Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18860 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18860 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 19257/2021 proposto da
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso d all’avv.to NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-ricorrente-
contro-
COGNOME rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte d’Ap pello di Bologna, n. 533/2021, pubblicata in data 15.03.2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/06/2025 dal Cons. rel., dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME conveniva innanzi al Tribunale di Modena NOME COGNOME per far accertare la nullità della scrittura privata per investimento finanziamento azionario da loro sottoscritta il 10.12.2010, chiedendo la condanna del convenuto a restituire la somma di euro 50.000,00 oltre interessi e, in subordine, di accertare l’inadempimento del COGNOME alle obbligazioni assunte, condannandolo al risarcimento dei danni.
Al riguardo, l’attore assumeva che : il convenuto si era obbligato, previo versamento della somma di euro 50. 000,00 all’acquisto di un titolo azionario farmaceutico americano; tale contratto era nullo ex art. 1418 cc, per violazione delle norme del TUF; comunque il convenuto era stato inadempiente alle obbligazioni assunte, non avendo provato di aver acquistato il titolo e di averne comunicato la denominazione, ove acquistato.
Con sentenza del 2017 il Tribunale rigettava la domanda di nullità, ma condannava il COGNOME al pagamento a favore dell’attore, della somma di euro 50.000,00 a titolo risarcitorio in quanto: qualificato il contratto stipulato come mandato, il convenuto non aveva provato l’acquisto del titolo azionario, non essendo a tal fine sufficiente la prova testimoniale, né aveva comunicato l’andamento del titolo, c osì precludendo la possibilità per l’attore di disinvestire il titolo limitando le perdite (ciò a presci ndere dalla possibilità di controllare l’andamento del titolo).
La Corte territoriale rigettava l’appello proposto da NOME COGNOME osservando che: le parti non avevano reiterato, nella precisazione delle conclusioni, le richieste istruttorie che l’appellante aveva comunque formulato in maniera generica nella comparsa di risposta di primo grado; era stato dimostrato il versamento della somma di denaro al COGNOME perché comprasse il titolo azionario farmaceutico americano
RAGIONE_SOCIALE, mentre la prima comunicazione al riguardo risaliva all’ aprile 2011 allorché l’appellan te riferì che tale titolo aveva perso quasi tutto il suo valore d’acquisto; solo in data 18.2.2013 il legale del COGNOME aveva inviato all’attore copia di alcune transazioni del suddetto titolo fatte con l’account LUCA67 risalenti al 2011, che però non provava che la somma fosse stata effettivamente corrisposta dal Malaguti ed utilizzata esclusivamente per l’acquisto del titolo azionario suddetto, per il generico riferimento al citato account e perché esso non dimostrava comunque che la somma fosse affluita sul conto dell’appellante presso la banca RAGIONE_SOCIALE negli Stati Uniti, e dunque l’impiego della stessa per comprare il titolo in questione (prova, gravante sul convenuto, una volta allegato l’inadempimento da parte dell’attore, che avrebbe potuto essere agevolmente fornita attraverso un estratto del conto trade on line intestato al COGNOME, con l’evidenza dell’accredito effettuato dal COGNOME); erano dunque assorbi ti gli altri motivi a sostegno della domanda d’inadempimento , atteso che il mancato acquisto del tiolo rappresentava di per sé una grave violazione dell’obbligo assunto, in mancanza della prova dell’utilizzo del denaro versato dal Malaguti.
NOME COGNOME ricorre in cassazione con sei motivi, illustrati da memoria. NOME COGNOME resiste con controricorso.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione dell’ art. 112 cpc per ultrapetizione, per aver la Corte d ‘appello affermato che: ‘ non vi è conferma del versamento della somma corrisposta dal COGNOME sul c/c personale del COGNOME detenuto presso la Banca E Trade negli Stati Uniti d’America e dunque l’impiego di tale somma, a distanza di diversi mesi, proprio per l’acquisto di quel titolo che ha poi perso praticamente tutto .
