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Onere della prova mandato: chi deve provare il pagamento?

La Corte di Cassazione ha stabilito che in un mandato all’incasso, spetta a chi riceve le somme (mandatario) l’onere della prova di averle effettivamente consegnate al proprietario (mandante). Il caso riguardava un amico incaricato di riscuotere i canoni di locazione per conto della proprietaria di un immobile. Nonostante la fiducia e l’amicizia, la Corte ha confermato la condanna del mandatario alla restituzione delle somme, poiché non era riuscito a provare di averle versate alla proprietaria.

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Onere della prova mandato: chi incassa per te deve dimostrarlo

Quando si affida a una persona di fiducia, come un amico, il compito di riscuotere somme di denaro per nostro conto, sorge una domanda fondamentale: se i soldi non arrivano, chi deve dimostrare cosa? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto cruciale in materia di onere della prova mandato: spetta a chi ha incassato i soldi dimostrare di averli effettivamente consegnati al legittimo proprietario. Analizziamo questa importante decisione.

I fatti del caso: un’amicizia messa alla prova

Una signora, proprietaria di un immobile, aveva concesso in locazione la sua proprietà. Per la gestione dei pagamenti, si era affidata a un suo amico d’infanzia, incaricandolo di riscuotere i canoni di locazione dalla conduttrice. Per anni, la proprietaria non ha ricevuto alcun canone e, nel 2017, ha deciso di agire legalmente sia contro la conduttrice per morosità, sia contro l’amico, avendo appreso che quest’ultimo aveva effettivamente incassato le somme.

L’amico si è difeso sostenendo di aver agito per mera cortesia e di aver sempre consegnato il denaro ricevuto alla proprietaria. La conduttrice, dal canto suo, ha confermato di aver pagato regolarmente i canoni nelle mani dell’amico della proprietaria.

La decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello, riformando la decisione di primo grado, ha qualificato il rapporto tra la proprietaria e l’amico come un mandato all’incasso. Di conseguenza, ha stabilito che gravava sull’amico (il mandatario) l’onere di provare con precisione di aver riversato alla proprietaria (la mandante) le somme incassate per suo conto. Ritenendo tale prova non fornita in modo adeguato, né tramite testimonianze dirette né tramite presunzioni, la Corte ha condannato l’uomo a pagare alla proprietaria l’importo di euro 17.100.

L’onere della prova mandato secondo la Cassazione

L’amico ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando diversi vizi della sentenza d’appello. Tuttavia, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando pienamente la decisione dei giudici di secondo grado. Il punto centrale della decisione è che, una volta accertata l’esistenza di un mandato all’incasso, l’obbligazione principale del mandatario è quella di rimettere al mandante le somme riscosse. L’estinzione di tale obbligazione, ovvero l’avvenuta consegna del denaro, costituisce un fatto che deve essere provato da chi lo eccepisce, cioè dal mandatario stesso. In altre parole, non è la proprietaria a dover dimostrare di non aver ricevuto i soldi, ma è l’intermediario a dover dimostrare di averli consegnati.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha smontato punto per punto i motivi del ricorso. Ha chiarito che la fiducia e l’amicizia non attenuano la responsabilità del mandatario né invertono l’onere della prova mandato. Il fatto che la proprietaria avesse atteso anni prima di agire legalmente è stato ritenuto giustificabile dalla sua età avanzata, dai suoi problemi di salute e, appunto, dalla fiducia riposta nell’amico. I giudici hanno sottolineato che non è sufficiente per il ricorrente prospettare una ricostruzione dei fatti diversa o lamentare un cattivo apprezzamento delle prove; è necessario dimostrare un’assoluta illogicità o contraddittorietà nel ragionamento del giudice di merito, cosa che nel caso di specie non è avvenuta. La Corte ha ribadito il principio secondo cui spetta al mandatario fornire una prova rigorosa della riconsegna di ogni somma incassata per conto del mandante.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre un insegnamento pratico fondamentale: chiunque accetti di riscuotere denaro per conto di un’altra persona, anche a titolo di cortesia o amicizia, assume una responsabilità precisa. È essenziale mantenere una tracciabilità dei pagamenti e delle consegne, ad esempio tramite ricevute scritte o bonifici bancari. Affidarsi esclusivamente alla parola data può rivelarsi estremamente rischioso. La decisione riafferma un principio cardine del nostro ordinamento: l’onere della prova mandato grava su chi deve adempiere a un’obbligazione di consegna. In mancanza di tale prova, il mandatario è tenuto a restituire le somme, come se non le avesse mai versate.

Chi ha l’onere di provare l’avvenuto versamento dei canoni di locazione incassati per conto di un’altra persona?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova grava su chi ha incassato le somme (il mandatario). È lui che deve dimostrare di averle effettivamente consegnate al proprietario (mandante).

Può la fiducia o un rapporto di amicizia esonerare dall’onere della prova in un mandato all’incasso?
No. La sentenza chiarisce che la fiducia e l’amicizia tra le parti non modificano le regole sull’onere della prova. Il mandatario resta obbligato a dimostrare di aver adempiuto alla sua obbligazione di consegnare le somme riscosse.

Come valuta la Corte le prove in casi come questo?
La Corte valuta tutte le prove, incluse le testimonianze e le presunzioni. Tuttavia, ha ritenuto che spettasse al mandatario fornire una prova precisa e rigorosa del versamento delle somme. Le testimonianze generiche o di persone con un interesse nella causa sono state considerate inattendibili, e le giustificazioni per il ritardo nell’azione legale della proprietaria (età, salute, fiducia) sono state ritenute valide.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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