Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 24388 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 24388 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/09/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 34440/2019 R.G. proposto da: COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
COGNOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrenti- avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 1635/2019 depositata il 11/04/2019.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udite le conclusioni della Procura della Repubblica, in persona del Dottor NOME COGNOME che ha chiesto accogliersi il quarto e il quinto motivo di ricorso e rigettarsi gli altri motivi.
FATTI DELLA CAUSA
Il 20 marzo 2015, NOME, NOME, NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME ottenevano dal Tribunale di Como un decreto ingiuntivo nei confronti di NOME COGNOME per il pagamento di 69.854,30 euro a titolo di rimborso della quota delle spese sostenute dagli ingiungenti per un immobile risultato essere, in forza di sentenza n.1422 del 2015 emessa dallo stesso Tribunale in esito ad una causa di divisione del patrimonio del comune dante causa NOME COGNOME in comproprietà tra le parti. L’opposizione della COGNOME veniva rigettata. La Corte di Appello di Milano, con sentenza n.1635 del 2019, in solo parziale accoglimento dell’appello, riduceva la condanna a 63.620,34 euro, oltre interessi.
NOME COGNOME ricorre, con cinque motivi avversati da NOME COGNOME e da NOME, NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME con controricorso, per la cassazione della sentenza della Corte di Appello.
3.La Procura Generale ha depositato requisitoria con richiesta di accoglimento del quarto e del quinto motivo di ricorso e di rigetto degli altri motivi.
La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo, articolato motivo di ricorso si lamenta violazione dell’art. 2909 c.c. per ‘contrasto’ tra la sentenza impugnata e ‘la sentenza di divisione n.1422/2015 del Tribunale di Como in relazione alla pretesa relativa al rimborso delle rate di mutuo’ nonché ‘violazione dell’art.132 c.p.c. in relazione al primo motivo di appello e omesso esame di fatto decisivo per il giudizio’. Si sostiene che, con la sentenza n.1422/2015, il Tribunale di Como,
nel determinare il conguaglio che i COGNOME e la COGNOME avrebbero dovuto pagare alla ricorrente in relazione al differente valore degli immobili assegnati agli uni e all’altra, aveva tenuto conto dell’importo di un mutuo ipotecario acceso dal de cuius con una banca e che, con la sentenza impugnata, la Corte di Appello, aveva, come già il giudice di primo grado, in contrasto con quanto stabilito dal Tribunale, posto a carico della ricorrente l’onere di rimborso pro-quota del medesimo mutuo con la conseguenza che la ricorrente ‘si sarebbe trovata a sostenere due volte la propria quota del mutuo’. La ricorrente riproduce, oltre al testo della sentenza del Tribunale di Como, il progetto divisionale redatto dal CTU -v. pagine 14-16 del ricorsorichiamato nella suddetta sentenza e asseritamente trascurato dalla Corte di Appello.
Il motivo è fondato.
La Corte di Appello stessa dà conto di quanto disposto dalla sentenza n. 1422/2015 in recepimento del progetto divisionale A.2. predisposto dal CTU e secondo cui l’asse ereditario, determinato in euro 734.000,00 al netto del ‘passivo del mutuo ipotecario’, è stato ripartito con assegnazione di un box auto, di immobili in San Nazzaro Valcavargna e dei ‘crediti attivi’ alla COGNOME e -per quanto più specificamente interessa ai fini del motivo di ricorso in esamecon attribuzione ‘del restante’ -ivi evidentemente incluso l’onere del mutuo – ai COGNOME e alla COGNOME.
La Corte di Appello ha disatteso il giudicato laddove ha assunto che il debito derivante dal mutuo fosse comune (v. sentenza impugnata pagina 7) ed ha confermato la condanna della ricorrente a rimborsare alla controparte, in relazione alla quota di 2/3 del debito ereditario, quanto la controparte aveva pagato alla banca.
2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: ‘violazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n.4, in relazione alla pretesa relativa al rimborso delle sanzioni documentate di versamento con data anteriore alla morte del de cuius. Omesso
esame di fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n.5. Violazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n.3. Violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n.3′. Il motivo è indirizzato contro l’affermazione con la quale la Corte di Appello ha respinto la contestazione della ricorrente avverso la sentenza di primo grado con cui era stata avallata la pretesa dei controricorrenti di ottenere il rimborso di ‘sanzioni erariali a carico del de cuius’. La ricorrente, facendo riferimento a quietanze prodotte in primo grado (v. ricorso pagina 22), con data anteriore alla morte di NOME COGNOME aveva contestato la decisione sostenendo che le sanzioni erano state pagate da quest’ultimo e non, dopo la sua morte, dai controricorrenti. L’affermazione della Corte di Appello è la seguente: ‘Sono inconferenti, poiché sprovviste di supporto probatorio le argomentazioni svolte dall’appellante circa le somme dovute a titolo di sanzioni già pagate da NOME COGNOME quando era ancora in vita’.
Il motivo è fondato.
La Corte di Appello ha esaminato la questione oggetto di doglianza -non ha quindi violato l’art. 112. c.p.c. – e tuttavia vi ha dato risposta con motivazione per un verso perplessa e per altro verso violativa dell’art. 2697 c.c.: la motivazione è perplessa dato che le argomentazioni della allora appellante sono definite ‘inconferenti perché sprovviste di supporto probatorio’ laddove logicamente l’inconferenza di un argomento non dipende dalla carenza di prova sui fatti argomentati; la motivazione è violativa dell’art.2697 c.c. i quanto la Corte di Appello ha posto a carico della ricorrente l’onere di provare che la pretesa di rimborso dei controricorrenti era infondata laddove invece, secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni (vd. Cass. 26769 del 2018), era onere dei controricorrenti sedicenti creditori- provare il fondamento della loro pretesa.
3.Con il terzo motivo di ricorso si lamenta ‘violazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n.4, in relazione alla pretesa relativa al rimborso delle sanzioni’ di cui a cinque quietanze prodotte dagli attuali controricorrenti, recanti data successiva alla morte di NOME COGNOME e intestate e NOME COGNOME nonché ‘violazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n.3’ e ‘violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n.3’.
La ricorrente ricorda di avere contestato, fino dal primo grado e poi con il quarto motivo di appello -il cui testo è riprodotto ai fini della specificità del motivo a pagina 27 e s. del ricorso-, la pretesa dei controricorrenti sostenendo di non avere alcuna cognizione del debito che questi ultimi avrebbero pagato né della effettiva pertinenza del debito a ‘sanzioni relative all’immobile di Porlezza’, come affermato ex adverso, e di non poter ricavare alcuna informazione precisa dalle suddette quietanze.
Il motivo è fondato.
La Corte di Appello ha del tutto trascurato il motivo di appello. Nella sentenza impugnata non vi si fa cenno. Sussiste la violazione dell’art. 112 c.p.c.
4.Con il quarto motivo e con il quinto motivo di ricorso si lamenta ‘Violazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n.3. in relazione alla pretesa relativa al rimborso delle spese di gestione dell’immobile . Violazione dell’art. 115, in relazione all’art. 360, primo comma, n.4. Violazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n.4’ (quarto motivo di ricorso) nonché ‘violazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n.4, omessa motivazione sul mancato accoglimento dell’appello in merito alle ricevute di versamento delle imposte comunali. Violazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n.3’ (quinto motivo di ricorso).
I due motivi, suscettivi di esame congiunto, sono indirizzati contro l’affermazione con la quale la Corte di Appello ha respinto la contestazione della ricorrente avverso la sentenza di primo grado con cui era stata avallata la pretesa dei controricorrenti di ottenere il rimborso di ‘spese di gestione’ dell’immobile di Porlezza. Dalla sentenza impugnata emerge che si tratta di spese di assicurazione dell’immobile, ‘di spese condominiali, di ICI, IMU e TASI etc’. La ricorrente deduce che si trattava anche di spese di fornitura acqua, gas ed energia elettrica di cui ad alcune fatture prodotte ex adverso in primo grado.
La ricorrente ricorda di avere sostenuto, fino dal primo grado e poi con il quarto e il quinto motivo di appello, che tali spese erano non ‘spese di gestione’ dell’immobile comune ma spese ‘connesse al mero utilizzo dell’immobile da parte degli appellati’.
La Corte di Appello ha respinto la tesi della allora appellante affermando che ‘le contestazioni relative alle spese di gestione dell’immobile’ erano rimaste indimostrate non avendo l’appellante ‘dimostrato che esse fossero (siano) connesse al mero utilizzo’.
I due motivi sono fondati.
La Corte di Appello ha violato l’art. 2697 c.c. perché ha invertito l’onere della prova in danno della ricorrente: i COGNOME e la COGNOME, avendo azionato un credito di regresso derivante dall’asserito pagamento di debiti facenti capo anche alla COGNOME in quanto afferenti alla ‘gestione’ della cosa comune, erano onerati di dimostrare l’effettiva pertinenza del debito alla ‘gestione’ dell’immobile superando la difesa della COGNOME per cui si trattava invece di debiti non ripetibili in quanto connessi al mero uso dell’immobile, fatto dagli stessi COGNOME e dalla COGNOME.
In conclusione il ricorso va accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione.
Il giudice del rinvio dovrà provvedere sulle spese del processo.
PQM
la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione.
Roma 12 giugno 2025
Il Consigliere est. Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME