Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2425 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2425 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3190/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO . COGNOME AVV_NOTAIO NOME (EMAIL), rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME NOME (EMAIL), giusta procura speciale in calce al ricorso.
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ricorrente – contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO . COGNOME NOME (EMAIL), rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME (EMAIL), giusta procura
speciale allegata al controricorso.
–
contro
ricorrente – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catania n. 1558/2019 depositata il 27/06/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/10/2023 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza n. 1558/2019 del 27 giugno 2019 con cui la Corte d’Appello di Catania ha rigettato il gravame da essa proposto avverso la sentenza del 17 marzo 2016 con cui il Tribunale di Catania ha respinto la domanda volta ad ottenere la condanna del sig. NOME COGNOME ( utilizzatore del trattore usato TARGA_VEICOLO, targato TARGA_VEICOLO, in forza di contratto di leasing concesso dalla RAGIONE_SOCIALE sulla base della garanzia di essa RAGIONE_SOCIALE ) al pagamento delle somme dovute a titolo di pagamento dei canoni di leasing versati alla detta società finanziaria stante la perdurante morosità del medesimo, nonché al risarcimento dei danni subiti a causa dell ‘ escussione della prestata garanzia.
Resiste con controricorso il NOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
La ricorrente ed il resistente hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va anzitutto osservato che il ricorrente espone da p. 1 a 3 la <>, così indicati:
Violazione degli art. 166 e 167 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, n.3, cod. proc. civ.
Lamenta che la corte d ‘appello h a errato a ritenere ammissibili in giudizio, anche traendone elementi a supporto del suo convincimento, allegazioni e produzioni documentali tardive, posto che il COGNOME si era costituito nel corso della prima udienza, come immediatamente eccepito da RAGIONE_SOCIALE nel verbale della prima udienza in primo grado e nella prima memoria ex art. 183 cpc, VI co., versata nel primo termine nel giudizio di primo grado.
Anche quanto eccepito dall’allora convenuto COGNOME in ordine alla asserita insussistenza del contratto costituisce una <> (p. 2 del ricorso).
Violazione dell’art. 183 cod. proc. civ., comma 6, in relazione all’art. 360, n.3, cod. proc. civ. e 360, n. 5, cod. proc. civ.
Lamenta che la corte d’appello ha errato nel ritenere che RAGIONE_SOCIALE avesse agito esclusivamente nella qualità di <> ed ha conseguentemente escluso di poterne accogliere la domanda di restituzione somme attraverso una sua possibile diversa qualificazione che giustificasse un diverso titolo su cui fondare l’obbligo di pagamento del convenuto COGNOME, come invece richiesto con la prima memoria ex art. 183 cod. proc. civ., comma 6, primo termine.
Falsa applicazione dell’art. 1957 cod. civ. in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.
Lamenta che la corte d’appello avrebbe dovuto ritenere il contratto dedotto dalla RAGIONE_SOCIALE come garanzia atipica e per l’effetto accogliere la domanda di COGNOME, in allora parte
appellante
, invece di apoditticamente ritenere l’estraneità dell’utilizzatore COGNOME rispetto al patto di riacquisto concordato dalla società finanziaria con la RAGIONE_SOCIALE medesima (così p. 4 della sentenza impugnata).
Deve porsi ulteriormente in rilievo che da p. 8 a p. 12 del ricorso, sotto l’intitolazione <>, il ricorrente svolge una articolata censura con riferimento seguente passaggio motivazionale della sentenza impugnata: <> (v. p. 4 della sentenza), evidenziando che in questo passo della sentenza <>.
Orbene, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, nel giudizio per cassazione -che ha ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1 -il ricorso deve essere articolato in specifici motivi immediatamente ed inequivocabilmente riconducibili ad una delle cinque ragioni di impugnazione previste dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi. Pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronunziala parte della impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni formulate non è necessario che faccia
espressa menzione della ricorrenza dell’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (con riferimento all’art. 112 c.p.c.), purché nel motivo su faccia inequivocabilmente riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione. Va invece dichiarato inammissibile il motivo allorquando, in ordine alla suddetta doglianza, il ricorrente sostenga che la motivazione sia stata omessa o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge ( v. Cass., Sez. Un., 24/7/2013, n. 17931 ).
In applicazione di tali principi, tutte le doglianze del ricorrente, come sopra riportate, possono quindi essere ritenute ammissibili.
Passando quindi allo scrutinio delle singole censure che compongono il ricorso, va rilevato che il primo motivo è infondato.
Parte ricorrente, infatti, non distingue tra le eccezioni in senso proprio e tecnico e cd. mere difese.
Dalla prospettazione contenuta nel motivo, risulta che, costituendosi alla prima udienza del giudizio di primo grado, il convenuto COGNOME non ha chiesto di tener conto di un fatto idoneo ad estinguere o modificare il diritto azionato da controparte né ha formulato una domanda nuova, fatti che avrebbero dato luogo ad un’eccezione in senso stretto , ma ha invece esercitato una mera attività difensiva, che si esaurisce nella deduzione di carenza del diritto azionato in violazione del principio dell’onere della prova sancito dall’art. 2697, comma 1, del cod. civ. , e che in quanto tale non può essere considerata tardiva (Cass. civ., S.U., 16/02/2016, n. 2951).
Il riferimento poi al fatto che il convenuto abbia eccepito l’insussistenza del contratto è svolto in maniera generica, con conseguente violazione dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ.
Il secondo motivo ed il terzo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro stretta connessione, sono
infondati.
Il ricorrente lamenta in entrambi che la corte di merito ha errato nel ritenere che la RAGIONE_SOCIALE abbia agito in giudizio esclusivamente nella sua qualità di garante, omettendo di considerare un diverso titolo su cui fondare l’obbligo del pagamento del convenuto COGNOME in suo favore.
Tuttavia la censura non coglie tutte le rationes decidendi su cui si fonda la sentenza impugnata.
Invero, la corte di merito ha, più ampiamente, motivato nel senso della <> (così p. 4 della sentenza impugnata).
Ha inoltre escluso, sulla base di molteplici risultanze probatorie, un collegamento negoziale tra il leasing ed il patto di riacquisto ed ha analizzato il contenuto del patto di riacquisto intercorso tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, desumendone espressamente <> (v. sempre p. 4).
Le allegazioni tutte di COGNOME, pur emendate in prima memoria ex art. 183 cod. proc. civ., danno pur sempre per presupposto un collegamento negoziale tra leasing e patto di riacquisto a lati fini di garanzia, smentito tuttavia dalle risultanze probatorie acquisite ed analiticamente esaminate nella sentenza impugnata con motivazione congrua e scevra da vizi logico-giuridici, che è pervenuta ad affermare l’infondatezza della domanda di COGNOME per carenza di prova.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, per un verso, nel caso in cui la decisione impugnata sia fondata su una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, l’omessa specifica impugnazione di una delle ragioni, rende inammissibile
per difetto d’interesse le censure relative alle ragioni esplicitamente oggetto di doglianza, perché queste ultime non potrebbero mai condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre non impugnate (es. intervenuta definizione agevolata della pretesa recata dai precedenti avvisi di accertamento prodromici rispetto alla cartella di pagamento), all’annullamento della pronuncia (v. Cass., 06/07/2020, n. 13880).
Per altro verso, costituisce accertamento di fatto stabilire se nel patto di riacquisto sia da ravvisare un negozio di garanzia ovvero una nuova vendita.
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore del controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 3.200,00, di cui euro 3.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore del controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza Sezione