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Onere della prova cessione crediti: chi prova?

In un caso di conflitto tra due cessionari dello stesso credito, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza 8829/2024, ha chiarito un punto cruciale sull’onere della prova nella cessione dei crediti. Contrariamente a quanto stabilito nei gradi di merito, la Corte ha affermato che spetta al debitore ceduto, e non al secondo cessionario, dimostrare la persistente efficacia della prima cessione. Questa è considerata un fatto impeditivo della pretesa del secondo creditore, invertendo così la prospettiva sull’onere probatorio.

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Onere della Prova nella Cessione di Crediti: La Cassazione Ribalta la Prospettiva

In materia di contratti e obbligazioni, la cessione del credito è uno strumento fondamentale. Ma cosa accade quando lo stesso credito viene ceduto a più soggetti? La recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 8829/2024 affronta proprio questo scenario, fornendo un chiarimento decisivo sull’onere della prova nella cessione dei crediti e su chi debba dimostrare la validità e l’efficacia delle diverse cessioni.

I Fatti di Causa: Una Doppia Cessione dello Stesso Credito

La vicenda trae origine dai crediti vantati da un ente religioso nei confronti di un’Azienda Sanitaria Locale per prestazioni sanitarie erogate. L’ente cede inizialmente questi crediti a una società di factoring, notificando regolarmente l’operazione all’Azienda Sanitaria.

Successivamente, lo stesso ente cede quelli che appaiono essere i medesimi crediti a una seconda società. Anche questa seconda cessione viene notificata. L’Azienda Sanitaria, dopo un primo pagamento parziale a favore della seconda società cessionaria, interrompe i versamenti, creando l’incertezza su chi fosse il legittimo creditore.

La seconda società, successivamente dichiarata fallita, agiva in giudizio tramite la sua curatela per ottenere il pagamento dei crediti, ma la sua domanda veniva respinta sia in primo grado che in appello.

Il Percorso Giudiziario e l’Errata Applicazione dell’Onere della Prova

I giudici di merito avevano applicato l’art. 1265 c.c., che regola il conflitto tra più acquirenti dello stesso credito, stabilendo che prevale la cessione notificata per prima. Di conseguenza, avevano ritenuto che la prima cessione fosse prevalente e avevano posto a carico della seconda società (la curatela) l’onere della prova di dimostrare che la prima cessione avesse già esaurito i suoi effetti.

In altre parole, secondo le corti territoriali, era il secondo creditore a dover provare un fatto negativo e complesso: l’inefficacia di un contratto stipulato tra altre parti. La curatela ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando proprio questa errata ripartizione dell’onere probatorio.

Le Motivazioni della Cassazione: L’Onere della Prova nella Cessione dei Crediti

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ribaltando completamente l’impostazione dei giudici di merito. Il ragionamento della Corte si fonda su una chiara applicazione dei principi generali in materia di onere della prova, sanciti dall’art. 2697 del Codice Civile.

Il Principio Fondamentale: Chi Agisce Prova il Proprio Titolo

Il cessionario che agisce in giudizio per il pagamento ha l’onere di provare esclusivamente i fatti costitutivi della propria pretesa. Nel caso specifico, la curatela aveva correttamente adempiuto a tale onere producendo il contratto di cessione a suo favore e la relativa notifica all’Azienda Sanitaria. Questi elementi sono sufficienti a dimostrare la propria legittimazione a ricevere il pagamento.

L’Eccezione del Debitore: La Prova del Fatto Impeditivo

La Corte chiarisce che l’esistenza e la persistente efficacia di una precedente cessione non è un fatto costitutivo che il secondo cessionario deve negare. Al contrario, essa costituisce un fatto impeditivo della pretesa del secondo creditore. Un fatto impeditivo è una circostanza che paralizza il diritto altrui.

In quanto tale, l’onere di provare questo fatto spetta alla parte che lo eccepisce per difendersi, ovvero il debitore ceduto (l’Azienda Sanitaria). È il debitore, infatti, a sostenere di non dover pagare il secondo cessionario perché obbligato verso il primo. Di conseguenza, spetta a lui dimostrare che tale obbligo precedente è ancora valido ed efficace.

La Corte sottolinea che questa circostanza (l’efficacia della prima cessione) è un fatto che rientra nella sfera di conoscenza e disponibilità del debitore e del primo cessionario, mentre è estranea al secondo cessionario. Imporre a quest’ultimo la prova sarebbe contrario ai principi di vicinanza della prova.

Le Conclusioni: Un Principio di Diritto a Tutela del Cessionario Successivo

La Cassazione cassa la sentenza d’appello e rinvia la causa a un nuovo esame, enunciando un principio di diritto di fondamentale importanza pratica: “In caso di successive cessioni di crediti periodici da parte del medesimo debitore, incombe a quest’ultimo l’onere della prova della persistente efficacia della cessione precedente, poiché questo costituisce fatto impeditivo della pretesa del cessionario che agisca in forza di una cessione successiva.”

Questa decisione rafforza la posizione del cessionario che agisce in giudizio, semplificando il suo onere probatorio e allocando correttamente sul debitore la prova di fatti che sono nella sua diretta disponibilità. Si tratta di una pronuncia che garantisce maggiore certezza e fluidità nelle operazioni di cessione dei crediti.

In caso di due cessioni dello stesso credito, su chi grava l’onere di provare che la prima cessione è ancora valida ed efficace?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere di provare la persistente efficacia della prima cessione grava sul debitore ceduto che viene citato in giudizio dal secondo cessionario. Questo perché la validità della prima cessione costituisce un’eccezione, cioè un fatto che impedisce il diritto del secondo creditore.

Cosa deve provare il secondo cessionario che agisce in giudizio per ottenere il pagamento?
Il secondo cessionario deve limitarsi a provare i fatti che costituiscono il suo diritto, ovvero l’esistenza del proprio contratto di cessione del credito e l’avvenuta notifica di tale contratto al debitore. Non è tenuto a provare l’inefficacia di eventuali cessioni precedenti.

Perché la persistenza della prima cessione è considerata un “fatto impeditivo”?
È considerata un fatto impeditivo perché la sua esistenza ed efficacia paralizzano la pretesa del secondo cessionario. Si tratta di una circostanza che, se provata, impedisce al diritto del secondo creditore di essere soddisfatto. L’onere di provare tali fatti spetta a chi li eccepisce per difendersi, in questo caso il debitore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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