Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 863 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 863 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/01/2025
Fideiussione Intesa restrittiva della concorrenza -Nullità del contratto -Onere della prova -Omessa produzione del provvedimento sanzionatorio
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16048/2022 R.G., proposto da
PERUTO NOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME per procura su foglio separato allegato al ricorso
pec NOMEEMAILCOGNOMEEMAILpec.ordineavvocaticatania.it
–
ricorrente –
contro
FINO 1 RAGIONE_SOCIALE e per essa la mandataria RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE, in persona del procuratore speciale NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME giusta procura speciale per atto notaio NOME COGNOME del 20.7.2017 rep. 60852, racc. 11359, su foglio separato allegato al controricorso pec EMAILordineavvocaticataniaEMAIL
-controricorrente – per la cassazione della sentenza n. 739/2022 della CORTE d’APPELLO di Catania pubblicata in data 11.4.2022;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 6.11.2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 1891/2021, pubblicata il 27/4/2021, il Tribunale di Catania rigettò l’opposizione svolta da COGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME contro il decreto ingiuntivo n. 3099/2019, richiesto ed ottenuto da RAGIONE_SOCIALE nei loro confronti quali fideiussori di RAGIONE_SOCIALE per il pagamento di euro 288.720,86 oltre accessori.
La Corte d’ Appello di Catania con sentenza pubblicata in data 11.4.2022 rigettò l’appello proposto da COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME con l’aggravio delle spese di fase.
Per quanto rileva nella presente sede, in sede di appello la Peruto, insieme agli altri impugnanti, eccepì la nullità della fideiussione quale contratto a valle di una intesa restrittiva della concorrenza in violazione della l. 287/1990 già sanzionata dall’Autorità Garante della Concorrenza. La Corte d’appello al riguardo osservò che sugli appellanti gravava l’onere del la produzione in giudizio del provvedimento sanzionatorio emesso dall’Autorità Garante della Concorrenza, non potendo quest’ultimo, quale atto amministrativo, essere considerato alla stregua di un fatto notorio. Né alla mancata produzione del provvedimento si sarebbe potuto ovviare mediante la conoscenza da parte del giudice a seguito della trattazione di analoghe controversie, trattandosi in questo caso di scienza privata per sé irrilevante.
La mancata produzione del provvedimento sanzionatorio ostava, altresì, al rilievo d’ufficio della nullità ex lege 287/1990, p er essere tale potere condizionato al fatto che il vizio emerga dagli atti ritualmente acquisiti. Da tanto discendeva nel merito il rigetto dell’eccezione di decadenza ex art. 1957 cod. civ., espressamente derogato dall’art. 6 della fideiussione.
Per la cassazione della sentenza della Corte ricorre COGNOME NOMECOGNOME sulla base di un motivo.
Resiste con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE mandataria della società RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380bis .1. cod. proc. civ.
La controricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con un unico complesso motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, comma primo, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., la violazione/falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ. e 115 cod. proc. civ., nonché la violazione degli artt. 1418, 1419 e 1957, comma terzo, cod. civ., per aver la Corte d’appello erroneamente disatteso l’eccezione di decadenza per lo spirare del termine ex art. 1957, comma terzo, cod. civ.
La ricorrente ha eccepito la nullità della fideiussione contratta il 21.6.2007 in quanto conforme allo schema ABI, dichiarato ‘anticoncorrenziale’ dal provvedimento n. 55/2005 di Banca d’Italia, ‘il quale risulta prodotto tra i documenti del fascicolo di p arte d’appello e la sua produzione non contestata ex adverso’.
Tanto premesso, erroneamente, la Corte d’appello:
-non ha rilevato d’ufficio la nullità della fideiussione per la mancata acquisizione agli atti di causa del provvedimento sanzionatorio;
-ha attribuito al provvedimento in questione natura di atto amministrativo, perché emesso da una Autorità Garante;
-non ha considerato che in base al d.l gs. 3/2017 gli accertamenti dell’Autorità Garante (tale era all’epoca Banca d’Italia) hanno valore di prova privilegiata e che il provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia lo si sarebbe dovuto ritenere alla stregua di un fatto notorio come ritenuto da Cass. 24044/2019;
-non ha considerato che la mera coincidenza delle condizioni contrattuali pattuite con le clausole dello schema ABI nn. 2, 6 e 8 sarebbe condizione sufficiente per sostenere la nullità derivata del contratto a valle.
1.2. Il motivo è inammissibile, là dove è denunciata la violazione/falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ. e 115 cod. proc. civ.
La Corte d’appello correttamente ha sostenuto che il provvedimento sanzionatorio emesso dall’Autorità Garante non è sussumibile nella categoria del fatto notorio, dovendosi intendere come tale una circostanza conosciuta (o che
possa essere obiettivamente conosciuta) da una generalità di persone di media cultura di un dato luogo e in un dato tempo, sì da giustificare la deroga alla regola contenuta nell’art. 115 cod. proc. civ. . Cass. 26 settembre 2019, n. 24044 non ha espresso affatto la ratio decidendi indicata dalla ricorrente, per aver avallato la decisione del giudice di appello, il quale aveva affermato che la nullità di singole clausole non può condurre ad una declaratoria di nullità dell’intero contratto, in mancanza di allegazione che quell’accordo, in assenza delle dette clausole, non sarebbe stato concluso.
Per contro, data la natura di atto amministrativo, il provvedimento in questione deve essere prodotto in giudizio dalla parte che lo invochi a fondamento della sua domanda. Nel pervenire alla sua decisione la Corte d’appello si è uniformata all’indirizzo espresso da questa Corte, secondo cui quando l’attore deduca l’esistenza di una intesa restrittiva della concorrenza già sanzionata dall’Autorità Garante della concorrenza è onerato, tra le altre, della produzione dell’accertamento effettuato in sede ammin istrativa (v., Cass. 22 maggio 2013, n. 12551; 28 maggio 2014, n. 11904). Di qui, l’ulteriore affermazione secondo cui la nullità può essere rilevata di ufficio in ogni stato e grado del giudizio, ma solo qualora siano acquisiti agli atti del giudizio tutti gli elementi di fatto dai quali possa desumersene l’esistenza (v. sullo specifico tema del rilievo d’ufficio nell’ambito delle azioni follow up della nullità dei contratti a valle di intese già sanzionate dall’Autorità Garante della Concorrenza, v. Cass. 10 novembre 2020, n. 25273; 19 febbraio 2020, n. 4175; 13 febbraio 2020, n. 3556).
La ricorrente quest’oggi, senza aggredire su tale specifico profilo la decisione impugnata, riferisce: ‘La sig.ra COGNOME, fideiussore consumatore, ha eccepito la nullità della fideiussione contrattata il 21/06/2007 su un modello del Banco di Sicilia «ed. 3/2004» in quanto conforme allo schema ABI, dichiarato anticoncorrenziale dal provvedimento n° 55/2005 di Banca d’Italia, il quale risulta prodotto tra i documenti del fascicolo di parte d’appello e la sua produzione non contestata ex adverso’.
In disparte il profilo della pretesa mancata contestazione della dedotta nullità da parte del precedente difensore dell’opposta, che però è apertamente
contraddetto da quanto riportato a pagina 13 del ricorso (il precedente difensore avrebbe affermato che il contratto era successivo al provvedimento della Banca d’Italia, poggiava su uno schema diverso e non sarebbe bastato assumere la mera conformità al modello per dedurre la nullità ai sensi dell’art. 1418 cod. civ.), la ricorrente non ha pro vveduto all’assolvimento dell’onere di cui all’art. 366 comma primo, n. 6, c.p.c.
1.3. Al fine del rispetto del principio di specificità, è necessario che il ricorso contenga l’indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali si fonda il motivo e l’illustrazione del contenuto rilevante, provvedendo alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v. Cass. 16 marzo 2012, n. 4220). Infatti, sulla parte ricorrente grava l’obbligo di precisazione anche dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti anche in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 4 marzo 2021, n. 5999; sez. un., 23 settembre 2019, nn. 23552 e 23553; Cass., 18 giugno 2020, n. 11892; 6 novembre 2012, n. 19157; 23 marzo 2010, n. 6937; 12 giugno 2008, n. 15808; 25 maggio 2007, n. 12239), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass. 27 dicembre 2019, n. 34469; 19 aprile 2016, n. 7701), poiché il compito dei giudici della corte è quello di procedere a una ‘verifica degli atti stessi, non già alla loro ricerca’ (v. Cass. 20 luglio 2021, n. 20753; 24 giugno 2020, n. 12498; 20 marzo 2017, n. 7048).
La ricorrente nel muovere le riferite doglianze alla decisione della Corte d’appello non ha in alcun modo considerato la ratio decidendi espressa, ma si è limitata a riferire genericamente che il provvedimento risulta prodotto tra i documenti del fascicolo di parte dell’appello omettendo di procedere alla individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame. A ciò s’aggiunga che l’espressione utilizzata (v. ultimo capoverso di pagina 8 ed inizio di pagina 9) è quantomai ambigua, potendo riferirsi la proposizione relativa (‘il quale risulta prodotto tra i documenti
del fascicolo di parte d’appello e la sua produzione non contestata ex adverso’) tanto allo schema ABI, quanto al provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia.
All’inammissibilità nei suindicati termini del motivo, assorbiti ogni altra questione e differente profilo, consegue l ‘inammissibilità del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 10.200,00, di cui euro 10.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore impo rto a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione civile della