Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27222 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 27222 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/10/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 5987/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 2462/2021, depositata il 29/07/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME NOME.
FATTI DELLA CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE ha convenuto in giudizio innanzi al Tribunale di Milano la società RAGIONE_SOCIALE, chiedendo che fosse condannata a risarcire i danni da essa subiti a causa dell’asserito inadempimento contrattuale imputabile a controparte, che aveva fornito un prodotto isolante difforme dalla scheda tecnica allegata all’offerta del 28 novembre 2012. L’attrice ha in particolare dedotto di essersi rivolta alla convenuta per la fornitura di supporti isolanti, da impiegare a basse temperature e destinati a essere utilizzati in un rigassificatore in Polonia, nell’ambito di un rapporto contrattuale tra l’attrice e RAGIONE_SOCIALE; quest’ultima aveva, nel 2015, contestato all’attrice la presenza di problemi di tenuta dei supporti, derivanti dall’assorbimento dell’umidità, e aveva trasmesso una relazione sulle verifiche effettuate; l’attrice aveva così appreso che il materiale non era adatto, in quanto poroso, con percentuale di assorbimento non del 2% come indicato nella scheda, ma del 12%, così che la convenuta aveva indicato caratteristiche del prodotto difformi da quelle reali, con violazione anche dei doveri di correttezza e buona fede nelle trattative; l’attrice aveva pertanto dovuto sostenere delle spese (relative a verifiche tecniche, opere di sostituzione e manodopera) di cui chiedeva la rifusione a titolo di danno emergente, oltre al danno all’immagine commerciale. Si è costituita la convenuta, deducendo di avere adempiuto in modo esatto alle proprie obbligazioni, avendo fornito il materiale ordinato dall’attrice, che aveva optato consapevolmente per quel prodotto, ed evidenziando che in ogni caso i problemi lamentati da RAGIONE_SOCIALE non erano riconducibili al tasso di assorbimento dell’acqua.
Il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 8514/2019, ha rigettato la domanda dell’attrice.
La sentenza è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE. La Corte d’appello di Milano – con la sentenza 29 luglio 2021, n. 2462 – ha
rigettato il gravame, ritenendo non raggiunta la prova che la percentuale di assorbimento dell’acqua fosse superiore a quella promessa (12% invece del 2%) e neppure, in ogni caso, che questa eventuale non conformità alla scheda fosse stata la causa esclusiva o almeno prevalente della inidoneità del prodotto.
Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE, che anzitutto eccepisce l’inammissibilità del ricorso per mancanza di valida procura speciale, a causa dell’assenza della data e di ogni riferimento alla sentenza da impugnare, riportando l’atto espressioni generiche, riferite ad altre fasi del processo, ed essendo, dal punto di vista del contenuto letterale e dell’aspetto grafico, comprese le firme, sovrapponibile rispetto alla procura rilasciata in primo grado.
La ricorrente ha depositato due memorie (una prima dell’adunanza della sesta sezione cui era stato inizialmente assegnato il ricorso e una in prossimità della pubblica udienza).
Memoria è stata depositata anche dalla controricorrente.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va anzitutto esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancanza di valida procura.
La ricorrente ha depositato, in via telematica, una copia informatica della procura rilasciata su supporto cartaceo, congiunta virtualmente al ricorso con l’inserimento nella busta telematica. L’atto è privo di data, non vi sono riferimenti alla sentenza impugnata e la procura è conferita ‘per ogni fase e grado, anche nelle fasi dell’esecuzione, opposizione, incidentale, cautelare e in sede di gravame’.
Le sezioni unite di questa Corte hanno affermato il principio secondo cui ‘a seguito della riforma dell’art. 83 c.p.c. disposta dalla legge n. 141 del 1997, il requisito della specialità, richiesto dall’art. 365 c.p.c. come condizione per la proposizione del ricorso per
cassazione, è integrato, a prescindere dal contenuto, dalla sua collocazione topografica, nel senso che la firma per autentica apposta dal difensore su foglio separato, ma materialmente congiunto all’atto, è in tutto equiparata alla procura redatta a margine o in calce allo stesso; tale collocazione topografica fa sì che la procura debba considerarsi conferita per il giudizio di cassazione anche se non contiene un espresso riferimento al provvedimento da impugnare o al giudizio da promuovere, purché da essa non risulti, in modo assolutamente evidente, la non riferibilità al giudizio di cassazione, tenendo presente, in ossequio al principio di conservazione enunciato dall’art. 1367 c.c. e dall’art. 159 c.p.c., che nei casi dubbi la procura va interpretata attribuendo alla parte conferente la volontà che consenta all’atto di produrre i suoi effetti’ (Cass., sez. un., n. 36057/2022). Le stesse sezioni unite hanno precisato che il principio si estende alle ulteriori fattispecie, contemplate dal comma 3 dell’art. 83 c.p.c., di procura nativa digitale e di copia informatica di procura rilasciata su supporto cartaceo (v. Cass., sez. un., n. 2075/2024).
Alla luce di tale principio, la procura in esame è valida. Essa è infatti sottoscritta dalla ricorrente con firma del suo legale rappresentante autenticata dal difensore ed è conferita con atto separato da ritenersi materialmente congiunto al ricorso, che ad essa fa espresso riferimento. L’ampiezza della formula utilizzata -‘per ogni fase e grado’ sebbene contenga riferimenti anche ad attività tipiche del giudizio di merito è tale da consentire di ritenere compresa anche la possibilità di proporre ricorso per cassazione, in virtù del principio di incorporazione, così come interpretato dalle sezioni unite di questa Corte. Nel controricorso e nella memoria la controricorrente prospetta la possibilità che la procura sia la medesima procura conferita per il primo grado. Si tratta di una prospettazione, che potrebbe avere rilievo in altra sede, ma che non lo ha in questo contesto, improntato alla ‘reciproca e continua
collaborazione tra avvocati e magistrati, che si deve fondare sul principio di lealtà’ (Cass., sez. un., n. 36057/2022, sopra richiamata).
II. Il ricorso è articolato in due motivi.
Il primo motivo contesta ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonché dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c.’: è doveroso fugare il dubbio, basato unicamente su supposizioni prive di riscontri oggettivi, che la scelta del prodotto sia stata dettata da ragioni economiche; la Corte d’appello si è basata su un unico elemento probatorio, ossia la mail del 24 maggio 2015 di controparte, il cui contenuto è stato contestato con successiva comunicazione dalla ricorrente; sia il Tribunale che la Corte d’appello hanno respinto la domanda della ricorrente per mancato assolvimento dell’onere della prova in ordine alle asserite difformità del prodotto fornito da controparte e del nesso di causalità tra i danni dedotti e le forniture eseguite da controparte, ma dalla relazione tecnica di RAGIONE_SOCIALE e dalla corrispondenza intercorsa tra le parti emerge la prova dei vizi e difetti del prodotto fornito da controparte; in conclusione, la Corte d’appello ha del tutto omesso l’esame di circostanze e di uno o più fatti storici e documentali la cui esistenza risulta dagli atti e aventi carattere decisivo.
2) Il secondo motivo denuncia ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 113 c.p.c., nonché degli artt. 1476, 1490, 1494, 1495 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c.’: la pronuncia impugnata è viziata anche sotto il profilo della ripartizione dell’onere della prova; in sede di costituzione, la difesa della RAGIONE_SOCIALE ha ammesso l’errore in ordine al tasso di assorbimento dell’acqua indicato nella scheda e la controparte non ha fornito la prova atta a escludere la sua negligenza, superando la presunzione di colpa ex art. 1218 c.c.
I motivi non possono essere accolti. Con il primo motivo la ricorrente, pur denunciando la violazione e falsa applicazione di norme di legge (gli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c.), lamenta in realtà la valutazione posta in essere dal giudice di merito degli elementi di prova acquisiti al processo e contesta inoltre l’omesso esame di fatti storici decisivi (v. le pagg. 20 e 23 del ricorso). Entrambe le censure sono inammissibili. La valutazione delle prove spetta al giudice di merito ed è inammissibile la richiesta di una diversa valutazione ad opera di questa Corte, che è giudice di legittimità. Quanto all’omesso esame di fatti decisivi di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., va rilevato che la censura non è proponibile alla luce dei commi 4 e 5 dell’art. 348 -ter c.p.c. Il ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello che conferma, quanto alle questioni di fatto, la decisione di primo grado non può infatti essere proposto ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c. (cfr. al riguardo, da ultimo, Cass. n. 5947/2023, secondo cui nell’ipotesi di c.d. doppia conforme, prevista dall’art. 348ter , comma 5, c.p.c., il ricorso per cassazione proposto per il motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. è inammissibile a meno che non dimostri -il che non è avvenuto nel caso in esame -che le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, sono tra loro diverse).
Quanto al secondo motivo, non sussiste la violazione o falsa applicazione della regola dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c. e della presunzione di cui all’art. 1218 c.c. Ad avviso della ricorrente la Corte d’appello ha errato nel ritenere non provato il tasso di assorbimento del prodotto (12% invece del 2% indicato nella scheda) in quanto l’ ‘errore nella scheda’ sarebbe stato ammesso da controparte nella comparsa di costituzione nel processo in primo grado. La ricorrente non considera che, a meno che l’atto sia sottoscritto dalla parte personalmente, con modalità tali da rivelare inequivocabilmente la consapevolezza delle
specifiche ammissioni dei fatti sfavorevoli così espresse, dalla dichiarazione contra se possono essere tratti unicamente elementi indiziari soggetti al libero convincimento del giudice di merito (cfr. Cass. n. 6192/2014). In ogni caso, il profilo attiene appunto al libero convincimento del giudice e non alla regola di giudizio dell’onere della prova, che distribuisce il rischio della mancata prova tra le parti. Non essendo stata data -ad avviso del giudice di merito -la prova della sussistenza del vizio (si veda Cass., sez. un., n. 11748/2019, che sottolinea come sia il compratore ad essere gravato dell’onere di offrire la prova dell’esistenza dei vizi della cosa venduta), non può operare il disposto di cui all’art. 1218 c.c., che presuppone l’inadempimento.
III. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore della controricorrente, che liquida in euro 8.200, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio seguita alla