Non è stata dunque raggiunta la prova -il cui onere, contestato l’inadempimento, gravava sul COGNOME dell’effettivo acquisto che, peraltro, come già rilevato dal giudice di prima istanza, poteva agevolmente essere offerta mediante la produzione di copia dell’estratto di conto corrente trade on line intestato al COGNOME, con l’evidenza dell’accredito delle somme del COGNOME e l’utilizzo delle stesse per l’acquisto del titolo GNTAQ ‘ ), circostanza che non era stata oggetto né di disamina e di richiesta di esame in primo grado, né oggetto di appello, così violando il precetto della corrispondenza fra il richiesto e pronunciato.
Al riguardo, il ricorrente assume che: l’attore aveva contestato un generico inadempimento, circa il dovere del Coppelli di informazione sull’affare, e ciò sulla scorta di una pretesa applicabilità delle norme del TUF; l’aver dunque la Corte territoriale affermato che era onere dell’appellante provare il trasferimento del denaro, per poi utilizzare tale premessa al fine di sostenere l’inadempimento o la mancata prova dell’adempimento d a parte di Coppelli, costituiva una ultra petizione che aveva determinato la nullità della sentenza.
Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 112, in riferimento all’art. 132 cpc, 342 e 343, cpc, 111 Cost., per aver la Corte d’appello accertato un asserito diverso inadempimento in capo all’appellante, nonostante non fosse stata formulata contestazione relativamente all’omesso trasfe rimento del denaro sul conto corrente statunitense intestato al COGNOME.
Il terzo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 116, cpc, in relazione agli artt. 164, 163 e 167, cpc, 2 e 111 Cost., per aver il giudice d’appello rilevato la carenza di prova dell’acquisto del titolo sul mercato statunitense, senza che la parte attrice avesse mai
formulato un’eccezione di inadempimento di tal natura e senza che tale preteso inadempimento fosse mai stato contestato.
Al riguardo, il ricorrente assume che: nella citazione era stata formulata una domanda subordinata nella quale era stato genericamente dedotto l’inadempimento del COGNOME, senza però mai precisare o chiarire in cosa esso consistesse, che appariva riferito al comportamento asseritamente negligente rappresentato dalla non costante informazione sulle variazioni del prezzo del titolo; tale omessa indicazione avrebbe costituito una nullità dell’atto di citazione, peraltro rilevabile d’uffi cio, perché afferente alla causa petendi , generando una valutazione da parte dei giudici di merito non corrispondente a quanto richiesto poiché, mal interpretando l’atto di citazione, hanno ritenuto che l’inadempimento contestato fosse rappresentato dall’omesso acquisto e non dall’omessa comunicazione dell’acquisto, come invece trapelava dall’intera struttura della citazione.
Il quarto motivo denunzia violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cpc, anche in relazione agli artt. 2727, 2729, 2724, c.c., per aver il giudice d’appello escluso le prove per testi, non avvalendosi del disposto di cui all’art. 2727 c.c., non avendo esaminato la mail del 17/6/2012 con la quale il ricorrente aveva comunicato al COGNOME l’acquisto del titolo GNTA unitamente alle copie dei relativi acquisti fatte dall’account NOME nell’aprile del 2011, costituendo tali documenti presunzioni semplici, ma gravi, precise e concordanti, quindi idonee a ritenere provato l’intervenuto acquisto dei titoli e così adempiuta l’obbligazione che contrariamente si è presunta inadempiuta .
Al riguardo, il ricorrente lamenta che: la prima ed unica contestazione sul suo operato era stata la lettera del patrono del Malaguti che non aveva contestava l’acquisto del titolo, ma semplicemente la violazione dei precetti di cui alla L. 58/1998, mentre non era stata avanzata
alcuna richiesta di fornire prove dell’utilizzo delle somme per l’acquisto del titolo; a prescindere quindi dalla nullità originaria dell’atto di citazione per carenza di causa petendi , la contest azione sull’effettivo acquisto era una eccezione non sviluppata, ma accolta dal giudice di prime grado che (erroneamente) aveva negato efficacia probatoria al doc. n. 4 (di parte convenuta) affermando che non sussisteva prova della corrispondenza fra Luca67denominazione dell’account – e NOME COGNOME e ciò, nonost ante 67 sia l’anno di nascita del ricorrente il quale aveva espressamente scritto: ‘ Dopo aver aspettato alcuni mesi, abbiamo acquistato (e prontamente è stato a Voi comunicato) il titolo GNTA, azienda farmaceutica americana quotata all’OTCBB , fatto mai oggetto di contestazione; tale affermazione, proprio perché non contestata, avrebbe generato, quanto meno, una presunzione di verità dei fatti affermati e quindi una presunzione di ‘tempestiva comunicazione’ e di invito, agli amici – soci – (co)investitori, alla verifica dell’acquisto dei titoli ed al controllo sia dell’acquisto dei suddetti titoli, sia del loro andamento, acquisto che poi è stato ulteriormente provato con le copie degli ordini di cui al doc. n. 45; il collegamento (funzionale) fra il rendiconto ed il coacervo dei singoli ordini confermava l’ac quisto e la riferibilità al ricorrente delle singole operazioni di acquisto.
Il quinto motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 346 cpc, in relazione all’art. 183 cpc e 111 cost., per aver la Corte d’appello ritenuto che, anche successivamente alla riforma d ell’art. 183, sesto comma, cpc, intervenuta ad opera del d.l. 35/2005, per ovviare alla decadenza e/o rinuncia alle istanze istruttorie, si rendeva necessario, in sede di udienza di precisazione delle conclusioni, riportare e riprodurre pedissequamente i capitoli di prova non ammessi.
Il sesto motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 112 cpc, anche in relazione all’ art. 132 cpc , 111 Cost., 1362, 2549, c.c.
per non aver la Corte d’appello inquadrato il contratto in altro idoneo istituto giuridico che avrebbe consentito di affermare l’ademp imento anziché l’inadempimento de lle obbligazioni contrattuali.
In particolare, il ricorrente si duole che ove il giudice di secondo grado avesse esaminato l’ulteriore motivo di appello con il quale si chiedeva di sussumere la fattispecie oggetto dei procedimenti di merito, non nell’istituto del mandato, ma in quello diverso dell’associazione in partecipazione, sarebbe verosimilmente giunto a considerazioni diverse.
Il primo, secondo e terzo motivo, esaminabili congiuntamente poiché tra loro connessi, esprimono doglianze in parte inammissibili, e in parte infondate.
Anzitutto, va osservato che il ricorso manca di autosufficienza, perché non individua con esattezza il contenuto della domanda spiegata in primo grado, anche all’esito delle memorie 183 cpc e delle conclusioni definitive (si dice in modo non circostanziato che l’attore aveva formulato una generica deduzione di inadempimento).
Inoltre, la Corte d’appello, pur ritenendo provato il trasferimento del denaro, ha ritenuto non dimostrato che esso fosse affluito sul conto della banca RAGIONE_SOCIALE ed utilizzato per l’acquisto dello specifico titolo farmaceutico americano.
Non è stata dunque raggiunta la prova -il cui onere, contestato l’inadempimento, gravava sul Coppelli dell’effettivo acquisto che, peraltro, come già rilevato dal giudice di prima istanza, avrebbe potuto agevolmente essere offerta mediante la produzione di copia dell’estratto del conto corrente trade on line intestato al ricorrente, con l’evidenza dell’accredito delle somme effettuato da l COGNOME e l’utilizzo delle stesse per l’acquisto del titolo GNTAQ .
Ne consegue l’infondatezza della critica a tenore della quale la Corte territoriale sarebbe incorsa nel vizio d’ultrapetizione, ritenend o che l’inadempimento contestato fosse rappresentato dall’omesso acquisto e non dall’omessa comunicazione dell’acquisto,
E’ altresì inammissibile la doglianza nella parte in cui deduce la nullità della citazione, di cui espressamente al terzo motivo, in quanto non autosufficiente, non essendo trascritto nel ricorso chiaramente il contenuto dell’eccezione relativa al dedotto vizio d’ultrapetizione .
Il quarto motivo è inammissibile, poiché diretto a contrapporre una diversa interpretazione dei fatti di causa, circa la valenza probatoria che i vari documenti esaminati avrebbero esplicato tra loro coordinati. Sul punto, la Corte territoriale ha escluso la riferibilità al ricorrente della mail menzionata dal ricorrente con un’argomen tazione di merito che non è sindacabile in questa sede, affermando che tale mail non dimostrava comunque che la somma versata dal Malaguti fosse affluita sul conto del COGNOME presso la banca RAGIONE_SOCIALE negli Stati Uniti, e dunque l’impiego della stessa per comprare il titolo in questione.
Al riguardo, va osservato che secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee
a dimostrare i fatti in discussione (Cass., n. 32505/2023; n. 10927/2024).
Con riferimento, poi, agli artt. 2727 e 2729 c.c., spetta al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità, dovendosi tuttavia rilevare che la censura per vizio di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi a prospettare l’ipotesi di un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo, e neppure occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo criterio di normalità, visto che la deduzione logica è una valutazione che, in quanto tale, deve essere probabilmente convincente, non oggettivamente inconfutabile (Cass., n. 22366/2021).
Nella specie, il ricorrente ha prospettato una diversa ricostruzione ed interpretazione dei fatti ris petto alla motivazione della Corte d’appello , senza nemmeno dedurre il vizio di motivazione, perplessa o apparente. Il quinto motivo è infondato.
Le istanze istruttorie rigettate dal giudice del merito devono essere riproposte con la precisazione delle conclusioni in modo specifico e non soltanto con il generico richiamo agli atti difensivi precedenti, dovendosi, in difetto, ritenere abbandonate e non riproponibili con
l’impugnazione; tale presunzione può, tuttavia, ritenersi superata qualora emerga una volontà inequivoca di insistere nella richiesta istruttoria in base ad una valutazione complessiva della condotta processuale della parte o dalla connessione tra la richiesta probatoria non esplicitamente riproposta con le conclusioni e la linea difensiva adottata nel processo; della valutazione compiuta il giudice è tenuto a dar conto, sia pure sinteticamente, nella motivazione (Cass., n. 10767/2022; n. 33103/2021; n. 14462/2025).
Nella specie, la Corte d’appello ha affermato che le parti non avevano reiterato, nella precisazione delle conclusioni, le richieste istruttorie che l’appellante aveva comunque formulato in maniera generica nella comparsa di risposta di primo grado.
Pertanto, tale statuizione non è censurabile, in quanto il giudice di merito ha correttamente valorizzato la presunzione d’abbandono delle istanze istruttorie, non essendo emersa una volontà inequivoca di reiterarle da parte del ricorrente, anche in ragione della genericità della relativa formulazione nella comparsa di costituzione.
Viene dunque in rilievo una statuizione afferente al merito, coerente con il citato consolidato orientamento di questa Corte, non sindacabile in questa sede.
Infine, il sesto motivo è inammissibile.
Invero, la Corte territoriale ha ritenuto assorbiti gli altri motivi d’appello – evidentemente sulla base della qualifica come mandato del rapporto intercorso tra le parti- affermando che fosse ininfluente, ai fini della decisione, l’accertamento sulla reale natura dell’accordo sottoscritto, dato che il mancato acquisto del titolo con il denaro messo a disposizione del Malaguti- in quanto non provato- costituiva di per sé grave inadempimento per violazione dell’obbligazione di dar corso all’esecuzione dell’a ffare convenuto.
Ora, il ricorrente si duole che la Corte di merito non abbia esaminato l’ulteriore motivo di appello con il quale si chiedeva di sussumere la fattispecie , non nell’istituto del mandato, ma in quello diverso dell’ associazione in partecipazione, in quanto altrimenti sarebbe pervenuta verosimilmente a considerazioni diverse.
Sul punto, va osservato che il ricorrente non ha evidenziato la decisività del motivo non esaminato, che richiama l’ associazione in partecipazione, non sono stati esplicitati chiaramente i motivi per i quali tale istituto sarebbe stato configurabile e la relativa influenza sulla decisione, né ha adeguatamente censurato sul punto la motivazione contestata.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida nella somma di euro 7.200,00 di cui 200,00 per esborsi- oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali, iva ed accessori di legge
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 10 giugno 2025.