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Onere della prova danno: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società capogruppo di un’Associazione Temporanea di Imprese che chiedeva l’ammissione al passivo del fallimento di una consociata. La richiesta, basata su un presunto inadempimento contrattuale, è stata respinta a ogni livello di giudizio a causa del mancato assolvimento dell’onere della prova danno. La ricorrente non è riuscita a dimostrare né i pagamenti effettuati per sopperire alle mancanze della consociata, né l’effettivo pregiudizio economico subito, rendendo la sua pretesa infondata.

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Onere della Prova Danno: Senza Prove Concrete, Nessun Risarcimento

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione ribadisce un principio cardine del nostro ordinamento: chi agisce in giudizio per ottenere un risarcimento deve fornire prove concrete e inequivocabili del pregiudizio subito. Il caso riguarda una società capogruppo che, a seguito del presunto inadempimento di una consociata poi fallita, si era fatta carico di completare i lavori, chiedendo poi il rimborso. La richiesta, tuttavia, si è scontrata contro il muro dell’onere della prova danno, risultando in un rigetto a tutti i livelli di giudizio.

I Fatti di Causa

Una società operante nel settore dell’impiantistica, in qualità di mandataria di un’Associazione Temporanea di Imprese (ATI), aveva chiesto di essere ammessa al passivo del fallimento di un’altra società facente parte della stessa ATI. Il credito vantato, di quasi un milione di euro, derivava dai costi che la capogruppo sosteneva di aver affrontato per rimediare agli inadempimenti della consociata, la quale aveva abbandonato il cantiere e non aveva eseguito le opere di sua competenza previste da un contratto di subappalto.

La società capogruppo affermava di aver dovuto acquistare materiali e completare le prestazioni per evitare ulteriori danni, agendo quindi in regresso nei confronti della società fallita per recuperare le somme spese.

La Decisione del Tribunale e l’Onere della Prova Danno

Il Tribunale di merito aveva già respinto la domanda, evidenziando diverse criticità. La ragione principale del rigetto era la totale assenza di prove sufficienti. La società ricorrente non era riuscita a dimostrare in modo adeguato:
1. L’effettivo danno economico subito: Non era stata fornita prova dei costi maggiori sostenuti.
2. L’esecuzione dei pagamenti: Mancava la dimostrazione di aver effettivamente pagato le terze società per i lavori e le forniture che sarebbero spettate alla consociata inadempiente.

Inoltre, il Tribunale aveva ritenuto un regolamento interno all’ATI, invocato dalla ricorrente, come inopponibile al curatore fallimentare perché privo di ‘data certa’. Questo documento, che avrebbe dovuto regolare i rapporti interni in caso di inadempimento, non poteva quindi essere usato come base per la pretesa creditoria.

I Motivi del Ricorso e la Valutazione della Cassazione

La società ha proposto ricorso per Cassazione basandosi su quattro motivi, tutti dichiarati inammissibili dalla Suprema Corte.

La ricorrente lamentava, tra le altre cose, che il Tribunale avesse omesso di pronunciarsi sulla distinta azione di regresso e avesse erroneamente addossato su di essa l’onere della prova danno. Sosteneva inoltre che il danno fosse facilmente desumibile dalla differenza tra il costo totale dell’opera e quanto già eseguito dalla fallita.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha smontato punto per punto le argomentazioni della ricorrente, confermando la decisione del Tribunale. I giudici di legittimità hanno chiarito che il ricorso non era altro che un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di Cassazione.

La ratio decidendi, ovvero il cuore della decisione, è stata la carenza di prova del danno e dei relativi pagamenti. La Corte ha sottolineato che, a fronte di questa mancanza fondamentale, diventava irrilevante discutere dell’inadempimento della società fallita o dell’interpretazione dei contratti. Anche se l’inadempimento fosse stato provato, senza la prova del conseguente danno economico, nessuna richiesta di risarcimento poteva essere accolta. La Cassazione ha specificato che i motivi di ricorso erano generici e non coglievano il punto centrale della decisione impugnata: la mancata dimostrazione del fatto costitutivo della pretesa, ovvero il danno patrimoniale.

Le Conclusioni

Questa ordinanza è un monito fondamentale per tutte le imprese, specialmente quelle che operano in raggruppamenti complessi come le ATI. Non è sufficiente allegare l’inadempimento di un partner per ottenere un risarcimento. È indispensabile documentare meticolosamente ogni singolo costo sostenuto per rimediare a tale inadempimento, conservando prove inoppugnabili dei pagamenti effettuati (come bonifici, fatture quietanzate, etc.). L’onere della prova danno non è un mero formalismo, ma il fondamento di qualsiasi azione risarcitoria. In sua assenza, anche la pretesa più apparentemente legittima è destinata a fallire.

Perché la richiesta di rimborso della società capogruppo è stata respinta?
La richiesta è stata respinta perché la società non ha fornito prove sufficienti a dimostrare l’effettivo danno economico subito e di aver realmente effettuato i pagamenti per rimediare all’inadempimento della consociata. Il mancato assolvimento dell’onere della prova è stato decisivo.

Un accordo interno tra società associate è sempre valido nei confronti di terzi, come un curatore fallimentare?
No. Secondo la decisione, un regolamento interno privo di ‘data certa’ non è opponibile a terzi come il curatore fallimentare. La sua validità è limitata alle parti che lo hanno sottoscritto.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove valutate dal giudice di merito?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che il suo ruolo è quello di giudice di legittimità, non di merito. Non può effettuare una nuova valutazione dei fatti o delle prove, ma solo verificare la corretta applicazione delle norme di diritto. Un ricorso che critica l’apprezzamento delle prove da parte del tribunale è, per questo motivo, inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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