Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8677 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8677 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 02/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 29319 – 2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, Union Temporal de Empresas -c.f./p.i.v.a. U-NUMERO_DOCUMENTO -in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che ha indicato il proprio indirizzo p.e.c. e che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato al ricorso.
RICORRENTE
contro
CURATORE del fallimento della RAGIONE_SOCIALE in persona dell ‘ avvocato NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Catania, al INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che ha indicato il proprio indirizzo p.e.c. e che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al controricorso.
CONTRORICORRENTE
avverso il decreto del Tribunale di Siracusa n. 228/2021, udita la relazione nella camera di consiglio del 13 marzo 2025 del consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con ricorso ex art. 93 l.fall. del 21.12.2018 la ‘RAGIONE_SOCIALE domandava l’ammissione al passivo del fallimento della RAGIONE_SOCIALE, dichiarato dal Tribunale di Siracusa, con sentenza del 30.7.2018.
Premetteva che con contratto del 30.5.2013 la ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ le aveva affidato in appalto la realizzazione del progetto denominato ‘O ptara project ‘, relativo alla costruzione di un impianto di raffineria in Belgio.
Premetteva che con accordo del 25.4.2015 aveva subappaltato alla ‘ SIM ‘ l’esecuzione di alcune opere attinenti al progetto anzidetto, ossia la realizzazione dell ‘unità ‘RAGIONE_SOCIALE‘ nonché la realizzazione dell’unità ‘RAGIONE_SOCIALE ‘ (cfr. ricorso, pag. 4) .
Premetteva che in data 12.5.2015 e 24.2.2016, a garanzia dell’esecuzione dei lavori subappaltati, erano state rilasciate dalla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ fideiussioni bancarie per l ‘ importo complessivo di euro 1.962.789,00 (cfr. ricorso, pag. 5) .
Premetteva che, onde incentivare l’ultimazione dei lavori in tempi brevi, aveva riconosciuto alla subappaltatrice dei bonus giusta le prefigurazioni di tre addenda al contratto di subappalto, siglati in data 2.6.2016, 19.7.2016 e 8.12.2016 (cfr. ricorso, pagg. 5 -6) .
Premetteva che, nonostante il mancato rispetto dei termini di scadenza indicati negli addenda , aveva corrisposto alla subappaltatrice l ‘ importo totale di euro 20.768.873,00, di cui euro 18.718.873,00 per i lavori già eseguiti e per gli
ulteriori lavori necessari al fine di completare le unità ed euro 2.050.000,00 per i bonus previsti negli addenda .
Indi esponeva che la ‘ SIM ‘ aveva abbandonato il cantiere e non aveva completato i lavori, sicché si era resa parzialmente inadempiente alle obbligazioni derivanti dal contratto di subappalto , tant’è che essa subappaltante aveva escusso le fideiussioni ed aveva provveduto a completare le opere con mezzi propri e/o tramite soggetti terzi (cfr. ricorso, pagg. 6 – 7) .
Chiedeva quindi l ‘ ammissione al passivo in chirografo per l’importo di euro 4.100.841,00, oltre interessi e rivalutazione, ossia per l’importo dei bonus – euro 2.050.000,00 – indebitamente versati, per l’importo di euro 189.147,00 versato in eccesso rispetto al valore delle opere in concreto realizzate e per l’importo di euro 1.861.694,00 a titolo di risarcimento danno subito a causa della negligenza e dell ‘ imperizia della subappaltatrice (cfr. ricorso, pag. 8) .
Il giudice delegato denegava l’ammissione al passivo (cfr. ricorso, pag. 9) .
L a ‘ RAGIONE_SOCIALE Resisteva il curatore del fallimento.
proponeva opposizione.
Con decreto n. 228 dei 13/14.10.2021 il Tribunale di Siracusa rigettava l’ opposizione e condannava l’opponente alle spese di lite .
Evidenziava il tribunale che il documento n. 15 allegato all ‘ opposizione -e con il quale erano state versate in atti le copie dei bonifici eseguiti in favore della ‘SIM’ – comprovava pagamenti per il quantum di euro 15.665.838,80, ossia per un ammontare inferiore al valore delle opere eseguite dalla società poi fallita, valore che la stessa opponente aveva riconosciuto esser corrispondente ad euro 18.616.937,00 (cfr. decreto impugnato, pag. 5) .
Evidenziava dunque che il maggior valore delle opere eseguite dava ragione di un residuo credito della ‘SIM’ di importo pari ad euro 2.951.098,20.
Evidenziava al contempo che – disconosciuta qualsivoglia pretesa per importi asseritamente versati in eccedenza -la somma (euro 3.911.694,00) dei bonus (euro 2.050.000,00) e dei presunti danni (euro 1.861.694,00) , al netto del quantum (euro 1.962.789,00) percepito a seguito e per effetto dell’escussione delle fideiussioni , lasciava residuare a favore dell’opponente un credito pari ad euro 1.948.905,00, inferiore al controcredito -euro 2.951.098,20 -della fallita eccepito in compensazione dal curatore (cfr. decreto impugnato, pag. 6) .
Avverso tale decreto ha proposto ricorso la ‘ UTE RAGIONE_SOCIALE ; ne ha chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese.
Il curatore del fallimento della RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso con il favore delle spese.
La ricorrente ha depositato memoria.
Il curatore controricorrente parimenti ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. la violazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ.
Deduce che ha errato il Tribunale di Siracusa a reputare che l’importo dei pagamenti è inferiore al valore delle opere.
Deduce segnatamente che il tribunale non ha -in chiave presuntiva – tenuto conto che la società poi fallita non si è in alcun modo opposta all’escussione delle fideiussioni da parte di essa ricorrente (cfr. ricorso, pag. 18) ; che la società poi fallita sino al giudizio di opposizione non ha mai avanzato pretese creditorie nei confronti di essa ricorrente (cfr. ricorso, pag. 18) ; che la società poi fallita
non ha mai contestato le comunicazioni in data 6.1.2017, in data 31.1.2017, in data 6.8.2017, in data 16.1.2018 ed in data 15.3.2018, con cui le sono stati dettagliatamente rappresentati i ritardi e gli inadempimenti in cui era incorsa e i danni che ne erano scaturiti (cfr. ricorso, pagg. 19 – 22) .
Deduce segnatamente che il tribunale non ha -in chiave presuntiva – tenuto conto che il curatore del fallimento non ha allegato alcuna comunicazione volta a sollecitare il pagamento di asseriti crediti della società poi fallita (cfr. ricorso, pag. 23) .
Deduce che le surriferite circostanze sono state oggetto di discussione, siccome addotte con il ricorso in opposizione e con le note autorizzate (cfr. ricorso, pagg. 23 – 25) .
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
È sufficiente il riferimento all’e laborazione di questa Corte secondo cui, in relazione agli artt. 2727 e 2729 cod. civ., spetta al giudice di merito non solo vagliare l’opportunità del ricorso alle presunzioni, ma pur individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento ‘di fatto’ che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità (cfr. Cass. sez. lav. (ord.) 5.8.2021, n. 22366, ove si soggiunge che la censura per vizio di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi a prospettare l’ipotesi di un convincimento diverso da quello espresso dal giud ice di merito, ma deve fare emergere l’assoluta illogicità e co ntraddittorietà del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo; Cass. 27.10.2010, n. 21961; Cass. 11.5.2007, n. 10847; Cass. sez. lav. 21.10.2003, n. 15737) .
Del resto, più in generale, spetta, in via esclusiva, al giudice del merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. Cass. 9.8.2007, n. 17477; Cass. 7.6.2005, n. 11789) .
Inoltre, ai fini di una corretta decisione, il giudice del merito non è tenuto a valutare analiticamente tutte le risultanze processuali, né a confutare singolarmente le argomentazioni addotte dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi su cui intende fondare il suo convincimento e l’ iter seguito nella valutazione degli stessi e per le proprie conclusioni, implicitamente disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione assunta (cfr. Cass. 10.5.2000, n. 6023) .
In questo quadro, in ogni caso, il mezzo in disamina per nulla vale a far emergere l’illogicità e la contraddittorietà del ragionamento decisorio del Tribunale siracusano.
10. Un ulteriore duplice rilievo si impone.
In ordine alla deduzione per cui il curatore del fallimento non ha sollevato l’eccezione di compensazione nel corso della verifica tempestiva del passivo (cfr. ricorso, pag. 23) , è sufficiente il riferimento all’elaborazione di questa Corte.
Ovvero all’insegnamento secondo cui nel giudizio di opposizione allo stato passivo non opera, nonostante la sua natura impugnatoria, la preclusione di cui all ‘ art. 345 cod. proc. civ. in materia di ‘ ius novorum ‘ , con riguardo alle nuove
eccezioni proponibili dal curatore, in quanto il riesame, a cognizione piena, del risultato della cognizione sommaria proprio della verifica, demandato al giudice dell ‘ opposizione, se esclude l ‘ immutazione del ‘ thema disputandum ‘ e non ammette l ‘ introduzione di domande riconvenzionali della curatela, non ne comprime, tuttavia, il diritto di difesa, consentendo, quindi, la formulazione di eccezioni non sottoposte all ‘ esame del giudice delegato (cfr. Cass. (ord.) 4.12.2020, n. 27902; Cass. (ord.) 6.10.2020, n. 21490) .
In ordine alla deduzione per cui il curatore del fallimento non ha nel corso del giudizio di opposizione contestato le comunicazioni inoltrat e alla ‘SIM’ (cfr. ricorso, pag. 23) , è sufficiente del pari il riferimento all’elaborazione di questa Corte.
Ovvero all’insegnamento per cui l’ esercizio negativo della facoltà del giudice di desumere argomenti di prova dal contegno processuale delle parti, ai sensi dell ‘ art. 116, 2° co., cod. proc. civ., non è censurabile in sede di legittimità, né per violazione di legge, né per vizio di motivazione, trattandosi di un potere discrezionale attinente alla valutazione di una prova atipica o innominata (cfr. Cass. 22.11.2012, n. 20673) .
11. Con il secondo motivo la ricor rente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. la violazione e/o la falsa applicazione de ll’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 111 Cost.
Deduce che il Tribunale di Siracusa ha omesso di pronunciarsi e di motivare in ordine all’ammissibilità ed alla rilevanza delle formulate e denegate istanze istruttorie, ‘attraverso le quali si sarebbe potuto acquisire il quadro completo dei pagamenti ricevuti da Sim’ (così ricorso, pag. 27) , ovvero ha omesso di pronunciarsi e di motivare in ordine alla richiesta di c.t.u., in ordine all ‘articolata
prova per testimoni ed in ordine all’istanza di esibizione delle scritture contabili della fallita (cfr. ricorso, pagg. 26 – 28) .
Deduce quindi che il tribunale non le ha consentito di assolvere l’onere della prova su di essa gravante.
Il secondo motivo di ricorso parimenti è inammissibile.
E al l’uopo sono sufficienti i rilievi che seguono.
In primo luogo, la consulenza tecnica d ‘ ufficio è mezzo istruttorio diverso dalla prova vera e propria, sottratto alla disponibilità delle parti e affidato al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell ‘ ausiliario e potendo la motivazione dell ‘ eventuale diniego del giudice di ammissione del mezzo essere anche implicitamente desumibile -è il caso de quo – dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato (cfr. Cass. (ord.) 13.1.2020, n. 326; Cass. 5.7.2007, n. 15219) .
In secondo luogo, il provvedimento di cui all’art. 210 cod. proc. civ. è espressione di una facoltà discrezionale rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, che non è tenuto ad indicare le ragioni per le quali ritiene di avvalersi, o no, del relativo potere, il cui mancato esercizio non può, quindi, formare oggetto di ricorso per cassazione, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione (cfr. Cass. 29.10.2010, n. 22196; Cass. sez. lav. 25.10.2013, n. 24188; Cass. (ord.) 3.11.2021, n. 31251) .
