Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1511 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1511 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21564/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende,
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, domiciliato ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso il decreto del Tribunale di Lanciano di cui al procedimento n. 1134/2017 depositato il 20/06/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 RAGIONE_SOCIALE chiese che fosse ammesso allo stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in via chirografaria, il complessivo credito di € 2.004.520,36 a titolo di penali, danni subiti per riaffidamento di lavori e per costi generali e legali, in conseguenza dell’inadempimento della società in bonis a cinque contratti di fornitura di barriere per le tratte autostradali A/14 BolognaBari -Taranto, A/1 Milano -Napoli e A/12 RomaCivitavecchia; tale pretesa creditoria era stata fatta valere, prima dell’apertura della procedura, da vanti al giudice ordinario ed i giudizi non erano stati più coltivati dopo la dichiarazione di fallimento della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione.
2 Il Giudice Delegato escluse il credito e tale decisione venne confermata dal Tribunale di Lanciano che con decreto del 26/6/2015 rigettò l’opposizione rilevando che il credito azionato era stato unilateralmente determinato dalla società opponente che non aveva chiesto con la domanda di insinuazione allo stato passivo la risoluzione del contratto.
3 RAGIONE_SOCIALE propose ricorso per cassazione. La Corte, in accoglimento del secondo motivo, cassò l’impugnato decreto con rinvio al Tribunale di Lanciano in diversa composizione, ritenendo che la domanda di risoluzione del contratto finalizzata al risarcimento del danno ben poteva essere fatta valere in sede fallimentare con obbligo del Giudice Delegato di esaminarla incidener tantum .
4 Riassunto il giudizio, il Tribunale di Lanciano ha rigetto l’opposizione ritenendo che l’opponente non avesse fornito la prova, né della sussistenza dell’invocato inadempimento, né del danno subito.
5 RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per Cassazione affidato a due motivi. Il Fallimento ha svolto difese con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 93,95,96 e 101 l.fall. e degli artt. 132 e 384 c.p.c. e 111 Cost., in relazione all’art. 360, comma 1 nr. 3 e 4 c.p.c : si sostiene che la motivazione del decreto si risolve in una vera e propria tautologia, avendo il Tribunale completamente omesso di indicare le ragioni del proprio convincimento.
1.1 Il motivo è infondato.
1.2 Per costante giurisprudenza di questa Corte, il vizio di motivazione apparente della sentenza ricorre quando il giudice, in violazione di un obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), ossia dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, omette di illustrare l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, ossia di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione.
1.3 Nel caso di specie Il Tribunale di Lanciano ha, seppur in maniera estremamente sintetica, indicato le ragioni della statuizione di rigetto della domanda di insinuazione allo stato passivo affermando che l’opponente non aveva fornito la prova dell’inadempimento e del danno subito; la motivazione dell’impugnato decreto non è inquadrabile nelle gravi anomalie individuate dalla giurisprudenza e non si pone al di sotto del minimo costituzionale (Cass. Sez. U n. 8053-14).
2 Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 93,95,98,99 e 101 l.fall. e degli artt. 1218 e 1453 comma 1 1454 e 2697 c.c., dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360
comma 1 nr. 3 c.p.c., per avere il Tribunale erroneamente ritenuto che gravasse sul creditore la prova dell’inadempimento del debitore e per aver omesso di prendere in considerazione le allegazioni e le deduzioni dell’opponente circa l’inadempimento della società fallita ed i danni subiti dalla ricorrente.
2.1 Il motivo è inammissibile.
2.2 Indubbiamente la censura coglie nel segno nell’addebitare ai giudici circondariali la violazione del criterio di distribuzione dell’onere probatorio relativo all’inadempimento contrattuale , che deve essere solo allegato da chi agisce in giudizio spettando al convenuto la prova di aver esattamente eseguito la prestazione.
2.3 Al contrario, incombeva però all’opponente dimostrare dell’esistenza del danno sofferto dalla condotta inadempiente della società fallita; siffatta ulteriore prova secondo il Tribunale non è stata offerta dalla RAGIONE_SOCIALE e la censura, nella sostanza, non si confronta con tale ratio decidendi, limitandosi ad allegare i pregiudizi economici subiti ma non ritenuti provati dal Tribunale.
2.4 Non può quindi predicarsi, con riferimento alla prova del danno, alcuna violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. che si configura solo nell’ipotesi in cui il giudice di merito abbia applicato la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo -cioè attribuendo l’onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata, secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costitutivi ed eccezioni -ma non anche laddove si contesti il concreto apprezzamento delle risultanze istruttorie, assumendosi che le stesse non avrebbero dovuto portare al convincimento raggiunto dal giudice di merito (Cass. 1634/2020, 17313/2020, 26769/2018, 13395/2018, 26366/2017).
2.5 Né il Tribunale è incorso nella violazione dell’art. 115 in quanto, a fronte di un credito risarcitorio contestato anche nel danno, non risulta che il Tribunale abbia posto a fondamento della decisione
prove non introdotte dalle parti e disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli.
3 In conclusione il ricorso va rigettato.
4 Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano complessivamente in € 12.200, di cui 200 per esborsi , oltre Iva, Cap e rimborso forfettario al 15%.
Dà atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d.P.R. del 30.05.2002 n.115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella Camera di Consiglio tenutasi in data 10 dicembre