Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21523 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 21523 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 32420-2019 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, COGNOME NOME, che lo rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 206/2019 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 27/08/2019 R.G.N. 434/2018 udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/06/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Oggetto
Contratto agenzia -restituzione anticipi provvigionali
-oneri di prova
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 12/06/2024
CC
Rilevato che:
La Corte d’appello di Ancona ha accolto l’appello della Banca Monte dei Paschi di Siena e, in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato NOME COGNOME, agente della società RAGIONE_SOCIALE alla quale l’appellante era subentrata, al pagamento in favore della stessa della somma di euro 38.661,29, di cui euro 26.021,61 a titolo di restituzione di anticipi provvigionali ed euro 12.639,68 a titolo di indennità sostitutiva del preavviso per il recesso non assistito da giusta causa.
Sulla restituzione degli anticipi provvigionali, la Corte territoriale ha ritenuto assolto l’onere di prova gravante sulla società rilevando che la stessa aveva specificamente indicato gli indebiti anticipi provvigionali erogati in favore dell’agente, risultanti dallo scomputo fra quanto al medesimo corrisposto dalla Banca e quanto dallo stesso maturato a titolo di provvigione, e che l’agente non aveva contestato di aver ricevuto gli anticipi nella misura indicata né aveva dedotto di aver maturato provvigioni superiori a quelle anticipategli ma si era limitato a dedurre di non poter riscontrare i dati forniti dalla preponente non avendo ricevuto la rendicontazione.
Sulla indennità di preavviso, vantata dalla Banca a fronte dell’ingiustificato recesso dell’agente, i giudici di appello non hanno condiviso la statuizione di primo grado sulla intervenuta prescrizione del diritto della Banca per il decorso del termine quinquennale di cui all’art. 2948 n. 5 c.c. Hanno, invece, qualificato l’indennità sostitutiva del preavviso come avente natura risarcitoria, per l’inadempimento contrattuale rappresentato dalla interruzione senza giusta causa del rapporto di agenzia, e applicato la prescrizione ordinaria decennale di cui all’art. 2946 c.c., non perfezionatasi al momento in cui la Banca
aveva avanzato la richiesta di restituzione nei confronti dello COGNOME.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrati da memoria. La Banca monte dei Paschi di Siena ha resistito con controricorso.
Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in tema di ripartizione dell’onere della prova, sia con riferimento alla natura provvigionale dell’anticipazione, anche ai sensi degli artt. 1748 e 1749 c.c., sia in relazione all’azione di ripetizione di indebito e al principio di vicinanza della prova.
Il ricorrente premette di avere percepito una anticipazione provvigionale condizionata al raggiungimento, a fine periodo, di una raccolta personale e ‘di gruppo’, cioè apportata da tutti i promotori coordinati, regolarmente perfezionata (cioè accettata dalla Banca) di tre milioni di euro in certificati in collocamento. Critica la sentenza impugnata per aver addossato a lui l’onere di provare il raggiungimento degli obiettivi sebbene gli stessi riguardassero non solo la sua raccolta personale ma quella di tutto il gruppo. Assume che la missiva con cui la Banca chiedeva la restituzione degli anticipi, con allegata nota riepilogativa delle provvigioni over maturate mese per mese, senza alcun riferimento alle basi di conteggio di tali provvigioni, non poteva costituire prova rigorosa di una dazione senza causa; ciò anche alla luce degli artt. 1748 e 1749 cc. che attribuiscono alla preponente l’onere di fornire esatta rendicontazione delle provvigioni maturate e prova delle stesse, in base al criterio di
vicinanza della prova. Ribadisce che competeva alla Banca, che aveva eccepito il mancato raggiungimento degli obiettivi quale causa petendi dell’obbligo restitutorio, l’onere di provare se e in che misura gli obiettivi erano stati raggiunti ed eseguire i conseguenti calcoli.
Con il secondo motivo è dedotto, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte di merito omesso di esaminare la rilevanza delle prescrizioni imposte dagli artt. 1748 e 1749 c.c. e la rilevanza del regolamento Consob 16190 del 2007 sulla possibilità per l’agente di fornire prova dell’ammontare dei corrispettivi maturati, anche in ragione della notifica del ricorso della Banca dopo oltre nove anni dalla cessazione del rapporto.
Con il terzo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 2948 n. 5 c.c. per avere la Corte errato nell’escludere che il diritto alla indennità sostitutiva del preavviso, ai sensi dell’AEC, fosse soggetto alla prescrizione quinquennale prevista dal citato articolo, anche con riferimento all’art. 2946 c.c.
Il primo motivo non è fondato.
La disciplina della ripetizione dell’indebito di cui all’art. 2033 c.c. ha portata generale e si applica a tutte le ipotesi di inesistenza, originaria o sopravvenuta, del titolo di pagamento, qualunque ne sia la causa (v. Cass. n. 30713 del 2018; n. 18266 del 2018). Si è precisato che, nella domanda di ripetizione di indebito oggettivo l’onere della prova grava sul creditore istante, il quale è tenuto a provare i fatti costitutivi della sua pretesa, perciò, sia l’avvenuto pagamento sia la mancanza di una causa che lo giustifichi (ovvero il venir meno di questa), prova che può essere fornita dimostrando l’esistenza di un fatto
negativo contrario, o anche mediante presunzioni (Cass. n. 17146 del 2003; n. 3387 del 2001; n. 7027 del 1997).
Con riferimento al rapporto di agenzia, si è ribadito che, ove il preponente agisca per la restituzione di somme versate in anticipo a titolo di acconto su compensi poi non maturati, grava su questi, e non sull’agente, l’onere di provare la sussistenza dei fatti che hanno reso la somma versata priva di giustificazione causale, ossia la mancata conclusione degli affari, atteso che la provvigione è dovuta in caso di conclusione dell’affare per effetto dell’attività dell’agente (così Cass. n. 28878 del 2022).
Nel caso in esame, la Corte d’appello ha fatto corretta applicazione della regola di distribuzione dell’onere probatorio che, in conformità ai principi sopra riportati, ha addossato alla preponente, ritenendo poi tale onere assolto in base agli elementi allegati e dimostrati dalla società (quanto alle somme versate a titolo di anticipo e alle provvigioni realmente maturate) e non contestati dall’agente.
Rispetto a tale ricostruzione operata dai giudici di merito, le censure mosse col motivo di ricorso in esame non investono il criterio di ripartizione dell’onere di prova ma, nella sostanza, contestano la valutazione delle risultanze istruttorie sull’a ssunto della difficoltà dell’agente di verificare e contestare, in assenza di rendicontazione, i dati forniti dalla preponente. Simili censure, tuttavia, non rilevano ai fini della violazione di legge contestata ma restano confinate nella critica alla valutazione delle prove, non revisionabile in sede di legittimità.
Neppure è configurabile la violazione degli artt. 1748 e 1749 c.c. dovendosi considerare, come statuito da questa Corte (v. Cass. n. 20707 del 2018) che il diritto previsto dall’art. 1749 c.c., se può essere azionato a prescindere dall’azione giudiziale
con cui si facciano valere i diritti cui esso è strumentale, resta viceversa assorbito dalle regole dell’istruzione probatoria, allorquando tale azione sia iniziata; in sostanza, con l’avvio dell’azione giudiziale avente per oggetto i diritti patrimoniali, l’informazione in favore dell’agente non è più tutelata dall’art. 1749 c.c., in sé solo considerato, ma dall’insieme degli strumenti istruttori propri del processo (prove orali, c.t.u., ordine di esibizione). Nel caso in esame (in cui, diversamente da quello oggetto della citata sentenza n. 20707 del 2018, ha agito in giudizio la preponente per ottenere la restituzione degli anticipi provvigionali), l’agente non risulta aver azionato la tutela ex art. 1749 c.c. in separato giudizio e, in questo processo, si è limitato a denunciare il mancato rispetto degli obblighi posti dall’art. 1749 c.c. a carico della preponente senza procedere ad una puntuale allegazione di dati in suo possesso al fine di sollecitare l’ordine di esibizione della documentazione necessar ia, l’ammissione di una c.t.u. o l’esercizio del poteri -doveri officiosi di cui agli artt. 421 e 437 c.p.c.
16. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile in quanto denuncia l’omesso esame non di un fatto storico, come necessario ai fini dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. (v. Cass., S.U. n. 8053 e n. 8054 del 2014), bensì di disposizioni normative o regolamentari, così ponendo una questione di qualificazione e valutazione giuridica di fatti che concerne parti della motivazione in diritto e si pone all’esterno del perimetro del vizio denunciato.
17. Parimenti infondato è il terzo motivo di ricorso avendo la Corte di merito deciso in modo conforme ai precedenti di legittimità che reputano applicabile la prescrizione decennale all’indennizzo scaturente dall’indebito (v. Cass. n. 18266 del 2018 cit. in materia di restituzione degli anticipi provvigionali
nel contratto di agenzia; Cass. n. 7897 del 2014 in materia di contratto di restituzione dell’indennizzo assicurativo pagato in eccedenza).
Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto.
La regolazione delle spese del giudizio di legittimità segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo.
Il rigetto del ricorso costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 4.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nell’adunanza camerale del 12 giugno 2024