Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5629 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5629 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6370/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
Avverso il DECRETO del TRIBUNALE di PADOVA rep. n. 168/2019 depositato il 11/01/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -Il Tribunale di Padova ha rigettato l’opposizione allo stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE), proposto da RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) contro l ‘esclusione del credito di € 7.880.398,21 insinuato al chirografo, a titolo di risarcimento dei danni da grave inadempimento del contratto di appalto del 22.7.2009 (avente ad oggetto opere di ristrutturazione di un immobile) da parte dell ‘appaltatore RAGIONE_SOCIALE , che il Giudice delegato aveva così motivato: « in quanto la documentazione ex adverso depositata è insufficiente a dimostrare la sussistenza e il quantum delle varie voci di risarcimento danni richieste: si tratta peraltro di richieste fermamente contestate da Arm in bonis ed in relazione alle quali pendevano alla data di dichiarazione di fallimento plurimi giudizi fra le parti ».
1.1. -La motivazione del rigetto dell’opposizione ex art. 98 l.fall. è incentrata sulla mancanza di prova delle voci di danno, «con assorbimento di tutte le altre questioni». In particolare, il tribunale ha rilevato che: i) «a fronte della produzione di ben 429 documenti sarebbe stato onere dell’opponente specificare quali siano i documenti posti a fondamento delle plurime pretese risarcitorie, non potendosi pretendere che senza allegazione alcuna, sia l’autorità giudiziaria a stabilire quali documenti siano riferibili all’una piuttosto che all’altra posta di danno»; ii) nonostante le specifiche contestazioni svolte dalla curatela, COGNOME «non ha fornito la prova di aver pagato l’ing. COGNOME e, a monte, la prova che sia imputabile ad ARM il mancato rispetto nel progetto della cosiddetta ‘fascia ferroviaria’ »; iii) altrettanto vale per la ‘esecuzione lavori barriera’, non essendo stato dimostrato né che tali costi fossero in capo ad ARM né che Solaia abbia effettivamente sostenuto il relativo esborso; iv) non essendovi prova della imputabilità ad ARM della erronea progettazione della cosiddetta fascia ferroviaria, nessun ristoro può essere riconosciuto in relazione sia ai posti auto persi, sia per la palificata, mancando comunque anche la prova dei danni lamentati; v) nessuna prova di effettivo esborso è stata fornita con riguardo alla somma necessaria per l’erezione di un muro in calcestruzzo e per i
maggiori oneri finanziari, né è stata fornita alcuna prova di imputabilità ad RAGIONE_SOCIALE per le somme che RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto sostenere per lo scioglimento consensuale di alcuni preliminari; vi) analoga considerazione vale circa l’assoluto difetto di prova per i supposti oneri per rimediare all’abbandono del cantiere e per l’ultimazione dell’opera, apparendo perciò del tutto esplorativa la richiesta di c.t.u.; vii) quanto alla somma richiesta a RAGIONE_SOCIALE (poi fusa per incorporazione in RAGIONE_SOCIALE) il decreto ingiuntivo non dichiarato definitivo anteriormente al fallimento è inopponibile alla massa mentre dal doc. 8 prodotto dalla curatela (e non contestato dall’opponente) emerge che detta società accettò la controproposta di Solaia, sicché il suo incasso non integra un indebito; viii) quanto alla somma richiesta per il danno che l’opponente dovrebbe subire per una causa promossa dai coniugi COGNOME (i quali risultano peraltro aver svolto domanda di insinuazione al passivo), si tratta di danno non ancora definitivamente accertato, poiché pende la causa di merito, sicché il diritto di regresso potrebbe azionarsi solo dopo il pagamento da parte dell’opponente.
-La decisione viene impugnata con ricorso in cinque motivi, cui il Fallimento resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. -Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 99, comma 2, n. 4, l.fall. per avere il tribunale rigettato l’opposizione in forza di un inesistente obbligo per l’opponente di riferire in maniera espressa ogni documento a una data voce di danno.
2.2. -Con il secondo motivo si lamenta la violazione degli artt. 1218 e 2697 c.c. per avere il tribunale erroneamente attribuito l’onere della prova all’opponente che aveva dedotto l’inadempimento di obbligazioni contrattuali.
2.3. -Il terzo mezzo prospetta il vizio ex art. 360 comma 1, n. 5, c.p.c. per non avere il tribunale ammesso le prove offerte (prova testimoniale, acquisizione ATP svolto ante fallimento, CTU).
2.4. -Il quarto motivo denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1326 c.c. per non avere il tribunale
considerato, circa le somme richieste a RAGIONE_SOCIALE, il mancato perfezionarsi dell’accordo, poiché un’accettazione non conforme alla proposta contrattuale equivale a nuova proposta.
2.5. -Il quinto mezzo allega la violazione degli artt. 111 Cost., 101 c.p.c. e 99 l.fall. per violazione del diritto di difesa e del contraddittorio, avendo il tribunale imposto solo all’opponente l’onere di depositare i documenti in cartaceo.
-Il terzo motivo è fondato e va accolto, mentre i restanti quattro motivi sono inammissibili.
-L’inammissibilità del primo motivo deriva dal fraintendimento della ratio decidendi, oltre che da un difetto di autosufficienza.
4.1. -Contrariamente a quanto si legge a pag. 9 del ricorso, infatti, il tribunale non ha affermato «l’inammissibilità del ricorso per non avere l’opponente indicato i documenti di cui intenderebbe avvalersi per le singole (supposte) voci di danno» -essendo questa, invece, l’eccezione della curatela opposta , come tale riportata a pag. 2 del decreto -ma l’ha rigettato «per difetto di prova in ordine ai danni lamentati», non avendo l’opponente specificato a quali delle varie voci di danno fossero riferibili i n. 429 documenti depositati. Peraltro, a questa affermazione preliminare del tribunale è comunque seguita una disamina delle voci di danno, con lo stesso esito (mancanza di prova).
4.2. -Ciò posto, l’art. 99, comma 2, n. 4, l.fall. (norma di cui si lamenta la violazione, ma non menzionata dal tribunale), prescrive a pena di decadenza, tra l’altro, «l’indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti», avendo di mira il profilo della tempestività, che però non è qui in discussione. Di conseguenza, non viene in rilievo nemmeno l ‘esegesi non formalistica di questa Corte circa il requisito della ‘indicazione specifica ‘ , per cui non occorre l’indicazione individuale di ciascuno dei documenti prodotti, essendo sufficienti espressioni «di tenore complessivo e riassuntivo, in relazione al caso concreto sottoposto all’esame del
giudice di merito, ed alla natura del credito preteso dall’opponente» (Cass. 4322/2024, 18909/2023; cfr. Cass. 29282/2023).
4.3. -A venire in rilievo è invece il principio più generale in base al quale il giudice ha il potere-dovere di esaminare i documenti prodotti dalla parte solo quando questa ne faccia specifica istanza, esponendone gli scopi in riferimento alle sue pretese, pena l’impossibilità per la controparte di controdedurre, e per il giudice di valutare le risultanze probatorie ai fini della decisione (Cass. 8304/1990, 5149/2001, 23976/2004, 5711/2005, 20265/2005), essendogli precluso, in forza del principio di cui all’art. 112 c.p.c., di porre a base della decisione fatti che, ancorché rinvenibili all’esito di una ricerca condotta sui documenti prodotti, non siano stati oggetto di puntuale allegazione o contestazione negli scritti difensivi delle parti (Cass. 30607/2018).
Con particolare riguardo alla fase impugnatoria, si è detto che la mera produzione di un documento in appello non comporta automaticamente il dovere del giudice di esaminarlo, in ossequio all’onere di allegazione delle ragioni di doglianza sotteso al principio di specificità dei motivi di appello, sicché all’attività di produzione si deve accompagnare una corrispondente attività di allegazione, volta ad evidenziare il contenuto del documento e il suo significato (Cass. 8377/2009, 2461/2019).
Anche di recente le Sezioni unite hanno ribadito che, in materia di prova documentale nel processo civile, il giudice d’appello ha il potere-dovere di esaminare un documento ritualmente prodotto in primo grado nel caso in cui la parte interessata ne faccia specifica istanza nei propri scritti difensivi (mediante richiamo di esso nella parte argomentativa dei motivi formulati o delle domande ed eccezioni riproposte) illustrando le ragioni, trascurate dal primo giudice, per le quali il contenuto del documento acquisito giustifichi le rispettive deduzioni (Cass. Sez. U, 4835/2023).
4.4. -Se dunque il tema è un difetto di allegazione, e cioè la mancanza di riferimenti, nell’atto di opposizione, ai numerosi documenti prodotti, il motivo non contiene sufficienti indicazioni circa l’effettivo contenuto del ricorso ex art. 99 l.fall. al fine di
comprendere se la valutazione del tribunale sia censurabile o meno.
-Il secondo motivo è da un lato inammissibile per difetto di autosufficienza , dall’altro infondato .
5.1. -Non vi è dubbio che, in tema di inadempimento del contratto di appalto, le disposizioni speciali dettate dal legislatore attengono essenzialmente alla particolare disciplina della garanzia per le difformità ed i vizi dell’opera, assoggettata ai ristretti termini decadenziali di cui all’art. 1667 c.c., ma non derogano al principio generale che governa l’adempimento del contratto con prestazioni corrispettive, il quale comporta in particolare che l’appaltatore, il quale agisca in giudizio per il pagamento del corrispettivo convenuto, abbia l’onere -allorché il committente sollevi l’eccezione di inadempimento di cui al terzo comma di detta disposizione -di provare di aver esattamente adempiuto la propria obbligazione e, quindi, di aver eseguito l’opera conformemente al contratto e alle regole dell’arte (Cass. 936/2010, 98/2019).
E ciò in linea con il consolidato indirizzo nomofilattico per cui, in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento o dell’inesatto adempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento; e lo stesso criterio di riparto dell’onere della prova è applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l’adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l’altrui inadempimento, ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell’obbligazione (Cass. Sez. U, 13533/2001).
5.2. -Ora, nel caso in esame è lo stesso ricorrente a dare atto che, già prima del fallimento, le parti avevano reciprocamente
contestato l’inadempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto d’appalto, tanto che pendevano varie cause tra di esse.
Il ricorrente riferisce altresì che anche la questione dell’ an della responsabilità è stata oggetto di discussione tra le parti nel giudizio di opposizione, e di ciò si ha riscontro nel controricorso, ove si obietta il difetto di controdeduzioni dell’opponente alle deduzioni della curatela opposta « volte a dimostrare la non imputabilità ad Arm dei vari inadempimenti attribuiti alla stessa RAGIONE_SOCIALE ». Pertanto, in assenza di ulteriori delucidazioni -che sarebbe stato onere del ricorrente fornire -non è dato comprendere su quali basi allegatorie e probatorie il tribunale sia pervenuto ad affermare la mancanza di prova della «imputabilità ad ARM della erronea progettazione della cosiddetta fascia ferroviaria».
5.3. -Per il resto, quando il tribunale rileva la mancanza di prova delle voci di danno non si discosta dai richiamati principi sull’onere probatorio in tema di responsabilità contrattuale, poiché la prova dell’esistenza ed entità del danno compete al danneggiato (Cass. 608/1973, 1632/1969), sul quale grava altresì l’onere d i provare il nesso causale tra inadempimento e danno (Cass. 27142/2024, 25567/2023, 20707/2023, 10050/2022), con esonero dall’onere di provare la colpa del debitore (Cass. 12760/2024).
-La fondatezza del terzo motivo deriva dal principio, risalente e consolidato, in base al quale il giudice non può, senza contraddirsi, addebitare alla parte di non avere assolto all’onere di provare i fatti costitutivi della domanda o dell’eccezione e, nel contempo, negare l’ammissione della prova offerta, senza indicare la ragione del diniego (Cass. 985/1962, 3067/1958). Pertanto, la mancata ammissione di un mezzo istruttorio si traduce in un vizio della sentenza se il giudice pone a fondamento della propria decisione l’inosservanza dell’onere probatorio ex art. 2697 c.c., benché la parte abbia offerto di adempierlo (Cass. 18285/2021).
6.1. -Nel caso in esame il tribunale non ha nemmeno menzionato le richieste istruttorie di parte opponente, la quale ha invece assolto l’onere di indicarle (prova testimoniale, acquisizione ATP di precedente giudizio, CTU) e di trascrivere in ricorso i capitoli della prova testimoniale.
-Il quarto motivo è innanzitutto inammissibile per difetto di autosufficienza, essendovi solo accennata, in modo per nulla esaustivo, la questione contestata (conclusione o meno del contratto con RAGIONE_SOCIALE), che peraltro, alla luce delle spiegazioni contenute in controricorso, sembrerebbe infondata.
A ben vedere la censura non integra nemmeno gli estremi del cd. vizio di sussunzione, come tale riconducibile alla violazione di legge di cui al n. 3 dell’art. 360 c.p.c. (cfr. Cass. 13747/2018), posto che la conformazione di tale vizio pre suppone che l’«accertamento in fatto operato dal giudice di merito sia considerato fermo e indiscusso» (Cass. 6035/2018) mentre qui il ricorrente sostiene, diversamente da quanto accertato dal tribunale («RAGIONE_SOCIALE accettò la proposta di RAGIONE_SOCIALE»), che « l’accettazione di NOME non era stata conforme a quanto proposto dalla RAGIONE_SOCIALE».
-Analoghe conclusioni valgono per il quinto motivo, che difetta di autosufficienza sulla questione processual e dell’invito del tribunale al deposito cartaceo. Peraltro, ai sensi dell’art . 16-bis, comma 9, del d.l. 179/2012, il giudice può ordinare il deposito di copia cartacea di singoli atti e documenti per ragioni specifiche, e la norma non prevede che l’ordine debba essere rivolto necessariamente ad entrambe le parti, se non ve n’è motivo . Né, infine, integra un vizio del contraddittorio il non aver potuto replicare alla memoria di replica della controparte.
-Segue la cassazione del decreto impugnato per quanto di ragione, con rinvio della causa al tribunale che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo del ricorso, dichiara inammissibili il primo, il secondo, il quarto e il quinto, cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia al Tribunale di Padova, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29/01/2025.