Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7842 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7842 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5822/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante p.t., NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’amministratore p.t., NOME COGNOME, domiciliato, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), pec:
NOMEEMAIL;
EMAIL;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 3482/2020 depositata il 24/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO
La vicenda per cui è causa riguarda la determinazione delle royalties spettanti alla RAGIONE_SOCIALE, succeduta a NOME COGNOME, per l’attività svolta da quest’ultimo a favore della RAGIONE_SOCIALE, cui era succeduta la RAGIONE_SOCIALE, determinate con contratto del 2006 in misura di euro 0,01 per ogni kilowattora di energia elettrica prodotto e venduto dall’impianto sito nella discarica di So.Ge.Nus e di 0,0075 per ciascun kilowattora di energia elettrica prodotto dall’impianto sito nella discarica di Castel Colonna, eccedente la quantità di 500 kilowattora.
Stante la presenza nella discarica di RAGIONE_SOCIALE nel comune di Moie di Maiolati Spontini di due impianti, la RAGIONE_SOCIALE agiva in giudizio per far accertare l’insussistenza di un diritto alle royalties contrattualmente pattuite anche in relazione all’energia prodotta dal secondo impianto, quello denominato Maiolati 2, realizzato nel giugno 2008.
Il Tribunale, prima, e la Corte d’appello di Milano, poi, con la sentenza n. 3482/2020, depositata il 24/12/2020, hanno rigettato la domanda, sull’assunto che non fosse stato assolto l’onere di provare l’autonomia dei due impianti.
Per quanto ancora rileva in questa sede, la Corte territoriale ha ritenuto che l’espressione impianti, contenuta nel contratto del 2006, non si riferisse ai siti individuati per la realizzazione degli impianti, ma agli impianti realizzati sul sito individuato da NOME COGNOME sulla scorta del mandato conferitogli, senza alcuna distinzione tra impianto esistente, ma non funzionante, e impianto realizzato ex novo , e che detta interpretazione trovava conferma nei comportamenti successivi delle parti e, in particolare, nei bonifici di pagamento, nella corrispondenza intercorsa, nella causa proposta dinanzi al Tribunale di Milano rg 11098/18, e non era smentita dal fatto che vi fosse stata un’ autorizzazione regionale unica, perché essa viene rilasciata ‘sulla scorta del progetto tecnico allegato dal richiedente, non presupponendo in alcun modo una preliminare valutazione dell’Ente preposto in ordine all’impianto in cui le opere da autorizzare saranno finalizzate’ e perché ‘la realizzazione di un nuovo impianto nel medesimo sito richiederebbe l’implementazione della potenza disponibile sull’unico punto di cessione ad RAGIONE_SOCIALE (POD) già esistente, con un unico contatore, oltre ad insistere sulla medesima discarica’.
RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione di detta decisione, formulando un solo motivo.
Resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
La controricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La ricorrente lamenta ‘Violazione articoli 1362 e seguenti cod.civ.; articoli 2697 cod.civ.; articoli 132 co.2 punto 4, 156, 112 e 115 cod.proc.civ. in riferimento all’art. 360 co 1 n. 4 cod.proc.civ.; Art. 360 n. 5 cod.proc.civ.; ora 360 co 1 n. 4; art. 111 co. VI Costituzione; S.U. 17931/2013; S.U. 8053/2014; non
ricostruibilità del percorso intellettuale operato laddove la premessa si pone in contrapposizione con la conclusione’.
La sua tesi è che la Corte d’appello abbia erroneamente confermato la decisione del Tribunale, ritenendo non provata l’autonomia degli impianti.
Gli errori ascritti al giudice a quo sono molteplici:
solo la convenuta aveva dedotto l’autonomia degli impianti, con la conseguenza che le sarebbe spettato l’onere di provarlo;
la causa del contratto conferito ad NOME COGNOME non consisteva nell’individuazione di un sito idoneo alla captazione del gas e alla costruzione di impianti di produzione di energia, perché se così fosse stato sarebbe stato indifferente il numero degli impianti e non avrebbe avuto senso precisare le modalità di determinazione delle royalties ;
se le parti avessero voluto commisurare le royalties agli impianti da realizzare lo avrebbero previsto espressamente;
le sarebbe stata preclusa la possibilità di dimostrare che gli impianti erano autonomi;
sarebbe mancata una integrale disamina dell’autorizzazione unica regionale;
neppure la sentenza n. 11353/2019 del Tribunale di Milano sarebbe stata esaminata;
non risulterebbe percepibile l’iter logico seguito dalla Corte territoriale per rigettare l’appello.
Il motivo in tutte le sue argomentazioni non merita accoglimento. Va ribadito che:
-i l controllo previsto dall’art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ. concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche dal dato extratestuale) che abbia costituito oggetto di discussione e che abbia carattere decisivo (vale a dire
che se esaminato avrebbe determinato un diverso esito della controversia) (Cass., Sez. Un., 07/0472014, n. 8053);
-nell’ipotesi di ‘ doppia conforme ‘ il ricorrente in cassazione -per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ.1° comma, deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 25/02/2022, n. 62959);
-l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, in quanto il sindacato demandato a questa Corte non concerne l’esistenza di un logico e complessivo apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, non potendo oramai verificare l’adeguatezza o l’inconferenza fattuale delle argomentazioni di cui il giudice di merito si sia avvalso per formare il proprio convincimento;
-il vizio di motivazione può essere dedotto in sede di legittimità e sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulti dalla sentenza, sia riscontrabile il deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può, invece, consistere in un apprezzamento in senso difforme da quello preteso dalla parte, una volta considerato che l’art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ., non conferisce a questa Corte il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito, al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, valutare le risultanze processuali, controllarne l’attendibilità e la concludenza e scegliere, tra le stesse, quelle ritenute più idonee per la decisione;
-il difetto di motivazione, quale che sia, deve emergere dalla sentenza in sé e per sé considerata e non dal confronto tra la
sentenza ed elementi aliunde (Cass., Sez. Un., 7/04/2014, nn. 8053 e 8054);
– la parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 e ss. cod.civ., avendo invece l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poiché quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (Cass. 28/11/2017, n. 28319; Cass. 09/04/2021, n. 9461);
– la violazione dell’art. 2697 cod.civ. si configura solo se il giudice di merito abbia applicato la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’ onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costitutivi ed eccezioni. Viceversa, allorquando il motivo deducente la violazione del paradigma dell’art. 2697 cod.civ. non risulti argomentata in questi termini, ma solo con la postulazione (erronea) che la valutazione delle risultanze probatorie abbia condotto ad un esito non corretto, il motivo stesso è inammissibile come motivo in iure ai sensi del n. 4 dell’art. 360 cod.proc.civ. (se si considera l’art. 2697 cod.civ. norma processuale) e ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod.proc.civ. (se si considera l’art. 2697 cod.civ. norma sostanziale, sulla base della vecchia idea dell’essere le norme sulle prove norma sostanziali) e, nel regime dell’art. 360 n.
5 oggi vigente si risolve in un surrettizio tentativo di postulare il controllo della valutazione delle prove oggi vietato ai sensi di quella norma: Cass., Sez. Un., 5/08/2016, n. 16598.
Il ricorso va, quindi, rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore di quella controricorrente, liquidandole in euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione civile