Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8667 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8667 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 6131-2024 r.g. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata al ricorso, da ll’ Avvocato NOME COGNOME presso il cui studio elettivamente domicilia in Udine, al INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Milano, alla INDIRIZZO INDIRIZZO, in persona del l’amministratore unico NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso, da ll’ Avvocato NOME COGNOME con cui elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME
–
contro
ricorrente – avverso la sentenza, n. cron. 680/2023, del TRIBUNALE di UDINE pubblicata il giorno 28/07/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 28/03/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ha promosso ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza del Tribunale di Udine del 28 luglio 2023, n. 680, reiettiva del gravame da lui proposto contro la decisione del Giudice di Pace di quella stessa città che, a su a volta, ne aveva respinto l’opposizione ex art. 645 cod. proc. civ. avverso il decreto ingiuntivo ottenuto da RAGIONE_SOCIALE nei suoi confronti, per la somma di € 2.340,49, quale residuo di un finanziamento che egli aveva ottenuto da Findomestic Banca s.p.a.RAGIONE_SOCIALE la quale, successivamente, aveva ceduto il corrispondente credito ad RAGIONE_SOCIALE
Quest’ultima ha resistito con controricorso.
Nella sentenza oggi impugnata, il tribunale osservò che, « Come correttamente osservato dal giudice di prime cure, la parte appellante, pur essendone onerata, non ha provato l’effettiva sussistenza delle doglianze mosse alle cure odontoiatriche effettuate in favore della propria moglie dalla cooperativa RAGIONE_SOCIALE che, in tesi dello stesso, si sarebbe resa inadempiente per non averle eseguite in modo soddisfacente. In altri termini, l’appellante, pur essendo gravato ai sensi dell’art. 125 -quinquies TUB dell’one re di provare l’inadempimento del fornitore del servizio oggetto di finanziamento, si è limitato a sostenere un tanto facendo riferimento ad una mera messa in mora, che, di per sé, in difetto di altri elementi, non prova né l’inadempimento del fornitore né la sua importanza in relazione all’art. 1455 c.c. Il che evidentemente, ancorché non sia in discussione il collegamento negoziale tra il contratto di finanziamento e quello di fornitura del servizio, non può ragionevolmente ritersi sufficiente per accertare in modo convincente siffatto presupposto applicativo dell’art. 125 -quinquies TUB, in difetto di ulteriori elementi probatori che, è bene ribadirlo, era onere dell’appellante offrire. Ne consegue che la sentenza impugnata va integralmente confermata, avendo fatto corretta applicazione della disciplina dell’onere della prova in relaz ione ai presupposti applicativi dell’art. 125 -quinquies TUB, fermo restando, in ogni
caso, il difetto di legittimazione passiva della convenuta, quale mera cessionaria del credito derivante dal contratto di finanziamento di cui discute, rispetto a tutte le domande restitutorie avanzate dall’appellante in primo grado e riproposte nel presen te, tenuto conto che l’appellata non è cessionaria del contratto di finanziamento, ma del solo credito derivante dallo stesso ».
È stata formulata, da parte del Presidente, una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022. A fronte di essa, parte ricorrente ha domandato la decisione della causa, depositando anche una memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I formulati motivi di ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi:
I) « Art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – violazione e falsa applicazione della norma di cui al disposto dell’art. 125 -quinquies TUB (testo unico bancario) ». Si contesta al tribunale di avere erroneamente ritenuto necessaria la prova, l’onere della quale sarebbe spettato al consumatore, dell’inadempimento del fornitore, e non la messa in mora di quest’ultimo, al fine di ottenere la risoluzione del contratto di finanziamento;
II) « Art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – violazione e falsa applicazione della norma di cui al disposto degli artt. da 1 a 4 della legge n. 130/1999 ». Si censura l’affermazione del tribunale riguardante l’esclusione della legittimazione passiva della RAGIONE_SOCIALE in quanto mera cessionaria del credito in contestazione. Si assume che la cessione non può mai pregiudicare la posizione del debitore ceduto, il quale, invece, può opporre al cessionario le eccezioni relative alla validità o esatto adempimento del negozio da cui deriva il credito ceduto. Deve ritenersi, pertanto, insussistente la legittimazione passiva della società cedente per essere unica legittimata passiva quella cessionaria.
Va rilevato, innanzitutto, che la proposta ex art. 380bis cod. proc. civ. ha il seguente tenore:
‘ Il ricorso è palesemente inammissibile.
Esso è difatti totalmente carente sotto il profilo dell’autosufficienza.
Si sostiene la sussistenza dei presupposti in fatto per l’applicazione dell’articolo 125 quinquies del Tub, e si afferma che il fornitore del servizio (cure dentarie somministrate alla moglie del ricorrente), RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, avrebbe «indirizzato direttamente il mutuatario alla Findomestic Banca, operando quale intermediario dell’operazione. Da ciò si evince come intercorresse un rapporto trilaterale fra Olla, Findomestic e Paluzzano e, fra i primi due, intercorresse un vincolo di esclusiva», precisando poi che il fornitore si sarebbe reso inadempiente e sarebbe stato raggiunto da lettera di messa in mora.
Ora, posto che l’articolo 366, n. 6, c.p.c., richiede a pena di inammissibilità «la specifica indicazione, per ciascuno dei motivi, degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il motivo si fonda e l’illustrazione del contenuto rilevante degli stessi», e che la «specifica indicazione», richiede un duplice adempimento, il primo di tipo contenutistico, «l’illustrazione del contenuto rilevante degli stessi», ed il secondo concernente la «localizzazione» degli atti e dei documenti, è agevole osservare che il ricorso difetta da entrambi i versanti, sia perché il contenuto delle pattuizioni intercorse con il finanziatore ed il fornitore non sono descritte, come non lo è il contenuto della asserita messa in mora, sia perché nessuno, in modo assoluto, degli atti è «localizzato».
Trova dunque applicazione il principio che segue: «In tema di ricorso per cassazione, il principio di autosufficienza, che impone l’indicazione espressa degli atti processuali o dei documenti sui quali il ricorso si fonda, va inteso nel senso che occorre specificare anche in quale sede processuale il documento risulta prodotto, poiché indicare un documento significa necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, riportandone il contenuto, dire dove nel processo esso è rintracciabile, sicché la mancata “localizzazione” del documento basta per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, senza necessità di soffermarsi sull’osservanza del principio di autosufficienza dal versante “contenutistico’» (Cass. 10 dicembre 2020, n. 28184).
In ogni caso il primo mezzo è manifestamente infondato, come chiarito tra gli altri dal Collegio di coordinamento ABF 17 maggio 2021, n. 12645: l’onere della prova della sussistenza dell’inadempimento del fornitore va ovviamente dedotto e provato dal consumatore, nei confronti del finanziatore, che, rispetto al rapporto tra consumatore e fornitore, è terzo ‘.
Il Collegio reputa affatto esaustive e condivisibili tali argomentazioni, che, pertanto, ribadisce interamente, facendole proprie, altresì rimarcando che:
i ) la specifica indicazione, per ciascuno dei motivi, degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il motivo si fonda, richiesta, a pena di inammissibilità, dall’art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ., postula un duplice adempimento: il primo di tipo contenutistico, ‘ l’illustrazione del contenuto rilevante degli stessi ‘, ed il secondo concernente la ‘ localizzazione ‘ degli atti e dei documenti. Orbene, ove pure volesse darsi seguito all’assunto del ricorrente, conten uto nella sua memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ. del 14 marzo 2025, circa l’avvenuto rispetto, nel ricorso, del profilo riguardante la localizzazione degli atti e dei documenti da lui ivi invocati, ciò non lo avrebbe comunque dispensato dall’osservanza anche dell’ulteriore adempimento, di tipo contenutistico, precedentemente indicato: alcunché, invece, è dato rinvenire nel ricorso stesso circa il contenuto delle pattuizioni intercorse tra il Paluzzano con il finanziatore ed il fornitore, né della asserita messa in mora del finanziatore medesimo;
ii ) in ogni caso, giusta l’art. 125 -quinquies del TUB, ‘ Nei contratti di credito collegati, in caso di inadempimento da parte del fornitore dei beni o dei servizi il consumatore, dopo aver inutilmente effettuato la costituzione in mora del fornitore, ha diritto alla risoluzione del contratto di credito, se con riferimento al contratto di fornitura di beni o servizi ricorrono le condizioni di cui all’articolo 1455 del codice civile ‘. Orbene, la recente Cass. n. 33933 del 2024, resa in fattispecie sostanzialmente analoga a quella odierna, ha spiegato che « La questione del collegamento negoziale nel credito al consumo ha mostrato nel tempo una continuità normativa, oggetto della giurisprudenza di questa Corte (Cass., n. 5365/2024; Cass., n. 6323/2019;
