Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11498 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 11498 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18251/2021 R.G. proposto da :
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in MILANO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME che l a rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME
-controricorrente-
nonchè contro
COGNOME NOME;
-intimata-
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 1023/2021 depositata il 12/04/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/02/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., del giugno 2015, RAGIONE_SOCIALE ha convenuto in giudizio i signori NOME COGNOME e sua moglie, NOME COGNOME dinanzi al Tribunale di Venezia, chiedendo di dichiarare inefficace l’atto di costituzione del fondo patrimoniale stipulato tra i convenuti il 17 giugno 2013.
L’atto, avente ad oggetto immobili siti in Venezia, sarebbe stato posto in essere in frode ai creditori, con lo scopo di sottrarre i beni alle garanzie patrimoniali, in violazione dell’art. 2901 c.c.. Per questo motivo, la ricorrente ha chiesto al Tribunale di accertare i presupposti per l’azione revocatoria e dichiarare l’atto inefficace nei suoi confronti.
Con sentenza n. 143/2018, il Tribunale di Venezia ha accertato la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 2901 c.c. e ha dichiarato l’inefficacia dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale, stipulato tra NOME COGNOME e NOME COGNOME il 17 giugno 2013. In particolare, la sentenza ha stabilito che l’inefficacia riguarda la quota del 50% dell’immobile conferita da NOME COGNOME, riconoscendo che tale atto ha pregiudicato i diritti dei creditori.
Con sentenza n. 1023/2021 la Corte d’Appello di Venezia ha rigettato l’appello e per l’effetto confermato l’impugnata sentenza 3. Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito NOME COGNOME propone ora ricorso per cassazione, affidato a 5 motivi. Resiste con Controricorso RAGIONE_SOCIALE Tutte le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo, parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.
Sostiene che la Corte d’appello sarebbe incorsa in un duplice errore di diritto, consistito nell’aver ritenuto: da un lato, provati, in capo al signor NOME COGNOME (firmatario della procura alle liti), i poteri rappresentativi della NOME sulla base di una visura, prodotta in inglese e anche in spagnolo, da detta società (cfr. docc. 8-9, ricorso), quando invece dalla traduzione asseverata (spagnoloitaliano), emergeva che se alla voce ‘director’ era attribuito il significato di ‘amministratore’, ‘alla voce «che esercita la rappresentanza legale» vi era la chiara indicazione «nessuna registrazione», così ‘attestando che non era stato registrato alcun soggetto cui potesse essere attribuita la rappresentanza legale della società’ (cfr. pp. 8 -9 e 12, ricorso); dall’altro lato che, attese le suddette affermazioni contenute nella traduzione della visura, mancando quindi la prova diretta, l’onere della prova contraria comunque non gravava sul signor COGNOME
4.2. Con il secondo motivo, il signor COGNOME censura la sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e 25, legge n. 218/1995 e, con riferimento alla legge panamense, degli artt. 49 e 65, Lev 32/1927, Codigo Comercial (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.).
Ancora in merito all’eccepita carenza di poteri di rappresentanza del signor NOME COGNOME afferma che la Corte d’appello avrebbe erroneamente applicato la legge panamense, avendo sostenuto che la rappresentanza di una società anonima panamense, come la Hosur, spetta ad ‘almeno un presidente, un segretario e un tesoriere’ (cfr. p. 5, nota 1, sentenza impugnata n. 1023/2021). Quando invece, in base al citato art. 49, detta rappresentanza spetterebbe ‘al Consiglio di amministrazione, non ai singoli amministratori’ (Directores) o ai funzionari (Dignatarios -Presidente, Secretario, Tesorero) (cfr. pp. 17 e 18 ricorso).
4.3. Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia un’ulteriore violazione e falsa applicazione di legge, ancora, degli artt. 14 e 25, legge n. 218/1995, nonché degli artt. 2, 49 e 65, Lev. 32/1927, Codigo comercial , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
La Corte territoriale non avrebbe fatto corretta applicazione della normativa panamense anche sotto un ulteriore aspetto. Ribadito, infatti, che detta legge ‘non attribuisce al Presidente o al singolo amministratore alcun potere rappresentativo, rinviando allo statuto o all’atto di nomina dei funzionari la determinazione dei loro poteri’, afferma che ‘non essendovi agli atti del giudizio né lo statuto della Hosur, né l’atto di nomina del sig. COGNOME non è possibile affermare la sua legittimazione alla sottoscrizione della procura ad agire’ (cfr. p. 20, ricorso).
4.4. Con il quarto motivo, il signor COGNOME prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. con riferimento alla mancata produzione dell’atto notarile oggetto di revocatoria (art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.).
In particolare, afferma che, anche a voler considerare la società come terzo rispetto all’atto di costituzione del fondo patrimoniale, come statuito dal Tribunale, comunque non sarebbe un ‘elemento tale da giustificare la mancanza nel presente giudizio del documento integrale necessario invece per la dichiarazione di
inefficacia’, essendo assolutamente indispensabile ai fini del decidere e non sufficiente, come ritenuto dai giudici di merito, la sola ispezione ipotecaria del 4.5.2015, depositata da Hosur come doc. 6 (cfr. doc. 11, ricorso). Inoltre, la Corte avrebbe attribuito valore probatorio condizionato alla nota di trascrizione in atti (cfr. doc. 6 Hosur), senza averne potuto verificare la corrispondenza al contenuto dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale, perché per l’appunto non prodotto.
4.5. Con il quinto motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 183 c.p.c., nonché dell’art. 2901 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
L’erroneità della statuizione di infondatezza del motivo di appello relativo alla modifica del petitum -stante la novità della domanda di inefficacia del fondo patrimoniale, avanzata dalla Hosur con la prima memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c. -deriverebbe dall’aver ritenuto che il ricorso ex art. 702bis c.p.c. conterrebbe un riferimento ‘alla declaratoria di inefficacia’ dell’atto di costituzione del fondo, circostanza che invece non sarebbe veritiera.
I primi tre motivi di ricorso, che possono essere trattati insieme, perché logicamente e giuridicamente connessi riguardando tutti la nullità della procura alle liti del ricorso introduttivo e dell’atto di appello per carenza dei poteri rappresentativi in capo al signor COGNOME non conducono alla cassazione della sentenza impugnata, perché inammissibili sotto più profili e, comunque, infondati.
In termini di inquadramento generale, considerate le specifiche censure del ricorrente, va preliminarmente osservato che, nelle controversie in cui è applicabile l’art. 14, legge n. 218/1995 come quella di specie -l’obbligo del giudice di ricercare d’ufficio le fonti del diritto si estende alle norme degli ordinamenti stranieri, per la cui individuazione, stante peraltro la previsione dell’art. 16 delle preleggi, può avvalersi degli ‘strumenti indicati nelle convenzioni
internazionali e delle informazioni acquisite tramite il Ministero della giustizia, anche di quelle assunte mediante esperti o istituzioni specializzate, potendo ricorrere, onde garantire effettività al diritto straniero applicabile, a qualsiasi mezzo, anche informale, valorizzando il ruolo attivo delle parti come strumento utile all’acquisizione della normativa volta a disciplinare il caso concreto’ (cfr. Cass. civ. Sez. I, Ord., 8 gennaio 2024, n. 511; Cass. civ., Sez. III, 9 novembre 2022, n. 32918; Cass. civ., Sez. I, 5 maggio 2022, n. 14209; Cass. civ., Sez. II, 29 dicembre 2016, n. 27365).
A mente del citato art. 14, legge n. 218/1995, infatti, ‘l’accertamento della legge straniera è compiuto d’ufficio dal giudice’, a cui spetta procedere alla ricostruzione del sistema giuridico straniero e individuare, se necessario, la soluzione giuridica sugli eventuali conflitti di applicazione normativa, facendo uso delle norme di diritto internazionale privato.
Nel caso di specie, la Corte veneziana ha esercitato correttamente detta funzione ermeneutica, ricorrendo anche a mezzi di carattere informale, per cui le doglianze del ricorrente svolte nel secondo motivo, in ordine alla mancata indicazione della ‘fonte dalla quale ha estratto le proprie conoscenze in ordine al diritto panamense’ (cfr. pp. 13 e 14, ricorso), non colgono nel segno e si appalesano infondate.
Ciò detto, con riferimento al primo e secondo motivo di ricorso, se ne rileva l’inammissibilità, per mancato rispetto dei requisiti di contenutoforma previsti dall’art 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6. Da una lettura complessiva della Ley n. 32/1927 (‘RAGIONE_SOCIALE‘) e, più in generale, della legge della Repubblica panamense, risulta che: (i) gli organi delle società anonime sono tre, gli azionisti (c.d. ‘accionistas’, artt. 40 -48), il Consiglio di amministrazione (c.d. ‘Junta directiva’, artt. 49 -64) e i dignitari (c.d. ‘Dignitarios’, artt. 65 -67); (ii) a ciascuno di loro,
sono riservati specifici poteri e facoltà, salvo che il patto sociale o lo Statuto non dispongano diversamente.
In tale quadro normativo, se è vero, come rilevato dal ricorrente, che gli artt. 49 e ss. riconoscono al Consiglio di amministrazione il potere di dirigere gli affari della Società, è però altrettanto vero che la Corte territoriale, all’esito di una lettura complessiva, non solo delle fonti normative (cfr. p. 5, sentenza impugnata n. 1023/2021), ma anche degli atti e documenti di causa in atti (tra cui, la nota di trascrizione dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale), come già il primo giudice, ha evidenziato che, dalla certificazione del registro pubblico delle società della Repubblica di Panama, depositata con traduzione asseverata, risultava una ‘equipollenza’ del ruolo dell’amministratore con la definizione di ‘director’ e l’assunzione della rappresentanza della Società in capo al presidente, indicato nella persona del signor COGNOME
Così agendo, i giudici di seconde cure hanno compiutamente svolto l’attività a loro demandata, in via esclusiva, di valutare le prove raccolte e, sulla scorta di esse, ricostruire la vicenda fattuale sottoposta al loro esame.
Del resto, sul punto, il ricorso de quo non è autosufficiente, dal momento che non consente, a questo collegio, di avere un controllo diretto dei documenti di causa, primo fra tutti della ridetta visura societaria. Quando invece è pacifico, nella giurisprudenza di questa Corte, il principio secondo cui ‘in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora
senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (così, tra le molte, da ultimo, Cass. civ., Sez. I, Ord., 28 gennaio 2025, n. 2040; Cass. civ., Sez. I, Ord., 25 novembre 2024, n. 30239; Cass. civ., Sez. I, Ord., 12 novembre 2024, n. 29085; Cass. civ., Sez. III, Ord., 5 novembre 2024, n. 28450; Cass. civ., Sez. V, Ord., 18 ottobre 2024, n. 27086).
Questo perché, secondo altrettanto pacifico orientamento di legittimità, i suddetti requisiti di forma-contenuto devono essere necessariamente assolti con il ricorso e non possono esser ricavati da altri atti (come ad esempio la sentenza impugnata o il controricorso), poiché è specifico onere del ricorrente spiegare la critica mossa alla sentenza impugnata, ‘indicando precisamente i fatti processuali alla base del vizio denunciato, producendo in giudizio l’atto o il documento della cui erronea valutazione si duole, o indicando esattamente nel ricorso in quale fascicolo esso si trovi, in quale fase processuale sia stato depositato, e trascrivendone o riassumendone il contenuto, nel ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza’ (cfr. Cass. civ., Sez. V, 28 novembre 2024, n. 30662; Cass. civ., Sez. I, Ord., 30 agosto 2024, n. 23396; Cass. civ., Sez. I, Ord., 12 febbraio 2024, n. 3879).
Nella fattispecie, il signor COGNOME non ha riportato debitamente nel ricorso i documenti del giudizio posti a base delle doglianze mosse alla sentenza impugnata, primo fra tutti, come detto, la visura della società anonima panamense, limitandosi ad enfatizzarne alcuni stralci, nel tentativo di avvalorare una tesi a lui certamente più favorevole rispetto alla decisione impugnata.
Sotto tale aspetto, invero, la lettura dei primi tre motivi di ricorso, per come concretamente formulati e argomentati, disvela la volontà di parte ricorrente di ottenere, dietro il denunciato vizio di violazione e falsa applicazione di legge e attraverso una non consentita critica all’esercizio da parte del giudice del merito (ed in
maniera conforme nei due gradi) della valutazione delle risultanze probatorie, una rivisitazione di quanto deciso nel merito dalla Corte territoriale, compiendo in questa sede un nuovo giudizio di merito. Il che, come noto, è inammissibile, perché il ricorso per cassazione non rappresenta uno strumento per accedere ad un terzo grado di giudizio nel quale far valere la supposta ingiustizia della sentenza impugnata, ridiscutendo gli esiti istruttori ivi espressi, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (cfr. da ultimo, ex permultis , Cass. civ., Sez. I, Ord., 24 settembre 2024, n. 25495; Cass. civ., Sez. I, Ord., 22 aprile 2024, n. 10712; Cass. civ., Sez. I, 9 aprile 2024, n. 9429; Cass. civ., Sez. I, Ord., 8 marzo 2024, n. 6257; Cass. civ., Sez. I, Ord., 26 febbraio 2024, n. 5043; Cass. civ., Sez. I, Ord., 20 febbraio 2024, n. 4582; principio affermato da Cass. civ., SS.UU., 27 dicembre 2019, n. 34476).
La Corte territoriale ha compiuto una disamina complessiva della vicenda fattuale -rispettosa del ‘minimo costituzionale’ e, come tale, insindacabile in sede di legittimità -anche rispetto al potere del signor COGNOME di rappresentanza della Hosur, risultante dalla visura prodotta.
Anche perché, in atti, non vi sono documenti che dimostrino il contrario, men che meno lo Statuto della società, mai entrato nel giudizio.
A questo proposito, vanno poste in rilievo, sebbene sotto altro profilo, le questioni relative alla violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., prospettate nel primo e terzo motivo di ricorso.
Deve sottolinearsi che la violazione del precetto di cui al suddetto articolo, secondo la unanime giurisprudenza di legittimità, è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui ‘il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni’ (cfr. Cass. civ.,
Sez. lav., Ord., 30 gennaio 2025, n. 2155; Cass. civ., Sez. III, Ord., 19 gennaio 2025, n. 1260; Cass. civ., Sez. I, Ord., 8 gennaio 2025, n. 386; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 31 dicembre 2024, n. 35139; Cass. civ., Sez. III, Ord., 22 dicembre 2024, n. 33936; Cass. civ. Sez. III, Ord., 16 dicembre 2024, n. 32846; Cass. civ., Sez. III, Ord., 6 novembre 2024, n. 28586). Evenienza questa che non ricorre nel caso di specie, dal momento che, con specifico riferimento al primo e terzo motivo di ricorso, a fronte della visura societaria, anche asseverata, depositata dalla Hosur (cfr. doc. 6), la sua efficacia probatoria poteva essere superata dalla prova contraria -e ciò anche attraverso presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti -che doveva essere certamente offerta dal signor COGNOME avendo dedotto una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla predetta visura, secondo la valutazione del giudice di merito. Prova che, invece, non ha fornito e ciò, malgrado, nella sua prospettazione, lo statuto societario aveva carattere decisivo allo statuto societario ai fini della risoluzione della controversia.
D’altra parte, ancora sotto tale profilo, non può sottacersi come rientri nei poteri esclusivi del giudice di merito attribuire un diverso peso a una piuttosto che a un’altra prova e, in tale prospettiva, ‘valutare le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre’ (v. Cass. civ., Sez. lav., Ord., 30 gennaio 2025, n. 2160; Cass. civ., Sez. III, Ord., 19 gennaio 2025, n. 1260; Cass. civ., Sez. II, 24 gennaio 2025, n. 1768; Cass. civ., Sez. II, Ord., 27 dicembre 2024, n. 34633; Cass. civ., Sez. V, Ord., 20 dicembre 2024, n. 33532).
Ma anche ciò, non sarebbe censurabile in sede di ricorso per cassazione.
E, del resto, sul punto, la Corte d’appello ha motivato in modo adeguato, logico e non contraddittorio, il suo convincimento in
ordine al valore probatorio attribuito alla ridetta visura della società panamense (cfr. pp. 5-6, sentenza impugnata n. 1023/2021).
Per tutte le ragioni sopra esposte, i primi motivi di ricorso non possono essere accolti.
5.1. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile.
Rispetto al presente motivo, in cui il ricorrente prospetta ancora la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., vale quanto appena evidenziato in punto di inammissibilità di una simile censura, allorquando, come nel caso in esame, la stessa non denunzi un’erronea attribuzione, da parte del giudice del merito, dell’onere della prova in capo ad una parte diversa da quella che ne era onerata.
Anche qui, infatti, le doglianze di parte ricorrente non riguardano questi aspetti, ma il mancato deposito dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale, oggetto della domanda revocatoria, che non sarebbe ‘sostituibile’, sotto il profilo probatorio, dalla ispezione ipotecaria del 4.5.2015, depositata da Hosur come doc. 6, né dalla nota di trascrizione in atti (cfr. doc. 6 Hosur).
Si tratta, ancora una volta, di doglianze inammissibili, poiché non prospettano un effettivo errore di applicazione, da parte del giudice del merito, di un diverso riparto dell’onere probatorio, bensì del peso che detto giudice ha attribuito a una prova piuttosto che a un’altra, come tale, insindacabile in questa sede.
Per cui, più che una contestazione sulla scorretta ripartizione dell’onere probatorio e quindi di un confronto con la ratio decidendi , trattasi di una valutazione sulla indispensabilità di un documento non ritenuto tale dalla Corte d’appello e quindi di una rivalutazione del merito che, per tutte le ragioni esposte, non è ammissibile in sede di legittimità (cfr. Cass. civ. n. 254952024 cit.; Cass. civ. n. 10712/2024 cit.; Cass. civ. n. 9429/2024 cit.; Cass. civ. n. 6257/2024 cit.; Cass. civ. n. 5043/2024 cit.).
In ogni caso, relativamente al valore assunto dalla nota di trascrizione degli atti pubblici, questo collegio osserva che detta nota, necessaria anche a stabilire se e in quali limiti un determinato atto relativo a beni immobili sia opponibile ai terzi, contiene delle indicazioni che consentono di ‘individuare, senza possibilità di equivoci ed incertezze, gli estremi essenziali del negozio ed i beni ai quali esso si riferisce, senza necessità di esaminare anche il contenuto del titolo che, insieme con la menzionata nota, viene depositato presso la conservatoria dei registri immobiliari’ (cfr. Cass. civ., Sez. II, Ord., 7 novembre 2024, n. 28675; Cass. civ., Sez. II, Ord., 26 aprile 2024, n. 11213; Cass. civ., Sez. II, 29 febbraio 2024, n. 5403; Cass. civ., Sez. II, 31 luglio 2023, n. 23141; Cass. civ., Sez. II, 18 gennaio 2022, n. 1471).
Dunque, l’unica fonte alla quale attingere per verificare la sufficienza della nota di trascrizione, ai fini dell’individuazione degli immobili sui quali essa incide, è proprio la nota, che consente con certezza di identificare i detti cespiti. Temperamento a questo criterio è il caso in cui la nota presenti mere irregolarità; irregolarità che però, nel caso in esame, non sono state mai prospettate dal ricorrente.
Sulla scorta di quanto sopra, la statuizione della Corte d’appello impugnata non merita di essere riformata, in quanto ha deciso in modo conforme alla appena richiamata giurisprudenza di questa Corte la questione di diritto sul valore probatorio della nota di trascrizione degli atti pubblici (cfr. pp. 6-7, sentenza impugnata n. 1023/2021) e parte ricorrente non ha offerto elementi per mutare tale orientamento, con conseguente inammissibilità delle sue censure anche ai sensi dell’art. 360bis c.p.c.
5.2. Il quinto motivo di ricorso è parimenti inammissibile.
Il signor COGNOME infatti, nel denunciare, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., un’erronea statuizione della Corte veneziana per non aver considerato che la domanda di inefficacia del fondo
patrimoniale della Hosur era nuova, perché formulata con la prima memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c., è incorso, ancora una volta, nella violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c.
Ai fini del rispetto di tale norma, infatti, non è sufficiente che il ricorso per cassazione indichi la sede processuale in cui sono state dedotte le tesi ribadite o lamentate come disattese dal ricorrente, ma occorre che sia inserita la trascrizione dei relativi passaggi argomentativi e il contenuto degli ulteriori scritti difensivi da cui, in questo caso, risulterebbe la mutatio libelli (cfr. da ultimo, Cass. civ., Sez. III, Ord., 7 gennaio 2025, n. 188; Cass. civ., Sez. III, Ord., 19 dicembre 2024, n. 33322; Cass. civ., Sez. II, Ord., 16 dicembre 2024, n. 32677; Cass. civ. Sez. III, Ord., 28 ottobre 2024, n. 27754).
Ebbene, tale onere processuale non risulta assolto da parte del ricorrente, non avendo quest’ultimo indicato il contenuto concreto degli atti e dei comportamenti processuali della controparte da cui ricavare il carattere nuovo della domanda formulata nella prima memoria ex art. 183, 6° comma, c.p.c., primo fra tutti, il ricorso ex art. 702 bis c.p.c., dal momento che la Corte d’appello aveva statuito l’infondatezza della doglianza di novità proprio perché ‘il ricorso introduttivo fa espresso riferimento alla causa petendi e, quanto al petitum , alla declaratoria di inefficacia dell’atto regolata dagli artt. 2901 e 2902 c.c.’ (cfr. p. 7 sentenza impugnata n. 1023/2021).
Privato del suo referente fattuale il motivo in esame si sottrae autonomamente da qualsiasi ulteriore indagine che può compiersi in questa sede.
6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in
complessivi euro 8.200,00, di cui euro 8.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza