Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 17261 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 17261 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 26/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10557/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME, dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME domicilio digitale come per legge
-ricorrente – contro
CONDOMINIO INDIRIZZO -GENOVA, in persona dell’amministratore in carica, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dall’avv. NOME COGNOME domicilio digitale come per legge
-controricorrente –
avverso la sentenza del la Corte d’appello di Genova n. 225/2023, pubblicata in data 7 marzo 2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 aprile 2025 dal Consigliere dott.ssa NOMECOGNOME
Fatti di causa
RAGIONE_SOCIALE ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 225/23, del 7 marzo 2023, della Corte d’appello di Genova, che, riformando la sentenza del Tribunale di Genova, ha rigettato la domanda risarcitoria dalla stessa proposta nei confronti del Condominio di INDIRIZZO e del Condominio di INDIRIZZO in Genova.
1.1. Riferisce, in punto di fatto, che, dopo avere introdotto il procedimento ex art. 696 cod. proc. civ. al fine di accertare le cause dei danni subiti ai locali piano strada nei quali svolgeva l ‘ attività commerciale di vendita di mobili ed arredi, immobili che erano stati invasi dall’acqua piovana, aveva evocato in giudizio i l Condominio sito in Genova, INDIRIZZO e quello sito al n. 56 della medesima via, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti a seguito delle forti precipitazioni che avevano colpito la città il 4 novembre 2011, deducendo che gli stessi erano addebitabili alla grave incuria nella manutenzione dell’intercapedine condominiale, che non aveva consentito il normale scorrimento dell’acqua verso la condot ta comunale.
Nel contraddittorio con i convenuti , i quali avevano, tra l’altro, eccepito la prescrizione del diritto al risarcimento dei danni e la riconducibilità dei danni alla eccezionalità dell’evento atmosferico verificatosi, il Tribunale adito accoglieva la domanda, quantificando i danni nella misura già determinata in sede di a.t.p.
1.2. La impugnazione proposta dal Condominio di INDIRIZZO
è stata accolta dalla Corte d’appello di Genova, che ha rigettato la domanda risarcitoria per difetto di prova del nesso causale fra le contestate carenze di manutenzione delle porzioni condominiali e l’allagamento dei locali.
In particolare, la Corte genovese, in esito all’esame dell’accertame nto tecnico svolto in sede di A.T.P., ha reputato che le tre cause antropiche dei danni individuate -rottura della tubazione di deflusso delle acque piovane (pluviale) del Condominio, presenza di detriti, nel vano intercapedine, parte dei quali generatisi per effetto della rottura delle tubazioni, cattive condizioni di manutenzione della camicia di cemento, situata a protezione dei tamponamenti che separavano il vano intercapedine dai locali dell’attività commerciale erano state solo ipotizzate e non accertate dal consulente tecnico ed ha, conseguentemente, ritenuto non raggiunta la prova del nesso causale tra le stesse e i danni lamentati.
Il Condominio di INDIRIZZO in Genova resiste mediante controricorso, mentre il Condominio di INDIRIZZO in Genova non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell ‘ art. 380bis .1. cod. proc civ.
La ricorrente ed il Condominio controricorrente hanno depositato memorie illustrative.
Ragioni della decisione
Preliminarmente, deve darsi atto che il Condominio, nella memoria illustrativa, ha fatto presente di non voler insistere nella eccezione di inammissibilità del ricorso per nullità della procura alle liti, già sollevata in controricorso , risultando l’eccezione ormai superata dal recente arresto delle Sezioni Unite (Cass., sez. U, 19/01/2024, n. 2075).
Con il primo motivo, denunziando , in relazione all’art. 360,
primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ‹‹ violazione dell’ art. 167 cod. proc. civ. ›› , la società ricorrente lamenta che la Corte d’appello, nel rigettare il gravame, non avrebbe adeguatamente valutato che il Condominio evocato in giudizio si era limitato ad eccepire la prescrizione del diritto al risarcimento e l’eccezionalità dell’evento atmosferico, ma non aveva svolto puntuali e specifiche contestazioni in merito a i fatti posti dal c.t.u. a fondamento dell’elaborato peritale, sulla base dei quali il Tribunale aveva reputato fondata la pretesa risarcitoria. La mancata contestazione avrebbe, quindi, dovuto indurre il giudice d’appello a ritenere provati quei fatti.
Con il secondo motivo, deducendo la violazione, in relazione al n. 3 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., degli artt. 2697, secondo comma, cod. civ., 2729 cod. civ. e 115 e 116 cod. proc. civ., la ricorrente, sotto un primo profilo, contesta ai giudici di appello di non avere rilevato che il Condominio non aveva fornito prova contraria diretta a confutare gli accertamenti e le conclusioni cui era giunto il c.t.u. in sede di a.t.p.; sotto altro profilo che la Corte d’appello non avrebbe adeguatamente valutato gli elementi di prova raccolti dal c.t.u., qualificandoli come presunzioni gravi, precise e concordanti.
Si duole che la Corte territoriale abbia escluso la responsabilità del custode ex art. 2051 cod. civ., nonostante il Condominio non avesse, né in primo né in secondo grado, provato l’efficienza del pluviale e quindi l’inesistenza di una scarsa manutenzione, ma si fosse limitato a dedurre, senza dimostrarlo, che i lavori riscontrati dal c.t.u. in sede di sopralluogo non erano stati realizzati per ovviare ad una precedente scarsa manutenzione dell’intercapedine, ma al solo fine di apportare migliorie. Rimarca, con specifico riferimento alla violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., che il Condominio non aveva contestato i fatti accertati dal c.t.u. in sede di a.t.p. e che
avrebbe dovuto fornire la prova che l’eccezionalità delle precipitazioni piovane verificatesi in data 4 novembre 2011 avevano da sole determinato l’evento dannoso, indipendentemente dal cattivo stato manutentivo dei manufatti di sua proprietà.
Inammissibile, sotto plurimi profili, è anzitutto la dedotta violazione degli artt. 167 e 115 cod. proc. civ.
4.1. La ricorrente, premettendo che la domanda avanzata, in primo grado, nei confronti dei due Condominii faceva seguito alle risultanze dell’elaborato peritale redatto dal c.t.u. nominato in sede di accertamento tecnico preventivo, dalle quali erano emersi tre fatti antropici concorrenti fra loro e univocamente causativi del danno subito ai locali da essa detenuti -e precisamente a) la presenza, nel vano intercapedine, di detriti che aveva limitato il regolare deflusso delle acque attraverso la tubazione di scarico posta alla fine dell’intercapedine b) le cattive condizioni di manutenzione della camicia di cemento, situata a protezione dei tamponamenti che separavano il vano intercapedine dai locali destinati all’attività commerciale c) la rottura della tubazione di deflusso delle acque piovane (pluviale) del Condominio, sostituita dop o l’evento del 4 novembre 2011 -assume che il Condominio odierno controricorrente, costituendosi in giudizio, non avrebbe contestato ‘i fatti accertati dal c.t.u.’ in sede di a.t.p.
4.2. La censura, per come illustrata, non rispetta il requisito di cui all’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., in quanto, a dimostrazione dell’assunta ‘non contestazione’ , si riportano in ricorso esclusivamente le conclusioni rassegnate dall’allora Condominio convenuto in comparsa di risposta (pag. 8 del ricorso) e quelle formulate in appello, ma si omette di trascrivere, quanto meno nelle parti rilevanti, il contenuto della comparsa di risposta e dell’atto di appello, in tal modo non ponendo questa Corte nelle condizioni di
valutare la doglianza svolta (Cass., sez. U, 27/12/2019, n. 34469).
Anche di recente questa Corte ha ribadito che, ai fini del rispetto del requisito di cui all’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., il ricorso per cassazione con cui viene dedotta la violazione del principio di non contestazione deve indicare sia la sede processuale in cui sono state dedotte le tesi ribadite o lamentate come disattese, inserendo nell’atto la trascrizione dei relativi passaggi argomentativi, sia, specificamente, il contenuto degli scritti difensivi, in modo da consentire alla Corte di valutare la sussistenza dei presupposti per la corretta applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ. (da ultimo, Cass., sez. 3, 29/05/2024, n. 15058; Cass., sez. 3, 28/10/2024, n. 27754).
4.3. Il motivo risulta, altresì, inammissibile perché mira a porre in discussione l’apprezzamento della sussistenza o della insussistenza della non contestazione compiuta dal giudice di merito. Tale apprezzamento esige l’interpretazione della domanda e delle deduzioni delle parti ed è perciò riservato al giudice di merito, essendo sindacabile in cassazione solo per difetto assoluto o apparenza di motivazione o per manifesta illogicità della stessa (Cass., sez. L, 03/05/2007, n. 10182; Cass., sez. L, 16/12/2005, n. 27833; Cass., sez. 6 – 1, 07/02/2019, n. 3680; Cass., sez. 2, 28/10/2019, n. 27490).
4.4. È, altresì, dirimente il rilievo che, secondo pacifico insegnamento, il principio di non contestazione opera in relazione ai fatti, e non già ai documenti prodotti (Cass., sez. 3, 21/06/2016, n. 12748; Cass., sez. 3, 22/09/2017, n. 22055; Cass., sez. 6 -3, 11/02/2020, n. 3306; Cass., sez. 3, 27/01/2022, n. 2439), che siano stati chiaramente e specificamente esposti da una delle parti presenti in giudizio e non siano stati contestati dalla controparte che ne abbia avuto l’opportunità. Gli effetti della non contestazione si producono, quindi, con riferimento alle sole allegazioni assertive (che, in quanto
non contestate, restano escluse dal thema probandum ) e non alle prove assunte, la cui valutazione opera in un momento successivo alla definizione dei fatti controversi ed è rimessa all’apprezzamento del giudice (con riferimento alla prova documentale, cfr. Cass., sez. 3, 21/06/2016, n. 12748; Cass., sez. L, 01/02/2019, n. 3126).
4.5. Sotto ulteriore profilo, va ribadito che il principio di non contestazione, se solleva la parte dall’onere di provare il fatto non specificamente contestato dal convenuto costituito, non esclude, tuttavia, che il giudice, ove dalle prove comunque acquisite emerga la smentita di quel fatto o una sua diversa ricostruzione, possa pervenire ad un diverso accertamento; l’art. 115, primo comma, cod. proc. civ. non reca alcuna finzione di dimostrazione del fatto non specificatamente contestato, bensì si limita a stabilire una relevatio ab onere probandi a favore della parte che lo ha allegato; la circostanza narrata, in difetto di una specifica contestazione, dovrà essere valutata dal giudice nella formazione del suo convincimento, potendo, pur sola e indimostrata, fondare la decisione, ma potrà anche essere reputata inesistente, qualora constino agli atti prove in senso contrario (in tal senso Cass., sez. L, 10/07/2009, n. 16201; Cass., sez. L, 15/11/2018, n. 29404; Cass., sez. 6 -L, 20/12/2016, n. 26395; 09/07/2020, n. 14448; Cass., sez. 3, 17/02/2023, n. 5166; Cass, sez. 3, 07/06/2023, n. 16028; Cass., sez. 1, 19/04/2024, n. 10629, in motivazione).
4.6. Ebbene, alla stregua di quanto sopra precisato, poiché l’onere di contestazione attiene alle circostanze di fatto e non anche alla loro componente valutativa (Cass., sez. L, 28/09/2016, n. 19181; Cass., sez. L, 08/03/2007, n. 5299), non sussiste alcun onere di contestazione con riferimento alla valutazione svolta dal consulente tecnico di ufficio (cfr. Cass., sez. 6 – 3, 21/12/2017, n. 30744; Cass., sez. 3, 05/03/2020, n. 6172).
Non sfugge alla declaratoria d’inammissibilità il secondo motivo con riguardo alle asserite violazioni degli artt. 116 cod. proc. civ. e 2729 cod. civ.
5.1. Il giudice d’appello, in esito all’esame delle conclusioni raggiunte dal c.t.u. nominato nell’ambito del procedimento di accertamento tecnico preventivo, ha escluso il nesso causale tra la contestata carenza di manutenzione di porzioni condominiali e l’evento dannoso verificatosi. A tale convincimento è pervenuto rilevando che ‘le prime tre cause antropiche’ del danno indicate nell’elaborato peritale non sono state oggetto di accertamento, ma sono state solo ‘ipotizzate’ dal consulente tecnico , che ha svolto la sua indagine non nell’immediatezza del fatto, ma dopo oltre un anno .
Ha spiegato, infatti, che lo stesso CTU, ‘in relazione alla rottura del pluviale’, aveva precisato che al momento del sopralluogo la ‘tubazione’ risultava ‘sostituita’ e che ‘l’intercapedine si presentava in buono stato di manutenzione, sebbene al suo interno fossero presenti modesti detriti’ ; a fronte delle contestazioni mosse dal Condominio, che ha negato la scarsa manutenzione del pluviale, evidenziando che lo stesso aveva resistito alle forti piogge verificatesi nei giorni precedenti al 4 novembre 2011, ed ha dedotto che i lavori rilevati dal c.t.u. si erano resi necessari non per ovviare ad una scarsa manutenzione dell’intercapedine, ma per migliorarla, ha ritenuto non adeguatamente provata, neanche in via presuntiva, la riconducibilità dei danni patiti ai locali detenuti dall’odierna ricorrente alla carenza di manutenzione del pluviale e dell’intercapedine , respingendo di conseguenza la domanda risarcitoria, in difetto di altri elementi di prova.
5.2. Le contestazioni che la ricorrente muove all’apprezzamento di fatto svolto dal giudice d’appello, come emerge evidente dalla esposizione del motivo, sono, nella sostanza, volte a contrapporre a
quella operata dal giudice di merito una diversa ricostruzione della vicenda fattuale e ad ottenere una differente valutazione degli esiti della consulenza tecnica d’ufficio, che, tuttavia, non è consentit a in questa sede.
Nel sottolineare che Corte territoriale non avrebbe attribuito valore presuntivo agli elementi di prova emergenti dalla c.t.u., la ricorrente svolge una critica al percorso argomentativo che sorregge la decisione che non risponde in iure ai criteri indicati dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 1785 del 2018. Giova, invero, rammentare che la violazione o falsa applicazione de ll’art. 2729 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., può prospettarsi solo quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti, come nella specie, nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma. (Cass., sez. 2, 21/03/2022, n. 9054).
5.3. Neppure può dirsi integrata la vio lazione dell’art. 11 6 cod. proc. civ., che è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato -in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il
suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione. (Cass., sez. U, 30/09/2020, n. 20867; Cass., sez. 2, 28/11/2023, n. 33013).
5.4. Del pari va esclusa la violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ., che è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (sindacabile, quest’ultima, in sede di legittimità, entro i ristretti limiti del “nuovo” art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.) (Cass., sez. 3, 29/05/2018, n. 13395).
Nel caso de quo , il giudice d’appello , con motivazione adeguata e scevra da vizi logici, ha fatto corretta applicazione dei criteri di distribuzione dell’onere della prova, tenuto conto che presupposti della responsabilità per i danni da cose in custodia, ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., sono la derivazione del danno dalla cosa e la custodia, elementi costitutivi della fattispecie di responsabilità speciale, che devono essere provati dal danneggiato (Cass., sez. 3, 07/09/2023, n. 26142; Cass., sez. 3, 08/07/2024, n. 18518), incombendo, invece, sul custode ‹‹la prova (liberatoria) della sussistenza del ‘caso fortuito’, quale fatto (impeditivo del diritto al risarcimento) che esclude la derivazione del danno dalla cosa custodita››, da intendersi quale ‹‹fatto diverso dal fatto della cosa, estraneo alla relazione custodiale, che assorbe in sé l’efficienza causale dell’evento dannoso, escludendo che esso possa reputarsi cagionato dalla res ›› (così, Cass., n. 26142/2023, cit.; Cass., sez. U, n. 20943 del 30/06/2022;
Cass., sez. 3, 27/04/2023, n. 11152; Cass., sez. 3, 20/07/2023, n. 21675).
Non avendo l’odierna ricorrente offerto prova , come era suo onere, del nesso di causalità tra il danno e la res in custodia, non incombeva sul Condominio la dimostrazione del buono stato del pluviale e della camicia di cemento, né tanto meno della avvenuta manutenzione degli stessi.
6. Il ricorso va, per le ragioni esposte, dichiarato inammissibile.
L’esito della lite, che ha visto alternarsi decisioni di merito difformi, consente di ritenere sussistenti idonee ragioni per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio del merito dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione