Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 33618 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 33618 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 14932-2018 r.g. proposto da:
Banca CR Firenze RAGIONE_SOCIALE, con sede legale in Firenze, INDIRIZZO codice fiscale e p.iva P_IVA, in persona del procuratore speciale Avv. NOME COGNOME r appresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE; pec EMAIL) ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO per procura in atti.
-ricorrente –
contro
Fallimento RAGIONE_SOCIALE, con sede legale in Arezzo, INDIRIZZO Codice fiscale e p.iva P_IVA, in persona dei curatori fallimentari Avv. NOME COGNOME e Dott. NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio
dell’Avv. NOME COGNOMEC.F. CODICE_FISCALE) sito in Roma, INDIRIZZO per procura in atti.
contro
ricorrente e
ricorrente in via incidentale –
avverso il decreto del Tribunale di Arezzo, emesso il 19 aprile 2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/11/2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con il decreto qui impugnato con ricorso per cassazione il Tribunale di Arezzo ha rigettato l’opposizione allo stato passivo presentata da Banca CR Firenze s.p.a., ai sensi degli artt. 98 e 99 l. fall., nei confronti del RAGIONE_SOCIALE ed avverso il provvedimento del g.d. del medesimo Tribunale, col quale era stata respinta la domanda di ammissione al passivo fallimentare presentata dall’istituto di credito.
Con domanda di insinuazione datata 8 giugno 2015, CR Firenze aveva infatti chiesto l’ammissione al passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE per ‘Euro 212.035,23 in sede ipotecaria, complessivamente in forza delle ipoteche volontarie in pari grado iscritte in data 18.05.2012 e in data 02.01.2014, sui beni meglio identificati sulle accluse note di iscrizione ipotecaria, oltre interessi successivi come dovuti ai sensi del combinato disposto degli artt. 54 u.c. -55 L.F. e art. 2855 commi 2 e 3 c.c.; nonché per Euro 590.861,12 in sede chirografaria ‘ .
I curatori fallimentari, già nel progetto di stato passivo, avevano sollevato eccezione revocatoria della garanzia ipotecaria e dunque proposto l’ammissione dell’intero credito in chirografo, specificando , poi, all’udienza di verifica che l’eccezione revocatoria era da intendersi formulata, ai sensi dell’art. 66 L.F. e anche dell’ art. 2901 c.c.
Il g.d., ritenendo l’eccezione fondata (non essendo stati neanche prodotti dal creditore istante i p iani di risanamento ex art. 67 comma 3 lett. ‘d’ L.F. in esecuzione dei quali erano state concesse le garanzie ipotecarie sopra indicate), aveva dunque ammesso il credito di CR Firenze come da proposta dei curatori.
5. Proposta opposizione ex artt. 98 e 99 l. fall. da part e dell’istituto di credito, il Tribunale di Arezzo, con il decreto sopra indicato in epigrafe e nella resistenza della curatela fallimentare, ha rilevato ed osservato che: (i) in ordine alla richiesta di ammissione di un credito ipotecario, ai fini dell’adempimento dell’onere probatorio, a fronte dell’eccezione (seppure generica), relativa alla ‘revocabilità dell’ipoteca ai sensi di legge …’, tempestivamente sollevata nel progetto di stato passivo, sarebbe stato comunque onere della banca produrre, per lo meno all ‘ udienza del 15.7.2015 (fissata per l’esame e la formazione dello stato passivo) : (a) in primo luogo ‘il Piano di risanamento ex art. 67, comma 3°, lett. d, L.F. allegato alla Convenzione Interbancaria già sopra detta in cui si disciplina tra l’altro anche il finanziamento ipotecario in pool oggetto del presente contratto’, e ciò relativamente al contratto di mutuo del 17.5.2012, (b) ed inoltre e quanto all’altro contratto di mutuo del 30 dicembre 20 13, ‘… il contenuto e la struttura della Ristrutturazione Finanziaria’, come meglio descritti nel testo del ‘Piano Industriale 2011 -2015 – 2012-2017 Aggiornato del Piano ed integrazione delle richieste al Sistema bancario’; (ii) pertanto, a fronte dell’eccezione di revocabilità delle ipoteche, sollevata dalla curatela dapprima