Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2016 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 2016 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 28/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 16925 – 2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione -c.f. P_IVA – in persona del liquidatore, legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Umbertide, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che ha indicato il proprio indirizzo p.e.c. e che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato al ricorso.
RICORRENTE
contro
RAGIONE_SOCIALE -p.i.v.a. P_IVA -in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Casamassima, al INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che ha indicato il proprio indirizzo p.e.c. e che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato al controricorso.
CONTRORICORRENTE
CURATORE del fallimento della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione , in persona dell ‘ avvocato NOME COGNOME.
INTIMATO
avverso la sentenza n. 4913 -5.5/7.7.2023 Corte d’Appello di Roma, udita la relazione nella camera di consiglio del 15 gennaio 2025 del consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con ricorso ex art. 6 l.fall. al Tribunale di Civitavecchia depositato in data 12.4.2022 la ‘ RAGIONE_SOCIALE deduceva di esser creditrice della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione per l’importo di euro 52.693,04 e chiedeva dichiararsene il fallimento.
RAGIONE_SOCIALE non si costituiva.
Con sentenza n. 17/2022 il Tribunale di Civitavecchia dichiarava il fallimento de lla RAGIONE_SOCIALE in liquidazione.
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione proponeva reclamo.
Instava per la revoca della dichiarazione di fallimento.
Non si costituivano né la creditrice istante, RAGIONE_SOCIALE né il curatore del fallimento.
Con sentenza n. 4913/2023 la Corte di Roma rigettava il reclamo e condannava la reclamante alle spese della fase di reclamo.
Premetteva, la Corte di Roma, che la reclamante aveva addotto che i bilanci degli ultimi tre esercizi prodotti -benché non depositati presso il registro delle imprese -valevano a dar riscontro del mancato superamento delle soglie di fallibilità di cui al 2° co. dell’art. 1 l.fall.
Indi -la corte – evidenziava che gli ultimi bilanci, in ordine cronologico, per i quali la reclamante aveva atteso al deposito, risalivano al 2017 e che l’ulteriore
documentazione contabile allegata -a parte le dichiarazioni dei lavoratori in ordine al saldo delle loro spettanze era ‘di formazione e provenienza esclusiva della società ‘ (così sentenza impugnata, pag. 4) .
Evidenziava, dunque, che, in questo quadro, una ben precisa circostanza induceva a reputare inattendibili e la rappresentazione contabile e la quantificazione, in euro 40 .000,00, dell’esposizione debitoria operate dalla reclamante (cfr. sentenza impugnata, pag. 4) , ossia la circostanza per cui la relazione ex art. 33 l.fall. del curatore dava conto di un progetto di stato passivo ove figuravano debiti in chirografo per euro 59.982,50 e debiti in privilegio per euro 181.478,23 (cfr. sentenza impugnata, pag. 5) .
Concludeva – la corte – che l’inattendibilità , per come riscontrata, dei dati contabili rendeva, per un verso, irrilevante che l’esposizione debitoria fosse inferiore alla soglia di legge e dava ragione, per altro verso, del mancato assolvimento dell’onere probatorio gravante sulla reclamante (cfr. sentenza impugnata, pag. 5) .
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la ‘RAGIONE_SOCIALE in liquidazione; ne ha chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.
La RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore con distrazione – delle spese.
Il curatore del fallimento della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione non ha svolto difese.
La ricorrente ha depositato memoria.
Del pari ha depositato memoria la controricorrente.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, 2° co., 15, 4° co., e 18, 10 co., l.fall. nonché degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.
Deduce che la Corte di Roma ha, da un canto, inspiegabilmente assunto che aveva addotto che l’ammontare della sua esposizione debitoria fosse pari ad euro 40.000,00 (cfr. ricorso, pag. 8) ; ha, d’altro canto, confutato le risultanze della documentazione contabile allegata al reclamo in maniera del tutto immotivata, alla luce del mero dato desunto dalla relazione ex art. 33 l.fall., concernente le risultanze del progetto di stato passivo (cfr. ricorso, pag. 9) .
Deduce altresì che la Corte romana non ha tenuto conto della documentazione proveniente da soggetti terzi , che viceversa dà ragione dell’assenza d ei requisiti di fallibilità di cui all’art. 1, 2° co., l.fall. (cfr. ricorso, pag. 9) .
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame circa fatto decisivo.
Deduce che la Corte di Roma: a) ha omesso la valutazione di una serie di circostanze, allegate e dimostrate, che valgono a dar prova della sussistenza dei requisiti che ostano alla dichiarazione di fallimento (cfr. ricorso, pag. 10) ; b) non ha tenuto conto delle attestazioni delle Agenzie fiscali, da cui si evince che – al dì della dichiarazione di fallimento l’esposizione debitoria nei confronti dell’Erario era pari ad euro 80.000,00, della mancanza a suo carico di protesti, del regolare pagamento del personale alle sue dipendenze, della sostanziale congruenza tra quanto addotto con il reclamo e quanto risultante dalla relazione ex art. 33 l.fall. (cfr. ricorso, pag. 10) ; c) ha errato ove ha trascurato che in ogni caso le risultanze dello stato passivo danno senza dubbio ragione del mancato superamento del limite di cui alla lett. c) del 2° co. dell’art. 1 l.fall. (cfr. ricorso, pag. 11) .
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ.
Deduce che la Corte di R oma l’ha ingiustificatamente condannata alle spese del giudizio di reclamo, benché in sede di reclamo le controparti non si fossero costituite (cfr. ricorso, pag. 11) .
Il primo motivo ed il secondo motivo di ricorso sono senza dubbio connessi, siccome e l’uno e l’altro mezzo di impugnazione afferiscono al riscontro del superamento, nella specie, delle soglie di fallibilità di cui al 2° co. dell’art. 1 l.fall.; in ogni caso, ambedue i mezzi sono destituiti di fondamento e da respingere.
In particolare – nel solco dell’insegnamento per cui l’ onere della prova del mancato superamento dei limiti di fallibilità previsti dall ‘ art. 1, 2° co., l.fall. grava sul debitore, atteso che la menzionata disposizione pone come regola generale l ‘ assoggettamento a fallimento degli imprenditori commerciali e come eccezione il mancato raggiungimento dei ricordati presupposti dimensionali (cfr. Cass. 15.1.2016, n. 625, ove si soggiunge che non osta a tale conclusione la natura officiosa del procedimento prefallimentare, che impone al tribunale unicamente di attingere elementi di giudizio dagli atti e dagli elementi acquisiti, anche indipendentemente da una specifica allegazione della parte, senza che, peraltro, il giudice debba trasformarsi in autonomo organo di ricerca della prova, tanto meno quando l ‘ imprenditore non si sia costituito in giudizio e non abbia, quindi, depositato i bilanci dell ‘ ultimo triennio, rilevanti ai fini in esame) -la ricorrente censura, in fondo, la valutazione che in termini di inattendibilità la Corte di Roma ha operato in ordine alla documentazione contabile che la stessa ‘RAGIONE_SOCIALE‘ resasi inadempiente a decorrere dall’esercizio 2017 all’onere del deposito dei bilanci presso il competente ufficio del registro delle
imprese – aveva allegato al reclamo , onde dar dimostrazione dell’insussistenza dei requisiti dimensionali necessari ai fini della declaratoria di fallimento.
Del resto, questa Corte spiega, ai fini della prova della sussistenza dei requisiti di non fallibilità di cui all ‘ art. 1, 2° co., l.fall., che i bilanci degli ultimi tre esercizi che l ‘ imprenditore è tenuto a depositare ai sensi dell ‘ art. 15, 4° co., l.fall., benché costituiscano strumento di prova privilegiato dell ‘ allegazione della non fallibilità, in quanto idonei a chiarire la situazione patrimoniale e finanziaria dell ‘ impresa, non assurgono, tuttavia, a prova legale, essendo soggetti alla valutazione, da parte -evidentemente – del giudice del merito secondo il suo prudente apprezzamento ex art. 116 cod. proc. civ., dell ‘ attendibilità dei dati contabili in essi contenuti, sicché, se reputati motivatamente inattendibili, l ‘ imprenditore rimane onerato della prova della sussistenza dei requisiti della non fallibilità (cfr. Cass. (ord.) 23.11.2018, n. 30516) .
In quest ‘ottica non può che postularsi quanto segue.
13.1. Per un verso, la valutazione cui, in parte qua , la Corte di Roma ha attes o, è ineccepibile ‘in diritto’, congrua ed esaustiva ‘in fatto’, ossia, a tal ultimo riguardo, immune da qualsiasi forma di ‘ anomalia motivazionale ‘ rilevante alla luce dell’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte n. 8053 del 7.4.2014.
In particolare, con riferimento alla possibile ‘anomalia’ della motivazione ‘apparente’ (che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico/giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito: cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672) , la Corte capitolina ha – lo si è anticipato – compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo.
Ben vero, va debitamente rimarcato che il riferimento nella scansione motivazionale dell’impugnato dictum alle risultanze dello stato passivo, segnatamente al quantum dei crediti ammessi al passivo, benché di ammontare inferiore alla soglia di cui alla lett. c ) del 2° co. dell’art. 1 l.fall., vale propriamente a dar ragione dell’inattendibilità della documentazione contabile allegata dalla reclamante.
13.2. Per altro verso, la ricorrente si duole per l’asserita omessa ed erronea valutazione delle risultanze istruttorie-documentali.
E tuttavia, in tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un ‘ alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme (cfr. Cass. (ord.) 23.4.2024, n. 10927. Cfr. altresì Cass. (ord.) 7.12.2017, n. 29404, secondo cui con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità) .
E tuttavia l ‘omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque -è il caso di specie – preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. (ord.) 29.10.2018, n 27415).
E tuttavia il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ., né in quello del precedente n. 4, disposizione che per il tramite dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ. – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153; Cass. (ord.) 19.7.2021, n. 20553) .
Il terzo motivo è fondato e meritevole di accoglimento.
È sufficiente, da un canto, il rilievo per cui in sede di reclamo la ‘ RAGIONE_SOCIALE ed il curatore del fallimento della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione non si sono costituiti.
Inoltre , d’altro canto, opera qui il riferimento all’insegnamento di questa Corte a tenor del quale la condanna alle spese processuali, a norma dell ‘ art. 91 cod. proc. civ., ha il suo fondamento nell ‘ esigenza di evitare una diminuzione patrimoniale alla parte che ha dovuto svolgere un ‘ attività processuale per ottenere il riconoscimento e l ‘ attuazione di un suo diritto; sicché essa non può essere pronunziata in favore del contumace vittorioso, poiché questi, non avendo espletato alcuna attività processuale, non ha sopportato spese al cui rimborso abbia diritto (cfr. Cass. (ord.) 19.6.2018, n. 16174) .
In accoglimento e nei limiti dell’accoglimento del terzo motivo di ricorso la sentenza n. 4913 -5.5/7.7.2023 della Corte d’Appello di Roma va cassata.
Nulla osta, giacché non si prospetta la necessità di ulteriori accertamenti di fatto, a che la causa, ai sensi dell’art. 384, 2° co., ultima parte, cod. proc. civ., sia decisa nel merito e, quindi, si dichiarino non dovute le spese del giudizio di reclamo.
In dipendenza del parziale accoglimento del ricorso si giustifica la compensazione nella misura della metà delle spese del presente giudizio di legittimità nel rapporto tra la ricorrente e la controricorrente ‘RAGIONE_SOCIALE; la residua me tà va posta a carico della ricorrente e si liquida come da dispositivo in favore del difensore della controricorrente ‘RAGIONE_SOCIALE, il quale ha dichiarato di aver anticipato le spese e di non aver riscosso gli onorari.
Nonostante il parziale accoglimento del ricorso si giustifica la declaratoria di integrale irripetibilità delle spese, sì da lasciarle a carico della ricorrente, nel rapporto processuale tra la stessa ricorrente ed il curatore fallimentare.
In dipendenza del parziale buon esito del ricorso non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte così provvede: accoglie il terzo motivo di ricorso;
cassa – in relazione e nei soli limiti del l’accoglimento del terzo motivo di ricorso -la sentenza n. 4913 -5.5/7.7.2023 della Corte d’Appello di Roma e, decidendo nel merito, dichiara non dovute le spese del giudizio di reclamo;
rigetta il primo motivo ed il secondo motivo di ricorso;
compensa nel rapporto processuale tra la ricorrente e la ‘RAGIONE_SOCIALE le spese del presente giudizio di legittimità nella misura della metà; c ondanna la s.r.l. ricorrente a rimborsare all’avvocato NOME COGNOME difensore anticipatario della controricorrente ‘RAGIONE_SOCIALE , la residua metà, che si liquida – già considerata la predetta compensazione – in definitivi euro 4.100,00, di cui euro 100,00 per
esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge;
dichiara integralmente irripetibili le spese del presente giudizio di legittimità nel rapporto processuale tra la ricorrente ed il curatore fallimentare.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte