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Onere della prova: Cassazione su risarcimento danni

Una società commerciale, dopo un incendio nei locali da cui era stata sfrattata, ha richiesto un risarcimento alla propria assicurazione. La richiesta è stata respinta in tutti i gradi di giudizio a causa della mancata dimostrazione dell’esistenza e del valore dei beni distrutti. La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni precedenti, sottolineando l’importanza dell’onere della prova a carico dell’assicurato e la necessità di specificità nei motivi d’appello.

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Onere della prova nel risarcimento: chi non prova, non ottiene

Quando si subisce un danno e si ha una polizza assicurativa, ottenere un risarcimento può sembrare un percorso scontato. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda un principio fondamentale del nostro ordinamento: l’onere della prova. Spetta infatti a chi chiede il risarcimento dimostrare in modo inequivocabile l’esistenza e l’entità del danno subito. In assenza di prove concrete, la richiesta è destinata a fallire. Analizziamo insieme questo caso emblematico.

I fatti di causa

Una società commerciale, operante nel settore outlet, veniva sfrattata per morosità da un capannone industriale. A seguito dell’esecuzione dello sfratto, una parte della merce, degli arredi e dei macchinari rimaneva all’interno dei locali. Pochi giorni dopo, un violento incendio di natura dolosa distruggeva i beni rimasti. La società, titolare di una polizza assicurativa ‘all risk’, citava in giudizio la propria compagnia assicuratrice per ottenere il pagamento di un indennizzo di oltre 400.000 euro per i danni derivanti dall’incendio e da un presunto furto avvenuto contestualmente.

La decisione dei giudici di merito

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto la domanda della società. La ragione principale del rigetto risiedeva nella totale assenza di prove concrete riguardo ai beni presenti nel capannone al momento dell’incendio. Secondo i giudici, la società non era riuscita a dimostrare ‘quali e quanti beni, e di che valore, fossero ancora custoditi nel capannone’. Le prove addotte, come una perizia di parte basata su dati interni e le fotografie post-incendio, sono state ritenute inattendibili e insufficienti. A pesare sulla decisione è stata anche una dichiarazione liberatoria, rilasciata da un’incaricata della stessa società al custode giudiziario, che attestava la presenza di merce sostanzialmente priva di valore.

L’onere della prova e i motivi del ricorso in Cassazione

La società ha presentato ricorso in Cassazione, articolando cinque motivi di doglianza. Il fulcro della difesa ruotava attorno all’errata valutazione delle prove da parte dei giudici di merito e alla presunta violazione delle norme procedurali. La ricorrente sosteneva che la documentazione prodotta e le prove testimoniali richieste (ma non ammesse) avrebbero smentito la dichiarazione liberatoria e dimostrato l’effettivo valore dei beni. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile e infondato, ribadendo la centralità dell’onere della prova e la correttezza delle decisioni precedenti.

Le motivazioni della Corte

La Corte Suprema ha smontato uno per uno i motivi del ricorso. In primo luogo, ha confermato la decisione della Corte d’Appello di ritenere inammissibile il motivo relativo alla mancata ammissione delle prove orali, a causa del suo ‘difetto di specificità’. L’appellante, infatti, non aveva adeguatamente argomentato la rilevanza e la decisività di tali prove ai fini della risoluzione della controversia.

Inoltre, la Corte ha sottolineato come la ricorrente non avesse fornito alcuna prova concreta e oggettiva del danno. La valutazione del danno non può basarsi su dati unilaterali, perizie di parte non supportate da riscontri oggettivi o mere supposizioni. La relazione dei Vigili del Fuoco, che parlava di un ‘incendio di capi di abbigliamento in modesta quantità’, e la dichiarazione liberatoria, mai contestata con lo strumento della querela di falso, hanno ulteriormente indebolito la posizione della società.

La Cassazione ha chiarito che non vi era alcuna contraddizione nella sentenza d’appello. I giudici di secondo grado avevano correttamente evidenziato due aspetti convergenti: da un lato, l’inidoneità generale delle prove offerte dalla società a dimostrare il danno; dall’altro, la piena efficacia probatoria del verbale del custode giudiziario, che confermava un quadro probatorio già deficitario per l’assicurato.

Conclusioni

Questa ordinanza è un monito cruciale per chiunque si appresti a richiedere un risarcimento danni, specialmente in ambito assicurativo. Non è sufficiente affermare di aver subito un danno; è indispensabile provarlo con documenti, perizie oggettive e ogni altro elemento idoneo a dimostrare in modo certo e incontrovertibile l’esistenza, la quantità e il valore dei beni per i quali si chiede l’indennizzo. Il principio dell’onere della prova non è un mero formalismo, ma la pietra angolare su cui si fonda la giustizia di una pretesa risarcitoria. In assenza di un solido apparato probatorio, anche il diritto più fondato rischia di non trovare tutela in sede giudiziaria.

Chi deve provare l’esistenza e il valore dei beni danneggiati in una richiesta di risarcimento assicurativo?
Secondo la Corte, l’onere della prova spetta interamente all’assicurato. È quest’ultimo che deve dimostrare in modo rigoroso il fatto costitutivo della sua pretesa, fornendo prove concrete sull’esistenza, la quantità e il valore dei beni per cui chiede l’indennizzo.

Cosa succede se un motivo di appello non è sufficientemente specifico?
Un motivo di appello che manca di specificità, ovvero non indica chiaramente le parti della sentenza che si contestano e le ragioni giuridiche della critica, viene dichiarato inammissibile. Il giudice non è tenuto a esaminarlo nel merito, come accaduto nel caso di specie.

Quale valore probatorio ha un verbale redatto da un pubblico ufficiale, come un custode giudiziario?
Il verbale redatto da un pubblico ufficiale fa piena prova, fino a querela di falso, dei fatti che egli attesta essere avvenuti in sua presenza. Nel caso esaminato, la dichiarazione liberatoria riportata nel verbale del custode è stata considerata pienamente efficace perché non contestata con lo strumento giuridico appropriato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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