in maniera generica nella comunicazione del 2.7.2015 e poi in maniera più specifica all ‘ udienza del 15.7.2015, sarebbe stato onere della banca, per lo meno in sede di giudizio di opposizione allo stato passivo, produrre la documentazione valida e completa al fine di stabilire se i Piani di risanamento, ex artt. 67, comma 3°, l. fall., posti a fondamento dei mutui concessi con i predetti contratti, fossero validi ed idonei a consentire alla banca di poter concedere i mutui in parola; (iii) tale onere allegatorio e probatorio non era stato assolto dalla banca opponente neanche in sede di giudizio di opposizione allo stato passivo perché, in relazione al contratto di mutuo del 17.5.2012, non era stata validamente prodotta la relativa documentazione, seppure indicata alla lettera B del contratto in parola e perché, inoltre, in relazione al Piano di risanamento 2011/2015, anche al di là di ogni apprezzamento in ordine alla sua idoneità ai sensi dell’art. 67, 3° comma, lett. d), l. fall., la mancanza di sottoscrizione dello stesso da parte del legale rappresentante della società poi fallita rendeva inutilizzabile in chiave probatoria il relativo
documento, dovendosi infatti ritenere indispensabile per la validità del piano per lo meno la sottoscrizione del debitore.
Il decreto, pubblicato il 27.11.2024, è stato impugnato da Banca CR Firenze s.p.a. con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, con il quale ha anche presentato ricorso incidentale.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ‘ violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in relazione all’art. 93 comma 3, n. 1 -4 L.F. ‘, sul rilievo che il Tribunale aveva errato, da un lato, nel ritenere che sarebbe stata la banca oggi ricorrente ad essere onerata del deposito dei piani attestati e, dall’altro, nel ritenere rilevante che il secondo piano attestato menzionato in premessa dovesse essere sottoscritto dal legale rappresentante della società debitrice, in quanto tale piano attestato era stato specificatamente richiamato nel contratto di mutuo intercorso tra le parti.
Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ‘ violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in relazione agli artt. 67 comma 3 L.F. e 2901 c.c. ‘, sul rilievo che il Tribunale avrebbe errato nel ritenere i piani attestati inidonei al superamento della crisi aziendale.
Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ‘ per violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in relazione agli artt. 95 comma 1 L.F. e 2697 c.c. ‘.
3.1 I tre motivi del ricorso principale possono essere esaminati congiuntamente, stante la stretta connessione delle questioni prospettate, e devono essere complessivamente rigettati.
Le doglianze presentano infatti profili di infondatezza e di inammissibilità.
3.1.1 Quanto ai primi, le doglianze articolate dalla società ricorrente in punto di violazione dei principi regolatori della ripartizione degli oneri probatori nella materia qui in esame sono in realtà infondate, in quanto deve ritenersi rientrante nell’on ere del creditore l’allegazione e la prova dell’ esistenza dei
piani attestati ex art. 67, terzo comma, lett. d), l. fall., quale causa di esenzione dalla revocatoria.
Orbene, nel caso di specie la curatela fallimentare aveva sollevato, in sede di verifica dello stato passivo, eccezione revocatoria per le vie brevi, ex artt. 66 l. fall. e 2901 cod. civ. per rendere inefficace la garanzia ipotecaria azionata dalla banca a corredo della richiesta di ammissione del credito insinuato in ragione dei due rapporti contrattuali di mutuo intrattenuti con la società debitrice in bonis .
A tale eccezione si era opposto tuttavia l’istituto di credito, controdeducendo come fatto impeditivo al fatto estintivo della garanzia, l’esistenza di un piano attestato sottoscritto dalla società debitrice, ai sensi del sopra richiamato art. 67, terzo comma, lett. d), l. fall. (sull ‘ estensione della clausola di esenzione da revocatoria da ultimo menzionata anche alla revocatoria ordinaria, v. Cass. n. 1147/2023).
Ne consegue, a cascata, come inevitabile conseguenza dei principi regolatori della ripartizione degli oneri della prova statuiti dall’art. 2697, primo e secondo comma, cod. civ., che occorre ricondurre nella sfera degli oneri allegativi e probatori del creditore la dimostrazione dell’esistenza del piano attestato previsto dall’art. 67, terzo comma, lett. d), l. fall., quale fatto impeditivo dell’eccezione revocatoria sollevata dalla contrapposta curatela fallimentare. Peraltro, l’affermazione di tale princi pio si coniuga perfettamente, nella materia in esame, con il corollario della vicinanza della prova, posto che risulta indiscutibile che il documento attestante il piano di risanamento aziendale si trova normalmente nella disponibilità del creditore istante per l’insinuazione al passivo , a differenza di quanto avviene per la curatela fallimentare la cui difficoltà a ricostruire la documentazione aziendale e contabile dell ‘ impresa fallita può considerarsi fatto notorio.
3.1.2 Nel resto le doglianze proposte dalla società ricorrente sono inammissibili, vuoi perché risultano decentrate rispetto alla ratio decidendi sopra ricordata, che sostiene il provvedimento impugnato (laddove – a fronte dell’affermazione del Tribunale della mancata prova in giudizio dell’esistenza dei piani attestati e dell ‘ini doneità probatoria di quello prodotto per mancanza della sottoscrizione della debitrice si deduce l’erroneità della decisione
impugnata in ordine ad una presunta affermazione giudiziale di inidoneità dei piani attestati a determinare il superamento della crisi aziendale); vuoi perché afferenti a circostanze non rilevanti ai fini del decidere, risultando non conferente la deduzione difensiva secondo cui i piani attestati erano stati comunque richiamati per relationem nel contratto di mutuo.
Ne consegue il complessivo rigetto del ricorso principale , con l’affermazione del seguente principio di diritto:
‘ Nel caso di proposizione da parte del curatore fallimentare, nel corso del procedimento di verifica del passivo e del conseguente giudizio di opposizione di stato passivo, dell’eccezione revocatoria fallimentare od ordinaria diretta a paralizzare la pretes a del creditore istante, spetta a quest’ultimo allegare e provare, come fatto impeditivo all’accoglimento della predetta eccezione revocatoria, la fondatezza dell’esenzione da revocatoria di cui all’art. 67, terzo comma, lett. d), l. fall., producendo in giudizio la documentazione comprovante che gli atti, i pagamenti e le garanzie oggetto di revocatoria siano stati posti in essere in esecuzione di un piano attestato idoneo al risanamento aziendale ‘ .
4. La curatela fallimentare ha presentato inoltre ricorso incidentale, con il quale ha dedotto ‘violazione di legge ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione dell’art. 13 comma 6 L. 247/12, dell’art. 2 commi 1 e 2 D.M. 55/15, dell’art. 4 DM 55/14 e dell’art. 2333 c.c.’. 4.1 Sostiene il Fallimento che il decreto impugnato si porrebbe invece in contrasto con l’art. 13 , comma 6, l. 247/12 e con gli artt. 2, commi 1, 2 e 4 del D.M. 55/14, nonché con l’art. 2333 c.c. nella parte in cui ‘condanna (va) la parte opponente a rimborsare alla parte opposta le spese di questo procedimento che si liquidano in euro 6.000,00 per competenze professionali, oltre iva e cap come per legge’ .
4.2 Si sostiene da parte del Fallimento ricorrente incidentale che, ai sensi dell’art. 2 , comma 2, del D.M. 55/14, ‘Oltre al compenso e al rimborso delle spese documentate in relazione alle singole prestazioni, all’avvocato è dovuta -in ogni caso ed anche in caso di determinazione contrattuale -una somma per rimborso spese forfettarie di regola nella misura del 15 per cento del compenso totale per la prestazione, fermo restando quanto previsto dai
successivi articoli 5, 11 e 27 in materia di rimborso spese per trasferta’ , risultando pertanto evidente come tale disposizione normativa fosse stata violata dal Tribunale aretino, che nella liquidazione delle spese legali non aveva contemplato alcun rimborso spese del 15%.
