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Onere della prova fornitura: chi prova la residenza?

Un condominio si è opposto a un decreto ingiuntivo di una società energetica, sostenendo l’errata applicazione della tariffa per ‘non residenti’. Secondo il condominio, gravava sul gestore l’onere della prova fornitura, ovvero l’obbligo di acquisire d’ufficio i dati sulla residenza dal Comune. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, chiarendo che nei contratti di natura privatistica, come quello di fornitura, spetta all’utente che richiede un’agevolazione tariffaria dimostrare di possederne i requisiti. Il gestore non è tenuto a reperire autonomamente informazioni che il cliente può fornire con una semplice autocertificazione.

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Onere della prova fornitura: Chi è responsabile di dimostrare la residenza per la tariffa agevolata?

Una delle questioni più comuni nelle controversie tra utenti e società di servizi energetici riguarda l’applicazione delle tariffe. Spesso, il costo della bolletta dipende da fattori come la residenza dell’intestatario del contratto. Ma cosa succede se viene applicata una tariffa errata? Su chi grava l’onere della prova fornitura per dimostrare il diritto a una tariffa più vantaggiosa? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo punto, distinguendo nettamente gli obblighi che derivano da un contratto privato da quelli tipici del procedimento amministrativo.

I Fatti del Caso: Condominio contro Gestore Energetico

La vicenda ha origine dalla fornitura di energia elettrica a un condominio. Il gestore del servizio, subentrato al precedente, ha emesso un decreto ingiuntivo per un importo di oltre 9.000 euro. Il condominio si è opposto, sostenendo che la somma fosse il risultato dell’applicazione errata della tariffa per ‘non residenti’. A detta del condominio, la maggioranza dei condomini era residente nello stabile e, pertanto, si sarebbe dovuta applicare una tariffa più favorevole. L’argomentazione principale era che spettasse alla società di fornitura, in qualità di gestore di un pubblico servizio, l’onere di verificare la residenza dei singoli utenti, acquisendo le informazioni direttamente dal Comune, ente che le possedeva.

L’onere della prova fornitura secondo la Cassazione

I giudici di merito, sia in primo grado che in appello, avevano dato torto al condominio. La questione è quindi approdata in Cassazione. Il condominio ha insistito sulla violazione di diverse norme, tra cui quelle sul procedimento amministrativo (legge n. 241/1990) e sulla documentazione amministrativa (DPR n. 445/2000), che impongono alle pubbliche amministrazioni e ai gestori di pubblici servizi di acquisire d’ufficio le informazioni già in possesso di altre amministrazioni.

La Corte Suprema, tuttavia, ha rigettato questa tesi. Ha chiarito che è fondamentale distinguere la natura del rapporto in questione. Sebbene il gestore operi in virtù di una concessione pubblica rilasciata dal Comune, il contratto di fornitura stipulato con l’utente finale (in questo caso, il condominio) è un rapporto di natura puramente privatistica. Le norme invocate dal ricorrente si applicano ai rapporti tra cittadino e Pubblica Amministrazione, non ai contratti tra privati.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che in un rapporto di diritto privato vige il principio generale dell’onere della prova fornitura, secondo cui chi vuole far valere un diritto deve provare i fatti che ne sono a fondamento. Nel caso specifico, il condominio intendeva beneficiare di una tariffa più bassa, quindi era suo onere dimostrare di possederne i requisiti, ossia la residenza della maggioranza dei condomini. La società energetica, dal canto suo, aveva agito correttamente inviando un questionario all’amministratore per ottenere un’autocertificazione sulla residenza, ricevendo però una risposta negativa. Secondo la Cassazione, l’art. 43 del DPR 445/2000 offre un’alternativa all’amministrazione: o verificare i dati presso i propri uffici, oppure accettare l’autodichiarazione dell’interessato. Il gestore ha scelto legittimamente la seconda via. Rifiutarsi di fornire tale autocertificazione, sostenendo che il gestore dovesse procurarsela da solo, costituisce una violazione del principio di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.), poiché si tratta di una forma di cooperazione che non comporta alcun sacrificio per l’utente.

Le conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione stabilisce un principio chiaro e di grande rilevanza pratica. Nei contratti di fornitura di servizi (luce, gas, acqua), l’onere della prova fornitura per l’applicazione di tariffe agevolate ricade sull’utente. Il gestore non è tenuto a svolgere indagini presso l’anagrafe comunale o altri uffici pubblici per verificare i dati del cliente. È legittimo che il fornitore richieda al cliente un’autocertificazione per attestare i requisiti necessari, e il rifiuto ingiustificato a fornirla impedisce all’utente di poter beneficiare delle condizioni tariffarie più vantaggiose.

In un contratto di fornitura, chi ha l’onere di provare i requisiti per una tariffa agevolata?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova spetta all’utente che intende beneficiare della tariffa agevolata. È il cliente, quindi, che deve dimostrare di possedere i requisiti necessari, come ad esempio la residenza.

Un gestore di servizio pubblico è obbligato a cercare i dati anagrafici dei clienti presso il Comune?
No. Nell’ambito del contratto di fornitura, che è un rapporto di diritto privato, il gestore non è obbligato a reperire d’ufficio informazioni già in possesso della Pubblica Amministrazione. Può legittimamente chiedere al cliente di fornire un’autocertificazione.

Rifiutarsi di fornire un’autocertificazione al gestore energetico ha conseguenze?
Sì. Il rifiuto di fornire un’autocertificazione, quando richiesto per l’applicazione di una tariffa, è considerato una violazione del dovere di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto. Di conseguenza, l’utente perde il diritto a ottenere il beneficio tariffario richiesto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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