Cass., n. 14561/2023) ed è stata declinata, talvolta, specificamente in termini di mutuo di scopo (Cass., n. 3589/2010; Cass., n. 474/1994). Più in generale, il tema è stato affrontato in termini di collegamento negoziale di fonte legale, ove nell’erogazio ne del credito acquisisce rilievo, accanto alla causa creditizia, lo specifico motivo per il quale il finanziamento viene concesso, che da elemento estraneo al contratto si traduce perspicuamente nella sua funzione, entrando a far parte del regolamento contrattuale (Cass., n. 20477/2014; 19572/2015; 19434/2021). Questo tipo di mutuo, individuato in dottrina come contratto obbligatorio e non reale, vede la finalità dell’erogazione del credito inserita nel sinallagma contrattuale, per cui dal venir meno del contratto collegato discende una analoga sorte per il contratto di finanziamento. Da ciò discende che il contratto collegato costituisce questione o accertamento pregiudiziale di cui il giudice conosce incidentalmente nel giudizio tra finanziato e finanziatore ». Nel caso di specie, il collegamento negoziale consente al finanziato di far valere nei confronti del finanziatore una eccezione di inadempimento ex art. 1460 cod. civ., fondata non sul rapporto di credito, ma sul contratto collegato di fornitura del cui inadempimento, quale questione pregiudiziale di cui il giudice conosce incidentalmente. Il finanziato, pertanto, fa valere un fatto impeditivo del contratto di finanziamento che non deriva dal contratto inter partes , bensì dal contratto collegato. Il f atto impeditivo discendente dall’inadempimento del terzo fornitore al contratto collegato viene dedotto dal finanziato nei confronti del finanziatore a fondamento del mancato pagamento del contratto di finanziamento inter partes. L’eccezione di inadempimen to si nutre, pertanto, dell’accertamento di una questione pregiudiziale, ossia l’inadempimento negoziale al contratto di fornitura da parte del venditore in relazione al contratto collegato. Il collegamento negoziale induce, peraltro, unicamente la traslaz ione dell’eccezione di inadempimento dai fatti impeditivi relativi al contratto inter partes sul contratto ad esso collegato, non snaturando la natura del fatto stesso, che -in quanto impeditivo della pretesa creditoria -va provato dal debitore ( cfr . Cass. n. 29474 del 2024; Cass., n. 29303 del 2023; Cass., n. 3545 del 2023). Non si tratta, quindi, di fare applicazione del
principio di vicinanza della prova ma della distribuzione dell’onere della prova dei fatti impeditivi della pretesa creditoria. Né, propriamente, viene dedotto un inadempimento altrui, trattandosi di inadempimento del terzo, bensì viene dedotto un fatto (l ‘adempimento non corretto della prestazione di RAGIONE_SOCIALE) che impinge nel contratto collegato e che, in quanto tale, entra nel sinallagma contrattale e nei fatti impeditivi della pretesa creditoria del finanziatore. La regola di riparto dell’onere p robatorio è relativa alle vicende del presupposto di fatto rappresentato dal nesso di collegamento fra i due rapporti obbligatori. Ne consegue che, in coerenza con quanto sancito dalla menzionata Cass. n. 33933 del 2024, nel caso in cui il soggetto finanziato formuli eccezione di inadempimento del contratto di finanziamento conseguente all’inadempimento del contratto collegato ex lege , avente ad oggetto la fornitura di beni e servizi cui accede il finanziamento, egli ha l’onere di provare i fatti impeditivi dedotti con la suddetta eccezione. La sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto che il ricorrente non aveva assolto all’onere di provare il preteso inadempimento di RAGIONE_SOCIALE ha fatto corretta applicazione del suddetto principio;
iii ) il secondo motivo è evidentemente assorbito.
In conclusione, quindi, l’odierno ricorso di NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, restando a suo carico le spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla costituitasi controricorrente.
4.1. Poiché il giudizio è definito in sostanziale conformità della proposta ex art. 380bis , comma 1, cod. proc. civ. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), va disposta la condanna della parte istante a norma dell’art. 96, commi 3 e 4, cod. proc. civ.
Vale rammentare, in proposito, che: in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380bis , comma 3, cod. proc. civ. (pure novellato dal menzionato d.lgs. n. 149 del 2022) -che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ. -codifica un’ipotesi normativa di abuso del
processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente ( cfr . Cass., SU, n. 28540 del 2023; Cass. nn. 11346 e 16191 del 2024).
Pertanto, non ravvisando il Collegio (stante la complessiva ‘tenuta’, pur nella sua sinteticità, del provvedimento della PDA rispetto alla motivazione necessaria per confermare l’inammissibilità del ricorso) ragioni per discostarsi dalla suddetta previsione legale ( cfr ., in motivazione, Cass., SU, n. 36069 del 2023), la parte ricorrente va condannata, nei confronti di quella controricorrente, al pagamento della somma equitativamente determinata di € ,00, oltre che al pagamento dell’ulteriore somma di € 2.50 0,00 in favore della Cassa delle ammende.
4.2. Deve darsi atto, infine, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dichiara inammissibile il ricorso di NOME COGNOME e lo condanna al pagamento, in favore della costituitasi controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, che liquida in € 1.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi, liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge.
Condanna il medesimo ricorrente al pagamento della somma di € 1.400,00 in favore della costituitasi controricorrente, e di una ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera del Paluzzano, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile