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Onere della prova CCNL nel fallimento: la Cassazione

Un dirigente si opponeva all’esclusione dal passivo fallimentare della sua indennità di preavviso. La Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che nell’ambito delle opposizioni al passivo, l’onere della prova del CCNL invocato grava sul lavoratore, poiché si applica il rito ordinario e non le norme speciali del processo del lavoro che concedono al giudice poteri istruttori d’ufficio.

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Onere della prova CCNL nel fallimento: chi deve produrre il contratto?

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito un chiarimento fondamentale sull’ onere della prova del CCNL (Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro) nei giudizi di opposizione allo stato passivo fallimentare. La decisione sottolinea una distinzione cruciale tra le regole del processo del lavoro e quelle del rito ordinario, che si applica in questo specifico contesto, con importanti conseguenze per i lavoratori che vantano crediti nei confronti di aziende fallite.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla richiesta di un dirigente d’azienda di essere ammesso al passivo del fallimento della società per cui lavorava. Tra i crediti richiesti vi era l’indennità sostitutiva del preavviso, calcolata sulla base di quanto previsto dal CCNL Dirigenti. Il Tribunale, tuttavia, respingeva questa specifica parte della domanda, motivando che il dirigente non aveva prodotto in giudizio il testo del contratto collettivo invocato a fondamento della sua pretesa. Secondo il giudice di merito, era onere del lavoratore fornire tale prova documentale.

Contro questa decisione, il dirigente proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo due principali argomentazioni:
1. La curatela fallimentare non aveva mai specificamente contestato l’esistenza, il contenuto o l’applicabilità del CCNL, né la quantificazione del credito. Tale mancata contestazione avrebbe dovuto sollevare il lavoratore dall’onere di produrre il documento.
2. Il Tribunale avrebbe comunque dovuto esercitare i propri poteri d’ufficio, ordinando il deposito del CCNL o acquisendolo autonomamente per superare l’eventuale incertezza probatoria.

Onere della prova del CCNL e i poteri del giudice

La questione centrale portata all’attenzione della Suprema Corte riguardava la ripartizione dell’onere della prova del CCNL e l’ambito dei poteri istruttori del giudice in una causa di opposizione allo stato passivo. Il ricorrente riteneva che, data la natura lavoristica del credito, dovessero applicarsi i principi tipici del rito del lavoro, che conferiscono al giudice un ruolo più attivo nell’acquisizione delle prove, come previsto dall’art. 421 c.p.c.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. Gli Ermellini hanno chiarito in modo definitivo la natura del giudizio di opposizione allo stato passivo. Anche quando l’oggetto della causa è un credito di lavoro, il rito applicabile non è quello speciale del lavoro, bensì quello ordinario, come previsto dalla legge fallimentare (art. 98 l.fall.).

Questa premessa è fondamentale, poiché da essa discendono due conseguenze dirette:

1. Inapplicabilità dei poteri istruttori d’ufficio: La norma che consente al giudice del lavoro di acquisire d’ufficio il testo dei contratti collettivi (art. 421 c.p.c.) è una disposizione speciale, non applicabile al giudizio ordinario che regola le opposizioni al passivo. Pertanto, il giudice non ha né il potere né il dovere di sopperire alla mancata produzione del documento da parte del creditore. L’ onere della prova del CCNL resta integralmente a carico di chi lo invoca.

2. Valutazione della non contestazione: Per quanto riguarda la mancata contestazione da parte della curatela, la Corte ha precisato che, ai sensi dell’art. 115 c.p.c., spetta al giudice di merito valutare l’esistenza e il valore di tale condotta. Un eventuale errore in questa valutazione configura un errore processuale, che non può essere fatto valere in Cassazione come ‘omesso esame di un fatto decisivo’.

In sostanza, la Corte ha ribadito un principio consolidato: nel contesto di una procedura concorsuale, il creditore che intende far valere un diritto basato su un contratto collettivo deve farsi parte diligente e produrre il testo contrattuale a supporto della propria domanda.

Conclusioni

La decisione in esame rappresenta un importante monito per i lavoratori e i loro legali. Quando si agisce per l’ammissione di un credito di lavoro al passivo di un fallimento, non si può fare affidamento sui poteri istruttori tipici del giudice del lavoro. L’onere della prova del CCNL è un adempimento necessario e non delegabile. La mancata produzione del contratto collettivo può portare al rigetto della domanda, anche se la controparte non ha sollevato contestazioni specifiche. La natura della procedura fallimentare, retta dal rito ordinario, impone un rigore probatorio a carico del creditore istante.

Chi deve produrre il CCNL in un’opposizione allo stato passivo fallimentare?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere di produrre il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) a fondamento della propria pretesa spetta al lavoratore che agisce in giudizio, in quanto la causa è regolata dalle norme del rito ordinario.

Il giudice può acquisire d’ufficio il CCNL in una causa di opposizione al passivo?
No. La Corte ha stabilito che le norme speciali del rito del lavoro, come l’art. 421 c.p.c., che consentono al giudice di acquisire prove d’ufficio, non si applicano al giudizio di opposizione allo stato passivo, che è retto dal rito ordinario. Pertanto, il giudice non ha questo potere.

La mancata contestazione del CCNL da parte del curatore fallimentare esonera il lavoratore dalla prova?
Non automaticamente. La Corte ha precisato che spetta al giudice di merito apprezzare l’esistenza e il valore di una condotta di non contestazione. Tuttavia, ciò non elimina in radice l’onere del lavoratore di allegare e provare i fatti costitutivi del proprio diritto, inclusa la produzione del CCNL di riferimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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