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Onere della prova danno: la Cassazione chiarisce

Un proprietario immobiliare chiede il risarcimento a una società costruttrice per l’impossibilità di accedere ai suoi immobili a causa di lavori pubblici. La Corte di Cassazione, confermando la decisione d’appello, ha rigettato la richiesta. Ha chiarito che l’onere della prova danno non è soddisfatto dalla semplice dimostrazione della proprietà e dell’interclusione. Se la controparte contesta specificamente la possibilità di utilizzo del bene (ad esempio, provandone il cattivo stato di manutenzione), spetta al proprietario dimostrare la concreta e reale possibilità di trarne reddito che è stata persa.

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Onere della prova danno: quando il proprietario deve dimostrare il pregiudizio concreto

L’impossibilità di accedere al proprio immobile a causa di lavori esterni non garantisce automaticamente il diritto al risarcimento. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di onere della prova danno: spetta al proprietario dimostrare non solo la lesione del suo diritto, ma anche la concreta possibilità di utilizzo del bene che è andata persa, specialmente quando la controparte solleva dubbi specifici sulle condizioni dell’immobile stesso.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dalla richiesta di risarcimento avanzata dal proprietario di alcune unità immobiliari nei confronti di una società costruttrice, responsabile della realizzazione di un’importante opera pubblica. A dire del proprietario, i lavori avevano causato la totale interclusione dei suoi beni, impedendogli di affittarli e trarne profitto. Inizialmente, il Tribunale di primo grado aveva accolto la domanda, condannando la società a un cospicuo risarcimento. Tuttavia, la Corte d’Appello ribaltava la decisione, rigettando la richiesta del proprietario. Contro questa sentenza, il proprietario ha proposto ricorso in Cassazione.

La questione dell’onere della prova danno da mancato godimento

Il cuore della controversia ruota attorno all’onere della prova danno. Il ricorrente sosteneva che, a fronte di una evidente interclusione, fosse sufficiente aver fornito la prova di un precedente contratto di locazione per dimostrare il danno da “perdita subita”. La Corte d’Appello, invece, aveva ritenuto tale prova (una ricevuta di registrazione del 2001 e una nota del 1999) insufficiente a dimostrare che, nel periodo in questione, vi fosse una concreta possibilità di concedere in affitto gli immobili a uso commerciale. Secondo i giudici di secondo grado, mancava la prova di un vivace mercato immobiliare nella zona e la dimostrazione di una reale e attuale suscettività di impiego dei beni per produrre reddito.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la sentenza d’appello e fornendo importanti chiarimenti sull’applicazione dei principi stabiliti dalle Sezioni Unite (sentenza n. 33645/2022). La Corte ha spiegato che, in casi di occupazione illegittima o, come in questo caso, di impossibilità di godimento, il proprietario ha l’onere di allegare la concreta possibilità di esercizio del diritto di godimento che è andata persa. Se la controparte non contesta o contesta genericamente tale affermazione, l’allegazione può essere sufficiente.

Tuttavia, se la controparte solleva una contestazione specifica, l’onere della prova danno si sposta interamente sul proprietario. Nel caso esaminato, la società costruttrice aveva fatto proprio questo: aveva specificamente contestato la possibilità di locare gli immobili, producendo una relazione tecnica (CTU) che attestava il loro stato di completo abbandono e cattiva manutenzione, con guasti, infiltrazioni e abusi edilizi. Questa condizione rendeva gli immobili di fatto non locabili, a prescindere dall’interclusione causata dai lavori.

A fronte di questa contestazione specifica, la prova fornita dal proprietario – un contratto di locazione risalente a molti anni prima – è stata correttamente giudicata insufficiente dalla Corte d’Appello. Non era possibile presumere, in assenza di altri dati fattuali, che il proprietario avrebbe potuto affittare nuovamente i suoi beni se non fossero stati interclusi, dato il loro pessimo stato.

Conclusioni

Questa pronuncia rafforza un principio cruciale: il diritto al risarcimento per il mancato godimento di un immobile non è automatico. Il proprietario non può limitarsi a lamentare la violazione del suo diritto di proprietà, ma deve essere in grado di dimostrare, con prove concrete, quale specifica opportunità di guadagno gli è stata sottratta. Se la controparte dimostra che l’immobile non avrebbe comunque potuto essere utilizzato a causa di fattori preesistenti (come lo stato di degrado), la domanda di risarcimento è destinata a essere respinta. Per i proprietari, ciò significa mantenere i propri immobili in buono stato e conservare documentazione aggiornata che possa attestare il loro potenziale reddituale, per non vedere vanificata una legittima richiesta di risarcimento.

È sufficiente essere proprietario di un immobile reso inaccessibile per ottenere un risarcimento del danno?
No. Secondo la Corte, non basta provare la proprietà e l’interclusione. Il proprietario deve allegare e, se contestato, provare la concreta possibilità di godimento che è andata persa a causa dell’impedimento.

Cosa succede se la controparte contesta specificamente la possibilità di affittare l’immobile?
Se la controparte fornisce prove specifiche che l’immobile non era comunque utilizzabile (ad esempio, a causa del suo stato di abbandono o di abusi edilizi), l’onere della prova si sposta interamente sul proprietario. Quest’ultimo dovrà dimostrare che, nonostante tutto, avrebbe avuto una concreta possibilità di trarne reddito.

Una vecchia ricevuta di un contratto di affitto è una prova sufficiente del danno?
No. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che una prova così datata fosse insufficiente a dimostrare una attuale e concreta possibilità di locazione, soprattutto di fronte a prove documentali che attestavano il cattivo stato di manutenzione dell’immobile nel periodo in cui si è verificato il danno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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