Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10179 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10179 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 17/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10278/2023 R.G., proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME, rappresentata e difesa dal AVV_NOTAIO, domiciliata come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al ricorso,
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, domiciliata come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al controricorso,
-controricorrente – per la cassazione della sentenza n. 1457/2022 della CORTE d’APPELLO di Brescia pubblicata il 7.12.2022;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 10.1.2025 dal AVV_NOTAIO.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Somministrazione
Con sentenza pubblicata il 16.1.2020 il Tribunale di Cremona rigettò le domande proposte da RAGIONE_SOCIALE per il pagamento da parte di RAGIONE_SOCIALE di euro 3.514,15 a titolo di fornitura di energia elettrica in «regime di salvaguardia» dall’1.5.2008 al 31.12.2008 e di euro 8.839 per il periodo dall’1.1.2009 al 30.6.2011 ex art. 2041 cod. civ.
L’attrice, sulla premessa che provvedeva alla vendita di energia e che computava i consumi sulla base delle fatture di trasporto ricevute dal distributore, espose che:
-aveva partecipato alla gara per aggiudicarsi il servizio di fornitura in «regime di salvaguardia» (clienti non domestici) dall’1.5.2008 al 31.12.2008 e si era aggiudicata il territorio della Lombardia, ove era ubicato il punto di prelievo, sito in Rivolta d’Adda , di RAGIONE_SOCIALE, la quale, per il periodo indicato, era debitrice di euro 3.514,11;
-per il periodo successivo al «regime di salvaguardia» aveva continuato a fornire energia a RAGIONE_SOCIALE dall’1.1.2009 all’1.7.2011 maturando nei suoi confronti un ulteriore credito di euro 8.839,00.
RAGIONE_SOCIALE nel costituirsi chiese il rigettò delle domande. Osservò la convenuta che non aveva mai ricevuto le fatture azionate, tra le quali alcune erano indirizzate alla sede di RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO in Cologno Monzese, e non aveva mai concluso un contratto con l’attrice come imposto dal mercato libero (dicitura riportata dalle fatture ). In ogni caso, l’attrice , che avrebbe dovuto comunicarle di essere divenuta il nuovo gestore, aveva chiesto i predetti importi disgiuntamente, così ammettendo che non sarebbe stato concluso alcun contratto.
Il Tribunale di Cremona nel rigettare le domande notò che non vi era prova che nel l’arco di tempo indicato il POD IT 00E18807457 (c.d. punto di prelievo) fosse nella disponibilità di RAGIONE_SOCIALE, ossia che la convenuta avesse fruito dell’energia elettrica, poiché non vi era un contratto, né una richiesta di voltura dal precedente utilizzatore RAGIONE_SOCIALE
La Corte d’Appello di Brescia con sentenza pubblicata il 7.12.2022, in accoglimento parziale dell’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE , condannò RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE al pagamento di euro 8.893, oltre gli interessi legali dalla domanda, compensando le spese di lite di entrambi i gradi per la metà e ponendo il residuo a carico dell’appellata.
Notò la Corte d’appello che, prescindendo dall’assenza di un contratto, ovvero di una formale richiesta di volturazione dell’utenza elettrica, dal 1°.1.2009 al 1°.7.2011 RAGIONE_SOCIALE avesse fornito energia presso il punto di prelievo collocato nel fondo nella disponibilità di RAGIONE_SOCIALE, come da fatture prodotte per complessivi euro 8.893,00 . Importo, quest’ultimo, da riconoscere a titolo di indennizzo ex art. 2041 cod. civ., a favore di RAGIONE_SOCIALE Precisò la Corte d’appello che E.N.E.L. RAGIONE_SOCIALE, tramite il controllo sulla piattaforma ‘F OUR ‘ del POD in questione, aveva accertato che nel periodo indicato l ‘ energia elettrica era stata fatturata a RAGIONE_SOCIALE e che al contempo RAGIONE_SOCIALE era stata attiva sul predetto POD del quale aveva, comunque, la disponibilità in forza della non contestata documentazione dell’ appellante.
La Corte d’appello, invece, rigett ò la domanda di pagamento della somma di euro 3.514,11 per il periodo dall’1.5.2008 al 31.12.2009 ( recte , 31.12.2008) come da fatture con indirizzo riferibile al precedente utilizzatore RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE), perché, trattandosi di somministrazione di energia elettrica «in regime di salvaguardia», mancava l’ espressa dichiarazione con valore certificativo, richiesta dalla normativa di settore (primaria e secondaria), da parte di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di voler usufruire del regime di maggior tutela.
Per la cassazione della sentenza della Corte ricorre RAGIONE_SOCIALE, sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380bis .1. cod. proc. civ..
La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è denunciata , ai sensi dell’art. 360, comma primo n. 4, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 342 e 434 cod. proc. civ..
La ricorrente si duole per aver la Corte d’appello ritenuto ammissibile l’ appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza di primo grado, nonostante esso contene sse ‘ un coacervo di deduzioni, informali e disordinate nell’esposizione, tali da non rendere possibili individuabili quanto rigorosamente indicato dalla giurisprudenza di legittimità ai fini della preliminare valutazione dell’ammissibilità dell’atto di gravame’ (pagina 10 del ricorso, da riga 7 a riga 10).
1.2. Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. art. 366, comma primo, n. 6, cod. proc. civ.
Quando sia denunciato un error in procedendo , tale è il caso di specie, poiché la censura investe la violazione degli artt. 342 e 434 cod. proc. civ. per la mancata dichiarazione di inammissibilità dell’appello , la Corte di cassazione è anche giudice del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa; tuttavia, non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio , è necessario che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di specificità del ricorso ex art. 366, comma primo, n. 6, cod. proc. civ., tutte le precisazioni e i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale (v., Cass. 2 febbraio 2017, n. 2771; 4 marzo 2005, n. 4741; 23 gennaio 2004, n. 1170).
Infatti, al fine del rispetto del principio di specificità, sono inammissibili, per violazione dell’art. 366, comma primo, n. 6, c.p.c., le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (v., Cass., sez. un., 27 dicembre 2019, n. 34469 e ribadito più di recente da Cass., sez. III, 1° luglio 2021, n. 18695).
La ricorrente, in relazione alla denunciata inammissibilità dell’appello , non senza rilevare come non risulti svolta una critica ragionata rispetto alla decisione della c orte d’appello, ha omesso di riportare, e di provvedere alla debita localizzazione in questa sede, del contenuto dei motivi di appello svolti da RAGIONE_SOCIALE nei confronti della sentenza del Tribunale di Cremona, rendendo impossibile la verifica d el preteso ‘coacervo di deduzioni, informali e disordinate nell’esposizione’ asseritamente contenuto nel gravame svolto.
Con il secondo motivo viene denunciata , ai sensi dell’art. 360, comma primo n. 3 e n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 2697 cod. civ. ‘per avere la Corte territoriale, in modo macroscopicamente errato, inteso come adempiuto l’onere probatorio a carico di RAGIONE_SOCIALE‘
La ricorrente lamenta che la Corte d’appello ha accolto la domanda svolta RAGIONE_SOCIALE, sebbene, trattandosi di un credito vantato in relazione ad un contratto di fornitura di energia elettrica , l’attrice non avesse fornito la prova del titolo azionato, della quale era onerata. Per contro, per ovviare a tale lacuna, RAGIONE_SOCIALE aveva trasformato la richiesta di adempimento contrattuale in una non ammissibile domanda ex art. 2041 cod. civ., perché azione di tipo sussidiario, esperibile in assenza di una giusta causa e non invocabile quando il preteso arricchimento sia conseguenza di un contratto o di altro rapporto.
2.1. Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. art. 366, comma primo, n. 4, cod. proc. civ.
Secondo il costante indirizzo di questa Corte, il vizio di violazione e falsa applicazione della legge, di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., giusta il disposto di cui all’art. 366, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., deve essere, a pena d’inammissibilità, dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito a questa Corte di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass., Sez. Un., 5 maggio 2006, n. 10313). In altri
termini, non è il punto d’arrivo della decisione di fatto che determina l’esistenza del vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ma l’impostazione giuridica che, espressamente o implicitamente, abbia seguito il giudice di merito nel selezionare le norme applicabili alla fattispecie e nell’interpretarle. Compito, quest’ultimo, al quale il ricorrente non ha ottemperato non formulando in modo debito una censura della motivazione in relazione allo sviluppo argomentativo legato alla pretesa violazione dell’art. 2697 cod. civ.
In ordine alla prospettata violazione mette conto richiamare il principio fatto proprio dalle Sezioni Unite di questa Corte, ai sensi del quale la violazione dell’articolo 2697 cod. civ. si configura se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’ onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni (v., Cass., sez. un., 5 agosto 2016, n. 16598, in motivazione espressa, sebbene non massimata sul punto; Cass., VI-3, 23 ottobre 2018, n. 26769; sez. lav., 19 agosto 2020, n. 17313; 15 ottobre 2024, n. 26739).
La c orte d’appello nel pervenire alla sua decisione ha indicato gli elementi di natura documentale alla base della pretesa azionata: le evidenze tratte dalla piattaforma gestita da RAGIONE_SOCIALE attestanti la fornitura di energia elettrica al punto di prelievo, nella disponibilità di RAGIONE_SOCIALE, e fatturata ad RAGIONE_SOCIALE ; la documentazione prodotta dall’appellante e non contestata dall’appellata ( la comunicazione del 15.6.2017 proveniente da COGNOME NOME di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE circa la titolarità del POD in capo a quest’ultima; la comunicazione del 11.12.2017 proveniente da COGNOME NOME di RAGIONE_SOCIALE al legale della società appellante in ordine all’avvenuto subentro nel sito in oggetto di RAGIONE_SOCIALE).
Per converso, pur richiamando in parte la motivazione indicata dalla Corte d’appello a fondamento dell’accoglimento della domanda ex art. 2041 cod. civ. , la ricorrente non la investe in alcun modo, ossia non enuncia un contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla
giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, assumendo il carattere unitario della pretesa azionata da RAGIONE_SOCIALE
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ‘violazione dell’art. 116 c.p.c. con riferimento all’art. 360, n. 4 c.p.c. e connessa motivazione apparente con riferimento all’art. 360, n. 3 c.p.c.’ .
RAGIONE_SOCIALE lamenta la violazione da parte della Corte d’appello dell’obbligo di diligente/prudente apprezzamento delle risultanze processuali, trasmodata nell’enunciazione di una motivazione apparente del tutto inidonea a far comprendere le ragioni in base alle quali sia stata accolta la domanda di ingiustificato arricchimento.
3.1. Il motivo è inammissibile.
Nell’ambito del ricorso per cassazione una questione di violazione o di falsa applicazione dell’art. 116 cod. proc. civ. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (v., Cass., 10 giugno 2016, n. 11892; 8 ottobre 2019, n. 25027; 31 agosto 2020, n. 18092; 22 settembre 2020, n. 19798; Cass., sez. un., 30 settembre 2020, n. 20867).
Analogamente, il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., che dà rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio, né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ. – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (v., Cass. 11892/2016 cit.).
Il motivo in esame, nel denunciare la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma primo, n., 3, cod. proc. civ. si discosta dal perimetro sopra delineato e si spinge verso un riesame del merito della decisione ben al di là del possibile controllo della motivazione limitato entro il «minimo costituzionale» ammesso dalle Sezioni Unite di questa Corte (v., Cass. civ., sez. un., 7 aprile 2014, nn. 8053/8054 ‘[…] è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di «sufficienza» della motivazione’) . Ipotesi, queste ultime, non ricorrenti nel caso di specie, perché la Corte d’appello ha spiegato adeguatamente il percorso logico effettuato, sulla base del quale ha accolto la domanda ex art. 2041 cod. civ., respingendo, invece, quella poggiante sul preteso titolo contrattuale.
4. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
Non è a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore della controricorrente poiché il controricorso risulta depositato tardivamente rispetto al momento della notifica del ricorso.
All’esito della modifica apportata dall’art. 3, comma 27, d.lgs. n. 149 del 2022, l’art. 370 cod. proc. civ. non prevede più la notifica del controricorso, ma soltanto il suo deposito entro quaranta giorni dalla notificazione del ricorso.
Tale disposizione si applica ai giudizi introdotti successivamente al 1° gennaio 2023, poiché, in forza dell’art. 35, comma quinto, del citato d.lgs., come modificato dalla l. 197/2022, tutte le disposizioni del libro secondo del codice di rito, titolo III, capo III, nella loro nuova formulazione hanno effetto a decorrere dalla predetta data e si applicano ai giudizi introdotti con ricorso ad essa successivamente notificato (v. Cass., sez. un., 18 marzo 2024, n. 7170).
Nella specie, il controricorso è stato depositato il 4.7.2023, a fronte dell’intervenuta notifica del ricorso in data 4.5.2023. E’ pertanto tardivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione civile della Corte