E tanto, ben vero, a prescindere dal rilievo ulteriore per cui al curatore fallimentare, che agisca non in via di successione in un rapporto precedentemente facente capo al fallito ma nella sua funzione di gestione del patrimonio di costui, non è opponibile l ‘ efficacia probatoria tra imprenditori, di
cui agli artt. 2709 e 2710 cod. civ., delle scritture contabili regolarmente tenute, senza che tale inopponibilità, in sede di accertamento del passivo, resti preclusa ove non eccepita, trattandosi di eccezione in senso lato – e, dunque, rilevabile d ‘ ufficio in caso di inerzia del curatore – poiché non si riconnette ad una azione necessaria dell ‘ organo, ma al regime dell ‘ accertamento del passivo in sé, nel cui ambito il curatore, quale rappresentante della massa dei creditori, si pone in posizione di terzietà rispetto all ‘ imprenditore fallito (cfr. Cass. (ord.) 4.12.2020, n. 27902; Cass. 7.7.2015, n. 14054) .
15. In terzo luogo, il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova per testimoni o di altra prova può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui esso investa un punto (o meglio un fatto) decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa o non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi risulti priva di fondamento (cfr. Cass. (ord.) 17.6.2019, n. 16214; Cass. (ord.) 7.3.2017, n. 5654) .
Ebbene, la surriferita idoneità è da escludere in ordine alla prova per testimoni articolata dall’opponente, qui ricorrente .
Invero, il tribunale -lo si è premesso -ha attribuito valenza pregnante ai riscontri documentali dei pagamenti eseguiti dalla opponente, ossia alle copie dei bonifici allegati con il documento n. 15.
Ulteriormente ha specificato che non potevano costituire prova del pagamento del corrispettivo né gli ordini di acquisto (‘purchase orders’) sottoscritti dalle parti né i certificati di esecuzione dei lavori, siccome non
accompagnati dalla contabile del bonifico attestante il pagamento o da altro atto di quietanza (cfr. decreto impugnato, pag. 6) .
In questi termini il tribunale seppur indirettamente ha dato ragione della mancata ammissione della prova per testimoni (riprodotta in ricorso alle pagg. 26 -27) e, segnatamente, dei capitoli n. 11, n. 13 e n. 15, ove è riferimento alla corresponsione dei bonus (per complessivi euro 2.050.000,00) da parte della ricorrente alla ‘SIM’.
Ben vero, il giudice a quo ha espressamente tenuto conto dell’importo dei bonus (euro 2.050.000,00) , allorché ha chiarito -lo si è anticipato – che la somma (euro 3.911.694,00) dei bonus e dei presunti danni (euro 1.861.694,00) , al netto del quantum percepito con l’escussione delle fideiussioni, lasciava residuare a favore dell’opponente il credito di euro 1.948.905,00 (compensato dal controcredito) .
Cosicché -e pur a prescindere dall’insegnamento per cui la motivazione del rigetto di un ‘ istanza di mezzi istruttori non deve necessariamente essere espressa, potendo la stessa ‘ ratio decidendi ‘ , che ha risolto il merito della lite, valere da implicita esclusione della rilevanza del mezzo dedotto (cfr. Cass. sez. lav. 2.4.2004, n. 6570; Cass. 16.6.1990, n. 6078) – non esplica valenza nella specie l’insegnamento secondo cui il provvedimento giurisdizionale che dapprima non esamini le prove richieste dalla parte, né per accoglierle né per rigettarle, e poi rigetti la domanda ritenendola indimostrata, vìola il minimo costituzionale richiesto per la motivazione (cfr. Cass. 20.4.2017, n. 9952) .
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione o la falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ.
Deduce che ha errato il Tri bunale di Siracusa a rigettare l’opposizione e conseguentemente a condannarla alle spese di lite (cfr. ricorso, pag. 29) .
L’inammissibilità del primo e del secondo motivo di ricorso dà conto ex se della reiezione dell’opposizione e dell a condanna alle spese del giudizio di opposizione e giustifica ex se la reiezione del terzo motivo.
In dipendenza della declaratoria di inammissibilità del ricorso la ricorrente va condannata a rimborsare al controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugn azione ai sensi dell’art. 13, 1 ° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente, ‘RAGIONE_SOCIALE , a rimborsare al controricorrente, curatore del fallimento della RAGIONE_SOCIALE le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 12.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge;
ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un
ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte