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Onere della prova: contratto nullo e cambio di domanda

Una società immobiliare chiede prima l’annullamento di un contratto di Interest Rate Swap, presupponendone l’esistenza, per poi sostenerne in appello la nullità per difetto di forma scritta. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’onere della prova sull’esistenza del contratto grava sulla parte che inizialmente ne ha affermato la validità formale. È stato ritenuto illegittimo introdurre in appello un fatto nuovo (la mancata conclusione del contratto) per fondare un’eccezione di nullità, in contrasto con la linea difensiva iniziale. La sentenza d’appello è stata quindi cassata con rinvio.

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Onere della Prova nei Contratti Finanziari: La Cassazione Chiarisce i Limiti della Domanda di Nullità

In una recente ordinanza, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un tema cruciale che interseca diritto bancario e procedura civile: l’onere della prova e la possibilità di modificare la propria linea difensiva tra i diversi gradi di giudizio. La vicenda riguarda un contratto di Interest Rate Swap e chiarisce che una parte non può prima agire per l’annullamento di un contratto, presupponendone l’esistenza, e poi, in appello, chiederne la nullità per difetto di forma scritta. Analizziamo insieme la decisione.

I Fatti del Caso

Una società immobiliare aveva stipulato un contratto di locazione finanziaria per un grande compendio immobiliare. Successivamente, per gestire il rischio legato alla variabilità dei tassi di interesse, la stessa società aveva concluso con un istituto di credito un contratto derivato, specificamente un Interest Rate Swap multifase. Sostenendo di aver subito un addebito ingiusto di oltre 240.000 euro a causa di tale contratto, la società citava in giudizio la banca chiedendo l’annullamento del contratto per dolo e colpa, con la conseguente restituzione delle somme versate.

Il Percorso Giudiziario: Dal Tribunale alla Corte d’Appello

In primo grado, il Tribunale rigettava le domande della società: l’azione di annullamento veniva dichiarata prescritta, mentre quella di risoluzione del contratto veniva respinta nel merito. La società decideva quindi di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte di Appello. In questa sede, la strategia processuale cambiava radicalmente: la società lamentava la mancata sottoscrizione del contratto, chiedendone la declaratoria di nullità per difetto di forma scritta. La Corte di Appello accoglieva il gravame e dichiarava nullo il contratto, ribaltando la decisione di primo grado.

La Questione dell’Onere della Prova secondo la Cassazione

L’istituto di credito proponeva ricorso per Cassazione, lamentando che la Corte d’Appello avesse erroneamente rilevato d’ufficio una nullità basata su fatti nuovi, introdotti solo in secondo grado. La Suprema Corte ha accolto il motivo, fornendo chiarimenti fondamentali sull’onere della prova. I giudici hanno stabilito che, avendo la società immobiliare agito in primo grado per l’annullamento del contratto (individuato con un numero specifico), aveva implicitamente allegato la sua esistenza e la sua conclusione in forma scritta. Di conseguenza, secondo la regola generale dell’art. 2697 c.c., l’onere della prova dell’esistenza del documento contrattuale gravava proprio sulla società attrice.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha evidenziato una palese contraddizione nella condotta processuale della società. Non è ammissibile allegare l’esistenza di un contratto per chiederne l’annullamento e, successivamente, negare la sua stessa esistenza formale per ottenerne una declaratoria di nullità. Sebbene la nullità sia rilevabile d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo, tale potere deve fondarsi su fatti già acquisiti al processo nel rispetto delle preclusioni. Nel caso di specie, la società appellante aveva introdotto un “fatto nuovo” – la presunta mancata conclusione per iscritto del contratto – che costituiva una negazione plateale dell’assunto iniziale. La Corte ha ribadito che la parte che agisce per la ripetizione di un indebito deve provare non solo il pagamento, ma anche la mancanza di una causa debendi. In questo contesto, l’onere della prova circa l’esistenza del titolo contrattuale non poteva che ricadere sulla parte che per prima ne aveva affermato l’esistenza. Addossare alla banca l’onere di produrre un contratto la cui esistenza era stata prima affermata e poi negata dalla controparte rappresentava un’inversione probatoria non consentita.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La decisione riafferma un principio di coerenza e rigore processuale. Chi agisce in giudizio deve impostare la propria strategia in modo chiaro fin dall’inizio, poiché i fatti allegati in primo grado definiscono il perimetro della controversia. Non è possibile modificare radicalmente la narrazione dei fatti in appello per aggirare le preclusioni e le decadenze. L’onere della prova rimane un cardine del processo civile: la parte che fonda la propria pretesa sull’esistenza di un contratto non può, in un secondo momento, sottrarsi a tale onere negandone la conclusione per chiederne la nullità. La Corte ha quindi cassato la sentenza d’appello, rinviando la causa a un’altra sezione della stessa Corte per una nuova valutazione basata sui principi enunciati.

A chi spetta l’onere della prova sull’esistenza di un contratto se l’attore ne chiede prima l’annullamento e poi ne contesta l’esistenza?
L’onere della prova grava sull’attore che ha inizialmente allegato l’esistenza del contratto stipulato per iscritto. Non può successivamente negare tale circostanza per chiederne la nullità, invertendo l’onere probatorio a carico della controparte.

È possibile per una parte cambiare la base fattuale della propria domanda nel passaggio dal primo grado all’appello?
No, la parte attrice non può introdurre in appello un fatto nuovo, come la negazione della stipulazione del contratto, che sia in palese contraddizione con l’assunto fattuale posto a base della domanda originaria (in questo caso, l’annullamento di un contratto esistente).

Il giudice può dichiarare d’ufficio la nullità di un contratto per un motivo non sollevato dalle parti?
Sì, il giudice può rilevare d’ufficio la nullità del contratto in ogni stato e grado del processo, ma a condizione che i presupposti di fatto per tale nullità siano già stati acquisiti al giudizio nel rispetto delle preclusioni assertive e istruttorie, senza basarsi su fatti nuovi introdotti tardivamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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