4.3 Ma la statuizione in punto di spese qui impugnata doveva essere riformata, sempre secondo il Fallimento, anche sotto altri ed ulteriori profili. 4.3.1 Ricorda sempre il Fallimento che l’art . 4, comma 1, terzo capoverso, del D.M. 55/14 statuisce che ‘Il giudice tiene conto dei valori medi di cui alle tabelle allegate, che, in applicazione dei parametri generali, possono essere aumentati, di regola, fino all’80 per cento, o diminuiti fino al 50 per cento.’ Sempre il medesimo art. 4, al quinto comma, specifica inoltre che ‘il compenso è liquidato per fasi’. Secondo il ricorrente, a fronte della causa di opposizione allo stato passivo – vertente sul riconoscimento del privilegio ipotecario sull’importo di euro 212.035,23 – il Tribunale di Arezzo, peraltro senza motivazione alcuna, nel liquidare le spese di lite nell’importo unico di euro 6.000,00, avrebbe violato le norme sopra richiamate, in quanto non avrebbe liquidato i compensi come prescritto dall’art. 4 c omma 1 D.M. 55/14, ossia sulla base dei parametri medi previsti per i ‘giudizi ordinari e sommari di cognizione innanzi al tribunale’ , fra i quali rientra il giudizio di opposizione al passivo, ciò che invece avrebbero portato alla diversa liquidazione pari ad euro 13.430,00.
Conclude pertanto il ricorrente incidentale nel senso che il compenso liquidato nel decreto, qui impugnato in via incidentale, non solo si discosterebbe notevolmente dai valori medi (6.000,00 liquidati a fronte di 13.430,00), ma sarebbe stato oltretutto inferiore al minimo di cui alle tariffe (6.715,00), senza che fosse stata fornita alcuna giustificazione argomentativa.
4.4 Il ricorso incidentale va accolto limitatamente alla violazione dell’art. 2 , comma 2, del D.M. 55/14, in relazione al mancato riconoscimento delle spese forfettarie del 15% (la cui statuizione è mancante nel decreto impugnato), posto che non è dato riscontare, per contro, la violazione del minimo tariffario che nel caso di specie era fissato in euro 5.641,00 (il valore indicato in ricorso è infatti euro 212.035,23 , con l’applicazione dunque dello scaglione sino a 260.000) (Cass. Sez. 2, sent. n. 9815 del 13/04/2023) e perché, nel resto,
le doglianze riguardano la rivalutazione della quantificazione del compenso la cui determinazione integra un apprezzamento di merito, come tale non più sindacabile in questo giudizio di legittimità, tanto meno sotto l’egida applicativa del vizio di violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. (così, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019; cfr. anche Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017;Sez. 1, Ordinanza n. 640 del 14 /01/2019).
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, il ricorso incidentale può essere deciso anche nel merito, con il riconoscimento al Fallimento ricorrente delle spese forfettarie liquidate, per il giudizio di opposizione allo stato passivo, nella misura del 15 per cento del compenso totale per la prestazione.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza principale e vanno solo parzialmente compensate (per un terzo) in ragione dell’accoglimento parziale del ricorso incidentale e liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale nei limiti di cui in motivazione; cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e, decidendo sul ricorso incidentale nel merito, riconosce al Fallimento ricorrente il diritto alla liquidazione in suo favore per il giudizio di opposizione allo stato passivo delle spese forfettarie nella misura indicata in motivazione; condanna la ricorrente al pagamento, in favore del Fallimento controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.600,00 (euro 6.900,00, compensati per 1/3) per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 135,00 (anch’essi compensati per 1/3) ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13. Così deciso in Roma, il 27.11.2024