato giudicato carente sotto il profilo dell'”autosufficienza”: il ricorrente non aveva specificato in modo adeguato il contenuto dei contratti e dei documenti su cui basava le sue lamentele, né dove questi fossero reperibili negli atti di causa. Questo vizio procedurale è stato sufficiente per dichiarare l’inammissibilità.

Nel merito, tuttavia, la Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio fondamentale in materia di contratti di credito collegati. Anche se il ricorso fosse stato ammissibile, sarebbe stato comunque respinto perché l’onere della prova dell’inadempimento del fornitore grava sul consumatore.

Le Motivazioni della Decisione

Per comprendere appieno la portata di questa ordinanza, è essenziale analizzare le motivazioni della Corte.

L’Onere della Prova nel Contratto di Credito Collegato

Il cuore della questione risiede nell’articolo 125-quinquies del Testo Unico Bancario. Questa norma permette al consumatore, in caso di inadempimento del fornitore, di agire anche nei confronti del finanziatore per la risoluzione del contratto di credito. Tuttavia, la Corte chiarisce come funziona il meccanismo probatorio.

Quando il consumatore smette di pagare le rate e la finanziaria agisce per il recupero del credito, il consumatore può difendersi sollevando un'”eccezione di inadempimento”. In pratica, dice: “Non ti pago perché il fornitore che tu hai finanziato non ha rispettato il suo contratto”.

Secondo la Cassazione, l’inadempimento del fornitore è un “fatto impeditivo” della pretesa creditoria della finanziaria. In base ai principi generali del processo civile, chi eccepisce un fatto impeditivo ha l’onere della prova, ovvero deve dimostrare che quel fatto si è effettivamente verificato. Pertanto, non è la finanziaria a dover dimostrare che il servizio è stato eseguito correttamente, ma è il consumatore a dover provare, con elementi concreti, che il servizio è stato inadeguato e che tale inadempimento è di “non scarsa importanza” (come richiesto dall’art. 1455 c.c.). Una semplice lettera di messa in mora, senza ulteriori elementi, è stata ritenuta insufficiente.

Le Sanzioni per Abuso del Processo

Un aspetto significativo dell’ordinanza riguarda le sanzioni. Poiché il ricorso è stato definito in conformità a una proposta di definizione accelerata (che ne suggeriva l’inammissibilità) e il ricorrente ha insistito per una decisione nel merito, la Corte ha condannato quest’ultimo per abuso del processo ai sensi dell’art. 96 c.p.c. Oltre al pagamento delle spese legali, il consumatore è stato condannato a versare un’ulteriore somma alla controparte e una multa alla Cassa delle ammende, evidenziando la severità con cui l’ordinamento sanziona i ricorsi infondati che appesantiscono il sistema giudiziario.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre una lezione importante per tutti i consumatori che stipulano finanziamenti collegati a un acquisto. Se il bene o il servizio ricevuto presenta dei difetti, non è sufficiente sospendere i pagamenti. È fondamentale attivarsi immediatamente per raccogliere prove concrete e inequivocabili dell’inadempimento del fornitore (perizie, fotografie, testimonianze, documentazione medica, etc.). Solo con un solido bagaglio probatorio sarà possibile far valere le proprie ragioni, sia nei confronti del fornitore sia, di conseguenza, nei confronti della società finanziaria, evitando così di trovarsi in una posizione di debito e di subire ulteriori condanne.

In un contratto di credito collegato, chi deve provare che il fornitore del bene o servizio non ha adempiuto correttamente al suo obbligo?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova grava sul consumatore. Egli, sollevando l’eccezione di inadempimento, deve dimostrare i fatti impeditivi della pretesa della finanziaria, ossia l’effettivo e grave inadempimento del fornitore.

È sufficiente inviare una lettera di messa in mora al fornitore per dimostrare il suo grave inadempimento e smettere di pagare il finanziamento?
No. L’ordinanza chiarisce che una mera messa in mora, di per sé e in assenza di altri elementi probatori, non è sufficiente a dimostrare né l’inadempimento del fornitore né la sua importanza, presupposti necessari per risolvere il contratto di credito.

Cosa rischia chi presenta un ricorso in Cassazione palesemente inammissibile e insiste per una decisione nonostante la proposta di definizione accelerata?
Rischia una condanna per abuso del processo ai sensi dell’art. 96 del codice di procedura civile. Questo comporta il pagamento non solo delle spese legali della controparte, ma anche di un’ulteriore somma a titolo di risarcimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati