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Onere della prova fallimento: chi deve dimostrarlo?

Una società dichiarata fallita ricorre in Cassazione sostenendo di non superare le soglie di debito. La Corte dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo che l’onere della prova nel fallimento, per dimostrare la non fallibilità, grava sul debitore. La mancata presentazione di bilanci o altre prove contabili è decisiva, soprattutto quando la decisione impugnata si fonda su più motivazioni autonome e il ricorrente ne contesta solo una.

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Onere della prova fallimento: chi deve dimostrarlo?

L’onere della prova fallimento è un principio cardine nelle procedure concorsuali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un concetto fondamentale: spetta all’imprenditore dimostrare di non possedere i requisiti per essere dichiarato fallito. In assenza di tale prova, anche se vengono contestati i debiti che hanno innescato la procedura, la dichiarazione di fallimento può essere confermata. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso: La Dichiarazione di Fallimento

Una società a responsabilità limitata veniva dichiarata fallita dal Tribunale di Verona su istanza di un creditore. La società presentava reclamo alla Corte d’Appello di Venezia, sostenendo di non possedere i requisiti dimensionali e di indebitamento previsti dalla legge fallimentare. In particolare, contestava la rilevanza di alcuni debiti erariali e contributivi, asserendo che non fossero mai stati notificati e che, in parte, fossero prescritti. Inoltre, giustificava la mancata presentazione dei bilanci con la cessazione di ogni attività aziendale avvenuta alcuni anni prima.

La Decisione della Corte d’Appello: Una Duplice Motivazione

La Corte d’Appello rigettava il reclamo basando la sua decisione su una duplice e autonoma ratio decidendi:

1. Superamento della soglia di indebitamento: I giudici di secondo grado ritenevano che, alla luce della documentazione prodotta dalla curatela (avvisi e cartelle di pagamento), l’indebitamento complessivo della società superasse la soglia minima prevista dalla legge per la fallibilità.
2. Mancato assolvimento dell’onere della prova: La Corte sottolineava come l’onere della prova fallimento, ossia la dimostrazione di non possedere i requisiti dimensionali previsti dalla legge, gravasse interamente sulla società reclamante. Quest’ultima, non avendo depositato bilanci, libri contabili o altra documentazione idonea, non aveva adempiuto a tale onere.

Il Ricorso in Cassazione e la questione dell’onere della prova nel fallimento

La società proponeva ricorso per cassazione, concentrando le proprie difese quasi esclusivamente sul secondo punto. Sosteneva che la Corte d’Appello non avesse considerato che la mancata presentazione dei bilanci fosse una conseguenza diretta della totale cessazione dell’attività d’impresa. Questo, secondo la ricorrente, avrebbe dovuto giustificare l’omissione.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione è di natura squisitamente processuale ma con importanti implicazioni sostanziali. I giudici hanno spiegato che quando una decisione di merito si fonda su più ragioni autonome, ciascuna delle quali è sufficiente a sorreggerla, il ricorrente ha l’onere di impugnarle tutte con successo.

Nel caso di specie, la società aveva criticato la seconda ratio decidendi (mancato assolvimento dell’onere della prova), ma il suo argomento era stato ritenuto irrilevante. Anche se, in ipotesi, le sue critiche fossero state fondate, la prima motivazione della Corte d’Appello (quella relativa all’effettivo superamento della soglia di indebitamento) sarebbe rimasta in piedi, e da sola sarebbe stata sufficiente a giustificare il rigetto del reclamo. Di conseguenza, il ricorso è risultato inammissibile per difetto di interesse, poiché il suo eventuale accoglimento non avrebbe comunque potuto portare alla cassazione della sentenza impugnata. La Corte ha ribadito che il debitore può fornire la prova della non fallibilità non solo con i bilanci, ma anche con qualsiasi altro documento contabile o di altra natura.

Conclusioni

La decisione in esame offre una lezione cruciale per ogni imprenditore: di fronte a un’istanza di fallimento, la passività è la strategia peggiore. L’onere della prova fallimento impone un ruolo attivo al debitore, che deve fornire al giudice tutti gli elementi necessari a dimostrare di essere al di sotto delle soglie di legge. La cessazione dell’attività non costituisce una scusante valida per non produrre la documentazione richiesta. Questa ordinanza rafforza il principio secondo cui la trasparenza contabile e la cooperazione con gli organi giudiziari sono essenziali per tutelare la propria posizione in una procedura prefallimentare.

A chi spetta l’onere di provare la sussistenza dei requisiti per non essere dichiarati falliti?
Secondo la costante giurisprudenza, confermata da questa ordinanza, l’onere della prova di non possedere i requisiti dimensionali e di indebitamento previsti dalla legge fallimentare grava sul debitore che intende essere esentato dal fallimento. Egli deve dimostrare attivamente la sua condizione, ad esempio depositando bilanci, scritture contabili o altra documentazione idonea.

Cosa succede se una sentenza di appello è basata su due diverse motivazioni e se ne contesta solo una?
Se una decisione si fonda su più ragioni giuridiche (rationes decidendi), ciascuna delle quali è di per sé sufficiente a giustificarla, il ricorso in Cassazione è inammissibile se non vengono censurate con successo tutte le ragioni. Se anche una sola motivazione rimane valida, la sentenza impugnata non può essere annullata.

La cessazione dell’attività aziendale è una valida giustificazione per non depositare i bilanci nel procedimento prefallimentare?
No. La Corte ha chiarito che la cessazione dell’attività non esonera il debitore dal suo onere probatorio. L’imprenditore deve comunque fornire la prova della non fallibilità avvalendosi di tutti gli strumenti a sua disposizione, come le scritture contabili dell’impresa o altri documenti, anche formati da terzi, che possano rappresentare la situazione economica e patrimoniale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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